DOMENICA DI PASQUA [2018]

DOMENICA DI PASQUA

Incipit
In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps CXXXVIII:18; CXXXVIII:5-6.

Resurréxi, et adhuc tecum sum, allelúja: posuísti super me manum tuam, allelúja: mirábilis facta est sciéntia tua, allelúja, allelúja. [Son risorto e sono ancora con te, allelúia: ponesti la tua mano su di me, allelúia: miràbile si è dimostrata la tua scienza, allelúia, allelúia.]

Ps CXXXVIII:1-2.

Dómine, probásti me et cognovísti me: tu cognovísti sessiónem meam et resurrectiónem meam. [O Signore, tu mi provi e mi conosci: conosci il mio riposo e il mio sòrgere.] 

Resurréxi, et adhuc tecum sum, allelúja: posuísti super me manum tuam, allelúja: mirábilis facta est sciéntia tua, allelúja, allelúja. [Son risorto e sono ancora con te, allelúia: ponesti la tua mano su di me, allelúia: miràbile si è dimostrata la tua scienza, allelúia, allelúia.]

Oratio

Deus, qui hodiérna die per Unigénitum tuum æternitátis nobis áditum, devícta morte, reserásti: vota nostra, quæ præveniéndo aspíras, étiam adjuvándo proséquere. [O Dio, che in questo giorno, per mezzo del tuo Figlio Unigénito, vinta la morte, riapristi a noi le porte dell’eternità, accompagna i nostri voti aiutàndoci, Tu che li ispiri prevenendoli.] Per eundem Dominum nostrum Jesum Christum filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum. R. Amen.

Lectio

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Corinthios. 1 Cor 5:7-8

“Fratres: Expurgáte vetus ferméntum, ut sitis nova conspérsio, sicut estis ázymi. Etenim Pascha nostrum immolátus est Christus. Itaque epulémur: non in ferménto véteri, neque in ferménto malítiae et nequitiæ: sed in ázymis sinceritátis et veritátis.” 

[Fratelli: Purificàtevi dal vecchio liévito per essere nuova pasta, come già siete degli àzzimi. Infatti, il Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato. Banchettiamo dunque: non col vecchio liévito, né col liévito della malízia e della perversità, ma con gli àzzimi della purezza e della verità.]

Alleluja 

Alleluia, alleluia Ps. CXVII:24; CXVII:1 Hæc dies, quam fecit Dóminus: exsultémus et lætémur in ea. [Questo è il giorno che fece il Signore: esultiamo e rallegriàmoci in esso.] V. Confitémini Dómino, quóniam bonus: quóniam in saeculum misericórdia ejus. Allelúja, allelúja. [Lodate il Signore, poiché è buono: eterna è la sua misericòrdia. Allelúia, allelúia.] 1 Cor V:7 V.Pascha nostrum immolátus est Christus. [Il Cristo, Pasqua nostra, è stato immolato.]

Sequentia

“Víctimæ pascháli laudes ímmolent Christiáni. Agnus rédemit oves: Christus ínnocens Patri reconciliávit peccatóres. Mors et vita duéllo conflixére mirándo: dux vitæ mórtuus regnat vivus. Dic nobis, María, quid vidísti in via? Sepúlcrum Christi vivéntis et glóriam vidi resurgéntis. Angélicos testes, sudárium et vestes. Surréxit Christus, spes mea: præcédet vos in Galilaeam. Scimus Christum surrexísse a mórtuis vere: tu nobis, victor Rex, miserére. Amen. Allelúja.” [Alla Vittima pasquale, lodi òffrano i Cristiani. – L’Agnello ha redento le pécore: Cristo innocente, al Padre ha riconciliato i peccatori. – La morte e la vita si scontràrono in miràbile duello: il Duce della vita, già morto, regna vivo. – Dicci, o Maria, che vedesti per via? – Vidi il sepolcro del Cristo vivente: e la glória del Risorgente. – I testimónii angélici, il sudàrio e i lini. – È risorto il Cristo, mia speranza: vi precede in Galilea. Noi sappiamo che il Cristo è veramente risorto da morte: o Tu, Re vittorioso, abbi pietà di noi. Amen. Allelúia.]

Evangelium 

Sequéntia  sancti Evangélii secúndum Marcum

 Marc. XVI:1-7.

