Mons. J.- J. GAUME: STORIA DEL BUON LADRONE (8), capp. XII-XIV

CAPITOLO XII

LA CONVERSIONE.

Situazione delle tre croci. — Perché quella di Nostro Signore Gesù Cristo in mezzo. — Belle spiegazioni di S. Efrem e di S. Cirillo. — Immagine sorprendente del giudizio finale. — Passo di S. Agostino e di S. Leone. — Il Buon Ladrone posto alla destra di Gesù Cristo: nome che gli danno le lingue dell’0riente. — Parole di Nostro Signore Gesù Cristo: Padre perdona loro ec. — Impressione che esso producono su Disma. — Sue parole al compagno. — Quale ne è il senso. — Sue parole al Nostro Signore Gesù Cristo: Ricordati di me ec. — Qual ne è il senso. — Disma continua nel suo mestiere di ladro. — Felicitazioni che glie ne fanno i Padri della Chiesa, S. Gian.Crisostomo, S. Ambrogio, S. Agostino, Sedulio.

Tal era circa al mezzo dì l’aspetto del Calvario. Sulla più elevata cima del colle la Croce del Figlio di Dio: un po’ al di sotto a destra, quella di Disma, a sinistra in pari altezza, l’altra del cattivo ladrone. Intorno alle tre croci un largo guardato dalla coorte Romana: a piè delle croci, i soldati addetti alla guardia immediata dei crocifissi: poco più lungi, Maria, Giovanni e le pietose donne, da un misterioso privilegio autorizzate a star presso la Croce del Salvatore: juxta Crucem stabant: al di fuori di quel cerchio, una turba tumultuosa di popolo, che andava e veniva alfin di godere dello spettacolo, e che simile a flutti incalzati da flutti cambiava continuamente di luogo, per far meglio intendere alla divina Vittima le bestemmie che contro di essa lanciava: prætereuntes blasphemabant. – Qui tutto è Mistero. Mistero in quell’ammasso di sarcasmi che cadono sulla santa Vittima: è questo il letterale compimento delle profezie. Mistero nel luogo che Gesù tiene in mezzo dei condannati: è questa la manifestazione della sua gran qualità di Mediatore; qualità distintiva che Egli ha nel Cielo, che ebbe sulla terra, così nel corso della sua vita, come alla sua morte, e che avrà il giorno del giudizio universale, e per tutta l’eternità. – « Il luogo proprio di un mediatore, dice s. Efrem, è nel mezzo; ed è nel mezzo dei due condannati del Calvario, che Gesù si fa conoscere Mediatore universale. Sempre e per ogni dove Egli è nel mezzo. In cielo è tra il Padre e lo Spirito Santo; sulla terra nasce in una stalla fra gli Angeli e gli uomini; ed è locato come la pietra angolare in mezzo ai popoli. Nell’antica alleanza sta in mezzo alla legge ed ai profeti, dei quali riceve gli omaggi: e nella nuova Ei mostrasi sul Taborre tra Mosè ed Elia. Sul Calvario è in mezzo a due ladroni, e al buono si fa conoscere Dio. Giudice eterno, Egli è collocato tra la vita presente e la futura; in mezzo ai vivi e i morti, principio della doppia vita del tempo e dell’eternità. » [Orat in sepulcr. Christi.] E che fa Egli posto così nel mezzo? « Egli fa due cose, risponde s. Cirillo. Egli frena i malvagi e francheggia i buoni, e a traverso di tutti i secoli, e presso tutti i popoli fa quel che faceva la colonna nel deserto. Oscura e luminosa, impediva che le due armate nemiche si confondessero fra loro; arrestava l’Egitto e proteggeva Israele. La provvidenza volle che sul Calvario il Cristo si trovasse in mezzo ai due ladroni, l’uno che si converte e si salva; l’altro che rimane impenitente e si danna; immagine di tutti gli eletti e di tutti i reprobi. » [Lib. III, De adorat.] – Ora egli è di fede che al giorno del giudizio, gli eletti saranno alla destra del divino giudice, ed alla sinistra i reprobi. « E si raduneranno, dice l’Evangelio, dinanzi a Lui tutte le nazioni, ed Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecorelle dai capretti e metterà le pecorelle alla sua destra, e i capretti alla sinistra. »  [Matth., XXV, 32, 33.] E perché nulla manchi alla esattezza della profetica immagine del Calvario, il Buon Ladrone era alla destra del Salvatore, ed il malvagio alla sinistra. Questa particolarità, è vero, non rilevasi dal Vangelo, ma come di tante altre la tradizione ce ne avvisa e non vi è luogo a dubbio. Su questo punto tutti i Padri sono di sentimento unanime, ed in prova ascoltiamo solamente S. Agostino e S. Leone. « Se ponete mente, dice il primo, la Croce stessa fu un tribunale. Nel mezzo sta il giudice: dall’un dei lati il ladrone che crede ed è salvato; dall’altro il ladrone che insulta ed è condannato. Così Gesù anticipatamente annunziava ciò che farà dei vivi e dei morti, collocati gli uni alla destra e gli altri alla sinistra. Il buon Ladrone figura quelli che saranno alla destra, ed il cattivo quelli che saranno alla sinistra, il Figlio di Dio era giudicato, e minacciava il giudizio.1 » [In Joan. Traci, xxxi, n. 11, ad fin., Opp., t. III, p. alter. p. 2023.]