LO SCUDO DELLA FEDE (XVI)

[A. Carmignola: “Lo Scudo della Fede”. S.E.I. Ed. Torino, 1927]

XVI.

LA DIVINA PROVVIDENZA.

Come mai Iddio è provvido, se vi hanno tanti disordini nella natura? — Se vi sono tanti esseri inutili? — Se vengono al mondo tanti mostri e nomini infelici? — Se siamo oppressi da tanti mali? — Se accadono tanti disastri?

— Si dice che Iddio è provvido, e cioè si dice aver egli cura delle creature, conservarle, governarle, dirigerle al loro fine, procacciare a tutte quel che loro abbisogna. Ora come conciliare questa divina provvidenza con tanti disordini, che vi sono nel mondo?

E di quali disordini intendi parlare?

— Dei disordini che vi hanno nella natura e nella società. Per esempio nella natura vi sono tanti esseri, piante, animali, che potrebbero venire al mondo e vivere a lungo, e invece improvvisamente sono soffocati e distrutti. E questo non è già un disordine?

Nella mente nostra potrà benissimo parer tale, ma non già di fronte a Dio. Hai tu mai intesa una qualche sinfonia d’un celebre Maestro, supponiamo di Haydn o di Verdi? E nel sentire quella sinfonia non ti è sembrato che vi fossero delle note sacrificate? massime certe note di accompagnamento? Eppure se tu le togliessi, non ne risulterebbe più quel complesso armonico, che tanto molce l’orecchio. Una sinfonia dev’essere considerata nel suo complesso per goderne l’effetto. Così, caro mio, se anche nell’armonia del mondo vi sono delle note sacrificate, ciò non toglie che l’armonia esista e sia sommamente ammirabile ed esalti il Maestro Divino che la crea. Dunque devi riconoscere che Dio in vista dell’ordine generale può permettere qualche disordine parziale, che alla fin fine non si può nemanco chiamar tale, in quanto che serve a stabilire l’armonia e l’equilibrio del mondo. Supponiamo ad esempio che tutti i semi delle piante si svolgessero, e tutte le pianticelle nate dai semi si conservassero in vita, il mondo intero non diventerebbe una sola foresta? Supponiamo che si moltiplicassero, come potrebbero, i nati di un moscherino, al termine di una stagione non basterebbero a coprire quattro ettari di terreno? E se si schiudessero tutte le uova dei merluzzi e degli storioni, in meno di cento anni non potrebbero riempire tutti gli oceani? Vedi adunque come nel lasciare che vadano distrutte e soffocate tante esistenze, Dio, tutt’altro che far contro alla sua Provvidenza, ne dà bellissima prova.

— Ciò è vero. Ma appunto perché tanti esseri sono inutili, come mai li crea?

Nella tua domanda vi è un bello sproposito. Tu dici: Come mai Dio crea tanti esseri inutili? Ma ciò è possibile? Quando un essere qualsiasi non servisse ad altro che a mostrare la perfezione di Dio, non sarebbe già sommamente utile? Ora vi è forse anche un solo di quegli animaluzzi, di cui in una sola goccia d’acqua ve n’ha migliaia, che non serva a questo scopo? Ma oltre a ciò bisogna pur riconoscere che non c’è alcun essere nell’universo, che Dio non abbia creato con un fine particolare e che non rechi all’armonia del mondo la sua utilità.

— Ma che utilità arrecano certi insetti, che non danno che molestia?

Ricordi il fatto o la parabola di quel re che si lamentava perché Dio avesse creato i ragni e le pulci? Un dì dopo una disastrosa battaglia avendo dovuto darsi alla fuga, finalmente stanco si nascose in un antro, dove si stette a riposare per alcune ore. Intanto un ragno dispiegò alla porta di quell’antro una ragnatela. E quando già era stata compiuta, ecco alcuni soldati nemici di quel re, che si erano dati a ricercarlo, passare di là. Vi fu bene chi disse: entriamo qui a vedere, se qui si fosse nascosto. Ma vi fu subito chi osservò ciò non essere possibile dal momento che si vedeva quella ragnatela intatta. E così quei soldati essendo andati oltre, il re scampò alla morte, e cominciò a riconoscere l’utilità dei ragni. Il dì seguente dormendo in luogo aperto sarebbe del pari caduto nelle mani dei nemici, se una pulce non l’avesse talmente morsicato da svegliarlo a tempo, sì che potesse accorgersi dell’arrivo dei nemici e fuggire. E allora riconobbe anche l’utilità delle pulci. Questo fatto o parabola mi par che basti a darti la spiegazione dell’esistenza di tutto ciò che a noi può parere inutile.

— Mi sembra però assai difficile conciliare la divina Provvidenza coi tanti mostri che vengono al mondo, e soprattutto con tanti uomini infelici, con tanti ciechi, con tanti sordomuti, con tanti cretini, con tanti storpi, con tanti rachitici eccetera, eccetera.