“In illo témpore: María Magdaléne et María Jacóbi et Salóme emérunt arómata, ut veniéntes úngerent Jesum. Et valde mane una sabbatórum, veniunt ad monuméntum, orto jam sole. Et dicébant ad ínvicem: Quis revólvet nobis lápidem ab óstio monuménti? Et respiciéntes vidérunt revolútum lápidem. Erat quippe magnus valde. Et introëúntes in monuméntum vidérunt júvenem sedéntem in dextris, coopértum stola cándida, et obstupuérunt. Qui dicit illis: Nolíte expavéscere: Jesum quǽritis Nazarénum, crucifíxum: surréxit, non est hic, ecce locus, ubi posuérunt eum. Sed ite, dícite discípulis ejus et Petro, quia præcédit vos in Galilǽam: ibi eum vidébitis, sicut dixit vobis.” [In quel tempo: Maria Maddalena, Maria di Giacomo, e Salòme, comperàrono degli aromi per andare ad úngere Gesú. E di buon mattino, il primo giorno dopo il sàbato, arrivàrono al sepolcro, che il sole era già sorto. Ora, dicévano tra loro: Chi mai ci sposterà la pietra dall’ingresso del sepolcro? E guardando, vídero che la pietra era stata spostata: ed era molto grande. Entrate nel sepolcro, vídero un giòvane seduto sul lato destro, rivestito di càndida veste, e sbalordírono. Egli disse loro: Non vi spaventate, voi cercate Gesú Nazareno, il crocifisso: è risorto, non è qui: ecco il luogo dove lo avévano posto. Ma andate, e dite ai suoi discépoli, e a Pietro, che egli vi precede in Galilea: là lo vedrete, come vi disse.]

Omelia

[M. Billot, Discorsi parrocchiali, II ediz. S. Cioffi ed. Napoli, 1840 – impr. ]

Sopra la risurrezione dì Gesù Cristo.

“Surrexit, non est hic”. Marc. XVI.

 Asciugate le vostre lacrime, fratelli miei, e date un libero corso alla vostra allegrezza; Colui che è stato dato alla morte per i vostri peccati, è risuscitato per vostra giustificazione; Colui che faceva pochi giorni orsono il soggetto della vostra tristezza, deve in quest’oggi essere l’oggetto del vostro gaudio; non cercate Gesù Cristo tra i morti; non è più nel sepolcro, Egli è risuscitato. Questa fu la felice e gradita nuova che l’Angelo del Signore annunziò a quelle pie donne che vennero al sepolcro di Gesù Cristo tre giorni dopo la sua morte, per imbalsamare il suo corpo. “Voi venite a cercare, disse loro quell’Angelo, Gesù nazareno che è stato crocefisso; ma non lo troverete, non è più qui. Affrettatevi solamente di andare ad annunziare la risurrezione del vostro Maestro ai suoi discepoli, e dite loro che lo ritroveranno in Galilea, dove va a precederli”. Ibi eum videbitis, sicut dixit vobis (Marc.XVI). Tale è, fratelli miei, il gran mistero che celebriamo in questo giorno, che il Profeta chiama il “giorno del Signore” per eccellenza, giorno di grazia e di allegrezza per gli uomini: Hæc dies quam fecit Dominus, exultemus et lætemur in ea (Psal.CXVII). Questo giorno è il giorno del Signore, perché ce ne manifesta la gloria e la possanza in un nuovo prodigio, che fin’ora non ha avuto l’eguale; voglio dire nella risurrezione di un uomo-Dio, che si libera Egli stesso dagli orrori del sepolcro per riprendere una vita più gloriosa di quella che la morte gli ha tolta. Si è in questo giorno che quel tempio misterioso distrutto dai Giudei è ristabilito nel suo pristino stato; che la pietra angolare che essi han rigettata riprende tutto il suo splendore; che il secondo Giona esce dal seno della terra, come il primo usci dal seno della balena; che il vero Sansone spezza le porte della morte che lo tenevano in prigione, e porta con lui le sue spoglie, conducendo seco un gran numero di prigionieri da esso redenti. O morte, dove è la tua vittoria? Potenze delle tenebre, a che sono andati a finire i vostri sforzi? Non han servito che a far conoscere la gloria e la possanza di Colui alla cui vita voi avete osato attentare: Hæc dies quam fecit Dominus. Questo giorno è altresì un giorno di gioia per gli uomini; mentre se Gesù Cristo e risuscitato per sua gloria, lo è ancora per nostra salute e nostra felicità. Noi troviamo nella sua resurrezione la cagione ed il modello della nostra risurrezione  alla grazia: exultemus et lætemur in ea. Noi troviamo nella risurrezione di Gesù Cristo la cagion di nostra risurrezione, perché essa ce ne fornisce i motivi i più forti: Resurrexit propter iustificationem nostram (Rom. IV). Noi troveremo il modello della nostra risurrezione, perché questa risurrezione di Gesù Cristo ne dà le regole le più certe: Quomodo Christus surrexit a mortuis, ita et nos in nocitate vitæ ambulemus ( Rom. VI). In una parola, la risurrezione di Gesù Cristo è il fondamento ed il modello della nostra risurrezione; ecco tutto il mio disegno: tratterollo in un sol punto. Incominciamo. – Io osservo nella risurrezione di Gesù Cristo due qualità che deve avere la nostra risurrezione alla vita della grazia: la verità e la costanza. Gesù Cristo è veramente risuscitato: surrexit vere (Luc. XXIV). Egli è risuscitato per non più morire: Cristus resurgens ex mortuis iam non moritur (Rom.VI). Ecco, cristiani, il modello della vostra risurrezione spirituale. – Non bisogna contentarsi di una risurrezione apparente; ma bisogna sinceramente convertirsi, bisogna perseverare nella vita nuova, che è il frutto  di una sincera conversione: Quomodo Christus surrexit a mortuis, ita et nos in novitate vitæ ambulemus.