. Il vicario stesso del divino Crocifisso, s. Leone, aggiunge: « Gesù Cristo, Figlio di Dio, è sospeso alla croce che portò Egli medesimo sulle spalle. I due ladroni son crocifissi con lui, l’uno a destra, a sinistra l’altro, a fine di figurare fin sul patibolo la separazione di tutti gli uomini, che avrà luogo nel giorno dell’universale giudizio. Il ladrone che crede è l’immagine degli eletti; ed il ladro bestemmiatore è figura dei reprobi. » [Ser. IV. De Pass.]. Eco non meno fedele della tradizione, le lingue orientali chiamano ancora Lass al Jemin, il ladrone della mano destra, quello che noi conosciamo col nome di Buon Ladrone. [D’ Herbelot, Bibl. orient, p. 512, in fol.] – Frattanto elevati sulla croce erano i condannati, e la folla dei dotti e dei ricchi, più ancora che degli ignoranti e dei poveri poteva pascersi dello spettacolo di loro angoscia. Fino a quel punto Nostro Signore non aveva risposto ai sarcasmi ad alle bestemmie che con un sublime silenzio. Quando quasi temendo che la folgore non scendesse ad incenerire i colpevoli, alza gli occhi al cielo, e dalle moribonde sue labbra lascia sfuggire queste misericordiose parole: « Padre, perdona loro, conciossiaché non sanno quel che si fanno. » Come tutti gli spettatori, Disma le ha intese e cessa tosto di bestemmiare. Né di ciò pago volgesi al suo compagno, e lo sgrida dicendo: « Nemmen tu temi Iddio trovandoti nello stesso supplizio? e quanto a noi certo che con giustizia: perché riceviamo quel che era dovuto alle nostre azioni: ma questi nulla ha fatto di male. » Qual è il senso di queste sì inaspettate parole? Eccolo. « Che tutti costoro che son qui liberi, né come noi alla loro ultima ora, non temano Dio, ed insultino al Giusto che soffre, è sempre una empietà, una bassezza; ma che noi al momento di spirar l’anima, con i nostri insulti aggraviamo le pene del nostro compagno di supplizio, questo è più che bassezza, è crudeltà, è odioso attentato. Ché se noi siamo condannati, lo abbiamo meritato; ma questi non ha mai fatto alcun male, e muore innocente. » Qual è mai, o Disma, questo strano mistero? Che? tu condanni ciò che poc’anzi ti pareva bene, e nel tuo complice riprovi severamente quel che or ora ti permettevi senza scrupolo alcuno? Chi ti ha messo tali sensi nel cuore, e sulle labbra somiglianti parole? Che avvenne mai? Qual oracolo ti ha parlato? Qual miracolo vedesti tu? Ma ecco altro soggetto di sorpresa maggiore del primo. Dopo di aver sgridato il suo compagno, Disma rivolgesi al personaggio ignoto crocifisso accanto a lui, e gli dice: « Signore, ricordati di me giunto che tu sia nel tuo regno. » E Gesù gli risponde. « In verità ti dico che oggi sarai meco nel paradiso. » [Luc. XXXIII, 42, 43]. Qui la ragione si smarrisce. Come! o Disma, questo personaggio sconosciuto che insultavi poc’anzi lo chiami ora Signore, lo proclami re, e gli chiedi un posto nel suo regno? E questo crocifìsso che è presso a morire, coperto di piaghe e di sputi, abbeverato di oltraggi, spogliato di tutto fino anche della sua ultima veste, te lo promette per quel medesimo giorno! « Anche una volta, domanda s. Leone, che è questo mistero? Chi ha istruito questo ladrone? Chi gli ha dato ad un tratto la fede? Qual predicatore gli parlò? Pure egli proclama re e Signore il suo compagno di supplizio.2 » [Serm. 11, De Pass. Dom.] . « Non vi faccia meraviglia, risponde Disma; io continuo il mio mestiere di ladro, e Gesù il suo compito di Redentore. Io ho veduto al mio fianco un ricco personaggio, possessore di tutti i tesori della sapienza e della scienza di Dio, ed ho fatto a suo riguardo ciò che tante volte nel corso della mia vita feci con altri. L’occasione mi parve propizia; r ho arrestato prima che egli partisse e l’ho spogliato facendomi ricco delle sue spoglie. » – Ecco ciò che fece il Buon Ladrone; e i Padri della Chiesa non hanno che una voce per lodarlo di questo ultimo atto di brigantaggio. « L’avventuroso ladro, esclama s. Ambrogio, vede che poteva fare una ricca preda, e non perde un’istante. Sulla via del cielo arresta il Signore, e alla maniera dei briganti lo spoglia. 1 » Serm. v in Dom.III Adv.]. – S. Agostino di gran cuore si congratula con esso lui. « Fu ben fortunato questo ladrone. Sì, ben fortunato; egli non si contenta di tendere insidie lungo la via, ma arresta Colui che è la stessa via, il Cristo. Genere affatto nuovo di brigantaggio Ma in un batter d’occhio s’impadronisce della vita, e morendo si rende possessore immortale della sua preda.2 » [Ser.XLV in append. Apud Orilia, par. II, c. I. p. 54.]. – Un dei più grandi poeti cristiani, Sedulio, canta questa nuova impresa con un entusiasmo più schietto e meglio giustificato di quello col quale i poeti pagani celebravano le glorie degli antichi trionfatori. « Ei non cangiò professione, un ultimo atto di brigantaggio lo ha posto in possesso del regno dei cieli. » [Carm, v. Paschal.] – Conosciamo già il brigante nell’esercizio del suo mestiere. Ma come poté Disma conoscere il ricco passeggero? Chi gli ispirò l’audacia di assaltarlo? Chi poté rivelargli il segreto di rubargli? L’ignoriamo ancora. Il divino Crocifisso, esercitando l’officio di Redentore fin sul patibolo ce lo insegnerà.

