DOMENICA QUARTA DOPO PASQUA [2018]

 

DOMENICA QUARTA dopo PASQUA [2018]

Incipit

In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus Ps CXVII:1; XCVII:2

Cantáte Dómino cánticum novum, allelúja: quia mirabília fecit Dóminus, allelúja: ante conspéctum géntium revelávit justítiam suam, allelúja, allelúja, allelúja. [Cantate al Signore un cantico nuovo, allelúia: perché il Signore ha fatto meraviglie, allelúia: ha rivelato la sua giustizia agli occhi delle genti, allelúia, allelúia, allelúia.]

Salvávit sibi déxtera ejus: et bráchium sanctum ejus. [Gli diedero la vittoria la sua destra e il suo santo braccio.]

Cantáte Dómino cánticum novum, allelúja: quia mirabília fecit Dóminus, allelúja: ante conspéctum géntium revelávit justítiam suam, allelúja, allelúja, allelúja. [Cantate al Signore un cantico nuovo, allelúia: perché il Signore ha fatto meraviglie, allelúia: ha rivelato la sua giustizia agli occhi delle genti, allelúia, allelúia, allelúia.]

Oratio

Orémus.

Deus, qui fidélium mentes uníus éfficis voluntátis: da pópulis tuis id amáre quod praecipis, id desideráre quod promíttis; ut inter mundánas varietátes ibi nostra fixa sint corda, ubi vera sunt gáudia. [O Dio, che rendi di un sol volere gli animi dei fedeli: concedi ai tuoi popoli di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti; affinché, in mezzo al fluttuare delle umane vicende, i nostri cuori siano fissi laddove sono le vere gioie.]

Lectio

Léctio Epístolæ beáti Jacóbi Apóstoli. Jac. I: 17-21.

“Caríssimi: Omne datum óptimum, et omne donum perféctum desúrsum est, descéndens a Patre lúminum, apud quem non est transmutátio nec vicissitúdinis obumbrátio. Voluntárie enim génuit nos verbo veritátis, ut simus inítium áliquod creatúræ ejus. Scitis, fratres mei dilectíssimi. Sit autem omnis homo velox ad audiéndum: tardus autem ad loquéndum et tardus ad iram. Ira enim viri justítiam Dei non operátur. Propter quod abjiciéntes omnem immundítiam et abundántiam malítiæ, in mansuetúdine suscípite ínsitum verbum, quod potest salváre ánimas vestras

 [Mons. Bonomelli, Nuovo saggio di Omelie – vol. II; Marietti ed. Torino 1899, impr.]

Omelia XXI.

