GNOSI, TEOLOGIA DI sATANA(37): GNOSI E TRADIZIONE -3-

LA GNOSI, TEOLOGIA DI Satana (37)

Gnosi e “tradizione” -3-

 

1. Dal Paganesimo al Cristianesimo ed alla super-chiesa: da de Maistre a Newmann e Pusey.

Joseph de Maistre, rifugiato nel 1792 a Losanna in Svizzera, legge un’opera di Dutoit-Mambrini, discepolo di Claude de Saint-Martin, sotto lo pseudonimo do Keleph-Ben-Nathan, apparsa nello stesso anno in questa città ed intitolato: « Filosofia divina applicata ai lumi naturali, magica, astrale, soprannaturale, celeste o divina, o: Immutabili verità che Dio ha rivelato di Se stesso nelle sue opere, nel triplo specchio analogico dell’universale, dell’uomo e della rivelazione scritta ». È in particolare nelle sue “Chiarificazioni sui Sacrifici”, che andremo a ritrovare il pensiero di Joseph de Maistre sulla religione universale. Egli cita un libro pubblicato nel 1730 da Guillaume de Lavaur: Conferenza della “favola con la sacra Scrittura”, in cui si vede che le grandi fiabe, i culti e i misteri del paganesimo non sono che delle copie alterate della storia e delle tradizioni degli Ebrei. – Da questa opera apologetica, erudita ma con riferimenti contestabili, de Maistre trae questa conclusione: che « le tradizioni antiche son tutte vere, che il paganesimo intero non è che un sistema di verità corrotte e trasportate, e che è sufficiente ripulirle, per così dire, e rimetterle al loro posto per vederle brillare con  tutti i suoi raggi. » (Serate, II intrattenimento). – Egli precisa che gli scritti di Plutarco, di Senofonte, di Platone, “questa prefazione del Vangelo” e gli insegnamenti di Socrate sono piene di idee di una suggestiva rassomiglianza con certi insegnamenti giudaici e cristiani. Egli compara, senza esitare, gli dei del paganesimo agli Angeli ed ai Santi del Cristianesimo. – Scrive pure, a conclusione della sua opera “Il Papa”, una invocazione al Panteon della Roma eterna: « Tutti i santi al posto di tutti gli dei! È nel Panteon che il paganesimo è stato rettificato e ricondotto al sistema primitivo del quale era una corruzione visibile. Il nome di Dio, senza dubbio, è esclusivo ed incomunicabile; tuttavia ci sono più dei sulla terra ed in cielo. Ci sono delle intelligenze, delle nature migliori, degli uomini divinizzati. Gli dei del Cristianesimo sono i Santi … » Maistre ha trovato l’ispirazione di questa “piece” in un passaggio de « Il pio Theyer, nella relazione che ha dato della sua conversione ». [Religion 30 dic. 1805 e 11 genn. 1806] – Quale differenza allora c’è tra l’apoteosi antica e la canonizzazione? Esculapio non era per Senofonte che quel che chiamiamo un santo … « Nessuno dubita – precisa – 1° che non si può passare subitaneamente dal culto di Jéhowa a quello degli spiriti; 2° che gli dei delle nazioni erano agli occhi degli antichi adoratori del vero Dio, dei veri dei; 3° ma che questi veri dei, erano e potevano essere degli dei malvagi [Mélange B, nov. 1807] ». Egli aggiunge nelle sue “Chiarificazioni sui sacrifici”: « … una credenza giusta nella radice, ma corrotta da questa forza che aveva coinvolto tutto, e aveva generato, malgrado la ragione, malgrado la pietà naturale, l’uso generale dei sacrifici di animali e di piante ed anche l’orribile abuso dei sacrifici umani. Questa fu una depravazione del dogma innato. Perché non adotta naturalmente l’errore. È la religione cristiana che ha spiegato e giustificato l’istinto religioso dell’umanità, che ha liberato questo sentimento universale dagli errori e dai crimini che lo disonoravano. » Tutti i dogmi e tutti gli usi della Chiesa Cattolica hanno la loro radice « … nel profondo della natura umana e di conseguenza da qualche opinione universale, comune nel suo principio a tutti i popoli di tutti tempi. » (in Du Pape). C’è dunque una continuità tra paganesimo e Cristianesimo. Si potrebbe dire che il Cristianesimo sarebbe l’infiorescenza di un paganesimo purificato. È questo il pensiero sottogiacente a tutti gli intrattenimenti delle “Serate”. Questo tentativo apologetico è così pericoloso e discutibile. Andiamo dunque a considerarlo ponendoci delle domande. Com’è che una umanità, depositaria di una rivelazione divina, proprietaria di una verità infallibile, ricevuta direttamente da Dio, avrebbe potuto alterare questo deposito divino, corromperlo e dislocarlo? E qual è questa forza che avrebbe potuto deteriorare una credenza giusta fino dalle sue origini? Se gli dei falsi del paganesimo non sono che Santi o degli Angeli, come spiegare la fonte di questa corruzione? Ci sono, ci vien detto, degli dei cattivi! Perché? Ma se un essere dal carattere divino non porta necessariamente in sé la perfezione, cosa è l’idea della divinità? E