G. FRASSINETTI: CATECHISMO DOGMATICO (I)

Catechismo dogmatico

[Giuseppe Frassinetti, priore di S. Sabina di Genova; Ed. Quinta, P. Piccadori, Parma, 1860]

Avendo avuto benigna accoglienza questa mio piccolo lavoro non solo tra noi dove già da molti anni ne fu esaurita la prima edizione, ma anche in Napoli ed in Firenze dove fu ristampato, credo bene riprodurlo con alcune correzioni ed aggiunte; altre necessarie quale é quella che riguarda il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria Ss. ed altre più utili ai tempi. Io pubblicavo questo compendio specialmente in servizio dei chierici che istruiscono i fanciulli nella dottrina cristiana senza avere ancora percorso tutti i trattati della Teologia Dogmatica; aveva tuttavia anche in mira il vantaggio delle persone secolari cui mancano alle volte certe cognizioni perché non si trovano così facilmente nei libri che hanno alle mani; per es. quelle riguardanti la S. Bibbia, le tradizioni, la Chiesa, i Concili, il Papa, la Grazia, la Giustificazione ecc., cognizioni singolarmente importanti oggigiorno per gli errori che si vanno spargendo nel popolo con tanta temerità. Ed è appunto per questo che anche più volenteroso ne intraprendo la ristampa, sperando che possa riuscire sempre più opportuna. – Si dirà che avevamo già all’uopo molti compendi della Dottrina cristiana, certo più pregevoli che questo mio, di che non si può dubitare; ciò non ostante non saprei se essi uniscano le due qualità che mi parevano specialmente al mio scopo desiderabili: cioè somma brevità, e universalità di tutte le materie teologiche dogmatiche più necessarie e più utili. Io d’altra parte era fin dal principio, e lo sono tuttavia, molto lontano dal credere in qualche modo necessario il mio esiguo lavoro; mi basterebbe che fosse qualche poco vantaggioso. – Non tocco quelle controversie le quali richiedono nel lettore fondo d’istruzione o lunghi trattati; ma le sole verità dogmatiche, e quelle che quantunque non siano definite di fede, sono però maggiormente conformi al comune insegnamento dei teologi. – Mi protesto di sottomettere ogni mia proposizione e parola al giudizio della S. Romana Chiesa di cui mi glorio di essere ubbidientissimo figlio, e i di cui interessi nella mia tenuità vorrei promuovere finché io viva.

PROLOGO:

DELLA RELIGIONE

 I

Necessità della Religione.

È necessario che gli uomini abbiano una Religione?

Presupposta la certezza dell’ esistenza di Dio, della quale non può dubitare nessun uomo che ragioni, è necessario che gli uomini abbiano una Religione, che cioè prestino il loro culto all’Essere Supremo, per cui hanno l’esistenza e tutti i beni, che è Dio.

Perché si dice che dell’esistenza di Dio non può dubitare uomo che ragioni, mentre dubitarono, anzi negarono l’esistenza di Dio vari filosofi che oltre all’essere molto dotti avevano finissimo criterio, e profondamente ragionavano?

Nessuno dei veri filosofi, cioè dei buoni ragionatori, anche pagani, ha mai dubitato dell’esistenza di Dio. Solo alcuni i quali non ostante la finezza del loro ingegno si abbandonarono ad ogni infamia e delitto, temendo il castigo di Dio, e non volendo migliorare la loro vita, cercarono di persuadersi che Dio non vi fosse, onde arrivare, se fosse stato possibile, ad essere empii senza timore e rimorso; e perciò bestemmiarono che Dio non v’è: ma nemmeno essi n’erano persuasi. Infatti dopo di avere bestemmiato in vita che Dio non vi era, o pentiti, o disperati confessavano in morte che vi era Dio. Come un malato cui molto rincresce il morire cerca di persuadersi che risanerà dalla sua malattia, quantunque abbia ragioni evidenti che lo convincano in contrario; così questi filosofi scellerati, cui l’esistenza di un Dio rincresceva sommamente, cercavano di persuadersi che Dio non vi fosse, quantunque della sua esistenza avessero ragioni evidentissime.