 “Ogni buon dono ed ogni perfetto presente viene dall’alto, discendendo dal Padre dei lumi, presso il quale non vi è mutamento, od ombra di vicende. Egli di sua volontà ci ha generati colla parola di verità, affinché in certo modo fossimo la primizie dell’opera sua. Intendetelo bene, fratelli miei diletti. Ognuno sia pronto ad udire, tardo al parlare, lento all’ira. Perché l’ira dell’uomo non fa quello che è giusto dinanzi a Dio. Perciò smessa ogni bruttura e malvagità, accogliete docilmente la parola seminata in voi, la quale può salvare le anime vostre „ (S. Giacomo, I; 17-21).Queste poche sentenze leggiamo nella Messa odierna e si trovano nella epistola di S. Giacomo. Se non erro, è questa la prima volta che mi accade di dover togliere a soggetto dell’omelia un tratto di questa lettera. Essa, come si legge a principio, fu scritta da S. Giacomo apostolo. Son due gli Apostoli di questo nome; il primo, detto il Maggiore, fratello di Giovanni e figliuolo di Zebedeo, ed uno dei tre prediletti da Cristo. Questi fu messo a morte da Erode Agrippa, dieci anni dopo l’Ascensione di nostro Signore, l’anno 42 dell’era nostra. L’altro, detto il Minore, forse per ragione dell’età, figliuolo di Alfeo o Cleofa e di Maria, sorella o cugina della Vergine, e perciò detto fratello di Cristo, ossia cugino. Visse sempre in Gerusalemme, ne fu il primo vescovo, venerato per la sua santità anche dai Giudei, ebbe la corona del martirio l’anno 62 dell’era nostra, ad istigazione del pontefice Anano, otto anni prima dello sterminio di Gerusalemme. La lettera è di questo apostolo e fu indirizzata, non molto prima della sua morte, a tutti i Giudei convertiti e sparsi in varie provincie. Il suo scopo è tutto pratico e morale e riflette mirabilmente il fare degli Evangeli e mostra la perfetta opposizione, che esiste tra Dio ed il mondo, l’amore dell’uno e dell’altro. Sembra anche, per avviso di alcuni autorevoli interpreti, che S. Giacomo si proponesse in questa lettera di correggere l’abuso, che per molti si faceva della lettera di S. Paolo ai Romani. Interpretando male quella lettera, essi dicevano che la sola fede bastava a salute senza le opere, mentre san Paolo aveva insegnato soltanto che nessuno, né Giudeo, né Gentile, poteva con le opere meritare il dono della fede. S. Giacomo stabilisce che la fede senza le opere è morta, e che queste sono necessarie alla salvezza. Premesse queste comuni e non inutili avvertenze, io tolgo a chiosare i cinque versetti, che or ora ho voltato nella nostra lingua.«Ogni buon dono ed ogni perfetto presente, viene dall’alto, discendendo dal Padre dei lumi. „ Nei versetti che precedono, san Giacomo parla della concupiscenza e del peccato, che ne è il figlio e che genera la morte dell’anima. Ecco il mondo e l’opera del mondo: a questa l’Apostolo contrappone il dono e l’opera di Dio, che produce la vita, e dice: “Ogni dono, ogni grazia perfetta non viene dal basso, dalla terra, ma discende dall’alto, discende da Dio, Padre e fonte d’ogni lume e d’ogni verità. „ Vi è un doppio ordine di beni o doni, che vengono da Dio: i beni dell’ordine naturale, che sono la vita, la ragione, la libertà e tutto ciò che conserva la vita e svolge le sue forze o facoltà: i beni dell’ordine sopranaturale, che sono la grazia, la fede e andate dicendo. Di quali doni scrive qui S. Giacomo? Di tutti, io credo, perché tutti provengono da Dio, ma certamente intende parlare dei sovranaturali in particolar modo, perché più eccellenti, e di questi soli ragiona nel versetto che segue. Miei cari! come i raggi della luce emanano dal sole e con essi il calore, che avviva ogni cosa sulla terra, così tutti i beni sgorgano da Dio ed incessantemente si spargono sulle anime per fecondarle, abbellirle e santificarle. Tutti i beni derivano da Dio! Ma forse, donando continuamente a tutti, Dio si muta? Forse perde alcun che dell’essere suo? Forse passa sopra di Lui un’ombra sola d’imperfezione? No, mai. Egli dà sempre e nulla perde opera sempre e non si muta, tutto muove e non si muove. Egli è come la verità: essa è sempre la stessa: conosciuta da milioni di intelligenze in vari modi e applicata in tutte le forme, è sempre la stessa in tutti i luoghi ed in tutti i secoli passati, presenti e futuri. In cielo, in terra, corpi e spiriti, intelligenze e volontà acquistano o perdono, risplendono, si eclissano e si mutano, Dio solo è immutabile. « Presso di lui, grida S. Giacomo, non vi è mutamento, non ombra di vicende. „ A noi torna difficile concepire come Dio operi sempre e disponga ogni cosa, eppure non si muti. Io vi presenterò un fatto naturale, certissimo, che ci aiuterà a concepire l’immutabilità e la continua azione di Dio. Voi sapete che la terra e gli astri tutti del nostro sistema si muovono intorno al sole. Chi li muove incessantemente? Il sole con la forza, che dicono di attrazione. E il sole è immobile nel loro centro: esso tutti li muove in ogni istante e li illumina e li riscalda sempre egualmente, ed essi si muovono sempre e sempre sono illuminati e riscaldati variamente secondo i vari punti, in cui si trovano. Così Dio è immutabile in sé e muta le cose tutte. Non comprendete il mistero? Spiegatemi come il sole immutabile nel centro muti gli astri tutti, ed io vi spiegherò come Dio immutabile nella sua natura possa mutare le cose. S. Giacomo ha detto in genere, che Dio è fonte d’ogni dono, d’ogni grazia perfetta: ora passa a menzionarne una principalissima, che ne comprende molte altre. Udite: ” Dio, così Egli, di sua volontà, ci generò con la parola di verità. „ Dio Padre, della sua stessa sostanza, da tutta l’eternità genera il Figliuol suo in ogni cosa a sé eguale: questo Figliuolo, unico come unico è il Padre, è l’immagine perfetta e sostanziale di Colui che lo genera, è l’oggetto delle eterne sue compiacenze, lo specchio, in cui contempla se stesso e si bea e si letizia. Ma piacque a Dio formarsi altri figli fuori di sè, che fossero l’immagine del Figliuol suo, che in qualche modo crescessero e rispecchiassero le sue infinite perfezioni: tra questi figli di Dio, dopo gli Angeli, sono gli uomini. – E come forma noi, poveri uomini, suoi figli? Forse ci genera della sua sostanza, come l’eterno Figliuol suo? No, sarebbe empietà il dirlo e cosa impossibile: noi siamo creati dal nulla, e chi è creato dal nulla non può essere eguale a Dio. Come dunque? Dio ci fa suoi figliuoli, non per generazione naturale, ma per adozione. Che cosa è questa adozione ? È forse come quella che avviene tra gli uomini? No: l’adozione che avviene tra gli uomini non mette nulla del padre adottante nel figlio adottato, doveché l’adozione divina mette in noi una forza, una qualità, un elemento divino. – Spieghiamoci meglio. Un pittore ritrae sulla tela una figura, uno scultore effigia sul marmo una statua: che fanno essi? Imprimono sulla tela o nel marmo una immagine: quella immagine donde la traggono? Certamente dalla loro mente, dalla loro anima. Quella immagine, pur rimanendo nella mente e nell’anima del pittore e dello scultore, si è impressa e stampata nella figura e nella statua e forma con essa una cosa sola ed è divenuta l’immagine esterna dell’immagine interna dell’artista, ed in qualche senso si può dire che la figura e la statua sono figlie dell’artista stesso e si chiamano “parto del suo genio”. Meglio ancora, o carissimi: un maestro ha intorno a sé una bella corona di figliuoli, che l’ascoltano: il maestro li istruisce a poco a poco. Non è egli vero, che il maestro, istruendo quei figliuoli, piglia le cose o verità che insegna, e mediante la parola, le viene acconciamente travasando dalla propria nella loro tenera intelligenza, senza che egli nulla ne perda? Non è egli vero, che il maestro in tal modo viene ritraendo se stesso nei discepoli, e ponendo in loro ciò che ha di più proprio in sé, cioè le sue idee, la sua mente? Non è egli vero che in quei fanciulli il maestro ritrarrà se stesso, ed essi saranno sue immagini più o meno fedeli e formeranno la sua gioia, la sua gloria? Non è egli vero che quei fanciulli in qualche senso si potranno dire del maestro, perché nello spirito formati a sua immagine? Ciò è sì vero, che i nomi di maestro e di discepolo, di padre e di figlio si scambiano, perché, se non eguali, sono somigliantissimi. – Voi ora potete alcun poco intendere la nostra adozione in figli di Dio, accennata da san Giacomo. Dio ci adotta come figli, ma non mai come un padre adotta un figlio qualunque senza comunicargli nulla del proprio: Dio fa come e più assai del pittore, dello scultore con i lavori delle loro mani, del maestro con i suoi scolari: con la parola comunica alle anime nostre le eterne verità che emanano da Lui e le stampa in esse per modo che vi restano e diventano la loro forma. Non è tutto: Dio versa nelle anime nostre la sua grazia, specialmente con i Sacramenti: essa le penetra, le investe, come l’acqua, come il calore penetrano i corpi, e le viene trasformando mirabilmente. Come sotto la mano dell’artista la figura e la statua acquistano a poco a poco la forma da lui vagheggiata, e sotto la parola e l’azione del maestro i fanciulli acquistano la fisionomia intellettuale e morale da lui voluta, così sotto la luce della verità evangelica, annunziata dalla Chiesa, e sotto l’azione della grazia interna che Dio largisce in tanti modi, l’anima riceve l’immagine, i lineamenti di Gesù Cristo medesimo, divien simile a Lui, e si dice ed è figlio di Dio: “Ut filii Dei nominemur et simus”. – Questa adozione, generazione o rigenerazione, che Dio opera in noi, è il capolavoro della sua sapienza, è la sua gloria più bella fuori di sé, e qui S. Giacomo la chiama volontaria — “Voluntarie genuit nos verbo veritatis”,— per distinguerla dalla naturale, necessaria ed eterna, con la quale Dio Padre produce il suo Figliuolo unigenito. La nostra adozione in figli di Dio è dono della bontà sua, tutto suo dono, giacche a tanto onore non aveva diritto di sorta la nostra natura, né potevamo avere ombra di merito. È dunque nostro dovere riconoscere l’alto beneficio ricevuto, ringraziare Iddio e mostrare la nostra gratitudine con la più fedele corrispondenza. Dio, con la predicazione evangelica, ci ha chiamati alla dignità di suoi figliuoli, ed in tal modo, continua S. Giacomo, ci ha fatto l’onore insigne d’essere la primizie dell’opera sua, cioè della sua Chiesa: “Ut simus initium aliquod creatura ejus”. Tutte le cose che esistono in cielo ed in terra sono opere della mano di Dio, perché d’ogni cosa Egli è Creatore; ma quelle creature si dicono specialmente sue, nelle quali più bella e più perfetta riluce la sua immagine e somiglianza: tali sono in cielo gli Angeli e sulla terra gli uomini, che mercé il Battesimo fanno parte dell’ovile, della famiglia di Gesù Cristo, che è la Chiesa. Questa è la sposa di Gesù Cristo, che Gli genera i suoi figli, ed è l’opera sua per eccellenza. I Cristiani ai quali S. Giacomo scriveva, erano entrati per primi in questa Chiesa, primi dei suoi figli, e perciò meritatamente si dicono principio o primizie della sua conquista. Seguitiamo il commento. “Intendetelo bene, o fratelli diletti.„ Con queste parole l’apostolo richiama l’attenzione dei suoi lettori, e fa conoscere che la cosa che vuol dire è di grande importanza, e lo è veramente nella vita pratica. Sopra, nel quinto versetto di questo capo, S. Giacomo esorta i Cristiani a fare acquisto della verace sapienza con l’esercizio della preghiera e della pazienza nelle tentazioni: e qui passa, se ben vedo, a dare tre ammonimenti, che valgono non poco a far tesoro della sapienza: “Ogni uomo sia pronto ad udire, tardo a parlare e lento all’ira. „ Il mezzo più spedito e sicuro per apprendere qualunque scienza e la scienza stessa delle cose divine, egli è di ascoltare quelli che la insegnano. Senza dubbio il leggere i libri che ne trattano o il meditare da sé le cose, sono mezzi utilissimi per apprendere; ma non tutti hanno tempo, ingegno e volontà ferma per studiare sui libri e meditare da sé e giungere con sicurezza e presto, per queste vie, al conoscimento della verità, mentrechè tutti possono ascoltare chi le annunzia e impararle con facilità e senza pericolo di errare. Gesù Cristo, volendo ammaestrare tutti gli uomini nelle verità della fede, non disse agli Apostoli ed ai discepoli: “andate, scrivete, dettate libri”, ma disse: “Andate, predicate, ammaestrate!” — E S. Paolo ci fa sapere che la fede viene dall’udito, cioè dalla parola predicata. È questo il mezzo per eccellenza che genera e nutre la fede nelle anime nostre, la parola di Dio. Sia dunque ognuno di voi pronto ad udire quelli che per ufficio vi ammaestrano. La scuola delle verità celesti è sempre aperta a tutti, ed è questa Chiesa; noi, che abbiamo il dovere di annunziarle, faremo del nostro meglio per adempirlo, e voi venite sempre e prontamente ad udirle. Che se dobbiamo essere pronti ad udire, secondo l’Apostolo, dobbiamo essere tardi a parlare. — Perché questa differenza tra l’udire e il parlare? Perché con l’udire riceviamo la verità, con il parlare la partecipiamo altrui, e prima di comunicare ad altri ciò che abbiamo appreso, si richiede che lo meditiamo attentamente, ed il conoscimento della nostra miseria ci persuade a preferire d’essere discepoli anziché farci maestri, come di sé scriveva sant’Agostino: “Io amo piuttosto imparare che insegnare — Ego plus amo discere quam ducere(Quæst. ad Ducitium). Di Maria non si legge che mai insegnasse se non con l’esempio, e si dice per contrario che ascoltava le parole di Gesù e le meditava in cuor suo: “Conservabat omnia verba hæc in corde suo” (Luca II, 51). Che più? Gesù, che venne per ammaestrarci, tacque fino ai trent’anni, e parlò solo per tre anni. La stessa natura, avverte S. Basilio, fa che dobbiamo essere pronti più ad udire che a parlare, perché se ci ha dato due orecchi, non ci ha dato che una sola lingua (De Verginitate), e il molto favellare non è senza colpa, è indizio d’animo leggero e stolto (Multum loqui stultitia est. S. Bernardus, De Interiori dono, c. 50), e recherà danno a se stesso. “Ognuno sia lento all’ira.„ Forse questa espressione si deve collegare con la antecedente in questa forma: Se vuol essere lento all’ira sia tardo a parlare —, e il senso è buono, perché generalmente è la lingua, come più innanzi dice ancora S. Giacomo, come una scintilla che appicca l’incendio, che è fonte funesta d’ogni male, che sparge un veleno mortifero. Ma questa sentenza si può pigliare anche separatamente e, in tal caso, essa suppone che talvolta si possa secondare anche l’ira, volendo soltanto l’Apostolo che siamo lenti, onde sta scritto: Sdegnatevi, ma non peccate —, cioè sdegnatevi contro il male, ma in guisa che non pecchiate, conservando sempre il pieno dominio sopra di voi stessi. S. Tommaso spiega assai bene questo luogo. Conviene distinguere, secondo il santo dottore, ira da ira. V’è un’ira che previene la ragione, che spinge ad operare senza riflettere, seguendo la passione, e questa è riprovevole, perché operare senza la guida della ragione, non è da uomo, ma da bruto; ma vi è un’ira, che è voluta, che è quasi un aiuto della ragione per operare, ne accresce le forze, e questa è buona; nobile è la santa indignazione, che proviamo alla vista del delitto, è lo zelo dei profeti, degli uomini di Dio, è quella ch’ebbe Cristo medesimo, del quale si dice nel Vangelo che un giorno, vedendo la perfidia dei Farisei, li guardò con ira: “Circumspexit eos cum ira” (S. Thom. p. 3, q. 15, a. 9). Non sia mai, o dilettissimi. che noi ci lasciamo strappare di mano le redini della ragione e ci rendiamo schiavi neppure per un istante della brutta passione, che è l’ira. Essa stia sempre ai cenni della ragione e a lei non comandi, ma obbedisca, come il destriero ubbidisce al cavaliere. L’uomo, dice lo Spirito Santo, che raffrena l’ira, è più grande del conquistatore, perché vince se stesso.“Il perché, smessa ogni bruttura e malvagità, accogliete docilmente la parola seminata in voi, la quale può salvare le anime vostre: „ è questa l’ultima sentenza della nostra epistola. Dopo avere esortato i fedeli a stare in guardia contro l’ira, S. Giacomo li esorta in genere a bandire da sé qualunque passione, la gola, la lussuria, l’avarizia, l’invidia, comprese tutte in quella parola “ogni bruttura, omnem immundìtiam, ogni malvagità, che ribocca, et abundantìam malitiæ.„ E mondato il cuore, nettata l’anima di quelle sozzure, che devono essi fare? Allorché un vaso è purgato d’ogni feccia, lo si può riempire d’ogni liquore che sia buono: così devesi fare del vaso del nostro cuore. Purificato da tutte le immondezze dei peccato e delle passioni che lo insozzavano, con docilità di spirito e con amore, riceviamo e custodiamo in esso la verità e la grazie che sole possono salvare le anime nostre. La mente sia vuota dell’errore e ripiena di verità: il cuore sia sgombro d’ogni affetto sregolato e, come una coppa d’oro, vi accolga il preziosissimo liquore dell’amore divino.