Ascolta : « Quanto ai mostri essi mettono in luce la debolezza delle forze create, e non vi ha ragione di meravigliarcene. Quantunque noi non possiamo sempre assegnare loro una causa particolare nei disegni di Dio, né sapere a quale forza occulta tornino profittevoli, teniamo per certo ch’essi hanno la loro ragione di essere e che non possono cogliere in fallo la divina Provvidenza. E non basta, come osserva giudiziosamente S. Agostino (Enccheridion, capo 5), « che essi attraggano la nostra attenzione e muovano la nostra intelligenza ad investigare le leggi, alle quali fanno eccezione, affinché noi ne accertiamo l’ordine abituale e ne ammiriamo la sublime disposizione? » (Monsabrè). In quanto poi a quelli che nascono al mondo ciechi, sordi, storpi, cretini, pazzi e va dicendo, anzi che a Dio, il quale fa bene ogni cosa, ciò si deve attribuire agli uomini, che concorrono per parte loro all’azione creatrice di Dio, e che ne sono la causa con certi loro vizi e peccati, E quando poi per parte loro non si possa scoprire alcuna causa, bisogna pur riconoscere che Dio permette ciò con un fine sempre buono, perché la sua volontà non può mai essere altrimenti che buona, ad esempio per provare certe famiglie, per mantenerle nell’umiltà, per far acquistare loro dei meriti, se non altro per far apprezzare meglio a chi vede questi infelici il benefizio di essere sani e di buona costituzione, e per altri simili ottimi fini. E stando così le cose, si potrà forse disconoscere per questo lato la Divina Provvidenza?

— No certo; lo comprendo anch’io. Nondimeno non so darmi pace perché Iddio così buono e provvido lasci poi che la nostra breve vita sia ripiena di tanti mali, di tante infermità, di tante tribolazioni, di tanti dispiaceri, di tanti dolori!

* Tu non ti sai dar pace di ciò, perché al pari di tanti altri in questi mali fisici, che contrastano i nostri sensi e si oppongono alla nostra tendenza di non voler soffrire, vedi dei veri mali, mentre essi non sono propriamente tali. Di fatti a che cosa possono essi servire tutti questi mali fisici? Essi possono servire mirabilmente a indurre l’uomo a distaccare il cuore dalla terra, a darsi al servizio di Dio, ad espiare per loro mezzo, soffrendoli con pazienza, i peccati propri e persino gli altrui, ad operare la propria santificazione, a conseguire l’ultimo fine per cui è stato creato. Se adunque è vero, come è verissimo, che questi mali fisici servano a conquistare i beni eterni del cielo, si possono ancora chiamare veri mali? o non si hanno piuttosto a chiamare divini benefizi? E Iddio che ce li manda non si manifesta veramente buono e provvido? Tutto sta che noi, da parte nostra pigliandoli rassegnati dalle mani di Dio, sappiamo convenevolmente giovarcene.

— Questo è vero. Nondimeno certe disgrazie, come ad esempio, i terremoti, le inondazioni, i fulmini, gli incendi, le rovine, i disastri in ferrovia e per mare e simili non sono così contrarli alla divina Provvidenza? Questi mali tolgono agli uomini la vita in un attimo e purtroppo non tutti coloro che sono colpiti si trovano in grazia di Dio, sicché dal colpo del disastro passano all’eterna dannazione.

Prima di tutto ti osservo che se taluni in questi disastri, che Dio per giusti suoi fini permette, perdono la vita improvvisamente, e morendo senza grazia vanno all’eterna dannazione, non è da ascriversi a Dio, ma a loro che avrebbero potuto anche in quel punto trovarsi preparati a ben morire. In secondo luogo ti dico, che anche in tali sventure è difficile che non vi sia un istante per quelli che ne sono colpiti, nel quale, se il vogliono, possano pentirsi e provvedere ancora in tempo alla loro salvezza. E poi ti dichiaro addirittura, che questi mali ben lungi dall’opporsi alla divina Provvidenza, ne sono anzi una conferma, in quanto che danno a tutti il serio avvertimento di star sempre pronti e ben disposti dell’anima, perché può accadere purtroppo, che quando meno ci si pensa, si abbia a passare all’eternità.

— Ma intanto da questi mali fisici e da queste disgrazie, che succedono nel mondo, taluni sono spinti al suicidio, oppure al furto, alle frodi e ad altri simili delitti!

E con ciò ne vorresti dar la colpa alla divina Provvidenza? Se taluni sono malvagi, e anziché servirsi delle pene, che Iddio loro manda per guadagnarli a sé e metterli sulla via della salvezza, se ne servono per darsi in braccio alle colpe, ed alle colpe più gravi, quale è tra le altre il suicidio, si dovrà dire che Dio non è buono e provvido? Ma allora si dovrebbe dire lo stesso, quando Iddio concede a taluno gran copia di beni, e costui si serve di essi per accontentare le sue passioni e dannarsi. Se non che a chi mai è saltato in testa di accusar la divina Provvidenza per i beni, che essa largisce agli uomini?

— È vero: non ostante tutte le difficoltà, bisogna ammettere in tutto la divina Provvidenza e in tutto ammirarla.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.