I PAPI DELLE CATACOMBE (1) J. Chantrel

I PAPI

DELLE CATACOMBE

(II E III  SECOLO) di

J. CHANTREL. 2a edizione.

PARIGI

DILLET, LIBRAIO, Éditore del Messager de la Semaine,

15 RUE DE SÈVRES, 15 – 1862

PREFAZIONE.

La storia della Chiesa presenta un fenomeno unico negli annali dell’umanità: il trionfo di una dottrina che presenta dei misteri incomprensibili alla ragione, che impone dei doveri in contrasto con la natura nonché delle pratiche fastidiose e penose. Questo trionfo è stato ottenuto per vie del tutto contrarie a ciò che consiglierebbe la prudenza umana; nessuna adulazione, nessuna concessione, nessun compromesso; esso è stato ottenuto malgradi gli ostacoli più formidabili: una persecuzione sanguinosa per più di tre secoli, un lavoro incessante di dissoluzione operato da false dottrine e dalle più stravaganti immaginazioni. Tuttavia, nonostante questi ostacoli, nonostante questi errori, nonostante questi roghi e tutti gli strumenti di tortura, la dottrina di cui parliamo non ha cessato di accrescersi e diffondersi; il sangue dei suoi martiri si è trasformato in una semenza feconda, e la vittoria alfine è stata completa: la croce sulla quale era stato sospeso un Giudeo sconosciuto e disprezzato, è divenuta il simbolo d’onore più invidiato, gli imperatori romani hanno adorato questo Giudeo che un governatore inviato da essi, aveva giudicato e lasciato crocifiggere a Gerusalemme. Ecco un fatto che non si presenta due volte nella storia: inspiegabile alla ragione, contrario a tutte le leggi naturali, è prova nel modo più perentorio della divinità del Cristianesimo. È questa meravigliosa lotta di quasi tre secoli contro la ricchezza, la potenza, l’errore e la tirannia congiurata che noi vogliamo qui descrivere; perché è sugli intrepidi capi che condussero i Cristiani alla vittoria immolando se stessi, che noi vogliamo attirare specialmente l’attenzione dei nostri lettori. Ma come raccontare tanti fatti in sì poche pagine? Come rendere a questi eroi del Cristianesimo gli onori che sono loro dovuti, quando si dispone di uno spazio ristretto? Noi saremo obbligati a lasciare da parte tanti dettagli, e non potremo dare tutti i nomi dei gloriosi atleti che hanno combattuto per Gesù-Cristo. È con vero dolore che ci rassegnamo a riassumere una storia così interessante e magnifica. Il primo secolo è l’età divina del Cristianesimo; il secondo secolo ed il terzo ne sono l’età eroica: qui c’è una miniera inesauribile di fatti attraenti, di sublimi epopee, di riflessioni veramente filosofiche. Ancora una volta bisognerà limitarsi. Del resto, i nostri rimpianti saranno un po’ diminuiti dalle considerazioni che, avendo intrapreso noi principalmente lo scopo di vendicare il Papato