CAPITOLO XIII.

CAUSE DELLA CONVERSIONE.

Causa efficiente la grazia. — Testimonianze di Cirillo di Gerusalemme, di S. Gregorio Magno, di Cornelio a Lapide. Cause in strumentali nella conversione di S. Matteo, di Zaccheo, di S. Pietro, di S. Paolo. — Nella conversione di Disma, la parola di Nostro Signore Gesù Cristo: Padre perdona loro: la preghiera della Beata Vergine, l’ombra di Nostro Signore Gesù Cristo. — Citazioni dei Padri e dei Dottori della Chiesa. — Risposta alla difficoltà tratta dalle tenebre sparse sul mondo. — Gesù Cristo muore colla faccia rivolta a Occidente. — Testimonianze della tradizione. Sedulio, S. Giov. Damasceno, Beda, Pietro de Natalibus, Spinelli, Molano.— Ragioni misteriose di questa situazione: eloquenti parole di Luca di Tuy.

“Quando Io sarò levato da terra, e messo in croce, aveva già detto il Salvatore, trarrò tutto a me”. Sì tutto, o mio buon Maestro, fìnanco gli assassini di strada. Egli tenne la parola, e Disma n’è la prova. Ma come fu egli convertito? … Nella conversione di lui come di tutte le altre, uopo è distinguere la causa efficiente o interiore, e la instrumentale o esteriore. La causa efficiente è quella che produce direttamente la conversione. La causa instrumentale è il mezzo del quale Iddio si serve quasi di veicolo, perché la causa efficiente giunga a produrre il suo effetto. Posto ciò, la causa efficiente della conversione di Disma, come della conversione di tutti i peccatori e di tutte le peccatrici che vissero, vivono e vivranno è la grazia. Come definirla? Dono gratuito, favore immeritato, luce che illumina lo spirito, impulso che tocca il cuore, incanto che attrae, forza che rompe e rovescia, principio divino, che alle ree inclinazioni del vecchio uomo sostituendo le nobili affezioni dell’uomo nuovo, crea un’essere novello, animato di novella vita, e di un peccatore fa un penitente, un giusto, un santo; questa è la grazia. – Essa deriva dalla infinita misericordia di Dio che mai si stanca, che nulla ributta, nulla esaurisce. In essa è il segreto di tutte le conversioni. [“In charitate perpetua dilexi te, ideo attraxi te, miserans.” -Jer., xxxi, 3]. – Se noi pertanto domandiamo a Disma la causa della sua, risponderà egli come s. Paolo. « Per la grazia di Dio sono quello, che sono: » Gratia Dei sum id quod sum. – Or facendo, se è lecito dir così, l’autopsia dell’anima di lui, tutti i Padri della Chiesa riconobbero la presenza di questo principio rigeneratore. « Qual potenza, o Ladrone, ti ha illuminato? esclama s. Cirillo di Gerosolima; chi ti ha insegnato adorare quest’uomo vilipeso, e come te, appeso alla croce? O luce eterna, sei tu che illumini i ciechi! Giusto è dunque che tu intenda questa parola: Confida; non perché le tue opere sianp tali da rassicurarti, ma perché ai tuoi fianchi è il Re che dona la grazia.» [Catech. XIII]. – S, Gregorio il Grande parla come s. Cirillo. Ladro insigne egli ascende in croce; vedete qual è in virtù della grazia, quando ne discende. Improvvisamente la grazia piove su lui; egli la riceve e la conserva in mezzo a quelle angoscie. [Moral., lib. XVIII, c. XL]. Un dotto commentatore domanda: in qual modo fosse convertito il Buon Ladrone: e risponde: « Interiormente per un singolare, e quasi miracoloso impulso di Dio, e per un’illuminazione dell’intelletto che gli rivelò la innocenza del Cristo, la dignità reale di esso, e il supremo di Lui potere capace di richiamare a vita i morti; in guisa che lo ravvisò pel Messia, Figlio di Dio e Redentore del mondo. » [Corn. a Lap., in Luc. XXIII, 42]. – La grazia; tale fu la causa efficiente della conversione di Disma, e su tal punto non può esservi dubbio alcuno. Ma quale fu poi la causa instrumentale? L’Evangelio riferisce molte subitanee conversioni delle quali ci è nota la causa instrumentale. S. Matteo era un pubblicano. « E che è mai un pubblicano? domanda il Crisostomo. Esso è un ladro patentato, peggiore dei ladri di strada. Costoro almeno si nascondono e forse arrossiscono quando spogliano il viandante; questi ruba con impudenza. » [De Chananaea, Opp. t. Ili, p. 518, n. 2]. Intanto quel pubblicano ad un tratto diviene un evangelista. Sì; ma egli ha inteso Gesù che passando gli ha detto: Seguimi!. – Zaccheo è un altro pubblicano, più ladro forse di Matteo, ed in un subito egli diviene un modello di penitenza e di santità. Sì ancora; ma egli intese Gesù che gli disse: « Zaccheo, presto cala giù, perché fa d’uopo ch’io alberghi quest’oggi in casa tua. » Pietro ha rinnegato il suo divino Maestro, e la sacrilega negazione