I. Gesù Cristo è veramente risuscitato: non se ne può più dubitare dopo tutte le prove che ne abbiamo; il cielo e la terra, gli Angeli e gli uomini hanno reso testimonianza a questa risurrezione. Gesù Cristo ne ha dato delle prove nelle diverse apparizioni che fece ai suoi Apostoli dopo la sua risurrezione; surrexit et apparuit. Esaminiamo tutte le circostanze di questa risurrezione per istruirci delle qualità che deve avere la nostra. Per risuscitare convien morire: Gesù Cristo è morto, e per far vedere che lo era veramente, rimase tre giorni nel sepolcro. Ma siccome la morte non era in Lui la pena di un peccato che gli fosse personale, poiché era impeccabile per natura, e non ha sofferto la morte che per cancellare, come dice s. Paolo, il chirografo del peccato che eraci cotanto contrario, cosi la morte non esercitò sul suo corpo lo stesso impero ch’ella esercita sui colpevoli, che riduce in uno stato di corruzione: Non dabis sanctum tuum videre corruptionem (Sal. XV). – Cosi tosto che ebbe consumata la sua opera ed adempiti gli oracoli, fece chiaramente vedere che non gli avevano tolta la vita, se non perché Egli aveva voluto, e che aveva il potere di riprenderla quando vorrebbe. Non fece dunque, per cosi dire, che addormentarsi nelle prigioni della morte (come dice per bocca del suo profeta): Ego dormivi et soporatus sum (Psal.III), mentre ben presto dopo trionfò degli orrori del sepolcro e si assicurò per sempre l’immortalità. In segno della sua vittoria, fece Egli tremare la terra, levò la pietra che lo copriva e lasciò nel suo sepolcro i sudari che lo involgevano, i soldati che lo custodivano si ritiravano in disordine, e le pie donne come gli Apostoli, che vennero al sepolcro, non vel trovarono più: Non est hic. Tutto queste circostanze sono altrettante figure di ciò che deve accadere nella conversione del peccatore. Primieramente deve egli morire. Oimè! peccatori, non è che troppo vero che voi siete morti per il peccato, che vi ha tolta la vita della grazia, voi siete nella tomba del peccato, coperti di una grossa pietra pel cattivo abito che avete contratto. Or, per uscire da questa tomba e distruggere la morte del peccato, bisogna condannarvi ad un altro genere di morte con un intero staccamento dal peccato, con una rinunzia generale a tutto ciò che è stato per voi occasione di peccato, di modo che possiate dire col grande Apostolo: noi siamo morti al peccato, come mai potremo ancora vivere al peccato? Mortui sumus peccato, quomodo adhuc vivemus in illo ( Rom. VI)? Ecco il genere di morte che deve procedere la vostra risurrezione alla grazia o piuttosto che deve accompagnarla, che ne è la condizione essenziale: mentre morire al peccato si è risuscitare alla grazia. Ma per questo che dovete voi fare? Siccome la terra tremò alla risurrezione di Gesù Cristo, così bisogna che il vostro cuore tremi, che sia commosso, spezzato dal dolore, lacerato ed attristato dal pentimento. Non basta concepire qualche desiderio di conversione che vi lasciasse nel medesimo stato, ma il vostro cuore deve, cangiando d’oggetto, cangiar d’inclinazione: cangiamento che deve essere sì perfetto che il vostro cuore non sia più il medesimo cuore; di maniera che se ne crei uno affatto puro ed affatto nuovo in mezzo di voi medesimi, come lo chiedeva per sé il profeta: Cor mundum crea in me Deus. (Ps. L). Ecco il primo passo che convien fare per passare ad una nuova vita. Voi dovete in appresso, peccatori, levar la pietra del sepolcro, cioè rompere il cattivo abito che vi tiene prigioniero nei legami della morte e che impedisce la rugiada del cielo di entrare nella vostra anima. Questa pietra è grossa, è vero, l’abito è talmente radicato in voi che egli è divenuto come una seconda natura. Ma questo abito, questa pietra, fosse bene ancora più difficile a levare di quella che copriva il corpo di Gesù Cristo, voi dovete imitare il coraggio di quelle pie donne, che andarono di buon mattino per imbalsamare il corpo del Salvatore senza essere spaventate né dalla grossezza della pietra né trattenute dal timore dei Giudei e dei soldati che custodivano il sepolcro. Convien farvi delle sante violenze per resistere a quegli abiti, con gli atti delle virtù contrarie. Se quegli abiti non fanno ancora