Per qual ragione presupposta l’esistenza di Dio è necessario che gli uomini prestino il loro culto a questo Essere Supremo?

Per quella ragione che un figlio deve amare il suo padre, un suddito deve stare soggetto al suo re, il beneficato deve essere grato al benefattore ecc. Questo Essere Supremo è nostro Padre, nostro Re, e nostro Benefattore Sovrano.

II

Necessità della Religione rivelata.

È sufficiente una religione naturale, cioè un culto dato a Dio secondo i dettami della sola umana ragione, o pure si richiede un culto determinato positivamente da Dio manifestatoci per mezzo di una rivelazione soprannaturale?

L’umana ragione da sé sola non basta a farci conoscere tutte le verità che ci sono necessarie alla giusta cognizione di Dio; per sé sola, non può determinare con quali sacrifici, e con quali riti debba l’uomo riconoscere il suo supremo dominio, e debba onorarlo inoltre da per sé sola non è valevole a determinare tutte le leggi della retta morale. Omettendo tutti gli altri argomenti che si potrebbero addurre, basta osservare, che questa proposizione non è che un fatto innegabile. Nessuno dei filosofi che parlarono di Dio e dei suoi attributi, col solo lume della ragione naturale arrivò a dare una giusta idea di questo Essere Supremo; e mentre tutti convennero che si dovesse onorare ed adorare, non seppero mai convenire nella qualità dei sacrifici, e dei riti che si dovessero adoprare (Vien qui in proposito ciò che dei filosofi Deisti scriveva lo stesso Rousseau (Emil., t. 3, p. 21): « Se consideri le loro ragioni non ne troverai quasi nessuna che non sia in distruzione…. in null’altro sono d’accordo che nel contraddirsi vicendevolmente.). Le leggi della morale quando furono lasciate in mano dei soli filosofi, piegarono sempre o per un verso o per l’altro all’ingiustizia, e alla turpitudine. I filosofi greci pagani riconobbero la necessità di una rivelazione, e stavano aspettandola e desiderandola (Ecco i sentimenti di Platone nell’Alcib., dial. 2: Socrate: — La cosa più sicura è che noi aspettiamo pazientemente, e certo bisogna aspettare, finché venga chi ci ammaestri circa i nostri doveri verso Dio, e verso gli uomini. D — Alcib. — Quando sarà quell’ora, e chi ci ammaestrerà in queste cose? fortemente desidero di veder questo maestro! — Socrate: — Quegli, di cui parliamo ha cura delle cose tue; ma deve fare, secondo io la penso, come narra Omero aver fatto Minerva con Diomede. Minerva dissipò le nebbie che offuscavano gli occhi di Diomede, ed egli vide gli oggetti che gli stavano avanti. Così è necessario che una densa caligine sia tolta dagli occhi del tuo intelletto, affinché meglio tu discerna il ben dal male, il che per ora non puoi. — Alcib. — Oh venisse! Oh dissipasse queste tenebre! Io per quanto è in me, purché migliore addivenga di quel che sono, sarei dispostissimo ad ogni cosa ch’ei comandasse. — Socrate: — Così deve farsi finché nella nostra ignoranza non conosciamo quali sacrifici piacciano a Dio, e quali lo disgustino. — Alcib. — Quando quel dì sarà venuto, con buon successo placheranno Dio i nostri sacrifici, e confido nella sua bontà che questo di non sia per essere molto lontano. – Ecco come anche i filosofi gentili desiderassero una Religione rivelata, e come ne riconoscessero la necessità).

Perfezionandosi l’umana ragione pare che potrà essa arrivare a quel punto cui finora non è pervenuta, di conoscere bene gli attributi di Dio, i modi di onorarla a Lui accetti, e tutte le regole della retta morale; e or pare che stante il gran progresso dei lumi siam già presso alla meta, sicché da qui avanti non sarà necessaria una rivelazione soprannaturale?