era ancora sulle sue labbra, che il pentimento fece dei suoi occhi due fontane di lacrime. E quelle lacrime furono tanto cocenti, che due solchi formarono sulle sue guancie, e sì perenni che non cessarono di scorrer fino alla sua morte. Così è, ma Gesù aveva gettato uno sguardo sull’apostolo infedele. – Paolo è un furioso persecutore della Chiesa nascente, un lupo rapace, assetato del sangue degli agnelli di Gesù Cristo; e in men che non si dice, ei divenne un apostolo. Tutto ciò è pur vero; ma Paolo aveva sentito la possente voce che gli disse. « Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? » In tutte queste conversioni istantanee, scorgiamo la causa strumentale della grazia; ma ove mai trovarla in quella del Buon Ladrone? « Ei non aveva visto alcun miracolo, riflette s. Leone; cessata era allora la guarigione degli infermi, l’illuminazione dei ciechi, la risurrezione dei morti; nè Disma conosceva i prodigi che erano per succedere. Ciò nondimeno egli proclama Signore e re il suo compagno di supplizio.  » [Serm. 2 De Pass.]. – Qual fu dunque per lui il movente esteriore della grazia efficiente? Ecco la risposta dei santi Dottori. Disma vedeva con stupore la pazienza inalterabile di Gesù in mezzo ai tormenti ed agli oltraggi, di che era abbeverato da ogni classe del popolo. Lo stupore di lui fu al colmo, quando sentì Gesù pregare per i suoi carnefici. « Questa divina preghiera, dice il dottissimo Tito vescovo di Bosra, fu probabilmente la causa strumentale della sua conversione » [Tit. Bosr., in Luc. Xxiii]. – Il Cardinale s. Pier Damiano, vescovo di Ostia, la trova nella preghiera della s. Vergine. Imperocché quella divina Madre a piè della Croce, incominciò l’officio suo di avvocata dei peccatori, e singolarmente dei peccatori che stanno sull’orlo dell’inferno. Collocata alla destra del suo divino Figliuolo, Ella era tra la Croce di Lui e quella del Buon Ladrone, tra il giudice ed il reo, tra il Redentore e lo schiavo. Madre di misericordia, chiede la grazia e l’ottiene [Apud Salmer., lib. X, tract. 40. De septem verbis]. – Il Padre Raynaud divide un tal sentimento, e lo esprime con i medesimi termini [c. vi, n. 13]. Il famoso Giovanni di Cartagena, spiega la preghiera della santa Vergine, e la misericordia di Nostro Signore coll’incontro nel deserto. Gesù e Maria rissovvenendosi della condotta che a lor riguardo tenne Disma allorché fuggivano in Egitto, vollero rimeritarlo arrestandolo sulla via dell’inferno, e ponendolo sulla via del cielo. Maria chiese per lui la grazia, e Gesù la concesse con una magnificenza degna di Colui, che non lascia senza ricompensa un semplice bicchiere di acqua fresca [Joan. Carthag., De sept. verb.]. – Altri, fra’ quali citeremo soltanto il dotto Spinelli [Lib. De Deipara, c. xxv. n. 4], trovarono la causa esteriore della conversione di Disma nell’influenza dell’ombra del sacrosanto Corpo di Nostro Signore, che proiettava su di lui, al momento in cui il Salvatore innalzato sulla croce pronunziava la preghiera del perdono: «Padre, perdona loro, conciossiachè, non sanno quel che si fanno. » – Il S. Paolo dell’età moderna, S. Vincenzo Ferreri riferisce questa opinione, e non la rigetta. « Si domanda, egli dice, perché dei due ladroni crocifissi con Nostro Signore, l’uno si converta e l’altro no. Alcuni trovano la ragione di ciò, nell’ombra del braccio del Redentore che giungeva a lui: e provano una tale spiegazione con un argomento a fortiorì tratto dall’ombra di S. Pietro, che sanava gli infermi, come si legge nel capo V. degli Atti degli Apostoli. Non è da far meraviglia dunque che l’ ombra di Nostro Signore risanasse l’ anima del Buon Ladrone. » – Cornelio a Lapide fa Io stesso ragionamento in sostegno delle parole di S. Vincenzio Ferreri. E non sappiamo poi del resto che  l’ombra sola della Croce guariva gli infermi? – Questa opinione, cui fa rispettata l’autorità dei suoi sostenitori, suppone che le tenebre non cominciassero immediatamente dopo la crocifissione dell’adorabile Vittima, e che sulla Croce il Salvatore avesse il viso rivolto a Occidente. Quanto alle tenebre, l’Evangelio dice che quelle si addensarono sulla terra dopo l’ora sesta, ab hora sexta, ma non ci fa conoscere se ciò avvenisse al principio preciso di quell’ora. Nulla dunque nel sacro testo impedisce di ammettere un leggero intervallo di luce tra la crocifissione di Nostro Signore e la conversione del Buon Ladrone. In questo intervallo l’ombra del Redentore si stese su Disma, e con la rapidità che si addice a Colui, che con una parola