che nascere, incominciate sul mattino, cioè abbiate cura di soffocarne i primi moti. Rendetevi superiori a tutti i rispetti umani che sarebbero un ostacolo alla vostra conversione: il timore di dispiacere agli uomini non vi trattenga giammai dove si tratta della vostra eterna salute. Convien anche togliere il sigillo del peccato, cioè rompere quelle ree corrispondenze, allontanarvi da quelle case, da quelle persone, da quelle occasioni di peccato che erano come le guardie che tenevano la vostr’anima cattiva nelle prigioni della morte. Si è a questo segno che riconosceremo che voi siete veramente risuscitati, in guisa che dire possiamo di voi per riguardo a quelle occasioni ciò che l’Angelo disse di Gesù nazareno a quelle sante donne che lo cercavano nel suo sepolcro: Surrexit, non est hic. Voi cercate quel peccatore in quelle case che frequentava, con quelle persone che erano uno scoglio alle sue virtù; ma non le frequenta più. Quell’ubbriaco non va più in quelle osterie; quelle persone han rotto il commercio pericoloso che avevano insieme, non si vedono più l’una con l’altra: Non est hic. Quest’uomo è vivo, non bisogna più cercarlo tra i morti: Quid quæritis viventem cum mortuis (Luc. XXIV)? Ha lasciato nel sepolcro tutte le spoglie della morte, ha purgato il vecchio lievito che era in lui, per diventar una nuova creatura in Gesù Cristo: in una parola: egli non è quel che era, è interamente cambiato. – Ecco, fratelli miei, ciò che è assolutamente necessario per una vera risurrezione. Imperciocché altrimenti invano pretenderete voi essere risuscitati alla grazia ed aver parte alla risurrezione del Salvatore: non basta di aver dato nel tempo pasquale, come il resto dei fedeli, segni esteriori di religione, di esservi accostati ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia; se voi non siete veramente convertiti, se conservate ancora in voi qualche fermento del peccato, se voi avete qualche attacco all’idolo della vostra passione, se voi non siete ancora riconciliati col vostro nemico, e se rimane nel vostro cuore qualche fiele contro di lui; se voi non avete soddisfatto o se non siete risoluti di soddisfare al più presto al prossimo cui avete fatto qualche torto, la vostra risurrezione è una risurrezione apparente, che può bensì ingannare gli uomini, ma, non già Dio. Voi sembrate del numero dei viventi, ma effettivamente siete nel numero dei morti: Nomen habes quod vivas, et mortuus es (Apoc. II). Oimè! quanti ve ne ha forse tra voi di questo carattere, i quali non sono risuscitati che in apparenza? Non tocca a me giudicarne, Dio solo li conosce; ma voi potete benissimo giudicarvi da voi medesimi, per le disposizioni in cui vi trovate riguardo al peccato e alle occasioni del peccato: voi conoscerete che la vostra risurrezione è vera e sincera per la somiglianza che essa deve avere con quella di Gesù Cristo. Or, siccome abbiam detto, Gesù Cristo con la sua risurrezione ha ripigliata una nuova vita, tutta diversa da quella che aveva prima: il suo corpo non è solamente uscito dal sepolcro, ma ha ricevuto delle doti che lo rendono partecipe della natura degli spiriti, da passibile e mortale Egli è divenuto impassibile ed immortale; non è più un corpo grave per la materia, ma un corpo agile e sottile che penetra e che va ovunque gli piace; è un corpo, in una parola, che, sebbene sulla terra, non appartiene più alla terra, che è divenuto affatto celeste e tutt’altro da quel che era prima. Tal deve essere il Cristiano veramente risuscitato alla grazia; egli è un uomo che non appartiene più alla terra, che usa di questo mondo come non usandone, che non cerca se non le cose del cielo: Si consurrexistis cum Christo, quæ sursum sunt quærite (Coloss. III). Un Cristiano risuscitato con Gesù Cristo è un uomo indifferente ai piaceri e alla gloria, il quale, riguardandosi sulla terra come di buon grado viaggiatore, non respira che pel cielo, sua cara patria. Egli è un uomo che non ha ardore che per far del bene, che di buon grado è volto alle buone opere e all’adempimento dei suoi doveri; che apre le sue mani all’indigente, che visita Gesù Cristo nel luogo santo o nei suoi membri che soffrono: egli è un uomo finalmente divenuto del tutto celeste, i cui pensieri e le parole