MORTE AL CLERICALISMO O RESURREZIONE DEL SACRIFICIO UMANO -VI- di mons. J. J. Gaume [capp. XX-XXII]

CAPITOLO XX

L’ AFRICA ANTICA.

I.

Portiamoci adesso nell’Africa, in questa gran fabbrica della schiavitù, e che porta tuttavia la pena del peccato di Cam. Gli storici antichi ed i viaggiatori moderni han provalo che la memoria del peccato del loro antico avo si è conservata in modo chiarissimo nelle molteplici tribù di questo infelice paese. – « Le popolazioni Africane, scrive Charlevoix [Hist. de l’ile espagnole, t. Il, p. 385.], le quali abitano fra il capo Bianco e il capo Nero, confessano schiettamente che un sentimento intimo loro dice esser essi una razza maledetta. I più istruiti, come quei del Senegal, hanno appreso da una tradizione, la quale perpetuasi fra di essi, che questa disgrazia è un effetto del peccato del loro Papa-Tarn (Cam) che si fece beffe del padre suo.»

II.

Un dotto viaggiatore che ha esplorato l’Africa, non è meno esplicito. « il negro ha una coscienza quasi commovente della sua inferiorità. Questa coscienza posa su una tradizione vera, benché un poco alterata. Nel Mozambico, presso la potente tribù dei Machnas, è voce che in principio gli Africani erano intelligenti quanto gli Europei. – « Ma un giorno Maluka (il buon Dio) essendosi ubriacato, cadde in mezzo alla strada con le vesti in disordine. Gli Africani che passavano, risero della sua nudità; gli Europei al contrario ebbero pietà di lui: colsero dei fiori, e rispettosamente lo ricoprirono. Perciò Dio punì gli Africani. La medesima tradizione esiste nella Guinea e nell’interno del continente. Dapertutto i negri si dichiarano diseredati e sotto il peso d’una maledizione divina [l’Afrique nouvelle, par Alfred Jacobs. Parigi, 1863] .»

III.

Ne è da poco tempo che il sacrificio umano si pratica nell’Africa; ma in questa parte del mondo come nelle altre rimonta alla più alta antichità. Si é presi da spavento in pensare alle moltitudini innumerabili di vittime umane, che in tutta l’estensione della terra e durante migliaia di secoli, sono state immolate al demonio. Questo calcolo, matematicamente impossibile, può nondimeno servire a misurar l’odio implacabile che il grande omicida porta all’uomo, perché fratello del Verbo incarnato.

IV.

Penetriamo nella Libia. In questo paese dei leoni si offriranno alla vista selvaggi più feroci delle fiere abitatrici degli ardenti suoi deserti. « I barbari della Libia avevano, dice Porfirio, imitato i sacrifici dei Taurini [Abitanti del Chersoneso o Crimea, famosi per la loro ferocia e per i loro continui sacrifici umani] , e mangiavan la carne degli uomini sacrificati. Fatto questo odioso pasto, montavano in furore contro loro stessi, mordendosi scambievolmente; e non cessarono di nutrirsi del sangue, se non quando i demoni, i quali avevano introdotto questa specie di sacrifici, ebbero distrutta la loro razza. » [De abstin., lib. Il, 4, 56 ediz. Didot., pag. 45]. – Rifacciamoci sui nostri passi ed entriamo a Cartagine. La Roma africana è la patria dei grandi uomini di guerra. Essa è popolata da ricchi negozianti e da abili navigatori. Questo incivilimento materiale la sottrarrà alle esigenze tiranniche del demonio? Per rispondere, assistiamo allo spettacolo di cui fu essa un giorno testimone. – « Dopo la morte di Alessandro Macedone, e vivendo il primo Tolomeo, scrive Diodoro di Sicilia, i Cartaginesi furono assediati da Agatocle, tiranno della Sicilia. Vedendosi ridotti all’estremo, supposero che Saturno fosse loro contrario. Il loro sospetto si fondava su ciò, che avendo pel passato avuto in costume d’immolare a questo Dio i fanciulli delle migliori famiglie, più tardi compratene clandestinamente, li allevavano per sacrificarli. Fecero una ricerca, e si scopri che molti dei fanciulli immolati erano stati supposti.

VI.

