IL PECCATO VENIALE – (C. Alapide)

Peccato veniale.

[E. Barbier: I Tesori di Cornelio Alapide; S.E.I. Ed. Torino, 1930]

– 1. Il peccato veniale porta a gravi cadute. — 2. Malizia del peccato veniale. — 3. Quanto sono frequenti le colpe leggere. — 4. Punizione del peccato veniale.

I. IL PECCATO VENIALE PORTA A  GRAVI CADUTE. — « Chi non bada alle piccole colpe andrà a poco a poco nelle gravi » — Qui spernit modica, paulatim decidet (Eccli. XIX, 1). S u questa sentenza del Savio così ragiona S. Gregorio: « Se noi non badiamo alle piccole cose, insensibilmente sedotti, finiremo per cadere nei più enormi misfatti. Perché colui il quale trascura di deplorare i peccati veniali che ha commesso e non bada ad evitarli, decade dallo stato di giustizia non già tutto ad un tratto, ma a gradi e insensibilmente. Bisogna avvertire quelli che sono abituati al peccato veniale, perché considerino attentamente che talora una leggera caduta è in qualche modo più nocevole che una colpa grave; poiché una grave mancanza si rileva più facilmente e si piange più presto; mentre non si tiene conto di una leggera; e questa diventa tanto più pericolosa perché si commette senza scrupolo. Perciò spesso avviene che l’anima abituata alle colpe lievi, finisce col non sentire più orrore delle gravi: corrotta per le sue molteplici infrazioni, essa arriva a tanto di ardire, di disprezzo e di malizia, che più non teme i peccati mortali, perché ha imparato a commettere senza timore i veniali » (Moral. lib. X, c. XIX). – Lazzaro che languisce per debolezza, poi si ammala, poi muore, poi è sepolto, e finalmente puzza già putrefatto, presenta agli interpreti sacri una figura della vita e della caduta definitiva dell’uomo che non si dà pensiero di evitare il peccato veniale. 1 ° Egli non sente nell’anima che un languore; 2° questo languore si aggrava e diviene malattia; 3° cade in un sonno letargico, cioè nella noncuranza del suo stato; 4° arriva la morte o il peccato mortale; 5° la putrefazione o corruzione del cuore. – « Una cosa, dice S. Bernardo, che da principio ti pareva insopportabile peso, a poco a poco diventa meno pesante; poi non te ne accorgi nemmeno più; finalmente ti riesce dilettevole e gioconda (Primum aliquid tibi videtur importabile; iudicabis non adeo grave; nec senties: paulo post etiam delectabit – Serm, in Cantic.) ». Basta una scintilla a produrre un vasto incendio. Guai a chi trascura le piccole cautele! Bisogna chiudere, secondo l’avviso di S. Cipriano, non solo le porte, ma anche le più piccole fessure, per timore che basti un piccolo foro a introdurre il nemico nel campo. Tutto l’ambito di una città dev’essere fortificato, affinché non sia espugnata da un lato debole; perché, avverte Salomone, chi non fa conto del poco, mancherà nel molto (Omnes rimæ, ne dicam portæ, claudendæ sunt, ne per unum foramen castra omnia penetrentur; et universa sunt componenda munimento, ne per modicum non munitum tota civitas ruat; sicut Salomon repetit dicens: Qui spernit modica, paulatim decidet – Serm. in Eccles.) . – « Non sapete, scriveva S. Paolo, che un poco di lievito mette in fermento tutta la massa della farina? » — Nescitis, quia modicum fermentum totam massam corrumpit? ( I Cor.V, 6). «Chi non rigetta da sé i peccati veniali, dice S. Isidoro, si espone al pericolo di cadere nei più enormi delitti; perché il peccato veniale genera, per così dire, il mortale. I vizi crescono prontamente e senza che uno se ne accorga; se non si tiene d’occhio il peccato veniale, arriverà ben presto il mortale. Schivate adunque accuratamente l’uno, per non cadere nell’altro». (De norma bene viv.). «E come mai, dice S. Gerolamo, un’anima dedicata a Cristo, non baderà alle grandi ed alle piccole cose; mentre sa che avrà da rendere ragione perfino d’una parola oziosa? (Mens Christo dedita et in minoribus intenta est, sciens etiam prò otioso verbo reddendam esse rationem – Ad Heliodor.) ». « Guardatevi, dice S. Agostino, dal far poco conto delle vostre colpe, con la scusa che sono leggere; sono piccola