se la perfezione può corrompersi, alterarsi, in cosa bisogna porre il criterio della Verità? Noi abbiamo già dimostrato l’incoerenza fondamentale degli gnostici nel problema del male. Joseph de Maistre – gnostico diversamente abile –  non sfugge a questa contraddizione. – Seconda questione: Se il Cristianesimo non è che il paganesimo “ripulito”, “epurato”, perfezionato, cos’è che impedisce di considerarlo come forma transitoria dell’evoluzione verso una religione universale che potrà raggiungere più avanti una forma evoluta ancor più perfetta? Emile Pavet lo aveva già notato in “Politiques et moralistes”: la concezione maistriana della continuità delle religioni rischia di sfociare in un Cristianesimo “razionalizzato”, che lasciando cadere i suoi dogmi ed i suoi misteri, diventerà la religione dell’umanità. Ed è ben vero, tanto che attualmente, il satanico Novus Ordo, tempio dei demoni in talare, ci sta portando all’O. R. U. (l’organizzazione delle religioni unite), agghindato da noachismo talmudico, il cui direttivo sarà nelle mani, come ampiamente preventivato e in gran parte già attuato, a “coloro che odiano Dio e tutti gli uomini”, come li chiamava “affabilmente” San Paolo, che già ai suoi tempi ben ne conosceva i precursori.  – Maistre precisa, nelle sue “Serate” (II intrattenimento) che « … alla rivelazione limitata del Sinai, a quella del Cristo, più ampia, ma ancora ristretta per le circostanze dei tempi e dei luoghi … », succederà una nuova manifestazione di divinità: « … contemplate questo lugubre spettacolo ed unitevi l’aspettativa degli uomini scelti e vedrete se gli “Illuminati” hanno torto a prendere in considerazione, come più o meno vicina, una terza esplosione della potenza divina in favore del genere umano, una nuova effusione dello Spirito ». Joseph de Maistre precursore del movimento (pseudo-)carismatico? È questo in una certa misura normale, poiché questi movimenti sono usciti dalle stesso “illuminismo massonico” di cui Maistre era impregnato. Questo dimostra in ogni caso che tutto questo gioco intellettuale non era inoffensivo; malgrado la buona fede e la reale pietà dei loro autori [ma oggi non ne siamo ben certi …pensiamo sempre più che fossero degli infiltrati della quinta colonna], ebbe delle conseguenze disastrose di cui subiamo oggi gli effetti finali. – L’influenza di Joseph de Maistre, di Bonald e di Lamennais fu molto grande su tutti gli spiriti cristiani nel corso del XIX secolo. – Ozanam cercava attraverso i secoli, l’eredità comune dell’umanità. Circa nel 1830, un gruppo di studenti cattolici credeva con lui ad una nuova palingenesi o rinnovamento del mondo con il Cattolicesimo, complemento divino della religione primitiva le cui tracce si trovano in tutti i popoli e che soddisfava i bisogni dell’individuo e della società (cf. Mgr. Baudillart: Fredéric Ozanam, 1912). Goerres, Schlegel, Brentano, il redattore delle Visioni di Anna Caterina Emmerich, Arnim, svilupparono queste idee in Germania. Nawmann scriveva nel 1838, in Inghilterra: « La vera religione è la somma e la perfezione delle false. Essa combina tutto ciò che c’è di buono e di vero in ogni altra religione  separatamente. La Fede cattolica è in gran parte la combinazione di verità separate che gli eretici si son divise tra di loro, o dai loro errori. » Ecco un mostruoso ecumenismo: fare uscire la vera Religione dalle false, combinare delle parziali verità, cioè rimescolare gli errori; considerare gli eretici non come impugnanti verità già conosciute e professate [peccato contro lo Spirito Santo], ma come conservatori di verità parziali (d’altra parte un marrano infiltrato, travasato dagli anglicani, cosa poteva mai dire?). Come dicevamo già, il Cristianesimo è allora per questi “tradizionalisti” di varia foggia, l’efflorescenza del paganesimo, nel suo spirito. Esso doveva sbocciare mediate una evoluzione naturale. Ma allora ci si domanda perché il Cristo sia venuto a soffrire la Passione, se il paganesimo conteneva in se stesso implicitamente tutto il Cristianesimo, e l’Incarnazione con la Redenzione non hanno più di ragion d’essere. Auguste Compte [ma pensa un po’!] ha visto bene l’influenza di Joseph de Maistre sul movimento di Oxford. In una lettere a Stuart Miller, Parigi, 5 aprile 1842, egli vede nel Puseysmo uno “strano avvento del Cattolicesimo anglicano ed una emanazione spontanea della nostra scuola retrograda dopo de Maistre”. Il sogno ecumenico dell’autore delle “Serate” aveva prodotto i suoi frutti avvelenati, frutti che ancor oggi vengono proposti all’assaggio mortale da case editrici finto-cattoliche, legate a doppio filo col satanico “novus ordo”, effettando tradizionalismo … spurio.