Alleluja

Allelúja, allelúja

Ps CXVII:16. Déxtera Dómini fecit virtútem: déxtera Dómini exaltávit me. Allelúja [La destra del Signore operò grandi cose: la destra del Signore mi ha esaltato. Allelúia.]

Rom VI:9 Christus resúrgens ex mórtuis jam non móritur: mors illi ultra non dominábitur. Allelúja. [Cristo, risorto da morte, non muore più: la morte non ha più potere su di Lui. Allelúia]

Evangelium

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Joánnem.

Joannes XVI:5-14 In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Vado ad eum, qui misit me: et nemo ex vobis intérrogat me: Quo vadis? Sed quia hæc locútus sum vobis, tristítia implévit cor vestrum. Sed ego veritátem dico vobis: expédit vobis, ut ego vadam: si enim non abíero, Paráclitus non véniet ad vos: si autem abíero, mittam eum ad vos. Et cum vénerit ille, árguet mundum de peccáto et de justítia et de judício. De peccáto quidem, quia non credidérunt in me: de justítia vero, quia ad Patrem vado, et jam non vidébitis me: de judício autem, quia princeps hujus mundi jam judicátus est. Adhuc multa hábeo vobis dícere: sed non potéstis portáre modo. Cum autem vénerit ille Spíritus veritátis, docébit vos omnem veritátem. Non enim loquétur a semetípso: sed quæcúmque áudiet, loquétur, et quæ ventúra sunt, annuntiábit vobis. Ille me clarificábit: quia de meo accípiet et annuntiábit vobis.