trasse il mondo dal nulla, quell’ombra salutare creò un uomo nuovo, chiamando il buon Ladrone dal nulla del peccato alla vita della grazia. – Che Nostro Signore poi sulla croce avesse il viso rivolto all’Occidente, è questa una tradizione generabilissima per la sua antichità, per le testimonianze che la confermano, e pei misteri che ci hanno rapporto. Di già Sedulio nel quinto secolo la cantava nel suo bel poema sulla vita del Salvatore. Più tardi la troviam menzionata in S. Giovanni Damasceno, nel venerabile Beda, in Pietro de Natalibus, nello Spinelli, in Molano, ed altri ancora. – Uno dei testimoni più gravi di questa tradizione, e al tempo stesso l’interpetre il più esplicito dei misteri che vi hanno attinenza, si è il sommo Teologo Spagnuolo Luca di Tuy. « Come il provano, egli dice, i versi di Sedulio, quando Nostro Signore moribondo impresse il segno della Croce sul mondo, aveva il capo volto all’Oriente, i piedi all’Occidente, la mano sinistra a Mezzogiorno, e la destra a Settentrione. Rivela questa posizione la dignità dell’emisfero Occidentale. – Sulla croce il Redentore del mondo aveva rivolto il viso all’Occidente, verso Occidente inchinò il capo spirando l’anima. Sacerdote eterno, Egli consacrò con l’immolazione del suo Corpo e l’effusione del suo Sangue l’Universo intero, ma particolarmente le regioni occidentali; perocché là Egli voleva stabilire nella pienezza della potestà il suo Vicario destinato a pascere le pecore e gli agnelli. Satana parve aver previsto Io stabilimento di quest’altissima dignità, di questa potenza ostile alla sua. Precipitato dalla altezza del cielo, ove pretendeva stabilire il suo trono per rendersi simile all’Altìssimo, non si tenne per vinto. Roma divenne la sua capitale nelle regioni dell’Occidente, e non vi ebbero empietà, ne abominevoli superstizioni di che non contaminasse quella città, che fu lo strumento della sua tirannide sul mondo intero. Nostro Signore Gesù Cristo, che era asceso sulla Croce per debellare il principe delle tenebre, e che aveva scelto Roma per la sua città di predilezione, chinò verso di quella il moribondo suo capo, a dimostrare che il suo ultimo sospiro andava a cacciare dalla sua rocca il principe e il dio di questo mondo, cui strapperebbe le armi e le spoglie, di che andava orgoglioso, e i cui altari rovesciati diverrebbero il piedistallo del suo trono. Da quel Iato ancora venne aperto il sacro costato del Salvatore e ne fluì sangue ed acqua; l’acqua destinata a purificar Roma ed il mondo contaminato da essa; il sangue destinato a riscaldarla perché fosse la città eterna, la regina delle città, l’inestinguibile focolare della scienza divina e della carità. Per manifestare il suo disegno e compiere l’opera sua, il divino Redentore chiamerà da ogni parte del mondo personaggi, che verranno a lavare col loro sangue la città del Re dei Re. La Giudea manderà Pietro, il capo del collegio Apostolico; la Cilicia Paolo, l’Apostolo delle genti; la Spagna il Levita Lorenzo; tutte le altre regioni dell’Universo schiere di martiri senza numero. Il principe degli spiriti maligni aveva accumulato in Roma, e fatto servire al suo culto sacrilego tutto ciò che vi era di meglio sulla terra, pietre preziose, marmi, oro, argento, le più ricche spoglie dell’umanità sottomessa al suo impero. Più di esso potente, il Figlio di Dio s’impadronì di tutte le di lui spoglie, e le distribuì ai suoi Apostoli ed ai suoi martiri, in guisa che tutto ciò che aveva servito al culto dei demoni serve ora alla gloria della Chiesa. Satana aveva tesaurizzato, ma non sapeva per chi tesaurizzava. – Aggiungiamo che la posizione di Nostro Signore sulla Croce, volto a Occidente, è una delle ragioni per le quali i primi Cristiani pregavano rivolti all’Oriente. Tali sono secondo i santi Dottori le cause strumentali o esteriori della conversione del buon Ladrone. Concorsero esse tutte ad operare un sì stupendo miracolo? O una sola ne fu l’esteriore strumento? Qualunque sia la risposta, abbiamo sempre ragione di ammirare la sapienza e la potenza di Colui, al quale tutti i mezzi son buoni per arrivare ai suoi fini.

CAPITOLO XIV.

MAGNIFICENZE DELLA CONVERSIONE.

Magnificenze per parte di Dio. — Cangiamento radicale e subitaneo che si opera in Disma. — La conversione di un peccatore miracolo più grande che non è la creazione del cielo e della terra; dottrina di S. Tommaso. — La conversione di Disma paragonata con quella della Maddalena, di S. Paolo, e di S. Pietro. — Più sorprendente di tutte le altre. — Sentimento dei Padri.