cosa anche le gocce della pioggia, eppure riempiono fiumi, trascinano sassi ed alberi schiantati dalle radici (Noli despicere peccata tua quia parva sunt; nam etiam pluviarum guttæ flumina complent, et moles trahunt, et arbores cum suis radicibus tollunt – Serm. LXIV, de Temp.)». – « Che importa, dice il medesimo Santo, che un vascello naufraghi sommerso per una grossa falla, ovvero coli a fondo per il peso dell’acqua lasciata entrare poco a poco nella stiva per negligenza dei marinai? Nell’un caso e nell’altro l’esito è sempre lo stesso (Quid interest ad naufragium, utrum uno grandi fluctu navis aperiatur, aut obruatur; an paulatim subrepens aqua in sentinam et per negligentiam derelicta atque contempta, impleat navem atque submergat? – Epistola CVIII, ad Seleucum) ». Nessuno diventa improvvisamente un gran peccatore. Le trasgressioni leggere menano le colpe gravi; e tanto sono più pericolose le prime, in quanto che travestendosi, penetrano senza sforzo nell’anima, si nascondono nel cuore e vi preparano una spaventosa rovina … Perciò S. Bernardo ci avverte che « l’anima consacrata a Dio, deve schivare con altrettanto studio i più piccoli peccati, quanto i più enormi; perché cominciano da leggere venialità, quelli che cadono in grandi eccessi (Mens Deo dicata sic caveat minora vitia, ut maiora; quia a minimis incipiunt, qui in maxima prorunt Serm. In Cantic.) ». Sono funeste le conseguenze del peccato veniale, perchè 1 ° ancorché questo peccato non cacci Dio dal cuore, contrista però lo Spirito Santo che abita nell’uomo: ora, contristare un amico che viene a visitarci, equivale a fargli capire che può andarsene e che si può benissimo fare a meno della sua presenza… 2° Mette ostacolo all’abbondanza delle grazie… 3° Scema nell’anima il fuoco dell’amor divino… 4° La getta in uno stato fatale di tepidezza, stato pericolosissimo, dicendo il Signore nell’Apocalisse: « Fossi, tu almeno o del tutto freddo ovvero caldo! ma poiché sei tiepido, e ti tieni fra il freddo e il caldo, io ti rigetterò dalla mia bocca » — Utinam frigidus esses aut calidus! sed quia tepidus es, et nec frigidus nec calidus, incipiam te evomere ex ore meo (Apoc. III, 15-16).  5 ° Il peccato veniale priva di molti favori che Gesù Cristo concede ordinariamente alle anime vigilanti e fedeli, quali sono la pace interna, e le consolazioni sensibili, ecc .. 6° Affievolisce le forze dell’anima, accresce e rinvigorisce le passioni; per conseguenza, presentandosi una tentazione violenta, ovvero un’occasione che trascini, l’uomo spossato per le molte ferite fattegli dal peccato veniale, è facilmente scosso, dà il suo consenso e soccombe, secondo la frase dei Cantici: « Le piccole volpi danno il guasto alle vigne » — Vulpes parvulas … demoliuntur vineas (Cant. II, 15) … 7 ° Vedendo la negligenza ed il disprezzo delle piccole colpe, il demonio piglia ardire e potenza a sollecitare gli uomini ed a farli cadere nel peccato mortale. Al contrario, chi si guarda dalle colpe leggere, fa ostacolo al demonio e non si lascia prendere né uccidere l’anima, col peccato mortale.« Io oso, diceva il Crisostomo, dire una sentenza che ha dell’inaudito e del paradosso, ma che non è meno salda di ogni altra verità più chiara: Mi pare che non minore studio si deve mettere a fuggire i peccati veniali, di quello che si mette a schivare i mortali; la natura medesima infatti ci porta ad avere orrore dei gravi eccessi, mentre trascura e disprezza le colpe leggere sotto il vano pretesto che non sono infami. Questo disprezzo e questa noncuranza impediscono ben presto l’anima di trovare in sé la forza e l’energia necessaria per non commetterle, e in conseguenza delle ferite che ne riceve, le viene la morte. Voi vedrete tutte le più enormi scelleratezze battere questa via; perché nessuno cade ad un tratto nelle ultime profondità del male; nessuno tocca d’un colpo il fondo dell’abisso. L’anima ha una certa vergogna un certo pudore naturale di cui non può svestirsi in un momento, ma lo fa gradatamente» (Homil. LXXXVIII in Matth.).

