GNOSI: TEOLOGIA DI sATANA (6)

GNOSI E PLATONISMO -III-

Platone e sant’Agostino

[Elaborato dal volume di E. Couvert, “La gnose contre la foi”, cap. I]

In una esposizione sul “neoplatonismo” è necessario terminare con un attento esame dell’itinerario spirituale di Sant’Agostino. In effetti, un recente teologo, Gustave Bardy, ha potuto scrivere: « Di per sé il neoplatonismo non è necessariamente pagano e l’esempio di sant’Agostino che troverà ben presto nei libri neoplatonici la rivelazione delle qualità spirituali come la via più sicura verso il Cristianesimo, è sufficiente a dimostrarlo. » Non è possibile scrivere più falsamente una tanto manifesta contro-verità. Per tutto quanto in precedenza esposto, abbiamo dimostrato l’incompatibilità radicale, assoluta, che esiste tra platonismo e Cristianesimo. Noi abbiamo ugualmente dimostrato che i filosofi neoplatonici hanno costituito la loro scuola di pensiero come una “macchina da guerra” contro il Cristianesimo nascente [come in tempi recenti il modernismo gnostico-massonico contro la Chiesa Cattolica]. – Sfortunatamente Sant’Agostino è stato attirato dal neo platonismo e tutto il suo itinerario mostra con evidenza che ha dovuto rigettare tutte le tesi platoniche una dopo l’altra per restare fedele alla sua fede cristiana, man mano che l’approfondiva. Passiamo a verificarlo. Dopo un lungo soggiorno presso i manichei, Agostino ritorna alla fede cristiana della sua infanzia ed alla pratica religiosa sotto l’influenza di Sant’Ambrogio a Milano, del quale ascolta attentamente i sermoni e dopo una frequentazione personale con questo grande Vescovo. Simultaneamente Agostino ha scoperto la filosofia di Platone negli scritti neoplatonici. Egli ha letto allora i trattati di Plotino nella traduzione latina di Marius Victorinus che glieli ha direttamente messi tra le mani. Egli ha certamente letto anche Porfirio, come segnala Pierre Labriolle, benché questo autore fosse apertamente e tenacemente anticristiano. Questo fu per lui un abbaglio, una sorta di nuova conversione, simultanea al suo ritorno alla fede cristiana. Egli parla di queste opere con entusiasmo come se la loro lettura fosse una grazia divina. I libri “platonici” hanno acceso in lui  un “incredibile incendio” (etiam mihi de meipso incredibile incendium concitarunt). Egli crede che siano in accordo con la fede cristiana e ne spera luce. « Dopo aver letto qualche libro di Plotino, egli scrive nel “De Beata Vita”, e dopo averli comparati meglio con l’autorità di coloro che ci hanno trasmesso i divini misteri, io li ho gettati al fuoco » (“sic exarsit”). Tuttavia egli ha già notato qualche esitazione: era un peccatore, un uomo dall’immenso orgoglio colui che gli aveva messo in mano questi libri. Egli ha pure marcato una inquietudine: « Se io fossi stato dapprima formato alle tue Sante lettere e familiarizzato con la loro dolcezza, ed avessi in seguito incontrato gli scritti platonici, o essi mi avrebbero staccato dal solido fondamento della pietà, oppure, sarei rimasto meglio fondato in questa disposizione di salvezza, e non avrei creduto che queste sole opere potessero condurre allo stesso punto. » – Noi sappiamo dunque che Agostino non ha conosciuto le opere di Platone, ma le ha assorbite attraverso i filosofi neoplatonici, nella sistematizzazione che essi avevano fatto per erigere un ostacolo insormontabile all’espansione del Cristianesimo negli spiriti coltivati. Agostino crede di vedere anche in San Paolo degli elementi platonici, come quando ad esempio questi oppone la carne allo spirito, … – La prima difficoltà incontrata da Sant’Agostino nel platonismo, è la condanna della materia, della carne e del corpo, questo oscuro pessimismo, questo vero dualismo tra l’anima ed il corpo che i neoplatonici hanno sistematizzato; ma la dottrina cristiana del peccato gli ha aperto gli occhi. Ne “La città di Dio”, egli rimprovera a Platone ed a Virgilio di aver posto la causa del peccato nella carne invece che cercarla nell’anima: « Nam corruptio corporis quæ aggravat animam non