Omelia

[ut supra, omelia XXII]

“Ora vado a chi mi ha mandato, e nessuno di voi mi chiede: Dove vai tu? Ma perché vi ho dette queste cose, la tristezza ha ricolmo il vostro cuore? Ma io vi dico la verità: è bene per voi che Io me ne vada, perché se Io non sarò andato, il Paraclito non verrà a voi; se partirò, ve lo manderò. E allorché Egli sarà venuto, convincerà il mondo di peccato, di giustizia e di giudizio. Di peccato, perché non credettero in me; di giustizia, perché vado al Padre e già più non mi vedrete. In fine di giudizio, perchè il principe di questo mondo è già giudicato. Molte altre cose ho ancora a dirvi, ma per ora non ne siete capaci. Ma quando sarà venuto quegli, lo Spirito di verità, vi guiderà in ogni verità , perché non parlerà da se stesso, ma dirà quanto avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché riceverà del mio e lo annunzierà a voi. Quanto ha il Padre è mio, perciò ho detto che prenderà del mio e ve lo annunzierà „ (S. Giov. XVI). Anche questo tratto del Vangelo, come quello che vi spiegai la Domenica passata, è tolto da quel magnifico discorso dell’ultima cena e precisamente da quella parte di discorso, che Gesù tenne lungo la via dal cenacolo al Getsemani. L’argomento versa sulla necessità che Gesù se ne vada al Padre e mandi lo Spirito Santo, e tocca ciò che farà lo Spirito Santo allorché sarà venuto. Di qui potete comprendere quanto opportunamente la Chiesa ci metta innanzi queste parole di Gesù Cristo agli Apostoli: esse ci devono preparare a celebrare santamente la Pentecoste, alla quale siamo vicini. – Gesù Cristo, dopo avere ammoniti gli apostoli della prova terribile imminente, che era la sua morte si crudele: dopo aver loro predette le più feroci persecuzioni da parte degli uomini, affinché, quando fossero venute, se ne ricordassero e si confortassero, prosegue e dice: “Ora vado a chi mi ha mandato. „ Con queste parole, più volte ripetute, Gesù Cristo esprime tutto insieme la sua morte, la sua risurrezione e la sua ascensione al cielo, e specialmente  questa come termine ultimo della sua missione sulla terra, e come quella che lo separava sensibilmente dagli Apostoli, che voleva consolare. Dette queste parole, benché il Vangelo non lo dica, è da credere che il divin Maestro con breve pausa interrompesse il suo discorso aspettando che gli Apostoli domandassero qualche schiarimento e gli chiedessero, com’è naturale, dove se ne andasse (Nel capo XIII, 36 di questo Vangelo S. Pietro fece precisamente questa domanda a nostro Signore: “Signore,dove vai? „ E nostro Signore rispose: ” Dove Io vo, tu non puoi venire: verrai dopo. „ Come dunque qui Gesù Cristo si meraviglia e quasi si lagna che nessuno gli dica: Dove vai? Evidentemente tra la prima domanda di Pietro e la risposta di Cristo e quest’ultima domanda di Cristo dovette passare un certo tempo). Ma quelli afflitti, costernati, tacevano. Allora Gesù soggiunse: “Nessuno di voi mi chiede: Dove vai tu? Ma perché vi ho dette queste cose, cioè, che soffrirete grandi tribolazioni dopo che Io me ne sarò andato, voi siete sopraffatti dalla tristezza. „ È un linguaggio tutto spirante bontà, compatimento e calma divina quando si considera che usciva dalla bocca di chi sapeva con tutta certezza trovarsi al principio della sua passione e a pochi passi dal Calvario e dalla croce, sulla quale venti ore appresso doveva essere confitto. – Gesù, vedendo gli Apostoli muti, sconfortati e ripieni di tristezza, per consolarli, con accento di sicurezza e di sovrana autorità, ripigliò: ” Io vi dico la verità. „ Che fu un dire: “Ponete ben mente alle mie parole e il pensiero della imminente mia dipartita non vi affligga di soverchio: perché è bene per voi ch’Io me ne vada: Expedit vobis ut ego vadam, „ Voi non dovete cercare ciò che vi piace e vi diletta, voleva dire Cristo, ma si quello che giova; ora Io vi dico che a voi giova ch’Io vi lasci e me ne vada al Padre mio. — Come mai ciò, o divino Salvatore? Vedere voi e le opere vostre: udire le vostre parole, parole di verità e di vita, non è il sommo dei beni che possiamo avere? Stare con voi, possedere voi, toccare voi non è stare, non è possedere, non è toccare l’Uomo-Dio, la vita stessa? Come dunque potete dire che è bene per noi che ci lasciate? Voi ci diceste un giorno: “Beati gli occhi che vedono le cose che voi vedete, che ascoltano le cose che voi ascoltate: molti re e profeti desiderarono di vedere ed udire ciò che voi vedete ed udite, e non le videro e non le udirono”, ed ora ci dite che sarà meglio per noi non vedervi, ne udirvi? Spiegatevi, o divino Maestro. — E si spiega e risponde nettamente così: ” S’Io non sarò andato, il Paraclito non verrà a voi: se poi me ne andrò, ve lo manderò.  Non vi è dubbio alcuno: qui Gesù Cristo parla della venuta dello Spirito Santo, chiamato Paraclito, che vuol dire consolatore o avvocato, e che doveva tenere il luogo di Gesù Cristo stesso, continuarne e compirne l’opera. Ora qual rapporto esiste tra l’andata di Cristo al cielo e la venuta dello Spirito Santo? Perché la venuta di questo era legata alla partenza di quello, e legata per modo che l’una esclude l’altra: “S’Io non sarò andato, il Paraclito non verrà a voi”? — Spiegando questo luogo del Vangelo, i Padri e gli interpreti ci danno parecchie ragioni, che riduco a due principali. Nessuno può mettere in dubbio che Gesù Cristo avrebbe potuto dare lo Spirito Santo agli Apostoli con tutta la pienezza, anche rimanendo sulla terra. Chi oserebbe negarlo? Ma era sua volontà che la venuta dello Spirito Santo sopra gli Apostoli e la piena loro trasformazione fosse l’ultimo frutto e come il culmine supremo della redenzione, ed il principio solenne della Chiesa e della sua vita in essa. – “Era dunque necessario, osserva S. Tommaso, che questa venuta dello Spirito Santo seguisse!” dopoché Cristo aveva compiuta la sua missione terrena con la Ascensione. Ritirandosi Egli dalla terra in modo visibile, doveva sottentrare, con la sua azione, lo Spirito Santo (S. Tommaso, p. 3. q. 57, a. 6). – Vi è anche un’altra ragione, toccata da molti e che è connessa con quella or’ora esposta, ed è questa: perché lo Spirito Santo potesse entrare con tutta la sua pienezza negli Apostoli, occorreva che la loro fede fosse ravvivata, e purificato perfettamente il loro cuore da ogni affetto che non fosse al tutto spirituale. Essi credevano fermamente in Gesù Cristo dopo la prova splendidissima della sua risurrezione; ma finché la loro fede aveva una prova palpabile nella vista di Gesù Cristo risorto era una fede, diciamo così, appoggiata un poco ai sensi: doveva elevarsi ancora e diventare affatto spirituale, appoggiandosi tutta all’autorità della parola del divino Maestro, e questo avvenne allorché Gesù Cristo tolse loro la vista della sua umana natura con l’Ascensione, avverandosi anche in loro ciò che disse a Tommaso: “Beati quelli che non hanno veduto ed hanno creduto. „ Similmente avvenne del loro affetto verso di Gesù Cristo; Lo amavano teneramente, ardentemente mentre Lo vedevano ed udivano; e come non avrebbero amato Lui sì buono, sì dolce, perfetto? Ma l’amor loro era come quello dei figli verso la madre: nella vista, nella parola di Gesù Cristo trovava un alimento santo sì, ma alcun poco sensibile: doveva trasformarsi in amore tutto puro e spirituale e, perché divenisse tale, conveniva fosse loro levata la vista dell’umanità di Gesù e Lo amassero invisibile, per sola e viva fede, e allora le loro menti e i loro cuori sarebbero fatti stanza degna di ricevere lo Spirito Santo in tutta la copia dei suoi doni. Sono queste le ragioni per le quali Gesù Cristo dice agli Apostoli quelle parole: “È bene per voi ch’Io me ne vada: perché se non sarò andato, il Paraclito non verrà a voi: se Io me n’andrò, lo manderò a voi. „ – E notate quella parola: ” Lo manderò a voi. „ Chi manderò a voi? Lo Spirito Santo, la terza Persona dell’augusta Trinità, ma come lo manderò? Non certo come  uomo, ma sì come Dio. Ma come Dio, Gesù Cristo, manda lo Spirito? Senza dubbio: come la Scrittura dice che il Padre manda il Figlio, così il Padre e il Figlio mandano lo Spirito Santo. E in qual senso si ha da intendere questo mandare del Padre e del Figlio? Per fermo non dovete credere che il Padre mandi il Figlio e il Padre e il Figlio mandino lo Spirito Santo come un superiore manda l’inferiore, un re il suo ministro, con movimento materiale, che sarebbe ridicolo ed empio, parlandosi di Persone, eguali, aventi la stessa sostanza e perciò egualmente infinite. Il Padre manda il Figlio in quantoché lo genera da sé “ab eterno“, e il Padre e il Figlio mandano lo Spirito Santo in quantochè lo producono: l’origine del Figlio dal Padre è detta missione eterna, ed eterna missione è pur l’origine dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio: la Persona divina poi, che ha l’origine o la missione eterna da un’altra Persona, si dice