Da tanti secoli nei quali stanno i filosofi studiando come perfezionare le facoltà dello spirito umano, se la nostra ragione fosse capace di una perfezione assoluta, sarebbe ormai perfettissima, e conosceremmo le cose tutte, a così dire, meglio degli Angeli; ma invece la repubblica dei filosofi (parlando di quegli che sdegnano i lumi della rivelazione) si trova sempre in maggior confusione, e in maggiori tenebre; cosicché senza dubbio venti secoli innanzi, Platone, Aristotile ed altri pagani dettavano una filosofia molto più ragionevole, retta e costumata, che i nostri filosofi irreligiosi. L’uomo ha un fondo d’ignoranza e malizia in natura che non si potrà scandagliare giammai e, se vuole perfezionare veramente le facoltà del suo spirito, bisogna che al lume della ragione unisca i lumi della rivelazione. Del progresso poi dei lumi del nostro secolo non spetta a noi giudicare, ne giudicheranno i secoli futuri senza passione, e senza amor proprio. Si deve credere che non vorranno negargli lode di buon progresso nelle scienze industriali; se uguale vorranno dargliela nelle scienze metafisiche e morali si può  finor dubitare. Noi frattanto sfidiamo i nostri filosofi irreligiosi a mettersi tra loro d’accordo, mentre finché non fanno che intronarci le orecchie con un confuso battagliar di sistemi tutti fra loro irreconciliabili, non possiamo nemmeno intendere quel che ci dicano. – Si mettano d’accordo, e potremo cominciare a supporre che vogliano perfezionare l’umana ragione. Finché sempre più si sprofonda il vorticoso caos delle loro opinioni, che possiam credere o dire? Perciò la ridicola speranza del pieno perfezionamento dell’umana ragione, non può esentarci dal riconoscere la necessità di una Religione rivelata, la quale ci ammaestri nella cognizione di Dio, nei modi di adorarlo, e nelle regole dei retti costumi.

III

Caratteri della Religione rivelata.

Varie sono le religioni al mondo le quali si dicono rivelate da Dio; ma essendo queste tra loro contrarie non possono essere rivelate tutte, una sola sarà quella che Dio avrà rivelato; frattanto come noi la discerneremo. dalle altre?

Certamente Dio che è verità, non può rivelare, come vere, cose tra loro contrarie, ciascuna delle quali suppone la falsità delle altre; perciò fra tutte le religioni che si dicono rivelate, una sola deve essere figlia della vera rivelazione. Per discernere questa da tutte le altre non fa bisogno di astruse ricerche e prolisse dimostrazioni. Come si distingue un diamante prezioso tra i frantumi del fragile vetro, così si distingue la vera Religione rivelata da quelle che sono false. Le Religioni che si dicono rivelate sono il Paganesimo, il Maomettismo, il Giudaismo, e il Cristianesimo.

1° – Il Paganesimo che è un grande aggregato, o per meglio dire, un gran caos d’innumerevoli culti, ripugna alla ragione, mentre si può dire che di ogni cosa fa un Dio. E anzi, secondo i suoi dettami, ciò che in un luogo è Dio cui si devono immolare le vittime, è vittima in un altro che si deve immolare ad un Dio. In Egitto si sacrificava al Bue, in Grecia il Bue era sacrificato. E, come riporta un antico, gli stessi sacerdoti di un luogo disputavano tra loro quale tra due animali fosse la vittima da sacrificarsi, e quale il Dio a cui si dovesse fare il sacrificio. Questa religione ha tutti i caratteri della follìa, e niuno della divinità.

2° –  Il Maomettismo parimente nulla ha di Divino. Non profezie avverate, non miracoli operati; nato nell’ignoranza, nell’ignoranza nutrito, fu stabilito e propagato con la sola forza delle armi. La barbarie è il suo sostegno, il mal costume è il suo pascolo, e tutt’insieme la sua speranza per la vita avvenire; non vi fu Saggio giammai che non lo abbia abborrito e deriso.