non mirano che al regno di Dio, e le cui azioni non tendono che a questo fine. – A questi segni, fratelli miei, riconoscete voi che siete veramente risuscitati con Gesù Cristo? Ah! che io non temo la vostra coscienza vi renda una testimonianza contraria. Se i vostri pensieri e i vostri desideri, le vostre parole, le vostre azioni non hanno per oggetto che i beni di questo mondo, voi siete del tutto terreni, e la vostra vita non rassomiglia punto a quella di Gesù Cristo risuscitato. Riformatevi dunque su questo modello, purificando il vecchio fermento che è in voi, correggendo le vostre inclinazioni, basse e terrene, mortificando le vostre passioni, per divenir una nuova creatura e per celebrare la pasqua di Gesù Cristo con gli azimi di sincerità e di verità, cioè con i sentimenti e con le inclinazioni d’un uomo interamente rinnovato, Expurgate vetus fermentimi, ut sitis nova conspersio; epulemur in azimis sinceritatis et veritatis ( 1 Cor. V). – Affinché la vostra risurrezione sia vera, bisogna ancora darne dei segni, come Gesù Cristo ne diede della sua nelle diverse apparizioni che fece ai suoi Apostoli: apparuit. E perché crediamo noi, fratelli miei, che il Salvatore risuscitato abbia dimorato ancora quaranta giorni sulla terra prima della sua ascensione al cielo, se non per dare ai suoi Apostoli prove sensibili della sua risurrezione? Ed è per questo che si manifestò ad essi diverse fiate ed in diversi luoghi; quest’oggi in Gerusalemme, domani nel castello d’Emmaus, indi in Galilea, ora ad alcuni in particolare, ora a tutti insieme raccolti. Non voleva Egli lasciare loro alcun dubbio della sua risurrezione, ma voleva anche insegnarci che non basta essere convertiti, ma bisogna comparirlo in realtà: voleva principalmente insegnare ai peccatori che lo hanno disonorato avanti gli uomini, a riparare con una vita esemplare l’oltraggio che gli hanno fatto; ai peccatori che col loro scandalo hanno indotti gli altri nelle vie dell’iniquità ad edificarli con una condotta regolata: voleva, in una parola, che ogni peccator convertito si mostrasse avanti agli uomini quale è avanti a Dio, sia per l’interesse della sua gloria, sia per l’edificazione dei suoi fratelli. Perciocché se ogni uomo deve rendere testimonianza al Vangelo, deve confessare Gesù Cristo in faccia al mondo, se vuole esser riconosciuto davanti al Padre celeste. Egli è principalmente il peccatore chi gli ha rapita la gloria che gli era dovuta, perciò la testimonianza di questo peccatore, riparando l’ingiuria ch’egli ha fatto a Dio, sarà per gli altri una attrattiva potente per la virtù. Voi dunque che vi fate gloria d’assentarvi dai divini uffizi, che per mancanza di devozione vi fermate all’entrata delle chiese; voi che non vi accostate quasi mai ai sacramenti; voi che con le bestemmie, con le parole oscene portaste un odore di morte nelle vostre famiglie, e nel cuore di coloro che vi frequentavano; bisogna che d’ora in poi vi facciate veder assidui vicino ai santi altari, che vi accostiate ai sacramenti, che vi facciate udire a non più proferire che parole edificanti; bisogna che siate il buon odore di Gesù Cristo con una condotta regolata, che vi diportiate finalmente in guisa affatto diversa da quella di prima: si è in tal modo e non altrimenti che potremo dire di voi che siete veramente risuscitati e che ne date i segni: surrexit vere et apparuit (Luc.XXIV). Ma non basta risuscitare alla vita della grazia; bisogna che questa risurrezione sia costante, come è stata quella di Gesù Cristo. Perché mai non si propone la risurrezione di Lazaro, per modello d’una perfetta risurrezione? Perché Lazaro, dopo aver ricuperata la vita per la possanza di Gesù Cristo, fu in appresso soggetto all’impero della morte. Ma Gesù Cristo risuscitato non muore più: Christus resurgens iam non moritur ( Rom. VI). In quel meraviglioso combattimento in cui la vita e la morte sono state alle prese, Egli ha fatto perdere alla morte il suo stimolo, l’ha interamente assorbito nella vittoria ch’Egli ha su di essa riportata: Absorpta est mors in Victoria (1 Cor. XV). Giudei inumani, voi avete potuto esercitare una volta su di lui il vostro furore coi tormenti che gli avete fatto soffrire; ma l’ora delle tenebre è passata, la vostra