« Prendendo in considerazione questo fatto, e vedendo il nemico accampato sotto le loro mura, furono assaliti da un terrore religioso, per aver trascurato di rendere gli onori tradizionali ai loro dèi. A riparare al più presto questa omissione, scelsero, per via di suffragi, duecento fanciulli delle migliori famiglie e gl’immolarono in un sacrificio solenne. Poscia, quelli stessi che il popolo accusava d’aver frodati gli dèi, offrirono spontaneamente i loro figli in numero di trecento. [“Primum quidem eximios communibusque lectus suffragis adolescentes, omnino ducentos, pubblice immolarunt. Deinde vero alii præterea, qui violatæ relìgionis suspecti vulgo erunt, ultro sese ac sponte obtulerunt, trecentis haud panciores”. Hist., lib. XX.]. – Anche il modo del sacrificio era ordinato dagli oracoli. Nulla v’ha che meglio provi la presenza dello spirito infernale, quanto la maniera onde compivasi l’uccisione abominevole di cui abbiamo parlato. In un tempio di Cartagine, si trovava una statua colossale di Saturno, la quale era di bronzo. Aveva le braccia stese e inclinate a terra; a’suoi piedi una voragine di fuoco. Il fanciullo posto sulle braccia dell’idolo, non essendo rattenuto da cosa veruna, sdrucciolava nella fornace, dove era consumato fra lo strepito di canti e di suoni „ [Diod. Sicul., ibid.].

VIII.

Sotto nomi diversi, questa statua omicida esisteva in Oriente ed in Occidente, presso gli Ebrei e presso i Galli. Essendo l’Africa assai poco conosciuta dagli antichi, ci mancano i documenti del sacrificio umano esistente nelle diverse parti della vasta penisola. Sappiamo solamente che l’Egitto, la contrada più incivilita del paese, offriva vittime umane. Da questo si può giudicare di ciò che accadeva altrove. E lo si può con gran sicurezza, in quanto che nei tempi moderni, i missionari e i viaggiatori hanno trovato il sacrificio umano in pieno esercizio nell’interno e su tutte le coste orientali e occidentali della terra di Cam. Lo vedremo nei capitoli seguenti.

 

CAPITOLO XXI.

L’AFRICA ORIENTALE. — I CONDÌ, POPOLO DELL’INDIA.

— AFRICA ORIENTALE

I.

La costa orientale d’Africa si estende dal canale Mozambico, passando pel Zanguebar, fino al capo dei Profumi: vale a dire per uno spazio di più che cinquecento leghe. Su questa immensa costa e nelle tribù dell’interno più o meno vicine, il sacrificio umano è tuttora in uso, anche presso certi popoli maomettani. « Vicino alla costa orientale della nostra Africa, scriveva non ha guari uno dei nostri missionari, in una città araba, città ch’io conosco, visitai la casa dove furono immolate, quattro anni or sono, tre giovani vergini per allontanare una disgrazia che minacciava la contrada. « Questa barbarie non era commessa da un solo, ma per decisione presa in consiglio dai grandi del paese. So da fonte sicura, e potrei addurre i testimoni, che queste disgraziate vittime della superstizione mussulmana sono state fatte a pezzi, e le loro membra portate e sotterrate in diversi luoghi del territorio minacciato. » [Annal. de la Pr. de la Foi, n. 138, p. 399, 480].

II.

Riportiamo qui un fatto simile che avvenne nell’India inglese. Colà s’ingrassano dei fanciulli, che si scannano a centinaia nella primavera, e il cui sangue sparso sulle praterie, credesi avere la virtù di renderle fertili. In data 6 settembre 1850, il vescovo di Olenia, Vicario apostolico di Visigapalam (India inglese), scrive: « Il governo inglese ha creduto di dover portare la guerra sino ai lari de’ Condi. La ragione è che i sacrifici umani sono ancora in uso presso quel popolo infelice. In occasione d’una festa o d’una calamità, al tempo delle seminagioni specialmente, immolano fanciulli dell’uno e dell’altro sesso. A tal fine, si fan dei depositi di queste innocenti vittime da servire per le diverse circostanze. Basta un qualunque pretesto per fare una tale strage, come un pubblico flagello, una grave malattia, una festa di famiglia.

III.

«Otto giorni avanti il sacrificio, lo sgraziato fanciullo o giovanetto che deve subirlo, è preso, e gli si dà a bere ed a mangiare tutto quel che brama. Durante questo intervallo, i villaggi vicini sono invitati alla festa, e vi accorrono in gran numero. Allorché tutti sono riuniti, si conduce la vittima al luogo del sacrificio. In generale, si ha cura di metterla in istato di ebbrezza.

IV.