2. MALIZIA DEL PECCATO VENIALE. — Le seguenti considerazioni aiuteranno a comprendere la malizia del peccato veniale. 1 ° Il peccato veniale è, non meno che il mortale, una disobbedienza a Dio …; racchiude un certo qual disprezzo di Dio e della sua santa legge… 2 ° Dopo il mortale, il peccato veniale è il più grande dei mali. Fa più ingiuria a Dio, che non gli diano gloria tutte le opere buone immaginabili. Secondo i santi Padri e i teologi, tutti i meriti degli apostoli, dei martiri, dei santi, degli angeli, ed anche quelli dell’augusta Madre di Dio non basterebbero a scancellare un solo peccato veniale e riparare l’ingiuria ch’esso fa a Dio, ma si richiedono i meriti di Gesù Cristo … 3 ° Il peccato veniale è il male di Dio. Perciò essendo la gloria e l’onore dovuti a Dio, infinitamente al di sopra di tutto ciò che appartiene alle creature, anche le più nobili e le più perfette, non sarebbe mai lecito commettere un solo peccato veniale per scamparle dai più grandi mali e procurare loro i più grandi beni. Salviano dice: « Nelle cose che riguardano Dio, non vi è nulla di leggero » — Nil leve æstimetur, quo læditur Deus ( Lib. VI). Tutti i peccati assalgono e offendono Dio ; ma la più lieve offesa verso di Lui è più gran male che tutti i mali che possano opprimere le creature. Chi ama Dio, deve pertanto fuggire anche il peccato veniale… S. Agostino insegna che non sarebbe lecito dire una piccola bugia, se anche si dovessero salvare tutti i dannati; perché la menzogna è il male di Dio, mentre il supplizio dei reprobi non è che il male dell’uomo. Ora, siccome i più gravi mali dell’uomo non sono che mali della creatura, non sono mai così grandi come la più piccola offesa verso Dio, offesa che intacca la Maestà infinita (Confess.). – Il peccato veniale è una macchia sul’anima; gli altri mali, qualunque siano, non sono che la pena o il castigo del peccato. Ora la più lieve di queste macchie è più grave di tutti i tormenti; questi infatti non sono mali ma beni, perché sono l’opera della giustizia vendicativa che corregge il peccato e riconduce in questo modo il peccatore all’ordine… Con quanta premura bisogna dunque schivare i peccati veniali! – I pagani medesimi compresero che non era cosa indifferente in se stessa il preservarsi dalle colpe veniali. «Non mediocre prova del nostro progredire in virtù, dice Plutarco, è questa di vedere se evitiamo le più piccole colpe. Chi così si regola, mostra che ha già acquistato meriti che vuole conservare intatti » (De Profer. virtut.).

3. QUANTO SONO FREQUENTI LE COLPE LEGGERE. — Il giusto medesimo non va esente da colpe leggere ed anche frequenti, ma le deplora e se ne rialza, dice il Savio: — Septies cadet iustus et resurget (Prov. XXIV, 16). – Chi osasse dire di non avere peccato, ingannerebbe se stesso, e sarebbe mentitore: — Si dixerimus quoniam peccatum non habemus, ipsi nos seducimus, et veritas in nobis non est (I IOANN. I, 8). Infatti, secondo S. Giacomo, « manchiamo tutti quanti in molte cose » — In multis offendimus omnes (IACOB. III, 2); il non commettere nessuna colpa è cosa tutta propria di Dio, dice Clemente Alessandrino: — Nil omnino peccare, proprium est Dei (lib. I, Pædag. c. II). Deve dunque essere nostro impegno di n on cadere, e di rialzarci subito non appena caduti.

4. PUNIZIONE DEL PECCATO VENIALE. — Se vi è argomento che debba farci comprendere che grande male sia il peccato veniale, sono i castighi con cui Dio lo punisce in questa e nell’altra vita. Frequenti ne occorrono gli esempi nei Libri santi. Mosè viene escluso dalla terra promessa in punizione di un leggero dubbio s u l’onnipotenza di Dio … Davide vede perire settantamila sudditi, per una colpa di vanitosa leggerezza… I Betsamiti per aver guardata curiosamente l’arca; Oza per averla toccata, sono colpiti di morte. La medesima sorte tocca ad Anania e Satura per una bugia. Dio punisce non di rado con malattie ed altre afflizioni temporali i peccati veniali; molto più spesso li castiga con pene interiori, molto più severe, quali sono l’aridità nella preghiera, la nausea degli esercizi di pietà, le tentazioni contro la fede e la purità, i moti di scoraggiamento e anche di disperazione ed altri interni affanni, molte volte così gravi da sopportare, che quelli che li provano si vedono esposti a d abbandonare il servizio di Dio, e per conseguenza a dannarsi … Nell’altro mondo poi il castigo riservato al peccato veniale è il purgatorio