Una reazione pseudo-cristiana: l’ontologismo o la visione di Dio

A: Da Sant’Agostino a Blanc de Saint Bonnet

Altri filosofi cristiani, colpiti sall’incoerenza del Tradizionalismo, hanno cercato un accordo [per altro impossibile] tra il pensiero gnostico di Cartesio e la dottrina cattolica divinamente rivelata. – Noi abbiamo detto che Cartesio, con la sua dottrina del “Cogito”, mirava a fare uscire il mondo intero dal “Me pensante”, ponendo così il germe degli errori deliranti dell’idealismo e del panteismo. Al “io penso, e dunque io sono”, questi pensatori cristiani hanno voluto sostituire l’idea di infinito, cioè di Dio che sarebbe la sola base di ogni conoscenza individuale. È quel che si chiama Ontologismo (l’ontologismo, enunciato dapprima da Malebranche, poi sostenuto da Gioberti, Ubaghs e Rosmini – vedi il num. 29 della nostra serie -, fu condannato il 18 sett. 1861 dal Santo Officio che lo giudicò infetto da panteismo). Blanc de Saint-Bonnet riceve invece a Lione tutta la sua formazione filosofica dall’abate Noirot, le cui “Lezioni di filosofia” erano state pubblicate da un allievo, Tissandier, al quale aveva comunicato i suoi quaderni del corso. – Per questo abate Noirot, la filosofia è la scienza delle idee: « … L’oggetto della filosofia è dunque il pensiero stesso e tutto ciò che costituisce da vicino o da lontano il  pensiero (…) tutte le idee, tutte le nozioni delle quali si compone in una qualsiasi epoca il saper umano » (p. 6). Ecco la filosofia ridotta ad una psicologia e privata di metafisica. « Le nozioni che noi chiamiamo idee necessarie – continua l’abate Noitot – o concezioni, sono delle idee immutabili, invariabili in mezzo a tutte le rivoluzioni del pensiero umano. I filosofi che hanno estrapolato e descritto questo elemento del pensiero gli hanno dato dei nomi diversi e ciascuna di queste denominazioni esprime uno dei caratteri di queste idee. » – Egli cita allora Platone e le sue “idee innate”, Leibnitz e le sue “idee necessarie”, Bossuet e Fénelon e le loro “idee pure”. « Questo nozioni – aggiunge – si distinguono da tutte le altre, perché esistono. » (p. 40) – Ma se si riconducono queste idee assolute ad una creazione “a priori” della ragione, si cade necessariamente nel kantismo e finalmente nello scetticismo agnostico. Per evitare tali conclusioni, occorrerà collegare queste idee assolute ed a priori al reale di cui esse devono far conoscere la natura e le loro leggi. – L’abate Noirot realizza questo collegamento  facendo ricorso alla celebre teoria delle “Verità eterne” derivate da Sant’Agostino. « Questa ragione che è in me, e che non è me, da dove viene? Non è qualche ospite celeste disceso in noi per intrattenerci in cose dell’alto? » Poi cita Bossuet: « Se io cerco ora – dice l’aquila di Meax, ove ed in qual soggetto queste verità sussistono eternamente ed immutabili come sono, io sono obbligato a confessare un Essere in cui la Verità è eternamente sussistente ed ove essa è sempre intesa e questo essere deve essere la Verità stessa, e deve essere tutta Verità ed è da lui che la verità deriva in tutto ciò che è e si intende fuori di lui. Questo oggetto eterno, è Dio, eternamente sussistente, eternamente la stessa Verità. » (pp. 111 e 112). – Questo testo, preso da Bossuet, riassume una prova dell’esistenza di Dio, sempre insegnata in filosofia cristiana. Ma l’abate Noirot gli fa dire tutt’altra cosa, e cioè che la ragione sarebbe in noi un qualcosa di divino. – È l’ontologismo: dottrina secondo la quale il primo oggetto della nostra ragione sarebbe Dio stesso, e sarebbe in Lui che essa trae le sue idee eterne, le quali sarebbero state inserite da Dio stesso nel nostro spirito e, ricevendole da Dio, la ragione le concepisce. L’accordo di queste idee con il reale avviene con l’intermediazione di Dio. Non si fa fatica a ritrovare in questa teoria delle tracce evidenti dell’inneismo cartesiano. – Blan de Saint-Bonnet continua l’insegnamento dell’abate Noirot. Precisando, egli demarca bene il suo punto di arrivo e ciò che non era molto chiaro in lui va a prendere bruscamente un nuovo aspetto, il panteismo implicito di tutta questa costruzione cartesiana. – « Da ogni tempo – ci dice – si è constatato che nell’uomo c’era altra cosa che l’uomo, che in