dalle calunnie e dalle ingiurie con cui lo si attacca, non avremo ancora qui occasione di occuparci di tali calunnie e di queste ingiurie; anche se ci sono già delle difficoltà sulle quali dobbiamo arrestarci, né l’empietà, né l’eresia hanno osato per  il momento attaccare direttamente questi venerabili vegliardi, che non usciranno affatto dalle catacombe di Roma se non per andare al supplizio; l’empietà non ha osato oltraggiare la memoria di questi Pontefici la cui dignità non era che un titolo al martirio, e che non successero a Gesù-Cristo, se non per salire con Lui sul Calvario. – Ma la vita e la morte di questi Pontefici spiegherà l’incredibile fenomeno della potenza morale dei loro successori, come la vita e la morte dei Santi dei primi secoli fanno comprendere la vitalità di cui è dotata la Chiesa di Gesù-Cristo. Ecco dunque in pratica un edificio che non è costruito sulla sabbia: esso è posto sulla roccia dalla stessa mano di Dio, e su tali solidi fondamenti si appoggia! Per tre secoli le ossa dei martiri si accumulano; ed è appunto su tre secoli di santità, di eroismo e di trionfi che si elevano le muraglie della nuova Gerusalemme, e ciascuno dei secoli seguenti vi aggiunge delle nuove pietre non meno belle, non meno ben tagliate e lucidate di quelle poste a fondamenta: e chi potrebbe rovesciarle? Ecco la Chiesa Cattolica con i suoi Pastori supremi, i suoi Vescovi, i suoi Preti, le sue Vergini, i suoi Martiri, i suoi Santi; eccoli tali come li ha fatti Dio, tali come i secoli li hanno visti e li vedranno fino alla fine del mondo, degni sempre di sentir cantare in suo onore questo inno che ripetono i fedeli il giorno della Dedicazione: « O felice Gerusalemme, dolce visione di pace, costruita fino al cielo con pietre viventi, e circondata da cori di Angeli, come una sposa accompagnati dagli amici dello Sposo! « Ecco la città nuova che esce dal cielo come dalla sua casa nunziale, ornata come una sposa per le sue nozze con il Signore, l’oro più puro brilla sulle sue piazze e nelle sue mura. « Le ricche pietre abbelliscono le sue porte; il suo santuario è aperto; là possono entrare tutti coloro che soffrono in questo mondo per il nome di Gesù-Cristo, « è con i colpi, con le prove che le sue pietre sono state ripulite, ed è con la mano del supremo Costruttore che sono fissate al loro posto: Dio le ha fissate per sempre per formare l’edificio sacro. « Onore dunque, lode, gloria e potenza al Padre che ci ha creati, al Figlio che ci ha riscattati! Lode allo Spirito Santo di cui i fedeli sono il tempio!» [In questa seconda edizione abbiamo rivisto con cura, corretto qualche passaggio, aggiunto al pontificato di San Callisto I dei dettagli resi necessari dalle recenti scoperte].