Il 2 di agosto 1767 Napoli fu testimone di uno strano spettacolo. Sul mattino il Vesuvio incomincia a gettare dense colonne di cenere e fumo, e senza iperbole né esagerazione, il sole ne fu oscurato a tal segno che sul mezzogiorno Napoli si trovò immersa in una notte oscura, come una notte d’inverno. L’orrore delle tenebre era accresciuto dal fracasso delle enormi pietre, che venivano lanciate fuori del cratere, e cadevano poi con tuoni e lampi di viva e sinistra luce. Gli abitanti spaventati credevano che fosse giunta l’ultima ora della loro città. Gli uni, e non senza ragione, temevano che quelle masse di ceneri ardenti, cadendo su delle materie infiammabili, non producessero un immenso incendio, del quale la bella ed opulenta Partenope sarebbe inevitabilmente la vittima: gli altri, che le campagne bruciate dalla lava del Vulcano, non divenissero affatto sterili. Nessuno certo pensava a ciò che in breve era per succedere. – Alla vista del pericolo, il popolo in folla era accorso al sepolcro di S. Gennaro, e grazie alla protezione di quel gran patrono dei Napoletani, in pochi istanti cambiò la scena. Le tenebre scomparvero, le ceneri si arrestarono, ed il sole si mostrò in tutto lo splendore dei suoi raggi sotto un cielo puro come uno specchio. [Orilia, lib. H, c. vi, p. 107]. Questo subitaneo e totale cambiamento, che pur talora sorprende nell’ordine naturale, gli annali religiosi ce lo dimostrano più meraviglioso ancora nell’ordine superiore della grazia. Ad una gioventù immersa nei disordini si vede succedere un’età matura ornata di eroiche virtù. Ed è questa una meraviglia, perché fu scritto: « Il giovinetto presa che ha sua strada, non se ne allontanerà nemmen quando sarà invecchiato. » [Prov., XXII, 6]. – Con un incomparabile chiarezza il buon Ladrone ci dà lo spettacolo di una simile trasformazione. Fin qui un velo nero, denso, lurido di sangue ricopre la persona e la vita di Disma. A’ nostri occhi, come agli occhi dei suoi contemporanei, apparve non solo come un brigante ordinario, ma come un brigante di qualità superiore; uno scellerato, la cui vita non fu che un lungo tessuto di assassinii e di furti; tigre assetata di sangue, spavento e terrore della contrada, onta dell’umanità, crocifisso fra gli applausi di tutto il popolo. – « Che vi fu mai, dice il Crisostomo, di più miserabile di quel Ladrone? E in un momento che vi fu mai di più felice? Egli aveva commesso innumerevoli assassinii, ed era condannato a morte. Quanti v’era a testimoni del suo supplizio, tanti erano accusatori dei suoi misfatti. Era al suo termine la sua vita passata nel delitto; ma poiché per un momento amò Dio come si deve, un’ineffabile felicità venne egli a conseguire. » [In Psalm. CXXVII, Exposìt., n. 2, p. 431]. E che era avvenuto mai? Un suono di quella voce interiore che spezza i cedri, e scuote le montagne, s’è fatto udire nel cuore di Disma. E quel cuore di pietra divenne un cuore di molle cera; quel cuore di bruto, un cuore di uomo; quel cuore di empio, un cuore di santo. Un raggio del sole di giustizia gli balenò sul volto, e quel volto ne fu irradiato. La sua schifosa bruttezza si è cangiata in sovrumana beltà, in angelica leggiadria: e la sua bocca sozza ancor tutta di bestemmie, distilla parole dolci come il miele e profumate come 1’umile violetta. Un lupo cerviero trasformato in agnello; un bestemmiatore cambiato in evangelista; un malvagio fatto santo, e santo canonizzato ancor vivo; tale si fu la incomparabile metamorfosi del Calvario. E nelle nostre scuole non parlano punto di tal meraviglia, mentre vi fan sudare dei mesi interi a spiegare le metamorfosi, spesso oscene e sempre ridicole, degli Dei della favola, cioè a dire, dei demoni! Aspettando che il senso comune torni a schiarire le menti umane, ricordiamo alcune delle magnificenze della conversione di Disma. – Essa fu magnifica per parte di Dio, magnifica per parte dell’uomo. – Magnifica per parte di Dio. Gesù era elevato sulla Croce. Una moltitudine di popolo insultante lo trattava come il rifiuto degli uomini. Nell’ordine della natura, strepitosi miracoli erano sul punto di rivelare la sua divinità. Il sole oscurato; profonde tenebre che coprivano il mondo e producevan notte a mezzodì; rupi spezzate fino alle più profonde loro latebre ; il velo del tempio lacerato, che mette in vista misteri fin allora sempre nascosi agli occhi dei profani; aperti i sepolcri pronti a rendere alla vita le vittime della morte; tanti straordinari miracoli dovevano strappare al Centurione il grido della fede: « Questuomo era veramente il Figlio di Dio. » Per manifestare nella sua pienezza tutta la potenza del divin Redentore, occorreva pur nell’ordine morale un fenomeno non meno meraviglioso. Con quella sapienza che sempre perviene a conseguire il suo fine, Gesù scelse il più difficile; la conversione istantanea, solenne, eroica di un peccatore, e di qual peccatore. » – I Padri della Chiesa ben compresero il fatto provvidenziale, e degnamente lo celebrarono. « Sulla sua Croce, dice il Crisostomo, il Signore operò due strepitosi miracoli: aprì il cielo chiuso al genere umano da ben quattro mila anni, e pel primo vi introdusse un ladrone. “Oggi, gli disse, sarai meco in paradiso”. Che diceste mai? Voi siete crocifìsso, voi inchiodato ad un patibolo, e per quel giorno stesso promettete il paradiso? Sì, io lo prometto per far rilevare e risplendere la infinita potenza, di cui sono investito sulla Croce. – Volli operare un tal miracolo, prova incomparabile del mio potere, non quando io risuscitava i morti; o imperava alle tempeste, o metteva in fuga i demoni, ma sebbene crocifisso, traforato mani e piedi da chiodi, abbeverato di oltraggi, coperto