3° – Diversamente bisogna parlare del Giudaismo. Esso ha profezie avverate, miracoli operati; i suoi libri sono santi, e portano impresso il carattere della Divinità; perciò la Religione Giudaica fu Religione rivelata da Dio. Ma non doveva essere questa religione perpetua, doveva dar luogo a quella di cui non era che la figura. I suoi libri lo dicono chiaro che si sarebbe formato un nuovo popolo, che questo avrebbe avuto una nuova legge e un nuovo sacrificio; perciò la religione Giudaica fu già quel culto col quale voleva Iddio essere onorato dagli uomini; adesso non più. E mirabilmente apparisce l’abbandono in cui Dio la lasciò: senza tempio, senza sacerdozio e senza sacrifici, per giunta senza terra, sicché gli Ebrei sparsi per tutto il mondo, dappertutto sono stranieri. Pertanto la religione Giudaica dice da sé, che essa non è più quella che piaccia a Dio, che in suo luogo è sottentrato il Cristianesimo. Questa adesso è l’unica Religione che abbia i caratteri della Divinità, e unicamente gli avrà fino alla fine del mondo.Tutte le profezie dei libri santi confermano la sua veracità. Infiniti miracoli attestano ch’essa è opera di Dio. La religione Cristiana è quella che dà agli uomini la più grande e perfetta idea dell’Essere Supremo che possa aversi, insegna il modo il più sublime in cui si deve adorare, e prescrive regole di costumi tutte appoggiate sulla giustizia e sulla santità; sicché il più rozzo Cristiano purché sia istruito nei primi rudimenti della sua fede, è più dotto in divinità, in culto e in moralità di qualunque filosofo non cristiano. Basta conoscere la Religione Cristiana per sentirsi come sforzati a proclamarla la vera, quella che gode di tutti i caratteri della Divina Rivelazione.

Come può avvenire che mentre Essa ha tutti i caratteri della Rivelazione, sia frattanto la più combattuta?

Bisogna osservare da chi venga la guerra, perché dal genere del nemico si conosce la qualità della cosa combattuta. La Religione Cristiana fu sempre combattuta più di tutte le altre religioni che sono al mondo; ma fu sempre combattuta dagli empii e dagli scostumati. I persecutori della Religione Cristiana, come ci mostra la storia, furono sempre i più famosi nei vizi, e i più fieri tra questi furono sempre mostri di delitto e d’infamia. Qual meraviglia, che i cattivi odiino il bene, e tanto più lo odiino quanto è più grande? Frattanto questo continuo combattimento, mentre forma il suo onore, ci fa conoscere un altro carattere della sua Divinità. Fu sempre la più combattuta, e sempre la più grande e inalterabile; dopo venti secoli di combattimenti, è sempre la stessa, piena di forza e vigore, e si stende trionfalmente per tutta la terra, mutando i suoi oppositori in suoi figli allorquando la conoscono. Il fatto ci assicura della sua indefettibilità oltre la promessa che n’ebbe da Dio.

Nella Religione Cristiana però vi sono tante sètte tra loro nemiche: quale sarà la vera?

Nessuna delle sètte; queste sono tutte false. È vera quella che non è setta, quella ch’è fondata dagli Apostoli, che ha la loro fede, e le loro costumanze; quella che tutte le sètte combattono, come tutti gli errori combattono la verità. Quella che per tutto il mondo si estende, abbraccia tutti i tempi, e perciò si appella, ed è veramente la Religione Cattolica. Tutte le sètte hanno per capi uomini disertori dalla Religione di Cristo e degli Apostoli: perciò non si possono chiamare cristiane se non in quanto riconoscono Cristo, e pretendono onorarlo al loro modo. Non si possono poi chiamar cristiane in quanto facciano parte di quella Religione che veramente Cristo formò. Il fatto dimostra che sono separate da questa, perché combattono contro di lei. Di questo parleremo al Cap. I, § 3  (1).