I

Costituzione della Chiesa.

Quando i tempi apostolici arrivarono al compimento con San Giovanni Evangelista, la Chiesa era perfettamente costituita in ogni sua parte, ed i secoli successivi non avevano quasi nulla da sviluppare, non avevano niente di nuovo da apportare, il tempo non doveva perfezionare ciò che era già perfetto fin dall’inizio, non doveva che mostrare lo sviluppo dell’azione della Chiesa sul mondo. Il dogma, il culto, la disciplina erano stabiliti: l’eresia servirà più tardi a definire sempre più chiaramente l’immutabile credo della Chiesa; il culto, costituito nelle sue parti fondamentali, non riceveva più se non delle aggiunte secondarie, richieste dai bisogni del cuore umano e resi possibili dalla libertà data alla Chiesa; la disciplina non avrebbe potuto modificarsi esteriormente che nelle parti accessorie, secondo le circostanze dei tempi, dei luoghi, delle persone, senza cambiare nelle sue caratteristiche essenziali. La sacra Scrittura e la tradizione formano fin da allora i due depositi della dottrina, ma era la Chiesa che interpretava la Scrittura, era Essa che controllava la tradizione. In una parola, l’Autorità era da allora, come è sempre stato, il carattere proprio del suo insegnamento. Gli apostoli non ragionavano, essi esponevano: non si ragiona in effetti sulla parola di Dio, la si deve accettare, dal momento che essa è riconosciuta come essere parola di Dio. Di modo che tutto si reduce alla testimonianza: gli Apostoli erano i testimoni di Gesù-Cristo, ne attestavano con i miracoli, con la loro morte, la verità di ciò che essi dicevano; dopo di essi la testimonianza continuò egualmente con dei miracoli, alla quale si aggiunse la testimonianza suprema della morte volontaria, di ciò che si chiama “martirio”; “si crede volentieri, si è detto, a dei testimoni che si fanno sgozzare per attestare la verità delle loro parole”. È su queste testimonianze che è stata fondata la Chiesa. Ogni religione che pretende di appoggiarsi esclusivamente sulla ragione umana, che fa della ragione il giudice ultimo della fede, è ugualmente convinta di falsità. Non c’è che una cosa da ricercare: “Dio ha parlato? Che ha detto?”. Una volta constatato questo punto, non c’è più nulla che da ascoltare e sottomettersi. Ed è per questo che la vera Chiesa procede con autorità: essa insegna, definisce, non discute, non dialoga: tutto ciò che resta da fare alla ragione, è assicurarsi della veracità del testimone, cosa sempre facile quando si tratta della Chiesa Cattolica, le cui caratteristiche di veracità sono brillanti come luminoso è il sole. Per mantenere l’integrità della dottrina e del deposito della tradizione, c’è bisogno di una forma di governo regolare: questa forma esisteva fin dai primi secoli. Pietro è il capo del collegio apostolico; lui ed i suoi successori legittimi sono I veri Capi della Chiesa, la Chiesa non può essere ove non essi non sono. Ecco il punto culminante della Gerarchia. Al secondo posto si pongono i vescovi, il cui nome significa in Greco “sorvegliante”. Essi erano eletti dall’assemblea del clero e dei fedeli, e consacrati da altri Vescovi. Il Vescovo si prendeva cura dei poveri, delle vedove, degli orfani; egli presiedeva all’amministrazione delle elemosine e alle collette ed aveva il privilegio quasi esclusivo della predicazione. La consacrazione si faceva con l’imposizione delle mani, come dei nostri giorni. Appena eletto, egli faceva parte della sua elezione al Vescovo di Roma, Vescovo dei Vescovi, al quale Gesù-Cristo ha affidato la missione di confermare i suoi fratelli; in tal modo, fin da questi primi tempi, l’unità era perfettamente stabilita; la comunione con la sede di San Pietro è un carattere essenziale della cattolicità. Dopo i vescovi vengono i preti, seniori o presbiteri, parole che significano gli “anziani”, perché venivano presi tra le persone di età matura e di santità di vita provata. Era il Vescovo che li sceglieva, spesso con la designazione dello stesso popolo. Dopo la loro ordinazione, essi erano obbligati alla residenza, a meno che il Vescovo non permetteva loro di passare in un’altra provincia. I