possanza è finita, tutti i vostri sforzi per attentare alla sua vita sarebbero inutili. Egli ha bensì voluto soffrire la morte per l’infermità di nostra natura che aveva presa; ma Egli vive al presente per la virtù di Dio: Crucìfixus est ex infirmitate, sed vivit ex virtute (2 Cor. XIII), e la sua vita uguaglierà la durata di tutti i secoli: Ecce sum vivens in sæcula sæculorum (Apoc. 1). Tale deve essere, fratelli miei, la vostra risurrezione alla grazia; deve essa portare un carattere d’immortalità che vi renda invincibili ai colpi dei vostri nemici. Mentre a che vi servirebbe d’essere usciti per un tempo, come Lazaro, dal sepolcro, se voi ricadete in uno stato di morte, ricadendo nel peccato, che vi fa perdere la vita della grazia? Qual ingiuria non fareste voi a Dio, e qual torto a voi medesimi? Ingiuria a Dio, perché paghereste con la più nera ingratitudine la pazienza ch’Egli ha avuto d’aspettarvi a penitenza, la bontà che ha avuto di ricevervi ed il bene che vi ha fatto di calarvi delle ombre della morte per rendervi alla vita. Voi rechereste ancora un danno considerabile a voi medesimi, perché, ricadendo nel peccato e perdendo la grazia di Dio, vi esponete al rischio di non ricuperarla giammai, sia perché la morte può sorprendervi, sia perché avete a far più di fatica a rilevarvi. Oimè! forse il primo peccato che voi commetterete porrà il sigillo alla vostra riprovazione, e Dio non vi darà più il tempo né la grazia di far penitenza; pensatevi bene, affinché questo pensiero vi ritenga nel felice stato in cui la grazia vi ha ristabiliti. Ma oimè! Quanto pochi cristiani si manterranno nelle loro risoluzioni! Quanti di quelli che mi ascoltano ripiglieranno la strada delle loro ree passioni che hanno per qualche tempo abbandonata! Hanno essi voluto soddisfare ad un dovere che la religione comanda, e per essere ammessi a cibarsi dell’Agnello pasquale, si sono privati di certi piaceri cui il loro cuore è sempre attaccato, si son fatta qualche violenza, ma non cadranno alla prima occasione? Tutto il popolo senza dubbio soddisferà in questa parrocchia al dovere pasquale; ma sarà quindi più pio verso Dio, più caritatevole verso il suo prossimo, più vigilante sopra se stesso? Oimè! non è forse a temere che non sia sempre ugualmente soggetto ai medesimi difetti? Ecco, fratelli miei, ciò che è capace di cangiare la gioia ed il gaudio di queste solennità in lutto ed in tristezza; perché noi vediamo ogni anno che le feste non sì tosto sono passate, che il vizio ed il libertinaggio, che sembravano estinti, si ravvivano e risuscitano a cosi dire, per far soffrire a Gesù Cristo nel cuore dei peccatori una seconda morte, in qualche modo più crudele di quella che gli han data i Giudei. Deh non sia così di voi, miei fratelli, perdete piuttosto quanto avete di più caro al mondo, che perdere la grazia del vostro Dio. – Pratiche. Fate, durante queste feste frequenti visite a Gesù Cristo, per domandargli la grazia della perseveranza: fuggite le occasioni, le assemblee, le partite di piacere interrotte durante il tempo della penitenza e che si ripiglieranno per compenso di quelle che si son tralasciate. La gloria della risurrezione di Gesù Cristo non deve farvi dimenticare i suoi patimenti: è per farcene ricordare ch’Egli ha conservate le sue sacre piaghe; così la bella sorte di una santa risurrezione non deve mettere fine alla vostra penitenza. Si è al contrario con la penitenza, con la mortificazione unita a ferventi preghiere, che voi conserverete la grazia della risurrezione; non è che seguendo le tracce di Gesù paziente che si può sperare di regnar con Gesù Cristo glorioso e trionfante: si compatimur, ut et glorificemur (Rom.VIII). Gemete e fate ammenda onorevole a Gesù Cristo degli oltraggi atroci che tanti cattivi Cristiani gli fanno con le comunioni sacrileghe di cui si rendono colpevoli in questo tempo pasquale: pregate il Signore che si degni illuminare questi temerari sulla loro sorte, e sollecitatelo che voglia conservare preziosamente il frutto delle buone comunioni in quelli che han mangiato o mangeranno il pane degli Angeli con sante disposizioni: questi sentimenti di zelo vi meriteranno grazie abbondanti che vi condurranno alla vita eterna: io ve la desidero. Così sia.