dalla medesima mandata anche esternamente, allorché esternamente si manifesta, perché la missione esterna segue l‘interna od eterna e ne è, per così dire, l’eco fedele, il riflesso visibile. E allorché questo Spirito Santo promesso sarà venuto, che cosa farà? Convincerà il mondo di peccato, di giustizia e di giudizio. E che vogliono dire queste tre cose? Gesù Cristo medesimo si compiacque spiegarle: “Convincerà il mondo di peccato, „ cioè mostrerà che gli uomini, Ebrei e Gentili, ostinati nei loro errori, si resero rei d’un gran delitto, rifiutando fede a Gesù Cristo. È vero: la venuta dello Spirito Santo, che produce la trasformazione miracolosa degli Apostoli, che fonda la Chiesa e per mezzo della Chiesa perennemente annunzia all’universo la vita, i miracoli e la divinità di Gesù Cristo, è la condanna continua del mondo, è la prova, il grido incessante della fede, che predica sempre e da per tutto il delitto orrendo commesso dai figli d’Israele e il peccato di quanti a Gesù Cristo non ubbidiscono. Che altro è la Chiesa, se bene si considera, se non il testimonio indistruttibile della divinità di Gesù Cristo, del deicidio degli Ebrei e della ostinazione di quanti non credono in Lui? Ma non solo lo Spirito Santo, per mezzo della Chiesa, mette in luce il peccato del mondo, esso lo convince “di giustizia”, perché, dice Gesù Cristo, “Io me ne vo al Padre e non mi vedrete più. „ È una sentenza che fu variamente intesa e presenta non poche difficoltà: nondimeno l’interpretazione più naturale sembra questa: Gesù fu messo a morte come un malfattore, un falso profeta, un ribelle, anzi come un empio sacrilego, che osava dichiararsi Figlio di Dio: Gesù morì sotto il peso dei più orribili delitti appostigli e della morte più crudele che si possa immaginare: ecco il fatto pubblico, attestato dal Vangelo. Ma Gesù risorse: Gesù coronò la sua vita con l’Ascensione gloriosa in cielo: mandando lo Spirito Santo fondò la Chiesa, la più meravigliosa creazione della sua onnipotenza, che attraversa i secoli e riempie lo spazio, celebrando da per tutto le glorie di Gesù Cristo. La risurrezione pertanto, l’Ascensione di Gesù Cristo e sopra tutto la fondazione della Chiesa che crede in Gesù Cristo, spera in Lui, l’ama e l’adora senza vederlo, è la riparazione più grande dell’ingiustizia commessa contro di Lui, e perciò il mondo è convinto di giustizia, ossia è costretto a riconoscere la giustizia, che è resa a Cristo. In altre parole e più chiare: lo Spirito Santo mostrò che il mondo errò nella giustizia, attribuendola a chi non si doveva, e negandola a Cristo, cui si doveva. – Finalmente lo Spirito Santo convincerà il mondo  “di giudizio, perché il principe di questo mondo è già giudicato. „ Questo principe del mondo indubbiamente è satana, che prima di Cristo vi esercitò largamente e quasi senza contrasto la sua tirannica signoria: con la sua morte Gesù Cristo lo sconfisse e conquise, e con Lui e per Lui comincia la resurrezione dell’umanità. Il mondo dopo Cristo e dopo la venuta dello Spirito Santo e lo stabilimento della Chiesa, che è la stessa cosa, comincia a vedere la caduta degli idoli, la distruzione del paganesimo, la rovina, in una parola, del regno di satana, l’eseguimento della sentenza di Cristo: “Ora il principe di questo mondo è cacciato fuori”. – Ben è vero che questa cacciata del regno di satana, questo abbattimento del suo regno non è compiuto, ma è cominciato e prosegue, e il giudizio o la sentenza fulminata da Cristo, il mondo la può vedere in gran parte eseguita. “Molte cose, Cristo continua il suo discorso, ho a dirvi ancora, ma ora non ne siate capaci. „ Gesù Cristo come sapientissimo maestro, temperò sempre il suo insegnamento secondo la capacità degli Apostoli. Dio creatore e conservatore fa tutto gradatamente, seguendo la evoluzione naturale: Dio redentore opera allo stesso modo nell’ordine della grazia, e perciò Gesù Cristo non disse tutto ai suoi Apostoli da principio, ma quel solo di cui erano capaci. Ed è questa l’economia bellissima, che Dio continua nella sua Chiesa: Egli le ha affidato l’intero deposito delle verità rivelate: ma molte di queste, che erano come in germe, si svolgono a mano a mano sotto l’azione dello Spirito Santo e, secondo i tempi e le circostanze, risplendono di maggior luce fino ad ottenere il suggello della definizione. Ora, diceva Cristo, continuando il suo cammino, certe verità non le comprendete: non turbatevi: “Quando sarà venuto quegli, che è lo Spirito di verità, vi guiderà al conoscimento d’ogni verità „ per voi necessaria. Noi giungiamo al conoscimento della verità con lo studio, con l’ascoltare i maestri, col meditare: gli Apostoli vi giunsero guidati dallo Spirito Santo, rischiarati dalla sua luce, che disceso sopra di loro il dì delle Pentecoste, non li abbandonò più mai e li accompagnò in tutte le vicende della fortunosa loro vita. Questo Spirito di verità, che guidò gli Apostoli, guida e muove la Chiesa e non cesserà mai di scorgerla in mezzo alle lotte e alle prove, alle quali è sottoposta sulla terra. Gesù Cristo dice che lo Spirito Santo guiderà gli Apostoli al conoscimento d’ogni verità. Forseché lo Spirito Santo insegnò agli Apostoli le scienze matematiche, fisiche, astronomiche e andate dicendo? No sicuramente: Gesù Cristo non parlò mai di queste scienze umane, ma solo delle cose che riguardano Dio e la salvezza delle anime: Egli venne non per farci matematici e filosofi, dice un Padre, ma per farci suoi discepoli: non per dirci come è fatto il cielo, ma per insegnarci la via che vi conduce. Similmente lo Spirito Santo e la Chiesa dallo Spirito Santo guidata, non ha la missione di insegnare le scienze umane o di pronunciare sentenza sopra di esse direttamente: la sua missione è quella di Gesù Cristo stesso, condurre le anime al conoscimento delle verità necessarie alla salvezza. Delle altre non si occupa o solo indirettamente per illustrare o difendere il deposito sacro della fede. – Lo Spirito Santo guiderà gli Apostoli al conoscimento d’ogni verità, “perché non parlerà da se stesso. „ Come ciò? Lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio e perciò tutto riceve da loro, onde tutto ciò che dirà od insegnerà agli Apostoli ed alla Chiesa viene dal Padre e dal Figlio e non può che ripetere che l’insegnamento stesso di Cristo, ossia, come dice Cristo stesso, “non può dire che ciò che ascolta o riceve da me e dal Padre. „ In queste parole pertanto Gesù Cristo in termini afferma che lo Spirito Santo procede da Lui, perché da Lui riceve la scienza, e ricevere la scienza è ricevere l’essenza, come insegna S. Agostino (Tract. 99). Vedo una difficoltà che si può fare, ed è questa: Gesù Cristo dice che lo Spirito Santo riceverà la scienza da Lui, in futuro: non può dunque intendersi della essenza che Egli riceve, perché questa è eterna e immanente: è dunque forza riferirla a quella scienza che lo Spirito Santo più tardi comunicherà agli Apostoli. – Nella spirazione dello Spirito Santo non v’è né futuro, né passato, ma tutto è presente, perché tutto è eterno, ma la Scrittura, adattandosi alla umana debolezza, usa ora il futuro, ora il passato anche per indicare il presente: qui poi usa il futuro perché l’opera dello Spirito Santo, ossia la scienza ch’Egli comunicherà agli Apostoli, benché la riceva in modo immanente e presente, si manifesterà quanto a noi nel futuro. E lo Spirito Santo, che vi ammaestrerà, ossia vi darà la scienza, che da me riceve con la sostanza, “vi annuncerà le cose future, „ dice Gesù Cristo. Egli vi farà conoscere le cose che avverranno a voi, secondo il bisogno, e vi farà conoscere soprattutto le verità eterne, i beni futuri, che un giorno possederete. “Egli, lo Spirito Santo, glorificherà me, perché piglierà del mio e ve lo annunzierà. „ Lo Spirito Santo illustrerà le vostre menti, vi farà conoscere la mia dottrina e la mia Persona, spanderà nelle anime vostre ogni abbondanza di grazia, e perciò renderà glorioso il mio nome sulla terra. L’opera dello Spirito Santo mostrerà la mia gloria, perché ciò ch’Egli fa, lo fa per me, e lo fa per me, perché riceve l’essenza da me com’Io la ricevo dal Padre. Qui pure Gesù Cristo in modo chiaro stabilisce, che lo Spirito Santo procede da Lui come procede dal Padre, affermando, ch’esso riceve del suo: ora una Persona divina che può mai ricevere da un’altra Persona, se non l’origine e la sostanza divina, e con essa ogni cosa? Il perché questa sola sentenza di nostro Signore basterebbe a mostrare la nostra fede nella processione dello Spirito Santo anche dal Figlio, verità che i Greci, nostri fratelli erranti, ostinatamente negano. Ho terminato il mio commento e la mia omelia, benché gli ultimi due versetti, che racchiudono il dogma della processione dello Spirito Santo anche dal Figlio, avrebbero richiesto una spiegazione più larga e più completa; ma la legge della discrezione me lo vieta.