preti ricevevano una retribuzione speciale in ragione del loro ministero, e vivevano dell’altare, secondo l’espressione stessa impiegata da san Paolo nelle sue epistole. Al di sotto dei preti c’erano i diaconi, la cui istituzione risale, come le precedenti, agli Apostoli. I diaconi furono dapprima incaricati della ripartizione delle elemosine; essi aggiungevano a questa funzione, quelle di distribuire, accanto ai preti, l’Eucarestia ai fedeli ed anche di predicare il Vangelo, come si vede ad esempio di Santo Stefano, il primo dei diaconi ed il primo dei martiri. I Vescovi, i Preti ed i diaconi erano tenuti ad osservare la continenza: nel caso in cui essi fossero maritati prima della loro ordinazione, cessavano di vivere in comune con le loro mogli. Il celibato ecclesiastico risale dunque al primo secolo della Chiesa. – Il diaconato ed il sacerdozio formano quelli che si chiamano gli “ordini maggiori”; ma è fuor di dubbio che gli altri ordini, detti minori, esistessero già dai tempi degli Apostoli, come gradi diversi di preparazione agli ordini maggiori. Così esisteva il sottodiaconato, elevato alla dignità di ordine sacro maggiore già intorno al tempo del Papa Innocenzo III; a partire da questo tempo, i sottodiaconi fecero il voto che li incatenava per il resto della loro vita, e tra essi si sceglievano i diaconi; c’erano poi gli accoliti, incaricati della cura dei ceri, gli esorcisti, incaricati di pregare per l’espulsione dei demoni, i lettori, che leggevano le Scritture tra i fedeli, gli ostiari, ai quali veniva affidato la cura dei luoghi dell’assemblea e la convocazione dei fedeli. Si trovano anche, fin dal primo secolo i germi degli ordini religiosi. Vi erano dei Cristiani chiamati ad una vita più perfetta, e che si dedicavano a mettere in pratica tutti i consigli del Vangelo. Li si chiamava ascetici, da una parola greca che indicava che essi si esercitavano più particolarmente alla santità; alcuni credono che i “terapeuti” d’Egitto fossero in realtà degli asceti cristiani. Essi vivevano nel ritiro, osservavano la continenza e praticavano dei digiuni straordinari; non mangiavano che cibi secchi, dormivano sulla nuda terra, e dividevano il loro tempo tra la preghiera, lo studio della Scrittura ed il lavoro manuale. Le Vergini cristiane, questi fiori della Chiesa, pressoché sconosciute nelle altre religioni, si erano già moltiplicate, e opponevano la loro vita ai disordini ed alle infamie del mondo pagano. Era proprio del Cristianesimo mettere in onore la verginità, che i giudei consideravano un obbrobrio, e che il paganesimo non riusciva nemmeno a comprendere. Roma aveva sei vestali, obbligate a mantenere la verginità fino ad una certa età, e queste vestali erano ricolme di onori, avendo persino il privilegio di salvare la vita al condannato che si trovava sul loro passaggio: l’orgoglio però era la salvaguardia della loro verginità limitata a qualche anno; un castigo terribile, la morte per inedia in un sepolcro ove venivano rinchiuse vive se avessero violato il loro voto, veniva a sostenere la loro virtù, eppure più di una vestale cedette. Le Vergini cristiane, al contrario, rinunciavano a tutte le dolcezze della vita, vivevano nel ritiro e nell’umiltà, si contavano, ed ancora si contano, a migliaia. È così che il Cristianesimo mostra la virtù che possiede di elevare l’umanità al di sopra di se stessa, di dare allo spirito un trionfo completo sulla carne: questo non è più un trionfo naturale. Esisteva un’altra istituzione che non durò che durante i primi secoli della Chiesa, quella delle “diaconesse”, che erano delle vedove di provata virtù, incaricate di visitare persone del proprio sesso, che la povertà, la malattia o qualche altra miseria, rendevano degne della sollecitudine della Chiesa. Esse istruivano i catecumeni, sotto la direzione dei sacerdoti, li presentavano al Battesimo, e dirigevano i nuovi battezzati nella pratica della virtù cristiane. Esse davano rendiconto della loro funzione al Vescovo oppure ai diaconi e Preti che il Vescovo aveva designato. Niente di più toccante che il quadro presentato dai primi Cristiani: « Tra di noi, diceva