peccati primi est causa, sed pœna, nec caro corruptilis animam peccatricem, sed anima peccatrix fecit esse corruptibilem carnem. » Egli incontra egualmente il dogma della resurrezione dei corpi, questo dogma così poco greco, scandalo per i platonici, che pretende che questo putridume, questo odioso carapace, sarà un giorno partecipe della visione beatifica, come ha detto San Paolo: « La riabilitazione della carne e la ricapitolazione di tutte le cose in Cristo. » Il desiderio che Plotino manifesta di evadere dal mondo sensibile e fuggire verso l’eterno gli sembra un errore sulla natura del mondo sensibile e manifesta un pessimismo o anche un dualismo che Agostino non ha compreso dall’inizio, ma che denuncerà più tardi, soprattutto ne “La città di Dio”. – La seconda difficoltà incontrata da Sant’Agostino nei platonici, è la concezione dell’ἔρως [eros], dell’amore platonico, un desiderio di bene per sé, determinato dalla ricerca del piacere personale, un amore dunque ripiegato su se stesso, che rifiuta il dono generoso, un amore puramente ascendente. Egli gli oppone l’ἀγαπη [agape], amore che diffonde il bene all’essere amato, movimento verso gli altri, rinunzia a se stesso, amore discendente, come quello di un padre verso i propri figli. Ed è a questa concezione dell’amore che Sant’Agostino applica la libertà: un amore che si dà, può anche rifiutarsi. È questa possibilità che rientra nella natura del dono, ed è la realizzazione di questa possibilità che costituisce il peccato. Il male non è nelle cose, né nella materia, né nell’insieme degli esseri creati, ma nel rifiuto del dono! Ed è questa l’antitesi del platonismo. – La terza difficoltà che incontra Sant’Agostino è la pretesa che i platonici avanzavano di poter con le proprie forze realizzare la loro divinizzazione. In effetti per Plotino, come per Platone, l’anima è di natura divina (θείον = teion), e possiede in sé medesima questa divinità d’origine, ma velata, oscurata dal corpo e dalla materia. La “teurgia” non è altra cosa che questa risalita verso gli astri, verso il cielo originario, è il “ritorno all’unità primordiale” dei nostri gnostici. Plotino propone un’estasi realmente divina. – Questa operazione di ritorno al divino è denunciata da Sant’Agostino  come un “incredibile orgoglio”: « Con una vanità stupefacente, essi hanno voluto essere felici quaggiù e fare essi stessi la loro felicità » (“Nec beati esse et a seipsis beati fieri mira vanitate voluerunt”). Egli condanna, nelle “Confessioni”, la ricerca della “visione curiosa” della divinità, perché essa comporta la pratica della magia e dunque necessariamente la mediazione dei demoni. Infine, come necessaria conseguenza, Sant’Agostino condanna, come pure nei platonici, il panteismo implicito in tutta la loro costruzione intellettuale. Ed in ciò le sue formule sono scuotenti: le creature conducono a Dio, non perché esse sono divine, ma per ciò che loro manca: « Io ho interrogato la terra, dice Agostino, ed essa mi ha detto: non sono io. Io ho interrogato i mari, gli abissi, i rettili dalle anime viventi, ed essi hanno risposto: noi non siamo il tuo Dio, cerca al di sopra di noi. Io ho chiesto al cielo, al sole, alla luna, le stelle: noi neppure siamo il Dio che tu cerchi”. « Io ho cercato, continua Agostino, ho cercato il mio Dio in tutti i corpi, sulla terra e nei cieli, ma non lo trovo. Ho cercato la sua sostanza nel’anima mia e nemmeno ve lo trovo; non mi resta nient’altro da indagare, se non Dio stesso”. Ecco un’affermazione solenne della trascendenza di Dio. In nessun’altra parte sant’Agostino sottolinea con tale fermezza la differenza fondamentale che oppone la sua fede a Plotino e a tutta la filosofia platonica. È sufficiente comparare queste affermazioni con quelle opposte, contenute ad esempio nel vangelo gnostico di Tommaso: « taglia il legno, io sono la, solleva la pietra e mi ci troverai … » o ancora a tale cantico moderno: « Egli è in ogni pietra … al centro della terra, nel fondo degli oceani, egli fa germogliare il grano, dirige i ruscelli, etc. »