lui la Verità si poneva in un santuario e la coscienza è una sede per dettare degli arresti certi. I grandi filosofi nel corso dei secoli si sono particolarmente preoccupati della ragione … la ragione è ciò che per eccellenza vede, ciò che vede l’essere. Vedere, malgrado il velo degli oggetti esteriori, o al di là dei sensi e dell’orizzonte i fenomeni, è proprio della ragione. La ragione è un riflesso, benché debole, di questa luce che procede dallo stesso seno della Sostanza eterna. Essa proviene da Dio, appare alla coscienza come un ospite che le porta delle nuove da un mondo di cui offre l’idea ed il bisogno … Questa parentela ancora tra ragione umana e saggezza divina, questa filiazione diretta nella quale il pensiero dell’uomo ed il pensiero di Dio si incontrano, ci spiega perché il bene, quaggiù, è reamente il bene, il vero, realmente il vero … La nostra ragione è appartenuta a Dio, essa fa parte della saggezza eterna, prima di scendere in noi con la creazione, e l’anima non ne è ingannata. Quantunque umile, l’uomo può dire: io ho qualcosa di comune con Dio, io possiedo un elemento, delle facoltà che questo Essere divino deve possedere … » (Estratto dal libro De la Raison, 1866). – Noi abbiamo sottolineato, nel corso di questo testo, tutte le formule che sviluppano questa idea pantestica che la nostra anima è una particella dell’anima divina discesa in un corpo. Gli gnostici, che negano che Dio sia altra cosa dal mondo, fanno dell’anima umana una particella dell’anima del mondo. Il punto di applicazione del principio è analogo. La nostra anima ragionevole non ci appartiene e non costituisce per noi il principio delle nostre conoscenze. – Si suppone che la « conoscenza diretta di Dio sia naturale per l’uomo ». Questa è la negazione di un ordine soprannaturale, poiché si accorda alla creatura il potere di conoscere direttamente il Creatore, di vederlo senza intermediario. Ora, la visione intuitiva, oltrepassa assolutamente le forze e le esigenze di tutte le creature. Aggiungiamo ancora che gli ontologisti, fanno spesso appello a questo testo di San Giovanni: « Il Verbo è la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo » (dunque, al momento della sua nascita, Dio gli insuffla i principi della ragione). San Tommaso d’Aquino ha rifiutato già da molto tempo questa teoria delle idee innate: « Il testo di San Giovanni che voi citate – diceva ai platonici – non prova che una cosa che noi ammettiamo; cioè che la luce del Verbo illumina la comprensione umana come causa universale, ma non prova che questa luce divina sia la causa immediata delle funzioni dello spirito umano. Questo testo, lungi dall’escludere l’esistenza della comprensione umana agente nell’uomo, al contrario la comprova; perché è da questa luce universale del Verbo che l’anima riceve questa specie di virtù particolare che si chiama intelletto agente. » Quando la sorella di Blanc de Saint-Bonnet pubblicò l’opera del fratello, ebbe chiaramente il sentore che la sua dottrina si allontanasse sensibilmente dall’insegnamento della Chiesa e la fece procedere da questo avvertimento: « … pur circondando di affetto e di rispetto la penna di mio fratello ho però il dovere, come figlia devota della Santa Chiesa Cattolica, di spiegare certe espressioni, certi pensieri contenuti in queste pagine. Allievo del dotto abate Noirot, e dedito al culto della filosofia in un’epoca in cui questa scienza era studiata al di fuori dei suoi rapporti con la Scolastica, Antoine Blanc de Saint-Bonnet non ha avuto la fortuna di conoscere gli ammirevoli insegnamenti di Leone XIII, relativi al cammino da seguire nello studio delle scienze filosofiche e di profittare di questi insegnamenti. Il lettore saprà dunque spiegarsi le possibili lacune e si degnerà di scusarle … ». – In certi scrittori tradizionalisti del XIX secolo, Maistre, Bonald, Blanc de Saint-Bonnet, c’è un miscuglio di idee vere e di idee false, tra le quali bisogna fare una cernita attenta. Non si possono leggere né senza discernimento, né metterle in ogni mano a chicchessia. È affatto legittimo pubblicare nelle antologie le belle pagine piene di verità e di buon senso che si trovano nelle loro opere, ma occorre eliminarvi, o almeno denunciarne gli errori che vi si incontrano.

