MORTE AL CLERICALISMO O RESURREZIONE DEL SACRIFICIO UMANO -III- di mons. J. J. Gaume [capp. XI-XIII]

MORTE al CLERICALISMO -III- [capp. XI-XIII]

CAPITOLO XI

SACRIFICIO UMANO

I.

Abele, Noè, Abramo e gli altri Patriarchi offrivano sacrifici al Signore. satana se ne avvide, e tosto, scimmia di Dio, o piuttosto suo ambizioso rivale, vuole avere anch’esso i suoi sacrifici. E tanta fu sin dal principio la sua formidabile potenza, che ottenne fino dal popolo di Dio vittime umane. È vero che gli Ebrei, durante il loro soggiorno in Egitto, non offrirono mai nessun sacrificio agl’idoli; ma appena usciti dalla schiavitù, cominciarono ad adorare il vitello d’oro.

II.

Bentosto, al contatto delle abominevoli nazioni di Chanaan, immerse nella più licenziosa e sanguinaria idolatria, dovevano essi lasciarsi corrompere e troppo spesso partecipare al loro culto. Il Signore, a premunire il suo popolo contra lo scandalo, dettò a Mose quell’articolo di legge: « Chiunque sacrificherà agli dèi stranieri, sarà punito di morte: qui immolat diis occidetur.» [Exod. XXII» 20]. Poscia il medesimo divieto é rinnovato con pena più grave. « Se qualcuno, dice il Signore, sacrifica a Moloch uno dei suoi figli, sarà punito di morte, e tutto il popolo lo lapiderà; che se il popolo trascurando i miei ordini, non ne fa conto, sterminerò Io stesso il colpevole, la sua famiglia, e tutti coloro i quali avranno acconsentito al suo delitto. » [Levit. XX, 2-5].

III.

Malgrado questi divieti reiterati e le pene terribili comminate contro i prevaricatori, gli Ebrei affascinati dal demonio e dall’esempio dei popoli che essi avevano missione di sterminare, si lasciano trascinare all’idolatria. Disertori del vero Dio, si vedono troppo spesso offrire vittime agl’idoli. Questo è il rimprovero che Mose stesso sul punto di morire fa ad essi: « Hanno offerte vittime agl’idoli, e non a Dio; a dèi sconosciuti, non adorati giammai da’ loro padri. » [Deut XXXII, 19].

IV.

Quali erano queste vittime? Ce lo dice Davide. Delineando a grandi tratti la storia dei suoi antenati, li accusa d’avere offerto al demonio numerose vittime umane e soprattutto vittime preferite, giovanetti dell’uno e dell’altro sesso. « Si mischiarono ai gentili; impararono le loro opere; adorarono i loro idoli, ed immolarono i loro figli e le loro figlie ai demoni!; sparsero il sangue innocente, il sangue dei loro figli e delle loro figlie, cui sacrificarono agl’idoli di Chanaan: quos sacrificaverunt sculptilibus Chanaan. » 1 1.[ Ps. CV; 35, 36].

V.

Trecento anni dopo Davide, Isaia ci mostra il sacrificio umano sempre in vigore presso gli Ebrei, suoi contemporanei. « Non siete voi, loro dice, figli scellerati, una razza menzognera, voi che cercate la vostra consolazione negl’idoli, sotto alberi fronzuti, immolando i fanciulli nelle caverne dei torrenti: Immolantes parvulos in lorrentibtus. » [VII, 5]. – Cento anni dopo Isaia, il Profeta Geremia prova la persistenza del sacrificio umano presso i suoi compatrioti, e ci dice di qual maniera compievasi: « Essi inondarono di sangue la valle dei figli di Ennon; offriron sacrifici agli dèi stranieri, ed innalzaron altari a Baal, per bruciarvi i loro figli in onore di Baal. Et ædificaverunt excelsa Baalim, ad comburendos filios suos igni in holocaustum Baalim. » [XIX, 4, 5].

VI.