(1) Considerando tali cose qui brevissimamente accennate si vede chiara e manifesta l’irrazionalità dell’indifferenza in materia di Religione. Se Dio si deve onorare con un culto, se Egli ha rivelato quale sia quello che da noi vuole, se nel manifestarcelo ci avverte che ogni altro culto d’innanzi a Lui è abbominazione (essendo questa una delle fondamentali verità della Religione Cattolica) com’è possibile che noi vogliamo credere essere Iddio indifferente per qualunque sorta di culto che si trovi in questa terra? E poi sarà cosa ragionevole il supporre che Dio si stimi onorato ugualmente dal casto e puro culto cristiano, come dall’impuro ed infame del paganesimo? Gli sarà grata la strage delle ventimila vittime umane che annualmente si sacrificavano nel Messico idolatra quando si squarciava il petto a quelle infelici per strapparne il cuore ancor vivo e palpitante, parimente che l’innocente e pio sacrificio dei nostri altari? Potevano piacergli le strida e gli urli della più orribile disperazione che intronavano quelle sale di spavento e di morte, come gli inni pacifici pieni di riconoscenza e di amore, che rallegrano i nostri templi? Mi parrebbe meno mali il supporre che Dio non esista, che il supporre l’esistenza di un Dio così stupido ed insensato quale sarebbe quello che si reputasse onorato ugualmente da tutte le sorta di culto che furono e sono al mondo.

 

DIFESA DELLA FEDE

DIFESA DELLA FEDE

[Dom Guéranger: l’Anno Liturgico, vol. I, Paoline ed. – 1957, impr.]

… abile a trasformarsi in angelo di luce (II Cor. 11, 14), l’eterno nemico rivestì il suo apostolo [Nestorio] d’una duplice bugiarda aureola di santità e di scienza; l’uomo che più d’ogni altro doveva manifestare l’odio del serpente contro la donna ed il suo seme, si assise sulla cattedra episcopale di Costantinopoli col plauso di tutto l’Oriente, che si riprometteva di veder rivivere in lui l’eloquenza e le virtù d’un nuovo Crisostomo. Ma l’esultanza dei buoni fu di breve durata perché nello stesso anno dell’esaltazione dell’ipocrita pastore, il giorno di Natale del 428, Nestorio, approfittando dell’immenso concorso di fedeli venuti a festeggiare il parto della Vergine-Madre, dall’alto del soglio episcopale lanciò quella blasfema parola: «Maria non ha generato Dio: il Figlio suo non è che un uomo, strumento della divinità ». – A queste parole la moltitudine fremette inorridita; interprete della generale indignazione. Eusebio di Doriles, un semplice laico, si levò in mezzo alla folla a protestare contro l’empietà. In seguito, a nome dei membri di questa desolata Chiesa fu redatta una più esplicita protesta, diffusa in numerosi esemplari, anatemizzando chiunque avesse osato dire: « Altro è il Figlio unico del Padre, altro quello nato dalla Vergine Maria ». Generoso atteggiamento che fu allora la salvaguardia di Bisanzio e gli valse l’elogio dei Concili e dei Papi!

Quando il pastore si cambia in lupo, tocca soprattutto al gregge difendersi.

Di regola, senza dubbio, la dottrina discende dai Vescovi ai fedeli; e non devono i sudditi giudicare nel campo della fede, i capi. Ma nel tesoro della rivelazione vi sono dei punti essenziali, dei quali ogni cristiano, perciò stesso ch’è cristiano, deve avere la necessaria CONOSCENZA e la dovuta CUSTODIA. Il principio non muta, sia che si tratti di verità da credere che di norme morali da seguire, sia di morale che di dogma. I tradimenti simili a quelli di Nestorio non sono frequenti nella Chiesa; tuttavia può darsi che alcuni pastori tacciano, per un motivo o per l’altro, in talune circostanze in cui la stessa religione verrebbe ad essere coinvolta.

In tali congiunture, i VERI FEDELI sono quelli che attingono solo nel loro Battesimo l’ispirazione della loro linea di condotta; non i pusillanimi …

… che, sotto lo specioso pretesto della sottomissione ai poteri costituiti, attendono, per aderire al nemico o per opporsi alle sue imprese un programma che non è affatto necessario e che non si deve dare loro …