  1. RITORNO AL REALISMO

L’oggetto della filosofia non è il pensiero in sé, ma l’essere stesso delle cose. Contrariamente al pensiero di Cartesio e di tutti i filosofi che abbiamo citato, l’uomo non pensa il suo pensiero, egli pensa le cose. Le idee non sono ciò che è conosciuto, ma ciò per cui le cose sono conosciute. Esse non sono il termine del pensiero, ma ne sono il mezzo. – A partire da una riflessione del pensiero su se stesso, come lo preconizza Cartesio, è impossibile raggiungere qualsiasi verità, perché la verità è una conformità del nostro pensiero con la forma ricevuta dalle cose. Non si conchiude dal pensiero all’essere, ma nel pensiero è dato l’essere delle cose. Come potremmo noi osservare il nostro pensiero se non ci fosse l’oggetto in esso? Non si pensa il nulla, ma un qualcosa, e se si è deciso di rigettare qualche cosa in un “dubbio metodico” tutte le conoscenze acquisite, non c’è più alcune possibilità che qualsiasi pensiero possa essere. La Verità è l’essere delle cose attualmente pensate. Essa risiede e nell’essere, e nel nostro pensiero. Noi non abbiamo in noi la potenza prodigiosa di creare un essere ed imporgli una forma. Noi ci contentiamo di ricevere la forma degli esseri che noi pensiamo, estraendola, estraendola cioè dalle percezioni sensibili. – Tra Dio ed i nostri pensieri si pone la creatura, il solo oggetto immediato quaggiù del nostro sguardo intellettuale. Ed è questa percezione immediata dell’oggetto che assicura il valore assoluto delle idee e dei primi principi dell’essere e della ragione. – La vera filosofia cristiana esalta il valore di certezza della ragione umana; l’intelligenza dei primi principi è il frutto diretto del puro sguardo dell’intelligenza sugli oggetti. Essa li legge spontaneamente nel reale, in qualunque forma siano presentati. E questo primo sguardo non è il risultato di un ragionamento, ma è un apprendimento diretto. La logica è nelle cose, noi le riceviamo con la conoscenza stessa dell’essere delle cose. L’intelligenza umana, secondo il suo naturale funzionamento, trova il suo proprio oggetto, l’essere, solo nelle cose create. Essa percepisce nelle creature le esigenze e le leggi dell’essere. Essa scopre allora che la ragion d’essere inizialmente disegnata in una creatura qualunque, contiene la pienezza illimitata dell’essere che è Dio. Dio è senza dubbio, in un certo senso, nel contenuto del suo sguardo, ma lo è solo in maniera implicita. La conoscenza di Dio avrà bisogno di apparire esplicitamente in seguito ad un ragionamento. Solo la ragione ci permette di cogliere Dio, almeno nell’ordine della conoscenza umana, poiché la visione intuitiva è al di là di tutte le nostre capacità congenite. La nostra idea delle cose non è precostituita, né innata, essa è disegnata nel reale. È con la sottomissione al reale che la nostra intelligenza si conforma ad esso e si rende verace. I grandi principi della ragione (principi di identità, di non contraddizione, etc.) sono infallibilmente veri perché sono esistiti da sempre, sono le leggi stesse dell’essere.

[Fine]

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.