di sputi. Fu allora che io volli trasformare l’anima del ladrone. Così noi vediamo risplendere la sua potenza sul mondo materiale e sul mondo morale. Egli fa tremare la terra, fende da cima a fondo le rupi, e trasforma l’anima del ladrone indurita più delle rupi. » [De Cruce et Latr. n. 2]. – Se, come ce lo insegna s. Tommaso, la conversione di un empio è un opera più grande della stessa creazione del cielo e della terra, [2, q. 113, art. 9, Cor.] v’è poi da aggiungere che fra tutte le conversioni non ve n’ha alcuna che eguagli quella di Disma. [Luc. Burgen., in Inc., c. XXIII]. – Senza dubbio fu un prodigioso colpo di grazia la conversione di Maria Maddalena, che in pochi istanti da pubblica peccatrice divenne una delle più virtuose anime, di cui la storia abbia conservato memoria. A questo punto il Pontefice san Gregorio il Grande non esita a dire : « Egli è fuori dubbio che Iddio ha collocato nel cielo della Chiesa due grandi luminari, due Marie: Maria la Madre del Salvatore, e Maria sorella di Lazzaro. La prima, luminare maggiore, al fin di presiedere al giorno; cioè a dire al fin di essere il modello e la protettrice delle anime innocenti: la seconda, luminare minore, collocata ai piedi di Maria, onde rischiarar nella notte, ed essere il modello e la protettrice delle anime penitenti. 1 » [S. Greg. Magn. B. Albert. Magn., in Luc., c. vii]. La conversione della giovane principessa di Maddalo è ella più miracolosa di quella del Buon Ladrone? Col P. Orilia noi rispondiamo liberamente che no. Prima di convertirsi Maddalena era stata spettatrice di molti miracoli, e Disma non ne avea peranco veduto alcuno. Di ciò ne fa certi la tradizione. Uno dei miracoli più luminosi di Nostro Signore si fu la resurrezione del figlio della vedova di Naìm. Con altri moltissimi Maria Maddalena ne fu testimonio. Lo sventurato giovane era morto in peccato, ed aveva già toccate le pene dell’inferno. Tornato in vita, divenne un predicatore che gettò lo spavento nell’anima di quelli che lo ascoltarono. La sua morte fu per molti il principio dell’eterna vita; e di questo numero si fu Maria Maddalena, che il timore e la fiducia condussero ai piedi del Salvatore. Nella sua misericordiosa clemenza il buon Pastore volle scontrarsi con la smarrita pecorella. Immediatamente dopo la risurrezione del giovane, Egli si diresse alla casa di Simone il lebbroso, ove Maria, colpita dalla novità del miracolo, risolvé di presentarsi al taumaturgo, e di fare ciò che egli sarebbe per imporle. – Trovate voi nulla di somigliante nella conversione del Buon Ladrone? Ove sono i miracoli che 1’inducono a confessare i suoi peccati, e dall’abisso del vizio in un batter d’occhio lo facciano ascendere alla più alta perfezione? Fino a quel punto non conosciuto da lui, Nostro Signore non gli apparisce che l’obbrobrio del popolo suo, un verme ed un insigne malfattore; e in questo stato ei lo proclama suo Dio e suo Re. Mentre ei si trova sul suo patibolo, l’ignominia lo prega, lo adora, crede in Lui; e ciò nel momento che tutti lo insultano e l’abbandonano. [S. Bern., De Pass. Dom.t c. ix; id Arnold. Carnot., De sept. verbis.]. – Se ammirabile è la conversione di Maria Maddalena, non meno ammirabile è quella di s. Paolo; ma dobbiamo ripeterlo, assai più lo è la conversione di Disma. – Io veggo sulla via di Damasco il giovane persecutore alla testa dei suoi satelliti. Spinto dall’odio suo di fariseo contro Gesù di Nazaret, non respira che sangue e stragi. Guai alle pecorelle del Salvatore che cadranno nelle branche di questo lupo rapace. Il cielo non è più lontano dalla terra di quello che Saulo sia dal Cristianesimo. Nell’alto che ei rumina i progettati massacri, una voce dall’alto si fa sentire. Rapida come il lampo, poderosa come la folgore, essa rovescia a terra il minaccioso carnefice, e di un tal terrore lo riempie, che tutto smarrito esclama: « Signore, che vuoi Tu che io faccia?» La stessa voce degnasi di rispondegli; ed è condotto ad Anania, che termina di rivelargli quali fossero i disegni di Dio su lui. Il lupo è mutato in agnello; da persecutore Paolo diviene un Apostolo. Tal si fu il miracolo della sua conversione, ed è sì stupendo che servì di argomento a una dimostrazione innegabile della divinità di nostro Signore e del Cristianesimo. Ma la portentosa efficacia della grazia non si fa meglio sentire nella conversione del Buon Ladrone? Saulo ha inteso una voce dal cielo, che proclama la divinità di Colui che egli perseguita. Qual voce suonò mai all’orecchio di Disma? Nessun’ altra, se non la voce della sinagoga, che bestemmia ed oltraggia il suo compagno di pena. Qual luce sfolgorante aveva colpito di cecità i suoi occhi carnali per aprire gli occhi dell’ anima sua? Nessuna. Quale Anania aveva avuto Disma per esser confermato nella fede? Nessuno. Or ditemi; che più miracoloso: sottomettersi a quel Gesù che si mostra in cielo, e fa suonare dall’alto quella voce divina, la cui potenza atterra i cedri e scuote le montagne; o riconoscere umilmente per Dio quel Gesù inchiodato al patibolo, deriso, coperto di sputi, e sul momento di render l’anima come un semplice mortale? Nel primo caso vi ha un prodigio di onnipotenza capace dì convertire il più ribelle ed ostinato peccatore; nel secondo un prodigio di debolezza e di umiliazione, in apparenza più capace di togliere che di dare la fede. – Parleremo noi della conversione di s. Pietro? Essa fu istantanea, fu sincera. Ma Pietro già da tre anni era stato alla scuola di Nostro Signore, e testimonio dei suoi tanti miracoli: egli aveva altamente confessata la sua divinità: lo aveva poco prima ricevuto nella comunione: egli era stato eletto per essere il suo vicario. Ed