GNOSI TEOLOGIA DI sATANA -17- : GNOSI ED ISLAM (1)

GNOSI ED ISLAM (1)

“omnes dii gentium dæmonia”

[da E. Couvert: “La gnose universelle”, cap. II]

La storia critica delle origini dell’Islam, dopo tanti secoli, resta ancora da scrivere. Fino a tutti questi ultimi anni, gli islamologi si sono accontentati di dare un’apparenza erudita e sapiente, di offrire una veste dignitosa e credibile alle leggende diffuse dopo le origini dell’Islam dalle autorità musulmane per corrompere lungo i secoli gli infelici popoli del medio-Oriente e dell’Africa del Nord. Ciò facendo, questi storici sconsiderati e senza scrupoli hanno imposto detti popolari, pieni di menzogne ed imposture destinate a mantenere queste povere popolazioni in uno stato soporoso, inebetito, sia moralmente che intellettualmente. Riza Tewfik scriveva nel 1947 a Beyrut: « Ho constatato che la maggior parte degli storici orientali sono sprovvisti di qualsiasi senso critico e la storia – fin quasi all’inizio del XIX secolo – ha conservato da noi il suo carattere primitivo: quello di essere cioè platealmente aneddotico! Quanto ai commentari, essi hanno accumulato – nel nome della tradizione che considerano come verità mai dimostrate, ma evidenti per se stesse – un tasso di superstizione estrapolate dall’immaginario popolare. Essi ne hanno talmente abusato, che i commentari sono zeppi di questi stupidi aneddoti che, lungi dal chiarire il significato del testo, lo ottundono piuttosto; questo sconvolge l’intelligenza delle persone semplici, e distrugge la loro fede. » Si sono dovuti attendere questi ultimi venti anni per trovare storici liberi ed indipendenti dalle mode intellettuali capaci di produrre dei fori efficaci in questo muro di ufficiale e gratuito conformismo universitario. Per primo, il p. Gabriel Théry ha denunciato la falsificazione storica diffusa dagli islamologi; ma egli non ha osato farlo con il suo nome, che tuttavia era già sufficientemente autoritario in materia; egli si è contentato infatti dello pseudonimo di Hanna Zacharias (cosa che dimostra tra l’altro quale forte pressione eserciti il conformismo intellettuale anche su uomini realizzati, giunti alla sommità degli onori universitari!). Tuttavia la sana critica storica non conserverà granché delle sue ipotesi, se non questa giustissima ipotesi, che l’Islam cioè, diffondendosi tra le popolazioni cristiane dell’Oriente le ha condotte alla pratica del giudaismo ed all’osservanza della legge di Mosè. Il suo discepolo e successore Joseph Bertuel ha compiuto uno studio molto approfondito sulle origini dell’Islam. Egli resta prigioniero di diverse tesi di Hanna Zacharias. Tuttavia il primo, ha avuto il coraggio di « radiare Maometto dal numero dei grandi fondatori di religione, e di togliergli puramente e semplicemente la paternità del Corano », come egli stesso ha detto. Egli avrebbe potuto aggiungere semplicemente che Maometto non è mai esistito e che la sua legge e la sua esistenza è totalmente leggendaria. Ma allora perché aver conservato questa distinzione tra sure della Mecca e sure di Medina? È un rimaneggiamento artificiale del Corano, operato per ricollegare il testo del libro ad una leggenda secondo la quale il libro stesso non era stato umanamente scritto. Inoltre le ricerche storiche del Bertuel sono appassionanti: si può dire che, per primo, egli ha fatto un’opera degna di uno storico serio. Infine il frate Bruno Bonnet-Aymart, si è dedicato al compito faticoso ma fondamentale, di ritradurre seriamente il Corano. Si comprende così da questa dotta traduzione, che l’autore di questo libro era in realtà un uomo sapiente, addirittura un erudito che conosceva in profondità l’ebraico, l’aramaico, il greco. Questo erudito è stato tra l’altro capace di creare, a partire da una lingua araba solo parlata, una lingua scritta. Egli ha forgiato da se medesimo un vocabolario religioso necessario a trasmettere il suo insegnamento ed ha dato a questa lingua una struttura grammaticale sufficientemente complessa per esprimere delle nozioni religiose e giuridiche alle quali i grezzi nomadi arabi erano poco abituati. Il frate Bruno ha già estratto dalle sue traduzioni delle conclusioni notevoli, importanti al punto tale da capovolgono da cima a fondo tutta la storia dell’Islam fondata sulle sabbie mobili della pura leggenda. Non è certamente il caso di riprendere questo lavoro di primo ordine, ma solo di utilizzarne diverse sue conclusioni che possono essere poste alla base dell’intenzione di mostrare, attraverso la storia di questa falsa religione, la sua impregnazione di pensiero gnostico fin dalle origini, ed il ruolo che l’Islam ha giocato nel corso dei secoli nella trasmissione di questa gnosi, con i caratteri di sempre, riversata sull’Occidente cristiano.