  Credo…

Offertorium 

Orémus 

Ps. LXXV:9-10.

Terra trémuit, et quiévit, dum resúrgeret in judício Deus, allelúja. [La terra tremò e ristette, quando sorse Dio a fare giustizia, allelúia.]

Secreta

Súscipe, quaesumus, Dómine, preces pópuli tui cum oblatiónibus hostiárum: ut, Paschálibus initiáta mystériis, ad æternitátis nobis medélam, te operánte, profíciant. [O Signore, Ti supplichiamo, accogli le preghiere del pòpolo tuo, in uno con l’offerta di questi doni, affinché i medésimi, consacrati dai misteri pasquali, ci sérvano, per òpera tua, di rimédio per l’eternità.] –

Communio 1 Cor 5:7-8

Pascha nostrum immolátus est Christus, allelúja: itaque epulémur in ázymis sinceritátis et veritátis, allelúja, allelúja, allelúja.[Il Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato, allelúia: banchettiamo dunque con gli àzzimi della purezza e della verità, allelúia, allelúia, allelúia.]

Postcommunio 

 Orémus.

Spíritum nobis, Dómine, tuæ caritátis infúnde: ut, quos sacraméntis paschálibus satiásti, tua fácias pietáte concordes. [Infondi in noi, o Signore, lo Spírito della tua carità: affinché coloro che saziasti coi sacramenti pasquali, li renda unànimi con la tua pietà.]

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.