appena che ebbe peccato, il buon Maestro degnavasi di gettar un dei suoi teneri sguardi sull’Apostolo infedele; e qual eloquenza in quello sguardo! Esso diceva: « Ah! Pietro, in questa guisa ricambi tu l’amor mio, e rispondi ai miei benefìzi? Così adempì la promessa che mi hai fatto di morire anziché abbandonarmi? Quando eravamo sul Taborre, non volevi più discenderne per meco rimanere, e prender parte alla mia beatitudine! Ed ora che mi vedi nelle angosce della mia passione, giuri di non conoscermi? » Chi avrebbe resistito a simili rimproveri venuti da un maestro, da un amico, da un padre, come il divin Redentore? Confrontiamo ora Disma con s. Pietro, la conversione dell’uno con quella dell’altro. Il Buon Ladrone era egli stato tre anni alla scuola di Nostro Signore? – No! Era egli stato venti volte testimonio dei suoi miracoli? No! Banditore delle sua divinità? No!. Ammesso alla sua mensa, e cibato della sua carne adorabile? No! E supposto che egli dovesse riconoscere per Dio il suo compagno di supplizio, non era però costretto a proclamare solennemente la sua divinità, ed esporsi così ad un accrescimento di torture. Nessuno a ciò l’obbligava. Senza voler nulla detrarre al merito della conversione del Principe degli Apostoli, diremo pure che s. Pietro non confessò già il suo divino Maestro in presenza di servi e delle ancelle del sommo sacerdote; non ritrattò la sua negazione, ed in prova del suo ravvedimento non seguì neppure Nostro Signore al Calvario. – Disma all’opposto confessa Gesù sulla croce, lo dichiara innocente, il difende contro coloro che l’oltraggiano, gli domanda perdono di suoi falli, ed al cospetto di tutti i suoi nemici lo proclama suo Signore e suo Dio. – Se vuolsi ravvisare in tutta la sua magnificenza l’opera onnipotente della divina misericordia, uopo è considerare puranco la conversione di Disma sotto il doppio rapporto della difficoltà e della prontezza. Gli illustri convertiti, che siamo venuti ricordando, non erano stati immersi nel vizio fin dalla loro prima età. Avevano avuto conoscenza dei principi morali; e questi per un tempo più o meno lungo, erano stati in un modo più o meno costante, la regola della loro condotta. – Quei giorni vissuti senza macchia di peccato erano come altrettanti preparativi di un novello edificio, e tanti ostacoli di meno all’ azione futura della grazia. Nulla di somigliante nel Buon Ladrone. Nato in mezzo ai ladri, quando toccò gli anni della ragione non aveva conosciuto che il furto, l’assassinio e il suo brigantaggio. Raggio di luce non era giunto mai a dissipare le tenebre della sua grossolana intelligenza. Nella sua virile età, mai un giorno senza delitto, e forse senza delitti di sangue. Quasi a migliaia conta il Crisostomo gli assassinii dei quali si era fatto reo. Intraprendere la conversione di un essere simile è lo stesso che voler trasformare in uomo un bruto, dar vita a un pozzo di granito, o giusta la espressione della Scrittura, render bianca la pelle di un Etiope. – « Prendete, dice il Padre Orilia, tutte le acque dell’oceano, e studiatevi di fare sparire il bruno dalla pelle di un Negro, o gli screzi dalla maculata pelle del Leopardo; le consumereste tutte senza venirne a capo. Del pari l’uomo che si è fatto del vizio quasi una seconda natura, e che a forza d’immergersi nel delitto impedì che si risvegliasse in lui il senso morale, o nel suo nascere lo ha empiamente soffocato, quest’uomo non può esser cambiato, se non per un miracolo della grazia, operante nella pienezza della sua forza. Tal era il caso di Disma » Ebbene! Quest’uomo, immerso fin al fondo nell’abisso del male, in un batter d’occhio si solleva al colmo della perfezione. In men ch’io noi dico, esso è trasformato, purificato da ogni sozzura, ornato da ogni virtù, a tal punto che per lui non v’ha, come per molti altri santi, né penitenza da farsi, né purgatorio a temersi. Egli è già purificato in modo da entrare subito in paradiso, buono da essere canonizzato: e lo fu di fatto. [G. Chrys., De Cruce et Ladr.].- « La misericordia divina ha tutto operato, dice il Crisostomo. Che aveva mai detto, che aveva mai fatto quel Ladrone? Aveva egli digiunato? Aveva pianto? Si era macerato, aveva fatto una lunga penitenza? Nulla affatto; ma sulla croce stessa, dopo la sua sentenza di morte, ottiene la salute. Ammirate la prontezza. Dal patibolo al cielo, dal supplizio alla gloria. » [In Gen. Serm. vii, n. 4, Opp., t. IV, p. 787]. Possiamo dunque conchiudere che nella conversione del Buon Ladrone la grazia del Signore sfolgora di una magnificenza incomparabile. Essa è nell’ordine morale il fiat creatore, il capo d’opera della destra dell’ Onnipotente, il consolante miracolo innanzi al quale ogni altro s’ecclissa: Hujus Iatronis pœnitentia non extat æqualis. – Aggiungeremo di passaggio, che la misericordia di Dio è sempre la stessa. Oggi ancora essa opera, se non col medesimo sfoggio, con la medesima prontezza almeno, e con la medesima efficacia. L’acqua del Battesimo scende sul capo del bambino, e al semplice tocco di quell’acqua vivificata dalla benedizione divina, la sua anima è all’istante purificata; il cielo gli è aperto, il suo luogo è fissato tra gli Angeli per tutta l’eternità! Altro miracolo. Quando nel tribunale della misericordia, la parola del sacerdote scende su di un’anima macchiata di colpa, sul momento quell’anima è trasformata. Tutti i legami che la incatenano son rotti: l’inferno è chiuso per lei; e se la contrizione è perfetta, può essa immediatamente entrare nel cielo. A questi tratti, che riempiono il cuore di confidenza e di amore, lo spirito ravvisa lieto l’opera di Dio: semplicità nei mezzi, prontezza e fecondità negli effetti.