MEDITAZIONI SULLA NATIVITA’ di N.S. GESU’ CRISTO

MEDITAZIONI …

[A. Carmagnola: Meditazioni, vol. I; S.E.I. ed. Torino, 1942]

… Sopra alcune parole di S. Paolo.

Mediteremo sopra queste parole di S. Paolo: Benignitas et humanitas apparuit Salvatoris nostri Dei: è apparsa la benignità e l’umanità del Salvator nostro Iddio (Tit., III, 4). C’immagineremo di vedere dinanzi a noi il Bambino Gesù, che nella grotta di Betlemme, adagiato sopra la paglia del presepio, in vita alla fiducia, al pentimento e all’amor suo, dicendo a ciascuno di noi: Præbe, fili mi, cor tuum mihi: Dammi, o figlio, dammi il tuo cuore. E adorandolo con i santi pastori, nell’atto che essi gli offrono i loro doni, noi gli daremo risoluti tutto ciò che egli ci chiede.

PUNTO 1°.

Da benignità del Bambino Gesù ispira fiducia.

Il Salvatore, venendo nel mondo, vi entrò non nella natura angelica, m a nella natura umana: Nusquam angelos apprehendit, sed semen Abrahæ (Hebr., II, 16). E pur prendendo la carne, la forma e la vita degli uomini, non volle venire nel mondo con statura perfetta e piena di maestà, ma come tenero bambino, pieno di benignità e piacevolezza, sicché per la sua nascita è apparsa al mondo, dice S. Paolo, la benignità e l’umanità del Salvatore nostro Iddio. Questo Bambino che viene a salvare il mondo è Dio: come angelo non ci avrebbe ispirata sufficiente fiducia, come Dio ci avrebbe atterriti. Perciò, oltre al non prendere la natura angelica, si spoglia ancora di ogni divina ed umana maestà e rivestendo la nostra misera carne si presenta a noi come la benignità e l’umanità per eccellenza. Sì, dice San Bernardo, perché tutto il mondo sa, avendolo la natura stessa insegnato a tutto il mondo, quanto sia grande la forza, quanto dolce l’attrattiva, che esercita sul cuore umano la vista di un delicato e caro bambino. Se Gesù Cristo non fosse nato così, alla semplice notizia dell’apparizione di Dio sulla terra gli uomini sarebbero fuggiti come Adamo colpevole, quando sentì la voce di Dio e presentì la sua presenza, e avrebbero tremato e disperato pensando alle offese fattegli e all’ingratitudine usatagli. Ma come fuggire, come tremare, come disperare dinanzi ad un debole e amabilissimo bambinello?

PUNTO 2°.

La benignità del Bambino Gesù adduce a penitenza.

L o stesso S. Paolo, il quale ci dice che per la nascita di Gesù è apparsa la benignità e l’umanità del Salvatore nostro Dio, ci insegna che la benignità di Dio ci alletta, ci spinge e ci vuol condurre alla penitenza dei nostri peccati: Ignoras quoniam benigniias Dei ad pœnitentiam te adducivi (Rom., II, 4). Gesù è nato bambino, perché noi, presentandoci a chiedergli perdono delle nostre colpe, non temiamo severi rimbrotti e una penitenza troppo grave; giacché, dice S. Bernardo, un tenero pargoletto senza più si placa e ci concede la sua grazia: Parvulus est, leviter placari potest; quis enim nesciat quia puer facile donat? (I Epiph.). D’altronde, anche cresciuto negli anni ed entrato nella sua vita pubblica, ha sempre fatto spiccare la sua benignità nell’accogliere i poveri peccatori e nel non esigere da essi altra penitenza che una vita scevra di peccato e feconda di buone opere. E nell’invitarci a seguirlo col prendere sulle nostre spalle il suo giogo ci ha assicurato che esso è lieve e soave. L’amore per Lui rende leggiere e dolcissime anche le penitenze più dure. Gesù Bambino dalla sua culla ci mostra la sua penitenza, perché uniamo la nostra alla sua. Non facciamogli più oltre ripetere quel vagito: ah! ah! hoc est: anima, anima, te quæro (S. Bern.): anima, anima peccatrice, te io cerco.

PUNTO 3°.

La benignità del Bambino Gesù domanda amore.

Gesù si è abbassato fino a nascere tenero Bambino sopra tutto per dimostrarci il suo amore immenso per ciascuno di noi, benché peccatore, benché iniquo, benché disertore, benché superbo. Filius Dei, dice S. Agostino, caro factus est propter te peccatorem, propter te iniustum, propter te desertorem, propter te superbum. No, non vi è altra cagione maggiore della sua venuta fra di noi sotto le sembianze di maschino bambinello all’infuori della manifestazione del suo amore: quæ maior est causa adventus Domini, nisi ut ostenderet dilectionem in nobis? La Chiesa, volgendosi a Gesù stesso, così canta: O autore beato del mondo, o Cristo di tutti Redentore, fu il tuo amore che ti indusse a prendere un corpo mortale: Amor coëgit te tuus — Mortale corpus sumere. Per questo ancora Egli volle nascere bambino, per essere più sicuro di acquistare l’amor nostro. Cosi, dice S. Bernardo, ha voluto nascere Colui che volle essere amato e non temuto: Sic nasci voluit, qui amari voluit, non timerì. Ah! Se sgraziatamente non l’abbiamo amato sin qui. diamoci ora ad amarlo come merita di essere amato. Amiamolo con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta la volontà, con tutte le forze; amiamolo di un amore generoso e costante. Chi non ama il Bambino Gesù sia da noi segregato, dice S. Paolo: si quis non amat Dominum nostrum Jesum Christum, anatema sit (I Cor., XVI, 22).