L’illuminazione divina in Sant’Agostino

Resta un’ultima difficoltà con la quale si scontra S. Agostino: il problema dell’origine della conoscenza. Donde vengono le nostre idee? Certamente, Sant’Agostino, per fedeltà alla fede cristiana doveva rigettare la reminiscenza platonica, secondo la quale le nostre idee sono il ricordo di una vita antecedente nel mondo divino, questa preesistenza delle anime di cui Socrate si serviva per spiegare l’immortalità dell’anima nel Fedone. Egli doveva rigettare anche questa concezione della conoscenza secondo la quale le nostre idee sono innate in noi, e la percezione sensibile si contenta solo di risvegliare un’anima assopita, di eccitare lo spirito e di fare apparire, svelandola, una conoscenza già infusa in noi stessi. – Ma Sant’Agostino ha considerato la “rivelazione platonica”, questa nozione di una luce eterna e divina, cara a Platone come a Plotino, che risiede nel mondo delle idee. Evidentemente per lui, questo mondo non è niente altro che Dio stesso, e dunque questa luce divina, assoluta, immutabile, non può confondersi con quella della nostra anima mutevole ed incerta. – Nei “Libri platonici”, egli ha creduto di incontrare il Verbo eterno, esemplare della creazione, luce di Intelligenza, senza d’altra parte stupirsi di trovare questo termine “Verbo” in un pagano, cosa che sembrava implicare una certa conoscenza del mistero della Santa Trinità presso Platone (egli emette l’ipotesi che rigetta ben presto, che Platone avrebbe conosciuto il Profeta Geremia in Egitto!). – Similmente come l’eterno ed il divino sono la sorgente dell’essere nel platonismo, così Dio in San Agostino sarà regola di conoscenza e norma dell’azione. Con questa riflessione sulla verità, egli ha creduto di cogliere, a somiglianza dei neo-platonici, la presenza e l’azione illuminante di Dio nel fondo stesso del nostro spirito. – È  certamente all’azione del Verbo che egli pertanto collega esplicitamente l’illuminazione dello spirito e la regola della Verità. La verità non può essere recepita dall’esterno. Il titolo di maestro è un titolo usurpato dagli uomini: non c’è che un solo Maestro, che è Gesù-Cristo. Egli ci è interiore e presiede alla nostra attività spirituale (« Deus qui humanis mentibus nulla natura interposta præsidet ». Alcuna natura può interporsi tra Dio e la nostra anima. È nel santuario intimo dell’anima che l’uomo giudica e proclama la verità. Gli insegnamenti dell’esperienza non sono che “evocatori” di conoscenza fuori dalle profondità nascoste della nostra anima (« Remota et retrusa quasi in caveis abditioribus » ). – Io non ho ricevuto le idee da altri, io le ho riconosciute nel mio spirito e sono io ad averle sanzionate come vere … esse erano in me prima che io le apprendessi. Comprendere una verità è riconoscerla e dichiararla conforme al nostro ideale interiore, non è acquisire qualche cosa di nuovo, è ricondurre a chiara coscienza un’idea fin là implicita. “Se la mia anima restasse in se stessa, essa non vedrebbe nient’altro che se stessa, e vedendosi, non è che vedrebbe Dio … io entrerei nel mio interiore, egli continua, e vedrei anche con l’occhio della mia anima, pur disturbato, e al di sopra di questo stesso occhio, al di sopra della mia intelligenza, la luce immutabile. Essa non era al di sopra del mio spirito, come l’olio che resta superficialmente sull’acqua, come il cielo si estende al di sopra della terra. “Colui che conosce la verità, la conosce” “qui novit veritatem, novit eam”. – Sotto quale forma si esercita questa illuminazione divina nella nostra anima, è ciò che Sant’Agostino non spiega e non può … anche i filosofi scolastici discepoli di Sant’Agostino, cercano di supplire al silenzio del loro maestro. Secondo gli uni, Dio Creatore è anche il modello che esprime luminosamente e rappresenta espressivamente tutte le cose. Noi dobbiamo quindi considerarlo come uno specchio della creazione, come un libro vivente, posto naturalmente davanti al nostro sguardo intellettuale, nel quale possiamo leggere le prime anticipazioni della scienza e della morale. Da ciò questa conclusione: è Dio stesso che è il libro proprio e naturale dell’intelletto umano. La profezia conferma, si dice, questa spiegazione poiché vi è rappresentato di nuovo come seduto, tenente un libro che apre alla pagina che vuole, per lasciarci leggere il rigo o anche la parola che vuol mettere sotto il nostro sguardo. Se si suppone che l’anima possieda in sé l’insieme delle sue conoscenze allo stato innato, si ricade fatalmente nella reminiscenza platonica. Bisogna dunque ammettere, secondo altri, che l’intelligenza divina fornisce agli uomini le idee, secondo l’ordine dei loro bisogni. Così, come istantaneamente Dio può creare le cose, è possibile produrre nell’uomo una virtù propria, analoga a ciò che sarebbe un seme capace di generare immediatamente radici, tronco, foglie e altri semi che devono provenirne. La nostra facoltà di conoscere sarebbe tale che, per la minima eccitazione sensibile, potrebbe generare in sé istantaneamente le idee delle cose esteriori, applicarvisi spontaneamente per una sorta di mimetismo analogo a quello della scimmia e del camaleonte… attitudine innata alla produzione immediata ed indivisibile delle idee. Dio feconderebbe a loro modo di vedere, la nostra anima e con ciò svolgerebbe il ruolo di educatore ma intervenendo dall’esterno secondo la formula di Sant’Agostino “Deus lumen cordis mei et panis intus animæ meæ et virtus maritans mentem meam et sinum cogitationis meæ” (Confessioni). Questo metterebbe l’uno di fronte all’altro: Dio, ed una facoltà di conoscenza impotente ad agire da se stessa.