Posizione del problema

Per comprendere le origini dell’Islam, bisogna aver presente al proprio spirito, la tela del fondo e delle vicende storiche sulle quali si è, per così dire, stampata la nuova religione. Dopo l’inizio dell’era cristiana, il vicino-Oriente venne scosso dalla lotta secolare tra l’impero romano ed il regno persiano. I Romani in realtà non hanno mai potuto abbattere questo impero dei Sassanidi, la guerra era endemica, interrotta da tregue e da paci provvisorie, ma sempre venne ripresa con alterne fortune da una parte e dall’altra. Alcuni imperatori romani vi persero addirittura la vita, tra essi ad esempio: Aureliano e Giuliano. Fu proprio la necessità di avvicinarsi al teatro delle operazioni che costrinse l’imperatore Costantino ad insediare la sua capitale a Bisanzio, divenuta poi Costantinopoli. – Ora in questa guerra ininterrotta, i Romani hanno fatto appello agli arabi e li hanno incorporati nelle loro legioni come ausiliari; i re sassanidi fecero altrettanto. Così già dall’inizio dell’era cristiana vi erano delle tribù arabe insediate in Siria, in Palestina, in Egitto, in modo più o meno sedentario e residenziale. Oltre il Giordano c’erano ad esempio i Nabatei. Questi erano stati legati con trattato di pace e di assistenza all’Impero romano che li utilizzava per proteggere i territori dell’Impero contro le altre tribù arabe rimaste nomadi e predatrici. Durante i primi secoli cristiani, questi arabi si convertirono al Cristianesimo. Uno di essi divenne nientemeno che imperatore a Roma: Filippo l’Arabo, imperatore e nello stesso tempo cristiano. M. F. Nau ci aveva già in precedenza presentati questo “Arabi cristiani della Mesopotamia e della Siria del VII ed VIII secolo”, cioè nell’epoca della nascita dell’Islam. Egli precisa pure che « il nome Allah non appartiene ai musulmani, ma è di proprietà degli Arabi cristiani. » Cosa successe pertanto nel VII secolo? Poco più o meno di quanto sarebbe successo due secoli dopo nella parte occidentale dell’Impero romano: qui i Germani, i Franchi, i Visigoti, i Burgondi, istallati sul territorio della Gallia, si staccarono dall’imperatore romano divenuto impotente e si proclamarono di fatto regni indipendenti, pur mantenendo un’alleanza teorica con l’impero. Si evitarono così invasioni, massacri di popoli, e si ebbero solo sporadiche battaglie contro le legioni romane rimaste fedeli all’imperatore. Nel vicino-Oriente, dopo l’ultima e più violenta delle guerre contro la Persia, l’indebolimento dei due belligeranti fu tale che i capi delle tribù arabe cristianizzate e installate in Siria, Palestina, Egitto, Mesopotamia, rivendicarono la loro autonomia e si attribuirono un potere sovrano, impadronendosi di città ed espellendo le legioni bizantine rimaste fedeli all’imperatore. L’operazione si compì nel giro di qualche anno, senza resistenza delle popolazioni, felici di sottrarsi agli scontri ed alle esigenze dell’amministrazione imperiale. Non si ebbero quindi propriamente delle invasioni, o delle guerre di conquiste, ma una semplice presa di potere da parte dei capi delle tribù già insediate in loco. Un fenomeno simile si produsse in Persia. L’ultimo dei Sassanidi, Cosroe II, aveva organizzato una grande spedizione in Egitto, al ritorno della quale le sue armate avevano saccheggiato e distrutto Gerusalemme nel 614, impadronendosi del legno della vera Croce. Dopo la riconquista di queste regioni da parte dell’imperatore Eraclio e dopo la morte di Cosroe II, il regno persiano cadde in una disastrosa crisi dinastica. Si generò in tal modo l’occasione di una specie di interregno contrastato ed oscuro, durante il quale i capi dei contingenti arabi presero egualmente il potere. – La redazione del Corano data proprio quest’epoca. Essa è legata alla presa di potere degli Arabi cristiani ai quali si indirizza appunto in particolare l’autore del libro. L’Abate Bertuel si pone questa obiezione: « Se questo autore fosse stato cristiano, le sue narrazioni si sarebbero svolte come delle lezioni che facilitavano, chiarivano il senso e la portata spirituale dei testi mediante la rivelazione del Nuovo Testamento. » Ma no, signore Abate! Il Corano non era destinato a convertire gli Arabi al Cristianesimo, poiché essi già lo erano, ma ad allontanarli dall’adorazione di Gesù-Cristo ed a ricondurli alla pratica del Giudaismo ed all’osservanza della legge di Mosè! L’autore del Corano non era dunque un cristiano, ma un eretico giudaizzante, che negava la Divinità di Gesù-Cristo. Soprattutto non bisogna richiamare il Nuovo Testamento per chiarire l’insegnamento della sua eresia, poiché egli stesso ne rigetta il fondamento che è la divinità di Gesù-Cristo. Vi