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… Sopra alcune parole di Isaia.

Prostrati in ispirito dinanzi al Santo Bambino Gesù nella grotta di Betlemme e adorandolo insieme con Maria, con Giuseppe e coi pastori ci diremo, per ben meditarle, quelle parole così consolanti del profeta Isaia: Questo Bambino è nato per noi; questo Figlio di Dio e di Maria è stato dato a noi; e porta sulle spalle il suo principato: Parvulus natus est nobis, filius datus est nobis, et factus est principatus eius super humerum eius (Is., IX, 1). C’immagineremo che Gesù Bambino dal suo presepio ci volga i suoi occhi misericordiosi, come per confermarci questa verità, che Egli è tutto per noi e vuol essere il re dei nostri cuori; e noi risponderemo dicendogli con tutto l’affetto: Diligam te, Domine, foriitudo mea: ti amerò, o Signore, mia forza (Ps., XVII, 1).

PUNTO 1°.

Il Santo Bambino è nato per noi.

Il Figlio di Dio è nato pargoletto per noi, per nostro spirituale vantaggio, per nostro salutare ammaestramento. Egli volle dirci nel modo più efficace: Se non vi farete anche voi bambini come me, non entrerete nel regno dei cieli. Nei bambini vi sono due doti: innocenza e semplicità. Così in Gesù Bambino. Si è dato dunque a noi Piccolino per apprenderci queste due condizioni necessarie alla nostra salute: innocenza e semplicità, virtù sommamente importanti per trattare come si deve con Dio e col prossimo. L’innocenza attira sopra di noi la compiacenza di Dio e la sua benedizione. Se sgraziatamente l’abbiamo perduta, dobbiamo riacquistarla con le lagrime della penitenza, ossia coll’essere sinceramente pentiti delle nostre passate colpe e col fare volontaria penitenza, o con l’accettare almeno per penitenza le tribolazioni che il Signore ci manda. – La semplicità poi, nelle nostre parole, nelle nostre azioni, in tutta la nostra condotta ci faccia procedere candidamente, con schiettezza e col cuore alla mano. Dinanzi a Gesù Bambino, bando alla prudenza umana e secolaresca, ingannatrice del prossimo e detestabile agli occhi di Dio.

PUNTO 2°.

Il Figlio di Dio e di Maria è stato dato a noi.

Il Bambino Gesù giacente nel santo presepio è il Figlio di Dio, che lo genera da tutta l’eternità nello splendore dei santi, ed è il Figlio di Maria, che lo ha generato nel tempo, nella povera capanna di Betlemme. L’Eterno Padre e Maria SS. Ci hanno dato questo Bambino, perché sia veramente nostro e lo abbiamo a possedere sempre, in questa vita e nell’eternità. – Bambino di valore infinito, perché Dio Egli stesso e donatoci dall’Eterno Padre e da Maria unicamente per amore. Oh immensa liberalità del nostro Padre celeste e della nostra SS. Madre! Eppure vi sono uomini, che non vogliono ricevere questo gran dono; sono coloro che chiudono il cuore all’amore di Dio per aprirlo all’amore delle creature. Che è di me, o caro Gesù? Vi costringerò ancora per tanto tempo a stare alla porta del mio cuore e a battervi per entrare ? Vi obbligherò ancora a ripetere: Aprimi, aprimi: aperi mihi? No, o caro Bambinello: libererò una buona volta il mio cuore dall’affetto alle creature, che non mi appaga, che anzi mi è di affanno e di tormento: Ho trovato in voi chi l’anima mia vuol amare con tutte le sue forze, vi terrò a me unito e non vi lascerò mai più allontanar da me: Inveni quem diligit anima mea, tenui eum, nec dimittam (Con., III, 4).

PUNTO 3°.

Il Santo Bambino ha sulle spalle il suo principato.

Il principato, che il Bambino Gesù ha sulle sue spalle, è primieramente l’anima di ciascuno di noi. Egli è venuto dal cielo in terra come un re a riacquistare il suo regno perduto, il regno delle anime, che a cagione del peccato di Adamo e dei peccati nostri era sfuggito dalle sue mani per cadere in quelle di satana. Che gran conto adunque ha fatto Gesù dell’anima nostra! Qua! conto ne facciamo noi? Deh! riflettendo che l’anima nostra è portata amorosamente in sulle sue spalle da Gesù e la riguarda come il suo principato, preghiamolo che in essa regni veramente da sovrano. Altro principato che sta sulle spalle del Santo Bambino è il fascio enorme dei peccati di tutti gli uomini. – E in questo peso così grave e ripugnante per Gesù ci sono anche i peccati miei! E sarò io così crudele da accrescerglielo ancora con nuovi peccati? Non cercherò anzi di alleggerirglielo col portare volentieri il giogo della sua santa legge e dei santi voti? Infine altro principato che sta sulle spalle a Gesù è la croce, che appena nato abbraccia con affetto per mezzo de’ suoi patimenti, affinché, nel vederlo noi ancora sì piccolo soffrire già cotanto per amor nostro, non ci rincresca di portare anche noi la croce delle tribolazioni per amor suo.