Cento anni dopo Geremia, udiamo il Profeta Ezechiele levar la voce contro lo stesso scandalo. « Voi avete, dice il Signore, preso i vostri figli e le vostre figlie, cui avete messo al mondo per me, e li avete immolati agl’idoli per servir loro di pascolo: Et immolasti eis ad devorandum. » [XVI, 20] – Il medesimo rimprovero è nel Profeta Osea il quale ci avvisa che non solo si sacrificavano fanciulli, ma ancora uomini fatti, a somiglianza di tutti i popoli pagani: Immolate homines, vitulos adorantes. [XIII, 2]. Finalmente, il libro della Sapienza ne rivela le abominevoli turpitudini che accompagnavano i sacrificii umani: Filios suos sacrificantes, obscura sacrificia facientes, insaniæ plenas vigilias habentes, etc. [XIV, 23, 27]. – Avveniva lo stesso presso tutt’ i popoli pagani, presso i Romani in particolare, i cui anfiteatri erano ogni giorno accompagnati da terme o fornice». Dopo d’aver preso un bagno di sangue umano, si andava a prendere un bagno di lussuria. Ecco quanto avveniva ogni giorno nella bella antichità.

VII.

La principale divinità dei Cananei, alla quale gli Ebrei immolavano i loro fanciulli, era Moloch. È qui il luogo di far conoscere questo spaventevole demonio. Moloch passava pel Signore degli dèi. Con tal titolo, il suo culto era più comune e più celebre che quello di tutti gli altri dèi, maschi o femmine. Era onorato in due principali maniere, consacrando a lui i fanciulli, ovvero immolandoli in suo onore.

VlII.

La prima maniera consisteva in far passare queste innocenti creature fra due siepi di fuochi accesi, i quali mettevano capo alla statua di Moloch. Il che appellavasi iniziare a Moloch. Cotesto atto d’idolatria era proibito sotto pena di morte. Nondimeno gli Ebrei non se ne astenevano. Era una parodia sacrilega del battesimo. [IV Reg.„ XXIII, 10 ) – [Ier., XXII, 23].

IX.

La seconda maniera, la cui sola memoria fa fremere, aveva luogo come segue: Moloch era rappresentato da una mostruosa statua di bronzo, di forma umana, sormontata da una testa di vitello; aveva larghissime mani, sopra le quali deponevansi le piccole vittime; e un braciere ardente scaldava la statua che era concava. Il fanciullo posto su queste mani incandescenti era ben tosto consumato. Gli spettatori esclamavano che egli era morto tra gli abbraccia di Moloch, che il sacrificio era gradito al dio, e che il fanciullo era sollevato al cielo. Per soffocare le grida dilanianti delle innocenti vittime, i sacerdoti del dio facevano una musica assordante. – Credesi che il Moloch, al quale gli Ebrei sacrificavano i loro fanciulli, avesse una testa di vitello, in memoria del vitello che essi avevano adorato nel deserto. – Se, malgrado i lumi, di cui il Signore li aveva favoriti, malgrado la pena di morte comminata a chiunque sacrificasse agli idoli, gli Ebrei si mostravano talmente inchinati all’idolatria, che per molti secoli inondarono del sangue dei loro figliuoli gli altari dei falsi dèi, si può giudicare anticipatamente di ciò che doveva aver luogo presso le nazioni infedeli. Ne daremo un cenno nel corso di questa opera.

CAPITOLO XII

ASIA ANTICA. — I FENICI. — I SIRI. — I MOABITI. — I GRECI

I.

Uno dei più antichi e celebri popoli del mondo fu quello de’ Fenici. Il loro paese, contrada della Siria, stendevasi lunghesso il mare, dall’Antilibano fino all’imboccatura del fiume Belo. Commercianti attivi ed ardimentosi, essi fabbricarono molte illustri città, Tiro, Sidone, Berito, Biblo, Acri, ed altre ancora. Naviganti audaci, percorsero per molti secoli i diversi mari conosciuti a quell’epoca. Si crede pure che navigassero l’Oceano Atlantico, e facessero il giro dell’Africa. Checche sia di ciò,eglino ricoprirono le coste e le isole del Mediterraneo di lor colonie e di loro stazioni coloniali; fra le quali Cartagine, la rivale di Roma, Ippona, Utica, Gades, Palermo, Lilibeo.

II

Quanto corrotto, altrettanto attivo, nessun popolo poteva esser meglio scelto da Satana, per propagare l’idolatria nel mondo, ed in particolare l’uso barbaro del sacrificio umano, che presso di loro risaliva alla più remota antichità. Uno dei più antichi storici, loro compatriotta, Sanconiatone, i cui scritti ci sono stati conservati da un altro loro compatriotta, Filone di Biblo, cosi si esprime: « Presso i Fenici è un’antica usanza, che nei gravi pericoli, a prevenire una rovina universale, i capi della città e della nazione consegnano i loro più cari figliuoli, per essere immolati, come prezzo del riscatto, agli dèi vendicatori. – È per questo che Crono, re di quel paese, quegli stesso che dopo la sua morte fu consacrato nell’astro che porta il suo nome, avendo avuto da una ninfa della contrada, di nome Anobret, un figlio unico, cui per questa ragione appellò Ieoud, come anche oggidì s’appellano in Fenicia i figli unici; essendo il paese minacciato da grandi pericoli di guerra, rivesti quel figlio degli attribuiti della sovranità, e l’immolò sull’altare, che aveva egli stesso preparato. [Apud Euseb. Præp. evang. lib. IV., c. XVI].