Credo

Offertorium

Orémus Ps LXV:1-2; LXXXV:16

Jubiláte Deo, univérsa terra, psalmum dícite nómini ejus: veníte et audíte, et narrábo vobis, omnes qui timétis Deum, quanta fecit Dóminus ánimæ meæ, allelúja. [Acclama a Dio, o terra tutta, canta un inno al suo nome: venite e ascoltate, tutti voi che temete Iddio, e vi narrerò quanto il Signore ha fatto all’anima mia, allelúia.]

Secreta

Deus, qui nos, per hujus sacrificii veneránda commércia, uníus summæ divinitátis partícipes effecísti: præsta, quaesumus; ut, sicut tuam cognóscimus veritátem, sic eam dignis móribus assequámur. [O Dio, che per mezzo degli scambi venerandi di questo sacrificio ci rendesti partecipi dell’unica somma divinità: concedici, Te ne preghiamo, che come conosciamo la tua verità, così la conseguiamo mediante una buona condotta.]

Communio

Joann XVI:8

Cum vénerit Paráclitus Spíritus veritátis, ille árguet mundum de peccáto et de justítia et de judício, allelúja, allelúja. [Quando verrà il Paràclito, Spirito di verità, convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio, allelúia, allelúia.]

Postcommunio

Orémus.

Adésto nobis, Dómine, Deus noster: ut per hæc, quæ fidéliter súmpsimus, et purgémur a vítiis et a perículis ómnibus eruámur. [Concédici, o Signore Dio nostro, che mediante questi misteri fedelmente ricevuti, siamo purificati dai nostri peccati e liberati da ogni pericolo.]

NESSUNO PUO’ SALVARSI AL DI FUORI DELLA CHIESA ROMANA

Pio IX: Nessuno si può salvare al di fuori della Chiesa romana 

Fonte: “IL DOGMA CATTOLICO”

Di Michael Müller, C.SS.R
New York, Cincinnati e Chicago:
FRATELLI BENZIGER

Stampatori per la Santa Sede Apostolica
Permissu Superiorum, 1888 d. C.

In un’allocazione tenuta da Pio IX. il 9 dicembre 1854, Sua Santità dice: “Non è senza dolore che abbiamo saputo di un altro, non meno pernicioso errore, che è stato diffuso in diverse parti dei paesi cattolici, ed è stato fatto proprio da molti cattolici, che sono dell’opinione che coloro che non sono membri della vera Chiesa di Cristo possano essere salvati. Quindi discutono spesso la questione riguardante il futuro destino e la condizione di coloro che muoiono senza aver professato la fede cattolica, e danno le ragioni più futili a sostegno della loro cattiva opinione …

È davvero di fede che nessuno può essere salvato al di fuori della Chiesa Apostolica Romana, che è l’unica arca della salvezza, e che colui che non è entrato in essa, perirà nel diluvio”.