Atenagora ai pagani (Atenagora visse sotto l’imperatore Marco-Aurelio, che regnò dal 161 al 180), voi trovate degli ignoranti, dei poveri, degli operai, delle donne anziane che non potranno forse mostrare con dei ragionamenti la divinità della nostra dottrina; essi non fanno discorsi, ma fanno delle buone opere. Amano il prossimo come se stessi, abbiamo imparato a non colpire coloro che ci colpiscono, a non fare processi a coloro che ci spogliano. A chi ci da uno schiaffo, noi volgiamo l’altra guancia; se ci viene richiesta la tunica, noi offriamo anche il mantello. Secondo la differenza degli anni, noi consideriamo gli uni come nostri figli, gli altri come nostri fratelli e sorelle. Noi onoriamo le persone più anziane come nostri padri e come nostre madri; la speranza di un’altra vita, ci fa disprezzare la presente, finanche nei piaceri spirituali. Il matrimonio per noi è una vocazione santa, che dà la grazia necessaria per allevare i figli nel timore del Signore. Noi abbiamo rinunciato ai vostri spettacoli cruenti, persuasi che c’è molta poca differenza tra il guardare l’omicidio ed il commetterlo. I pagani espongono i loro figli per sbarazzarsene, noi consideriamo questa azione come un omicidio ». – Qualche anno più tardi, Tertulliano completava così questo quadro: « ci si accusa di essere faziosi. Lo spirito fazioso dei Cristiani consiste nell’essere riuniti nella stessa religione, nella stessa morale, nella stessa speranza. Noi formiamo una cospirazione, è vero, ma solo per pregare Dio in comune e leggere le Scritture divine. Se qualcuno di noi ha peccato, è privato della comunione, delle preghiere e delle nostre assemblee, finché non faccia penitenza. Queste assemblee sono presiedute da anziani, la cui saggezza ha meritato loro questo onore. Qualcuno porta denaro ogni mese, se vuole e se può. Questo tesoro serve a nutrire e seppellire i poveri, a sostenere gli orfani, i naufragati, gli esiliati, i condannati alle miniere o alla prigione per la causa di Dio. Tutto è in comune tra noi, tranne le donne. Il nostro pasto in comune si spiega con il suo nome di “agape”, che significa carità. » Ecco cosa erano i Cristiani dei primi secoli, essi davano l’esempio di tutte le virtù, confondevano la corruzione pagana con la purezza della loro vita, e ponevano la loro forza nella preghiera, nei sacramenti, nelle opera di carità, nelle mortificazioni, nel digiuno e nell’astinenza. La preghiera pubblica era l’azione principale delle loro giornate, soprattutto del giorno del Signore, della Domenica, con la quale gli Apostoli avevano rimpiazzato il sabbat dei giudei, in commemorazione del giorno della Resurrezione del Salvatore e della discesa dello Spirito Santo. I luoghi della riunione furono dapprima delle sale da pranzo che i latini chiamavano cenacoli, e che erano situati nella parte superiore delle case. Più tardi, quando seguirono le persecuzioni, ci si riunì dove si poteva, ed i Cristiani delle città scelsero, per essere in sicurezza, le cripte o le cave sotterranee che si trovavano nei paraggi; a Roma ci si riuniva nelle catacombe, vaste cavità sulle quali daremo più avanti alcuni dettagli. La preghiera per eccellenza era il sacrificio, al quale si davano nomi diversi, come cena, frazione del pane, oblazione od offerta, colletta o assemblea (Chiesa), eucarestia o azione di grazia, di liturgia o ufficio pubblico, tutti nomi che designano il sacrificio della Messa, costituito nei tempi degli Apostoli, nelle sue parti essenziali. Era il Vescovo che la celebrava, i Preti non lo facevano che in assenza dei Vescovi. Si cominciava con delle preghiere; poi si leggeva qualche passaggio scritturale, prima dell’antico Testamento, poi del nuovo, etc., quelle che oggi si chiamano l’Epistola e il Vangelo. La lettura del Vangelo era seguita da una spiegazione fatta dal Vescovo. Dopo di che i catecumeni, cioè coloro che si istruivano ancora nella fede e che non erano battezzati, dovevano ritirarsi. Allora cominciava l’offerta (offertorio) dei doni che dovevano costituire materia del sacrificio: erano il pane ed il vino mescolato ad acqua. Il popolo si dava il bacio