LO SCUDO DELLA FEDE (VII). CERTEZZA DEI MIRACOLI

VII.

CERTEZZA DEI MIRACOLI.

. — Gli antichi miracoli e l’asina di Balaam. — Certezza dei miracoli antichi e di quelli di Gesù Cristo. — Certezza dei miracoli degli apostoli. — Esistenza e certezza dei miracoli odierni.

— È poi egli vero che Dio ha operati dei miracoli per comprovare la sua divina rivelazione?

Non hai mai letto la Storia Sacra? Non hai inteso dire dei grandi miracoli operati da Mosè? delle piaghe di Egitto, del passaggio degli Ebrei attraverso il mar Rosso, della morte degli Egiziani in quello stesso mare, della colonna nebulosa e lucente, che guidava il popolo ebreo nel deserto, della manna che ogni dì scendeva dal cielo, delle acque scaturite dalla pietra al tocco della verga prodigiosa? Non conosci qualche poco i miracoli di Elia, di Eliseo, d’Isaia, di Daniele, e di altri profeti?

— Ho inteso dire per altro che tra quegli antichi miracoli ve ne sono altresì di quelli veramente strani e futili? per esempio l’asina di Balaam…

Certamente qualche miracolo può parere strano e futile a noi, che siamo di corto intendimento, ma non è certamente tale. E poi i veri miracoli in prova della verità di nostra fede non sono da considerarsi isolati, uno ad uno, ma nel loro complesso, e fare come quando si vede una pianta carica di bei frutti, che si dice essere magnifica, ancorché ne abbia qualcuno non tanto bello. Del resto nessun vero miracolo per quanto strano, può essere futile, come appare dall’esempio stesso che tu hai accennato, dell’asina di Balaam. « Mi sembra, dice un illustre oratore, che questa povera bestia abbia dato al padrone la più dura lezione che un uomo abbia mai ricevuto. Essa, tra l’altre cose gl’insegnò, che chi resiste alla voce della coscienza, alla volontà divina, e si dà in braccio alle passioni, quali che siano, giunge a tal grado di avvilimento, che le bestie istesse sono più degne che lui di vedere le cose di Dio. Essa insegna a me, che se ora le bestie parlassero, molti filosofi, che credono veder chiaro, e che sono accecati dalla passione, sarebbero svergognati, cosa non futile » (Monsabrè).

— Questa risposta è piccante e mi piace assai. Ma di quei miracoli così antichi, così lontani da noi, possiamo essere sicuri?

E come no? Per negare la verità di questi miracoli bisognerebbe bruciare tutti i libri profani degli antichi autori, che parlano di Mosè dei profeti e del popolo ebreo, e poi bisognerebbe ancora distruggere tutti gli ebrei che vi sono sulla faccia della terra.

— E perché?

La cosa è chiara: perché tutti quei libri contengono i miracoli, che t’ho accennato, e tutti gli ebrei anche presentemente credono alla verità di tale racconto.

— Ma quei miracoli furono operati a pro della religione ebraica.

Allora era dessa la vera religione. Epperò Gesù Cristo non venne a distruggere quanto Dio aveva insegnato in quella, ma a confermare e perfezionare quegli stessi insegnamenti. Ed a tal fine anch’Egli operò un numero stragrande di miracoli, che in complesso conoscerai, e che non occorre adesso che io ti ricordi. La stessa cosa fecero in seguito gli Apostoli e quasi tutti i santi lungo il corso dei secoli.

— E i miracoli operati da Gesù Cristo sono veramente certi?

Se sono certi? È tanta la loro certezza che come bene osserva uno scettico, Bayle, sognerebbe avere la fronte ben incallita per osare di negarli. Di fatti si tratta non solo di un miracolo, ma di un numero stragrande di miracoli, ed operati in pubblico alla presenza di centinaia e migliaia di persone, non solo a pro di gente del popolo ma eziandio a vantaggio di gente istruita; si tratta di miracoli fatti al cospetto degli stessi nemici, i quali avendo pure l’interesse di negarli, sopraffatti dalla loro realtà non osarono di farlo; di miracoli infine che passarono in possesso della storia anche per mezzo dei libri talmudici degli ebrei e degli scritti dei più acerrimi nemici del nome cristiano, quali furono un Celso, un Porfirio, un Gerocle, un Giuliano l’Apostata, che costretti ad ammetterli e pur volendone distruggere la forza si appigliarono allo stolto mezzo di ascriverli all’arte magica. E d’altronde come mai Gesù Cristo sarebbe riuscito dagli Apostoli, dai discepoli suoi a farsi credere figlio di Dio e a farsi amare e adorare come tale, se non avesse dato loro la prova dei miracoli? E nota bene, che la fede, l’amore, l’adorazione ei l’ottenne pur promettendo agli Apostoli e seguaci suoi le tribolazioni, le persecuzioni e la morte violenta! Come si spiegherebbe ciò senza i miracoli?

— Capisco questa certezza per i miracoli di Gesù Cristo, ma per quelli degli Apostoli… non so nemmanco se i loro miracoli si trovino scritti nei libri sacri.