Nella sua Lettera Enciclica, Quanto conficiamur, datata 10 agosto 1863, Papa Pio IX dice: “Devo menzionare e condannare di nuovo quel più pernicioso errore in cui vivono alcuni cattolici, che sono dell’opinione che quelle persone che vivono nell’errore e non hanno la vera fede, e siano separate dall’unità cattolica, possano ottenere la vita eterna. Ora questa opinione è molto contraria alla fede cattolica, come è evidente dalle semplici parole di Cristo: “.. Se non ascolterà la Chiesa, sia per te come un pagano e un pubblicano”. Matt. XIII, 17; colui che non crede, sarà condannato. “Marco, XVI, 16: “Colui che ti disprezza, disprezza me; e colui che mi disprezza, ha disprezzato Colui che mi ha mandato “. Luca, X, 16:” Colui che non crede, è già giudicato”. Giovanni, III. 18; “È di fede che, poiché c’è un solo Dio, così anche c’è una sola fede e un solo Battesimo. Andare al di là di questo nelle nostre dichiarazioni significa essere empi. ” (Allocuzione, 9 dicembre 1854.)

Il 18 giugno 1871, papa Pio IX, rispondendo a una delegazione francese guidata dal vescovo di Nevers, disse: “Figli miei, le mie parole devono esprimervi ciò che ho nel cuore. Ciò che affligge il vostro paese e gli impedisce di meritare le benedizioni di Dio, è la mescolanza di principi di cui ora parlerò e che non mi da pace. Ciò che temo non è la Comune di Parigi, quegli uomini miserabili, quei veri demoni dell’inferno che vagano sulla faccia della terra – no, non la Comune di Parigi temo; quello che temo è il cattolicesimo liberale…. L’ho detto più di quaranta volte, e ve lo ripeto ora, per l’amore che vi porto. La vera piaga della Francia è il cattolicesimo liberale, che si sforza di unire due principi, che si ripugnano l’un l’altro come il fuoco e l’acqua. Figli miei, vi scongiuro di astenervi da quelle dottrine che vi stanno distruggendo … se questo errore non viene fermato, porterà alla rovina della religione e della Francia”. In un breve, datato 9 luglio 1871, a Mons. De Segur, il Santo Padre dice: ” Non sono solo le sette infedeli che stanno cospirando contro la Chiesa e la Società che la Santa Sede ha spesso rimproverato, ma anche quegli uomini che, pensando di agire in buona fede e con rette intenzioni, sbagliano nel carezzare le dottrine liberali“. Il 28 luglio 1873, Sua Santità si espresse ancora così: “I membri della Società Cattolica di Quimper non corrono certo il rischio di essere allontanati dalla loro obbedienza alla Sede Apostolica dagli scritti e dagli sforzi dei nemici dichiarati della Chiesa, ma possono scivolare giù per il pendio di quelle cosiddette opinioni liberali che sono state adottate da molti cattolici, per altro onesti e devoti, che, per l’influenza del loro carattere religioso, possono facilmente esercitare un potente ascendente sugli uomini, e portarli ad Opinioni molto perniciose. Dì, dunque, ai membri della Società Cattolica, che nelle numerose occasioni in cui abbiamo censurato coloro che hanno opinioni liberali, non intendevamo quelli che odiano la Chiesa, che sarebbe stato cosa inutile da riprovare, ma piuttosto quelli che abbiamo appena descritto: quegli uomini preservano e alimentano il veleno nascosto dei principi liberali, che hanno succhiato come latte della loro educazione, facendo finta che quei principi non siano infetti dalla malizia, e non possano interferire con la religione; così instillano questo veleno nella mente degli uomini e propagano i germi di quelle perturbazioni con le quali il mondo è stato a lungo oppresso “.

(Una vero est fidelium universalis Ecclesia, extra quam nullus omnino salvatur)

Una, è la Chiesa universale dei fedeli, fuori dalla quale nessuno assolutamente si salva …”

– (Quarto Concilio Lateranense,  1215, Costit. I: De fide Catholica) –

ESERCIZIO SPIRITUALE PER LA MATTINA

ESERCIZIO SPIRITUALE

Per la Mattina.

DEL S. PONTEFICE INNOCENZO XI.

Approvato Dalla Sacra Congregazione dei Riti

[Via del Paradiso, 3a Ed. in Siena, 1823, presso Onorio Porri]

Appena svegliato.

Gesù mio, Signor mio, e Dio mio, vi adoro, vi ringrazio, e vi amo; in nome del Padre, etc.

Prendete l’acqua benedetta, e segnatevi la fronte, la bocca, e il petto, dicendo:

Gesù mio Crocifisso, purificate i miei pensieri, le mie parole e le opere mie.

Per il segno della Santa Croce liberatemi, Signore, dai miei nemici visibili, e invisibili.

Nel vestirvi.

Spogliate il mio cuore da ogni impurità, e rivestitelo, o mio Dio, del candore della innocenza.

Volgetevi al SS. Sacramento della chiesa a voi più vicina.

Vi adoro, e vi ringrazio ogni momento, o vivo Pan del Ciel gran Sacramento,

Disponetevi poi alla Preghiera della mattina con la seguente:

Preparazione di S. Bonaventura.

Signore, che purificate i cuori dei peccatori, quando vi piace, purificate talmente il mio, acciò vi preghi in questo giorno e sempre, con tutta l’attenzione e fervore possibile; e se io soffrirò qualche distrazione, abbiate pietà di me, e con la vostra grazia aiutatemi a correggere i miei difetti. Non permettete che io vi adori e vi preghi con la bocca solamente, né che il mio spirito si smarrisca, ma allontanate da me per vostra misericordia quanto potrebbe dispiacervi nelle preghiere, che devoto vi umilio.

Prendete l’Acqua benedetta.

Lavatemi, o Signore, con quest’acqua, che trae la sua virtù dal Sangue di Gesù Cristo, e l’anima mia diverrà bianca come la neve.

In Nome del Padre, e del Figliuolo, e dello Spirito Santo. Amen.

Per la Mattina.

Io vi adoro, Dio mio, Santissima Trinità, Padre, Figliuolo, e Spirito Santo, tre Persone, e un Dio: io e con l’aiuto vostro, che supplichevole imploro, mi umilio nell’abisso del mio niente sotto il cenno della Maestà Vostra.

Vi credo fermissimamente, e porrei mille vite per testificare quello che vi siete degnato di farci sapere, per mezzo della sacra Scrittura e della vostra santa Chiesa.

Pongo ogni mia speranza in Voi,  e quanto posso aver di bene, tanto spirituale, quanto temporale, così in questa vita come nell’altra, tutto lo desidero e spero, e voglio solo dalle vostre mani, Dio mio, vita mia, e sola speranza mia.

A Voi consegno per oggi e per sempre il corpo, e l’anima mia, le mie potenze, Memoria, Intelletto, e Volontà, e tutti i sentimenti miei.

Mi protesto, che non consento, né sono per consentire, quanto è in me, a cosa, che sia di minima offesa della Maestà Vostra.

Propongo fermamente d’impiegarmi con tutto l’esser mio al servizio, e alla gloria vostra. – Son pronto a pigliare qualunque pena mi verrà dalle vostre mani, per darvi gusto. – Vorrei tutto impiegarmi, acciocché la Maestà Vostra fosse servita, glorificata, ed amata da tutti gli uomini del Mondo.