III.

A Laodicea di Siria una vergine era immolata ogni anno a Minerva. « La Scrittura stessa riferisce che Mesa, re dei Moabiti, rifiutando di pagare a Ioram, re d’Israele, il tributo che era solito di pagare al padre, Ioram marciò contro lui insieme con Giosafat, re di Giuda, e col re d’Edom. Mesa, vedendosi stretto e non potendo più resistere a tanti nemici, prese con se settecento uomini di guerra, per forzare il campo del re d’Edom; ma non vi riusci. Allora prendendo il suo primogenito, il quale doveva regnare dopo lui, l’offri in olocausto sulle mura della città, in presenza degli assedianti. » [IV. Reg., III].

IV.

Tali sacrifìci, dice lo storico, erano accompagnati da cerimonie misteriose. Quali erano queste cerimonie? A giudicarne per analogia, egli è verisimile che consistessero in preghiere, in evocazioni, in pratiche superstiziose, e nella partecipazione al sacrifìcio per la manducazione della vittima in tutto, o in parte; al qual proposito, io fo qui un’osservazione, che mi vien sotto la penna. – Noi vedremo che presso la più parte degli idolatri moderni, il sacrifìcio umano è seguito dalla manducazione della vittima. Credere che l’antropofagia sacra fosse sconosciuta presso i popoli del mondo antico, sarebbe un errore. Fino al secolo nono essa vigeva nella Cina, a Pegu, a Giava e nelle nazioni dell’Indocina. I condannati a morte, i prigionieri di guerra erano uccisi e divorati. Si portavano a mensa pasticci di carne umana. [Annales de phil. chret, t. VI, Serie 4, p. 162. »]. – Vicini ai Fenici, i cittadini di Domata, città d’Arabia, immolavano ogni anno un fanciullo che sotterravano sotto l’altare, ov’era sacrificato, e che loro teneva luogo di statua. [Apud Euseb. Praep. evang. Ub. IV, c. XVI.]. Questo accadeva presso gli Ebrei, presso i Fenici, e presso le nazioni vicine, avanti la predicazione del clericalismo. E oggidì vogliono sterminarlo! E si dice che tutte le religioni sono egualmente buone!

V.

Prima di abbandonare l’alta Asia, trasportiamoci al Giappone. Nessun luogo della terra è sfuggito all’impero del demonio, il quale ha avuto dappertutto il suo culto omicida. Il grande e bel paese del Giappone gli ha pagato il suo tributo. Si sa che i Giapponesi idolatri riconoscono più di centomila dèi, che essi appellano Kamis. Certi animali, i quali passano per servitori dei Kamis, vi sono onorati come divinità protettrici. Quello che meglio è servito è la volpe (inari): i Giapponesi onorano soprattutto quella color grigio come la più intelligente. La consultano negli affari più spinosi: le innalzano un tempietto nell’interno delle loro case, e le offrono in sacrificio fagioli e riso rosso. Se gli alimenti spariscono, si crede che la volpe li ha mangiati, e l’esito dell’affare sarà felice; se mai restano intatti, guai!

VI.