Sì, mio caro, moltissimi sono narrati negli Atti degli Apostoli, che furono scritti da San Luca e che fanno parte delle Sacre Scritture del nuovo testamento. Ma quando pure non si trovassero nelle Sacre Scritture, come è certamente di molti di essi, dimmi un po’ come mai si spiegherebbe senza miracoli la rapidissima diffusione del Cristianesimo, che essi riuscirono a fare per tutte le parti del mondo? Questa è cosa degna di gran considerazione. Ascolta. Il giorno stesso della Pentecoste S. Pietro converte più di cinquemila persone. Passati alcuni lustri, nelle città più famose dell’impero romano, nell’Asia, nell’Italia, nella Persia, nell’Etiopia, nella Scizia, nell’India, ad Atene, a Corinto, ad Efeso, a Filippi, a Colossi, a Tessalonica, nella stessa Roma vi sono moltitudini sì grandi di Cristiani, che gli stessi scrittori pagani Tacito, Seneca, Plinio non ne possono tacere. Eppure chi erano gli Apostoli? Se eccettui S. Paolo, gli altri erano poveri e rozzi pescatori, privi di scienza filosofica, senza forza, senza autorità, senza appoggi, anzi contrariati continuamente nel loro disegno da principi, da sacerdoti e filosofi. Quale la dottrina che predicavano? Una dottrina, che in quanto al dogma contiene incomprensibili misteri, e in quanto alla morale intima la guerra alle più prepotenti passioni, che proclama beati i poveri, gli umili, i casti, coloro che sono perseguitati ed hanno da piangere. – Quale ancora la società, a cui si rivolgevano? La più superstiziosa e corrotta che mai si possa immaginare. Basti il dire che gli stessi vizi più abietti e più turpi vi si consideravano come divinità affine di onorare gli dei dandosi in preda ai medesimi. E con tutto ciò gli Apostoli convertirono il mondo! E possibile che a ciò siano riusciti senza imporsi coi miracoli? In tal caso sarebbe avvenuto un miracolo anche maggiore. Lo dicono chiaro S. Giovanni Grisostomo e Santo Agostino; e il nostro Dante espresse bene il loro sentimento in questi versi: Se il mondo si rivolse al Cristianesmo, Diss’io, senza miracoli, quest’uno è tal che gli altri non sono il centesimo. (Paradiso, Canto xxiv).

— Le ragioni da lei addotte sono inoppugnabili. Ma intanto perché adesso non vi sono più miracoli?

Ciò è falso. A Lourdes, in molti altri santuari della Madonna, dei Santi, ne accadono tuttodì e pienamente constatati come tali, per quanto la scienza si studi di spiegarli umanamente. Inoltre la Chiesa ha continuamente alle mani dei processi per la canonizzazione di qualche beato. E in questi processi bisogna che consti assolutamente di qualche miracolo.

— Ma la Chiesa nell’interesse di far molti santi dichiarerà facilmente che vi sia miracolo anche allora che si tratterà di un semplice fatto naturale!

Senti. Sotto il Pontificato di Benedetto XIV trovavasi a Roma un inglese e ragionava un giorno con un Cardinale sulla religione cattolica, criticandola assai vivamente, e rigettando sopra tutto come falsi i miracoli operati per l’intercessione dei santi. – Poco tempo dopo il Cardinale fu incaricato di studiare le carte relative alla beatificazione di un servo di Dio. E dopo averle esaminate, volle rimetterle al protestante, perché volesse esaminarle lui pure, e dirgli il suo parere sulla fede che meritavano le testimonianze ivi addotte in prova dei miracoli operati dal servo di Dio. – Dopo qualche giorno l’inglese riporta le carte, dicendo: » Per certo, Eminenza, che se tutti i miracoli dei santi canonizzati dalla vostra Chiesa, fossero certi al pari di questi, non penerei ad ammetterli ». – « Davvero? rispose il Cardinale: ebbene sappiate che noi qui a Roma siamo più rigorosi di voi, perché le testimonianze qui addotte non ci sembrano abbastanza convincenti, tanto che abbiamo rigettato la causa! » Vedi adunque, amico mio, se la Chiesa nell’interesse di far dei santi sia facile ad ammettere il miracolo, quando non c’è! E siccome nonostante il rigore che adopera ne’ suoi processi, riconosce sempre tuttavia dei veri miracoli, devesi conchiudere che anche ai dì nostri dei miracoli ve ne sono. Che se vi hanno di coloro, che dicono senz’altro che adesso di miracoli non ve ne sono più, si è generalmente perché non ne vogliono più sapere. « Se sotto la mia finestra, diceva un celebre incredulo a Parigi, si dicesse risorto un morto, io non mi alzerei per vederlo, perché sono persuasissimo che non vi sono miracoli, né sono possibili ». Ecco di qual maniera si pensa e si parla da certa gente. Con costoro a che serve il discutere? – D’altronde se presentemente vi sono meno miracoli che nei primordi del Cristianesimo eccone indicata la ragione da San Gregorio Magno: « I miracoli nel principio della Chiesa furono necessarissimi. Imperocché per far crescere alla fede la moltitudine dei fedeli era d’uopo nutrirla con i prodigi, di quella stessa guisa che allorquando si piantano dei giovani alberi bisogna irrigarli, finché le loro radici vigorose siansi allargate e bene abbarbicate. Quando la fede fu solidamente radicata nella Chiesa, i miracoli incominciarono ad essere meno frequenti (V. Omelia XX sul Vangelo). Ecco adunque: lo scopo dei prodigi ornai raggiunto non ne esigerebbe più, benché come dissi, sempre ve ne siamo.

— Di ciò ora sono persuaso.