Godo sommamente della vostra eterna felicità, e mi rallegro, che siate tanto glorioso in Cielo e in terra. Vi ringrazio infinitamente dei benefici che io e tutto il mondo abbiamo ricevuti, e che riceveremo dalla Vostra Maestà. Amo la Bontà vostra per se stessa con tutto l’affetto del cuore e dell’anima mia, e vorrei sapervi amare, come vi hanno amato gli Angeli e i Giusti, con l’amore dei quali congiungo l’amore mio imperfettissimo. – Offerisco alla Maestà Vostra con i meriti dei Santi, della BB. Vergine, e di Cristo nostro Signore le opere mie per sempre, bagnandole col Sangue di Gesù Redentor mio. – Ho intenzione di prendere quante Indulgenze posso nelle azioni di questo giorno, e quelle applicabili ai Defunti intendo di applicarle a tutte le Anime del Purgatorio, e in particolare a quelle alle quali più debbo. – Ho anche intenzione d’offerire tutto quello che posso, e che farò e tutte le Messe, che per tutto il Mondo in tutte le ore del giorno d’oggi si offriranno in penitenza e soddisfazione dei miei peccati. – Dio mio, per essere Voi infinitamente degno di essere amato e servito, perché siete quello, che siete, mi dolgo e mi pento quanto più posso di tutti i miei peccati, e me ne dispiace più d’ogni altro male: ve ne domando umilmente perdono, e propongo di non offendervi mai più per l’avvenire. –  Resto nelle vostre Piaghe, Gesù, difendetemi dentro di quelle oggi e sempre, finché mi concediate di vedervi, e di amarvi in eterno in Paradiso. Amen.

Gesù, Giuseppe, e Maria, vi dono il cuore, e l’anima mia.

Oremus

Domine Deus omnipotens, qui ad principium hujus dièi nos pervenire fecisti, tua nos hodie salva virtute, ut in hac die ad nullum declinemus peccatum, sed semper ad tuam justitiam faciendam nostra procedant eloquia, dirigantur cogitationes et opera.

[Fidelibus, qui mane supra relatam orationem devote recitaverint, conceditur: Indulgentia quinque annorum; Indulgentia plenaria suetis conditionibus, si quotidie per integrum mensem eamdem recitationem pie praestiterint (S. Pæn. Ap., 15 oct. 1935)].

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Dirigere, et santificare, regere, et gubernare, dignare. Domine Deus Rex Cœli, et Terræ, hodie corda, et corpora nostra, sensus, sermones, et actus nostros in lege tua, et in operibus mandatorum tuorum, ut hic, et in æternum, te auxiliante, salvi, et liberi esse mereamur.

Ure igne Sancti Spiritus renes nostros, et cor nostrum, Domine, ut tibi casto corpore serviamus, et mundo corde placeamus.

Concede nos famulos tuos, quæsumus, Domine, perpetua mentis et corporis sanitate gaudere, et gloriosæ beatæ Mariæ semper Virginis intercessione a praesenti liberari tristitia, et æterna perfrui letitia.

Sancte Michael Arcangele, defende nos in prælio, ut non pereamus in tremendo judicio.

Angele Dei, qui Custos es mei, me, tibi commissum pietate superna, hodie et semper, illumina, custodi, rege, et guberna.

Exaudi nos, Domine Sancte Pater omnipotens æterne Deus, et mittere digneris Sanctum Angelum tuum de Cœlis, qui nos custodiat, foveat, protegat, visitet, atque defendat omnes habitantes in hoc babitaculo.

Fidelium Deus, omnium Conditor et Redemptor, animabus famulorum, famularumque tuarum remissionem cunctorum tribue peccatorum, ut indulgentiam, quam semper optaverunt, piis supplicationibus consequantur. Per te, Jesu Christe Salvator Mundi, qui cum Patre, et Spiritu Sancto vivis, et  regnas per omnia sæcula sæculorum. Amen.

Fiat, laudetur, atque in æternum superexaltetur justissima , altissima, et amabilissima voluntas Dei in omnibus.

Misereatur nostri omnipotens Deus, et dimissis peccatis nostris, perducat nos ad vitam æternam.

Indulgentiam, absolutionem, et remissionem peccatorum nostrorum tribuat nobis omnipotens, et misericors Dominus. Amen.

Dominus nos benedicat, ab omni malo defendat, et ad vitam perducat æternam, et Fidelium animæ per misericordiam Dei requiescant in pace. Amen.

Benedictione perpetua benedicat nos Pater æternus. Pater, Ave, Gloria, etc.

Unigenitus Dei Filius nos benedicere, et adjuvare dignetur.

Pater, Ave, Gloria, etc.

Spiritus Sancti gratia illuminet sensus et corda nostra. Pater, Ave, Gloria, etc.

Sanctus, Sanctus, Sanctus Dominus Deus exercituum, plena est omnia Terra gloriæ tuæ; Gloria Patri, Gloria Filio, gloria Spiritui Sancto. Amen.

Sia da tutti conosciuta, ed amata la SS. Trinità col SS. Sacramento; sia benedetta la santa purissima Concezione immacolata della beatissima Vergine Maria.

In nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

ATTI DI PREGHIERA PER UNA BUONA E S. MORTE.

Dispone domui tuæ, quia morieris;

Padre Eterno, che con la Vostra potenza mi avete tratto dal nulle conservato, difendetemi nella mia morte, e conducetemi al fine per cui mi avete creato.

Eterno Verbo, per quell’amore col quale vi siete fatto uomo per me, conducetemi a quella vita eterna, che mi avete meritata.

Divinissimo Paraclito Spirito, che mi avete santificato per mezzo dei Sacramenti, perfezionate l’opera vostra col glorificarmi, acciò vi ringrazi in eterno.

Mio Gesù, che mi avete amato più della vostra stessa vita, assistetemi nel gran punto della mia morte, e siate mio salvatore. – Maria SS. Avvocata pietosa dei moribondi, impetratemi da Gesù gli aiuti efficaci per ben morire. – Angiolo mio Custode, S. Giuseppe, Santi N. N. miei Avvocati, Santi tutti del Paradiso, per quanto vi stimate obbligati a quella divina Bontà, che vi salvò, impiagatevi tutti per la mia eterna salute.

V. Domine, exaudi orationem meam;

R. Et clamor meus ad te veniat.

Oremus.

Domine Jesu Chiste, qui de Cœlis ad Terram de sinu Patris descendisti, et Sanguinem tuum pretiosum in remissionem peccatorum nostrorum fudisti, te humiliter deprecamur, ut in die Judicii ad dexteram tuam audire mereamur: Venite Benedicti; Qui vivis, et regnas in sæcula sæculorum;

Amen.

61

Vi adoro, mio Dio, e vi amo con tutto il cuore.

Vi ringrazio di avermi creato, fatto cristiano e

conservato in questa notte. Vi offro le azioni

della giornata, fate che siano tutte secondo la

vostra santa volontà, per la maggior gloria vostra.

Preservatemi dal peccato e da ogni male.

La grazia vostra sia sempre con me. Così sia.

Fidelibus, qui mane supra relatam orationem pia mente recitaverint, conceditur: Indulgentia quingentorum dierum (S. Pæn. Ap., 10 oct. 1940).