Tandem venit Thomas

Ed infine arriva San Tommaso d’Aquino. – La sua attitudine verso Sant’Agostino è molto interessante. Egli tratta sempre con grande rispetto questo “Padre della Chiesa”, referente obbligatorio di tutta la Scolastica del suo tempo. Egli conserva però tutta la sua libertà di spirito. Quando si trova di fronte ad un’affermazione che non può approvare, comincia con l’indagare nel testo tutto ciò che non può essere accettato per vero, dopo di ché rifiuta l’errore che potrebbe contenere questo testo contro chiunque pretendesse di interpretarlo diversamente. A tal proposito espone la sua risposta alla seconda interpretazione, che nei fatti è la vera risposta all’errore di Sant’Agostino. Così facendo, il rispetto della persona è salvo, ma l’errore è confutato. Sant’Agostino aveva già rigettato tutto il platonismo per il quale si era entusiasmato nella sua giovinezza e restava una sola difficoltà: il problema della conoscenza. La tesi dell’illuminazione divina era tutto ciò che poteva conservare, egli credeva, del pensiero neoplatonico. – « Dio è la vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo »: questo è assolutamente vero, di una verità lampante. Che la nostra intelligenza sia illuminata da Dio e tutta aperta all’influenza divina, è evidente, poiché essa è una intelligenza creata “ad immagine di Dio”. Ma come la nostra anima può essere illuminata, cioè informata dal mondo naturale degli esseri che ci circondano? … ecco la pietra di inciampo di tutto l’agostinismo! È Platone che è sempre tenuto d’occhio da San Tommaso, quando esamina un’affermazione di Sant’Agostino. Egli è il padre di tutti coloro che « rebus naturalibus proprias substrahunt actiones », che rifiutano cioè alle cose naturali le operazioni proprie, e San Tommaso denuncia il platonismo [erroneo] in Sant’Agostino: « Augustinus autem Platonem secutus quantum fides catholica patiebatur », … per il tanto che lo permetteva la fede cristiana, Agostino ha seguito Platone; vale a dire che egli ha rigettato Platone ogni volta che ha compreso la sua incompatibilità con la fede cristiana. – San Tommaso rettamente afferma che c’è negli esseri sensibili, composti di materia, un elemento di stabilità, ed ecco perché i sensi non si ingannano quando giudicano degli oggetti che gli sono propri. Non si può rifiutare all’anima razionale il principio attivo senza il quale quest’anima non saprebbe compiere la sua azione naturale. Ammettere che Dio sia l’unica Intelligenza che opera in tutti gli uomini, è supporre che Dio ha creato un’anima razionale incapace di usare la ragione. Così San Tommaso conclude: « Dio illumina le nostre anime intanto ché le ha dotate di luce naturale, grazie alla quale esse conoscono e che è quella dell’intelletto agente (cioè l’intelligenza quando opera). » Dio è presente in tutte le operazioni di ogni creatura e tuttavia ciascuna di esse resta la causa efficace della sua azione. Questa onnipresenza di Dio non priva le cose naturali delle proprie azioni. – Creare esseri incapaci di agire, senza il potere di trasmettere le une alle altre qualcosa della propria azione, private di ciò che nei fatti è di distinta natura, diminuirne la loro dignità, non è togliere qualcosa alla Gloria di Dio? San Tommaso non ha incontrato davanti a lui altra filosofia per insegnare che l’intelligenza creata sia la ragione sufficiente della conoscenza umana, essendo così eliminata ogni speciale illuminazione divina. Ma questa affermazione egli la sosterrà costantemente nel corso della sua vita e la Chiesa l’ha riconosciuta vera, consacrando il suo autore come il « Dottore comune » e « l’Angelo della Scuola ».