«Legata che è, ecco la moltitudine danzarle attorno; e dato il segnale, ciascuno degli spettatori strappa alla vittima un pezzo di carne e il porta via, in modo che la sbranano ancor viva. Il pezzo che ciascuno strappa per proprio conto, deve essere palpitante e, tuttora caldo e sanguinolento, portasi con tutta fretta sul campo che si vuol fecondare. Tal’è la sorte riservata a coloro che mi parlavano, e frattanto danzarono una gran parte della notte.» [Annal., de la Prop. de la foi, n. 438, p. 402 e segg.; vedi anche Annales, marzo 1863, p. 132; ibid., n. 138, p. 377, 380 ibid., n. 116, p. 49, etc.].

V.

Torniamo all’Africa orientale. Uno dei nostri più celebri missionari, il Reverendo padre Homer, superiore della missione di Zanzibar, cui dirige da tredici anni con ammirabile successo, ci dà i particolari più certi e più tristamente notevoli sul sacrificio umano. Egli scrive: « Fra i costumi religiosi dei Vazaramo, tribù vicina alla costa, ve ne sono di quelli che fanno orrore. Se si teme la guerra, il Mganga (indovino) ispeziona il sangue e le ossa d’un pollo scorticato affin di conoscere l’esito della lotta. Cosi facevano i Greci e i Romani, questi popoli tanto vantati e sì follemente ammirati.

VI.

« Se la vittoria è dubbia, il mago si fa portare un fanciullo, l’uccide e Io scortica. Poi fattone distendere il cadavere insanguinato attraverso la strada maestra del villaggio, ordina ai guerrieri di passarvi sopra per assicurarsi della vittoria. – « Se si tratta di conoscere il momento preciso in cui debbon cominciare le ostilità, il ministro del grande omicida pianta sul fuoco una graticola, e attaccavi un fanciullo vivo ed un pollo. Se questi dopo un certo dato tempo trovansi morti, la guerra debbo esser differita; se trovansi vivi, le ostilità cominciano immediatamente.» [Voyage à la côte urient. d’Afrique, p. 99].

VII.

Presso gli Ounyamouezi, altra tribù della costa orientale, la sepoltura di alcuni grandi capi è accompagnata da orribili circostanze. Velato d’una pelle di bestia e coperto da un mantello di cuoio, il corpo è depositato in un sepolcreto murato, seduto e coll’arco in mano. Tre schiave, l’una davanti a lui, l’altra alla sua destra e la terza alla sua sinistra, sono seppellita vive, per risparmiare al capo le noie della solitudine. Mentre si chiude il mausoleo, si fanno con grande strepito copiose libazioni, a fine, senza dubbio, di distrarre queste tre malarrivate vittime, la cui sorte fa rabbrividire [Voyage à la còte orient. d’Affrique. p.154].

VIII.

L’intrepido capitano inglese, Speke, riferisce il fatto seguente, di cui fu testimone. Essendo morto Dagara, re del Karagué, il suo corpo fu portato sopra una montagna. Invece di sotterrarlo, il popolo costruì una capanna per ricoprirlo; vi fecero entrare a forza cinque giovanotte e cinquanta vacche, e chiuse fortemente tutte le uscite, ve le lasciarono morir di fame. [Tour du monde, n. 322]. Povere figliuole di Eva! Quando sarà che cesserete d’essere schiave dell’uomo, e vittime prescelte delle crudeli superstizioni di satana? quando diverrete le figlie di Maria!

CAPITOLO XXII.

AFFRICA ORIENTALE

(Continuazione.)

I.

Presso la maggior parte delle tribù africane, è opinione che un capo od anche un uomo libero, non muore mai di morte naturale; si suppone sempre che sia dovuto soccombere ad un avvelenamento o a qualche maleficio. Fra i Mouezi, tribù vicina a Vazaramo, questo errore dà luogo ad abominevoli crudeltà. – Se uno dei grandi capi cade malato, subito chiamasi il mganga. Il mèdium, come è chiamato in Europa, prende una gallina, le fa inghiottire un filtro misterioso, la uccide, la sventra, e ne esamina le viscere. Tolte alcune circostanze accessorie, tale era, nella bella antichità, la condotta di tutti i sacerdoti di satana. Se la carne dell’uccello presenta qualche difetto nelle ali, son convinti di delitto i fanciulli e gli altri parenti. Una macchia nella colonna vertebrale accusa di reità la madre e l’ava; la coda accusa la sposa; le cosce incolpano le concubine, e le gambe gli schiavi.

II.

Finito l’esame, si riuniscono i pretesi colpevoli; e prestata la medicina ad una seconda gallina, il mganga la getta sugli accusati: l’infelice, sul quale cade l’animale, è dichiarato colpevole. Subito gli si pone la testa fra due tavole, che strette fortemente a forza di corde, ne fanno schizzar fuori le cervella. – Queste orribili immolazioni, si rinnovano ogni giorno, sino alla morte o alla guarigione del capo. Ne segue, che se la malattia si prolunga, un gran numero di disgraziati sono vittime di questa spaventevole superstizione; ma se il capo muore, il mago è seppellito insieme con l u i . [Voyage, etc. p. 163].