Nei tempi più antichi, olocausti umani erano offerti alle divinità malefiche, quali Kiou-Sisiou, il dragone a nove teste del monte Toka-Kousi. Poscia il sacrificio si ridusse a diverse vivande, di riso, di pesci, di caprioli. Una volta avvenendo la morte dei grandi, veniano sotterrati vivi con essi un certo numero dei loro amici e dei loro servi. Più tardi non si sotterrarono più, ma da se stessi s’aprivano il ventre. E questa usanza si perpetuò sino alla fine del sedicesimo secolo. [HisL gèn. de* ini*, t. I, art. 2, p. 468. — Eccellente opera per lo spirito come pel cuore, e dilettevole]. Questo succedeva nel Giappone, avanti la predicazione del clericalismo! Ed oggidì vogliono sterminarlo! E si dice che tutte le religioni sono egualmente buone! Terminando la nostra escursione nell’alto Oriente, gettiamo uno sguardo sulla Tartaria. Allorché i Tartari marciano al combattimento, il generale passa una rivista delle otto bandiere riunite, e si rinnova una cerimonia barbara, usitata, dicesi, da tempi immemorabili fra quei popoli. S’immola un cavaliere, e tutti gli altri, dal semplice soldato al comandante delle otto bandiere, vanno a bagnare la punta delle loro lance nel sangue ancora fumante. [Ann. de la Foi, n. 116, p. 12]. – Discendiamo ora ai Greci. Quanto ai nostri studi classici, questo popolo è riputato il più civile, il più forbito, il più perfetto dei popoli della bella antichità. Parlando cosi i nostri maestri, non han guardato, e non ci han mostrato che la superficie. Il considerar le cose sotto il rapporto dei costumi e della barbarie, avrebbe guastato i loro elogi. Ora la storia del sacrificio umano presso i Greci riduce quegli elogi al loro giusto valore.

VII.

Fra tutti i riti sacri, prescritti da Mose al popolo di Dio, io non so se ve ne sia uno più misterioso e più celebre di quello del capro emissario. Due capri, nutriti a tal uso, erano menati al gran sacerdote all’ ingresso del tabernacolo. Carichi di tutt’i peccati del popolo, l’uno era immolato in espiazione, l’altro cacciato nel deserto, per denotare 1′ allontanamento dei flagelli meritati. Il sacrificio aveva luogo ogni anno, verso l’autunno, alla festa solenne delle espiazioni.

VIII.

Il grande omicida di essi premura di contraffare questa divina istituzione, ma la contraffece a suo modo: invece del sangue d’un capro pretése il sangue di un uomo. Ascoltiamo i pagani stessi raccontare nella loro calma glaciale l’orribile costume. – Nelle repubbliche della Grecia, e specialmente in Atene, nutrivansi a spese dello Stato alcuni uomini vili, ed inutili. Avveniva una peste, una carestia, o un’altra calamità? Si prendevano due di queste vittime, e s’immolavano per purificare e liberare la città. Queste vittime si chiamavano Demosioi, nutriti dal popolo; Pharmakoi, purificatori; Katharmata, espiatori.

IX.

« Era costume d’immolarne due la volta; uno per gli uomini, ed uno per le donne, a render senza dubbio più completa la parodia dei due capri emissarii. E affinché tutti potessero godere della festa, si sceglieva un luogo acconcio pel sacrificio. Uno degli arconti, o dei principali magistrati, era incaricato di curarne tutti i preparativi, e di vigilarne tutti i particolari.

X.

Il corteggio mettevasi in cammino, accompagnato da cori di musici superbamente organizzati. Durante il tragitto, si percuotevano sette volte le vittime con rami di fico, e con cipolle selvatiche, dicendo: Siate la nostra espiazione ed il nostro riscatto. « Arrivati al luogo del sacrificio, gli espiatori erano bruciati sopra un rogo di legno selvaggio, e le loro ceneri gettate al vento nel mare, per la purificazione della città inferma. « L’immolazione che da principio fu accidentale, addivenne periodica, e ricevette il nome di Feste delle Targelie. La si faceva in autunno, e durava due giorni, durante i quali i filosofi celebravano con allegri banchetti la nascita di Socrate e di Platone. » [Annales de phil. chrèt., luglio 1861, p. 46 e seg.].

XI.

Nella medesima categoria si può annoverare il sacrificio annuale, offerto dagli Ateniesi a Minosse. Gli Ateniesi avendo fatto morire Androgeo, furono assaliti dalla peste e dalla carestia. L’oracolo di Delfo, interrogato sulla causa della doppia calamità, e sul mezzo di mettervi fine, rispose: « La peste e la carestia cesseranno, se voi designerete a sorte sette giovanetti e sette giovanette vergini per Minosse. Le imbarcherete sul mare sacro, in isconto del vostro delitto. Cosi vi renderete favorevole il Nume» [Ex Acnomao, apud Euseb., Præp. evang., lib. V, cap. XIX].

XII.

Questo non è né un’allegoria, né una favola, è un fatto storico attestato dalla doppia testimonianza degli storici pagani, e degli storici cristiani. – Le povere vittime erano condotte nell’isola di Creta e rinchiuse in un labirinto, dove erano divorate da un mostro, mezzo uomo e mezzo toro, che non si nutriva che di carne umana. [Questo mostro era un aborto della natura, alla cui formazione Satana aveva avuto parte. La sua esistenza non è più dubbiosa di quella, per esempio, de’ fauni, di cui parlano Plinio, S. Girolamo, e S. Atanasio.