ritorneremo ancora. – L’Abate Bertuel aggiunge poi questa riflessione: « Ci si domanda perché gli Arabi non si convertirono subito al Cristianesimo che avrebbe detto loro più chiaramente le cose e li avrebbe liberati radicalmente dall’apologetica giudaica … » Perché? Ma perché gli Arabi erano già cristiani e si trattava quindi di ricondurli ad un’apologetica giudaizzante, quella dell’Antico Testamento, la sola autentica agli occhi del Corano. Non c’è infatti Nuovo Testamento, poiché il Cristo non sarebbe che un profeta, successore di Mosè. La verità è che il libro del Corano è stato scritto in Siria, da un cristiano giudaizzante, per gli Arabi di Siria. Non c’è nulla in questo libro infatti che lo possa far ricondurre o faccia riferimenti all’Arabia. Non si menziona mai né la Mecca, né Medina, né la Kaaba. Il tempio che si menziona invece, non può essere che quello di Gerusalemme, che occorre ricostruire! Nel corso dei secoli seguenti, i Cristiani di Occidente hanno infatti sempre considerato i musulmani come cristiani eretici. Essi li chiamavano Mori, abitanti della Mauritania, l’Africa romana, oppure Saraceni, popolazioni della Siria, ma mai Arabi, quando si tratta di riferirsi ai musulmani! Anche Dante, nel secolo XIV, mette Maometto tra i Cristiani eretici: quest’ultimo si lacera il petto in due parti, perché ha diviso la Chiesa in due. San Giovanni Damasceno (morto nel 749) accusa il fondatore dell’islam  “di avere avuto colloqui con un certo monaco ariano” e pone la “superstizione degli Ismaeliti” tra le eresie cristiane. – Precisiamo ancora che gli Arabi non hanno conquistato il resto del bacino mediterraneo. Quando la popolazione sotto la loro dominazione è passata nella loro “superstizione”, credendo tuttavia di rimanere cristiana, essi sono partiti all’avventura, i Siriani sui loro navigli per piratare le coste occidentali e fornire di schiavi gli harem d’Oriente, i Mauri sulla Spagna per saccheggiare e razziare, per insidiarsi nelle città prosperose. Si è notato che nei contingenti islamizzati, gli arabi erano una infima minoranza diluiti tra molteplici apporti stranieri. In Spagna c’erano quasi unicamente berberi, Tuaregh, slavi che erano antichi schiavi dell’Europa centrale, formanti corpi di giannizzeri, giungendo alle posizioni più elevate nell’Islam, nonché molti cristiani convertiti spontaneamente o con la forza, ed infine i Mozarabi, indigeni rimasti cristiani ma più o meno arabizzati e quasi assimilati. Solo le popolazioni delle campagne e delle montagne hanno resistito per lungo tempo ed efficacemente all’invasione dell’Islam, i Fellahs d’Egitto, i Kabili di Algeria, i Cristiani delle montagne del nord della Spagna. – Infine l’esistenza di Maometto è rimasta, diversi secoli dopo la conversione dell’Islam, sconosciuta alle popolazioni convertite. In Spagna, durante tutto l’VIII secolo e l’inizio del IX, nessuna opera polemica tra Cristiani e musulmani menziona la persona di Maometto. Nel 857, Eulogio scrive: « Siccome mi trovavo al monastero di Leyre (nel nord della Spagna), io presi conoscenza del desiderio di istruirmi con tutti i libri che vi erano riuniti, leggendo quelli che mi erano sconosciuti. Improvvisamente in una piccola opera anonima, scoprii una storiella su di un profeta nefasto »: era Maometto! Egli riassunse questa storia nella sua « Apologetica dei Martiri », e la inviò poi a Giovanni da Siviglia che la rese nota. Alvarez de Cordou parla di Maometto nel suo « Indiculus luminosus ». Un monaco di Sens, Gautier, compone un poema su di lui. Hildebert, vescovo di Mans, compone un altro poema in sedici canti, intitolato « Historia Mahumeti », composto nel 1100, nel quale Maometto è presentato come un barone del Medio Evo, circondato di vassalli devoti, e che forniva l’opinione che della sua persona si facevano i cavalieri delle crociate. È dunque a giusto titolo che l’Abate Bertuel pone la questione che resta ancora oggi senza risposta: « il solo mistero che sussiste è puramente di ordine storico: perché e come, dopo un secolo e mezzo di oblio dell’apostolo arabo, i musulmani del IX secolo hanno “fabbricato” delle vite di Maometto che dovevano diventare il pensiero universale degli adepti dell’Islam? » – Tutte le considerazioni che svilupperemo sono destinate unicamente a decantare una storia disseminata di leggende inverosimili e che ci permettono infine di dare una spiegazione giustificata e ragionata dei molteplici elementi gnostici che affiorano dappertutto nel pensiero musulmano, a cominciare dallo stesso testo del Corano. [1 – Continua…]

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

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