III.

« Passati sei giorni a Bagamoyo, continua il Padre Horner, navigammo verso il nord passando dinanzi l’imboccatura del Kmgani. Questo bel fiume separa il paese dei Vazaramo, da quello dei Vadoè: quest’ ultima tribù è essenzialmente antropofaga. Arrivati a Kipombouy, incontrammo alcuni Vadoè, che sembrano demoni. – « Gli uomini e le donne ti presentano, come ornamento, due larghe cicatrici nel volto; alla loro bocca mancano i due incisivi della mascella superiore, che essi hanno cura di sradicare. Le loro vesti di pelli gialle finiscono di compiere il loro selvaggio aspetto.

IV.

« Oltre le armi proprie di tutti gli Africani, gli uomini portano un gran coltello a doppio taglio, una mazza, un’accetta da guerra, uno scudo di pelle di rinoceronte, e, quel che è spaventevole, crani umani per bere. « Allorché un uomo libero muore, si sotterrano vivi insieme con lui due schiavi di sesso diverso. L’uno armato di un’accetta, deve tagliar le legna e farne fuoco per riscaldare il suo padrone nell’umida regione dei morti; l’altro è destinato a sostenere la testa del defunto.» 1. [Voyagc, ecc. pag, 169.]

V.

Ascoltiamo ora un officiale inglese, incaricato dal viceré d’Egitto d’una spedizione in alcune parti dell’Africa, vicino al Nilo. È questi il Signor Samuele While Baker, il quale ha pubblicato la relazione del suo viaggio nel 1875. « Arrivato colla mia truppa nel paese d’ Ounyoro, io non cessavo di discorrere coi diversi capi. Ottenni da loro il racconto delle cerimonie funebre, che avevano avuto luogo alcuni mesi innanzi, al sotterramento del re Kamrasi. Quando un re dell’Ounyoro muore, il cadavere vien deposto sopra una tavola quadrata di legno verde, simile a una gigantesca graticola, al di sopra di un lento fuoco che lo va man mano disseccando; e mummificato che è, l’avvolgono in una tela di fresche scorze, e lo espongono in una gran capanna costruita appositamente.

VI.

« I suoi figli si disputano il trono. La guerra civile può prolungarsi per lo spazio di alcuni anni; ma durante questo periodo d’anarchia, il corpo del re defunto rimane insepolto. Infine, quando la vittoria si è decisa in favore dell’uno dei figli, il vincitore va a visitare la capanna, dove si trova il corpo di suo padre. S’approssima al cadavere, pianta in terra la sua lancia, e ve la lascia così fissata presso la mano destra del re; il che è un simbolo di vittoria. Asceso che è sul trono, primo suo dovere dev’esser quello dei funerali a suo padre.

VII.

« Scavasi una fossa ben grande, capace a contenere parecchie centinaia d’individui, tutta guarnita di lisce scorze. In fondo sono assise molte donne del re defunto, sulle ginocchia delle quali riposa il cadavere. « Nella vigilia dei funerali, durante la notte, le guardie del cadavere del re attorniano alcuni villaggi, e si impadroniscono indistintamente degli abitanti, a misura che costoro escono all’alba fuori delle loro capanne. Questi prigionieri son condotti all’orlo della fossa, e indi spezzate loro braccia e gambe, son precipitati nella fossa, dove cadono sul gruppo delle donne che sostengono il corpo del re.

VIII.

« I suoni dei corni, dei tamburi e degli zufoli, misti agli urli d’una folla frenetica, soffocano le grida di questi infelici. L’immensa fossa è tosto ripiena, calcata dai piedi della moltitudine, e si innalza al di sopra un mucchio di terra.» [Ismaelia, e. XVIII, p. 201]. Ecco in quale stato trovasi ancora l’Africa orientale, che non ha punto ricevuta la predicazione del Clericalismo. E oggi vogliono sterminarlo! E dicono che tutte le religioni sono egualmente buone! – Da tutti gli orrori che abbiam descritti sia dell’Africa che delle Gallie; da tutti i sotterramenti di vittime viventi che abbiamo veduti compiersi per accompagnare e servire i defunti nell’altro mondo, risulta un fatto costantemente avveratosi nel corso dell’umanità; la credenza voglio dire all’immortalità dell’anima, che mette al di sotto dei selvaggi i moderni materialisti, per i quali l’uomo non è che un mucchio di fango: corruptio optimi pessima.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.