XIII.

« Chi è dunque questo Apollo (l’oracolo di Delfo), questo Dio liberatore, cui consultano gli Ateniesi? domanda Eusebio agli autori pagani, storici del fatto. Senza fallo, egli esorta gli Ateniesi al pentimento ed alla pratica della giustizia. Ma che importano tali cure per questi eccellenti dèi, o piuttosto per questi demoni perversi? Loro bisognano al contrario azioni del medesimo genere, senza misericordia, feroci, inumane, aggiungendo, come dice il proverbio, la peste alla peste, la morte alla morte. « Apollo ordina ad essi di inviare ogni anno al Minotauro sette giovanetti e sette giovanette, scelti fra i loro figli. Per una sola vittima, quattordici vittime innocenti! E non una sola volta, ma sempre; di maniera che sino al tempo della morte di Socrate, ossia più di cinquecento anni dopo, l’odioso tributo non era ancora soppresso presso gli Ateniesi. Questa fu in effetti la causa del ritardo dell’esecuzione della sentenza capitale pronunziata contro questo filosofo. » [S. Euseb. ibid. lib. V, c. XVIII].

XIV.

Senza contare le Targelie, ecco durante cinquecento anni settemila vittime umane, il fiore della giovinezza ateniese, immolata al demonio! E non si cessa di vantarci la bella antichità: Atene soprattutto, come il tipo inimitabile della civiltà!

CAPITOLO XIII.

I GRECI

(Continuazione)

I.

Non era solamente Atene, la Repubblica modello, che sacrificava vittime umane, ma era tutta la Grecia. Ogni anno al mese di maggio, il sesto giorno della nuova luna, la città di Rodi immolava un uomo a Saturno. Col tempo questa costumanza fu modificata, ma non soppressa. A vece d’un prigioniero, o d’uno schiavo, sacrificavasi un condannato a morte. Arrivata la festa dei Saturnali, si conduceva quest’uomo fuori le mura, in faccia alla dea Aristobula, e lì, fattogli bere del vino, era scannato.

II.

A Salamina s’immolava regolarmente un uomo ad Àgi aura, figlia di Cecrope e della ninfa Aglauride. L’infelice condannato a morte era condotto da alcuni giovani nel tempio della dea, e faceva correndo tre volte il giro dell’altare; dopo la qual cosa, il sacerdote lo feriva di lancia nello stomaco, e consumavalo interamente su di un rogo preparato a tale effetto.

III.

Diciamo di passaggio ciò che aveva luogo in Egitto, il paese dei dotti. Ad Eliopoli gli Egiziani erano usi d’immolare degli uomini alla dea, conosciuta in Occidente sotto il nome di Giunone. Questi uomini erano scelti nella stessa maniera, che i tori sacri; venivano bollati. Se ne immolavano tre nello stesso giorno.

IV.

A Scio, isola dell’arcipelago greco, si squartava un uomo per immolarlo a Bacco; altrettanto si faceva a Tenedo ed a Sparta in onore del Dio Marte. Aristomene, re di Messina, scannò trecento Spartani in onore di Giove d’Itome, credendo che ecatombe di tal fatta e cosi numerose dovessero piacergli. Tra le vittime era anche Teopompo, re di Sparta.

V.

A Pella, città di Tessaglia, s’immolava un uomo dell’Acaia in onore di Peleo e di Chirone. I Lizii, popolo di Creta, sgozzavano un uomo in onore di Giove; i Lesbi in onore di Bacco; ed i Focesi immolavano in olocausto un uomo a Diana. Eretteo Ateniese immolò la sua propria figliuola a Proserpina.

VI.

Oltre queste immolazioni periodiche, gli Ateniesi ne casi d’avversità non esitavano punto, al pari degli altri popoli della bella antichità, di ricorrere, quando gli dèi volevano, ai sacrifici umani. Giunto il momento di dar battaglia alla flotta di Serse, « mentre Temistocle, scrive Plutarco, sacrificava sopra la trireme capitana, gli furono presentati tre prigionieri, bellissimi d’aspetto, pomposamente vestiti, e d’oro adornati, i quali, per quanto se ne diceva, figliuoli erano di Sandauce, sorella del re, e di un principe nominato Artacto.

VII.