di pace, gli uomini con gli uomini, le donne con le donne, in segno di perfetta unione. Venivano in seguito pronunciate le parole della consacrazione, si recitava in comune l’orazione domenicale, il celebrante si comunicava ed i suoi assistenti con lui, sotto le due specie del pane e del vino. Un’agape, o pasto comune di carità, seguiva la celebrazione dei santi misteri; il pane benedetto dei nostri giorni richiama questo antico e toccante uso. I Cristiani si riuniscono ancora per altre preghiere pubbliche in ore diverse del mattino e della sera; il canto dei salmi costituiva il fondamento di queste preghiere. Il sacrificio del mattino dell’antica legge era rimpiazzato dal mattutino, quello della sera dai vespri; la terza, la sesta e la nona ora del giorno, erano santificate con la recita dei salmi. Fin da allora furono in uso le cerimonie che si sono perpetuate fino ai nostri giorni, le genuflessioni, le prostrazioni, gli incensamenti, la distribuzione dell’acqua benedetta e le fiaccolate luminose. Ma tutte queste cerimonie erano circondate da un profondo mistero, a causa delle persecuzioni e nel timore delle profanazioni, ed è per questo che i pagani, incapaci di credere a delle riunioni innocenti, imputavano ai cristiani tutte le abominazioni dei loro misteri. Si è visto quale fosse la vita pura e santa dei primi Cristiani, sia quali fossero i loro misteri, quale ordine e quale decenza regnasse nelle loro assemblee, quanto sublime fosse la loro dottrina, celeste la loro morale. Ecco come i pagani distorcevano la verità: « … c’è una nuova seta, essi dicevano, che predica apertamente il disprezzo degli dei e che cerca di abbatterne gli altari. Questi sono degli atei che parlano di un re chiamato Cristo, che darà loro un giorno l’impero, e che rifiutano di pregare per Cesare. È una razza di impostori, di sofisti, e di uomini dediti ai malefici, capaci di ogni crimine, nemici della intera natura, che si dedicano ad orribili dissolutezze, e vivono di carne umana. Malgrado le accuse portate contro di loro, essi si riuniscono nel giorno del sole (la Domenica) per iniziare i loro proseliti. Un bambino coperto di pasta fatta per ingannare gli occhi di coloro che non conoscono questi misteri, è posto davanti all’iniziatore: il proselito batte ed uccide il bambino senza saperlo, e queste tigri bevono il suo sangue, si dividono le sue membra, e si garantiscono il silenzio con la complicità del crimine. » È così che veniva sfigurato il divino banchetto dell’Eucaristia; si sfiguravano le agapi e le trasformavano in scene mostruose che la penna si rifiuta di descrivere. « Questo non è soltanto un idolo assurdo che essi onorano, dicono ancora, è un morto, Cristo che si è fatto Dio dopo una fine ignominiosa, e la croce è per essi un oggetto sacro. Essi aggiungono a queste loro chimere le visioni più insensate; essi dicono che resusciteranno dopo la morte; essi non vogliono mettere corone sulle tombe; rifuggono gli spettacoli ed i pubblici festini; hanno orrore dei cibi consacrati agli dei e delle libazioni. Sprezzanti di Giove, maledicono il suo culto e pregano sulle tombe di coloro che sono stati suppliziate. Essi accolgono tra loro gli omini più perversi; è sufficiente che questi vengano da loro e si confessino; questi maghi aspergono su di loro un poco d’acqua ed i criminali sono assolti. Vile ammasso di finitori di lana, di tessitori, di calzolai, di miserabili usciti dalla plebe, i Cristiani si dichiarano audacemente nemici degli dei, di Cesare, del senato, delle leggi, del genere umano. » Queste favole eccitavano il popolo contro i discepoli di Gesù-Cristo; i filosofi li detestavano perché essi distruggevano i loro antichi sistemi; gli imperatori ed i potenti, perché essi condannavano la loro tirannia, i loro crimini, le loro dissolutezze; i Cristiani erano in effetti esposti all’odio del genere umano; ma è perché tutte le passioni vedevano in loro dei nemici, e soprattutto perché il mondo non li conosceva. Ci volevano ancora due secoli di combattimenti per vincere l’inferno congiurato, per aprire gli occhi accecati, e per far trionfare il Crocifisso divino.