P. S.: Osservazione a proposito del neo-platonismo e S. Agostino:

Dom. – « Voi dite: “Sant’Agostino non si è mai staccato dal Platonismo completamente ed anche quando lo rigettava esplicitamente, ne restava impregnato.” Questa parola “impregnato” lascia intendere che tutta l’attività intellettuale di S. Agostino fosse intrisa di platonismo, cioè da una sorta di gnosi. In tali condizioni come potrebbe Sant’Agostino essere considerato Dottore della Chiesa? »

Risp.– [di E. Couvert (*) in: “La gnosi universale”] – « Sant’Agostino è “Dottore della Chiesa” ogni qualvolta insegna la Dottrina della Chiesa. Egli non è dottore della Chiesa quando insegna tutt’altro, cose discutibili o erronee. Scusate questa “lapalissata”! Quando Sant’Agostino insegna la trascendenza di Dio, egli è “dottore della Chiesa”; quando insegna l’illuminazione divina nella conoscenza naturale, non è più “dottore della Chiesa”, poiché questo insegnamento è falso. – L’etichetta “dottore della Chiesa” non conferisce a colui che la porta l’infallibilità né l’inerranza in “tutti” i suoi scritti. È questo il mio proposito nel capitolo citato. Quando io dico che gli scrittori ecclesiastici dei primi secoli sono “impregnati di platonismo” non dico che essi siano gnostici. In effetti essi sono ferocemente antignostici; ma il loro spirito resta ondeggiante, teso tra nozioni contraddittorie, mal comprese, difficilmente conciliabili, a partire dalle quali essi si sforzano di porre coesione nel raggiungerle ».

(*) [E. Couvert è un autore francese, gran conoscitore della “gnosi”, i cui principi e sviluppi temporali ha descritto in diversi suoi libri ed articoli con stile semplice, efficace, lucido e particolarmente chiaro. A lui siamo tutti debitori della comprensione dei fondamenti della gnosi e dei suoi mille tentacoli. La sua opera in questo è unica ed encomiabile, ma … resta una grave lacuna in tutti i suoi scritti, in particolare in quelli che dimostrano l’infiltrazione gnostica in quella che secondo lui è la Chiesa Cattolica [che confonde con la setta vaticana del “novus ordo”]. In questo purtroppo sposa l’eresia “gallicano-fallibilista”, da lui più volte giustamente attribuita ad altri, secondo la quale la Chiesa può essere, anzi è attualmente “maestra di errore” ed i “papi” recenti [quelli fasulli conciliari e post-conciliari] “dispensatori di veleno gnostico” in contraddizione con la teologia tomistica ed il Magistero di sempre! Proprio il suo immenso sapere e la sua mirabile sistematizzazione nell’ambito degli inganni gnostici, avrebbero dovuto fargli aprire facilmente gli occhi e comprendere la realtà della “Chiesa Cattolica eclissata e del Papa in esilio” [quello canonicamente vero], come profetizzato dalla Santa Vergine a la Salette già nel 1846. Speriamo che quanto prima riesca a collocare questa ultima tessèra nel suo mirabile mosaico, tessèra senza la quale, il mosaico stesso risulta monco ed opaco, perché non in perfetta linea  con il Magistero ecclesiastico, con la Tradizione apostolica e l’insegnamento evangelico di Cristo.]

 

 

 

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.