« Come Eufrantide, l’indovino, ebbe veduti costoro, nel tempo medesimo appunto che dalle vittime si alzò una gran fiamma lucida e pura, e che si udì uno starnuto a destra, in segno di buon augurio, preso per mano Temistocle, gli ordinò di sacrificare, facendo sue preghiere, tutti e tre quei giovanetti a Bacco Omeste (divoratore di carne cruda); poiché in un tal sacrificio consisteva la salvezza e la vittoria dei Greci. Sbigottissi Temistocle nel sentire un vaticinio si atroce; ma il popolo, siccome addivenir suole ne’ gran pericoli e nelle cose difficili, sperando salvezza piuttosto per i mezzi inusitati e stravaganti, che pei consueti e convenevoli, invocava ad una voce il Nume, e nel punto medesimo condotti i prigionieri all’altare, volle a forza che fatto fosse il sacrifìcio, come ordinato avea l’indovino » [Plutarco, Vita di Temistocle, c. XIII, n. 3]. Lo steso storico Plutarco dice che tutti i Greci immolavano in comune vittime umane, prima di muovere contra i nemici 8 ]Apud Euseb., lib. IV, c. XVI].

VIII.

Quale che siasi 1’origine greca o germanica dei Pelasgi, noi li collochiamo qui, perché abitarono la magna Grecia. Tutti sanno che la magna Grecia era contrada situata all’estremità orientale d’Italia. Colà, come in ogni altro luogo, satana domandava il sangue dell’uomo, e sopratutto il sangue dell’innocenza, « Citerò, dice Eusebio, un testimonio non sospetto della ferocia sanguinaria dei demoni, nemici implacabili di Dio e degli uomini: Dionigi d’Alicarnaso, scrittore versatissimo nella storia romana, da lui tutta abbracciata in un opera scritta colla più grande accuratezza.

IX.

« I Pelasgi, dice egli, restarono poco tempo in Italia, grazie agli dèi che vegliavano sugli Aborigeni. Prima della distruzione della città, la terra era minacciata dalla siccità, di modo che niun frutto maturava sugli alberi. Le biade se germinavano e fiorivano, non potevano però produrre la spiga. Il foraggio non bastava più al nutrimento del bestiame. Le acque perdevano la loro salubrità, e delle fontane quali diseccavano nell’estate, quali per sempre.

X.

« Una sorte simile colpiva gli animali domestici e gli uomini. Perivano pria di nascere o poco dopo la nascita. Se alcuni scampavano alla morte, erano sopraffatti da infermità o da deformità d’ogni maniera. Per colmo di mali, le generazioni pervenute al loro intero sviluppo, erano in preda a malattie ed a mortalità, che sorpassavano tutti i calcoli di probabilità. – « In tale strettezza, i Pelasgi consultarono gli oracoli per sapere quali déi loro inviavano queste calamità, per quali trasgressioni, ed infine per quali atti religiosi potevano sperarne la cessazione. Il dio diede quest’oracolo: Ricevendo i beni che avevate domandati, non avete reso quel che avevate fatto voto d’offrire; ma ritenete presso di voi i più preziosi ». Infatti, i Pelasgi avevan fatto voto d’ offrire in sacrifizio a Giove, ad Apollo ed ai Cabiri la decima di tutti i loro prodotti.

XI.

« Allorché quest’oracolo fu loro annunziato, non poterono comprenderne il senso. In tale perplessità uno dei vegliardi lor disse: Voi vi ingannate a partito, se pensate che gli dèi vi richiedano ingiuste restituzioni. È vero che voi avete dato fedelmente le primizie delle vostre ricchezze, ma nulla avete dato dell’umana generazione, ch’è l’offerta più preziosa per gli dèi. Se soddisfate a questo debito, gli dèi si placheranno, e vi saranno propizi. – « Gli uni trovarono questa soluzione pienamente ragionevole, gli altri ci videro sotto una insidia. In conseguenza proposero di consultare il Nume per sapere se veramente conveniva a lui di ricevere la decima degli uomini. Deputano dunque una seconda volta dei ministri sacri, e il Nume rispose affermativamente.

XII.

« Ben tosto si levarono delle difficoltà fra essi pel modo di pagare questo tributo. La dissensione ebbe luogo primieramente tra i capi delle città; poscia scoppiò fra i cittadini, che supponevano causa di ciò i magistrati. Città intere furono distrutte, una parte degli abitanti abbandonò il paese, non potendo sopportar la perdita degli esseri, che loro erano più cari, e la presenza di coloro che li avevano immolati. – « Tuttavia i magistrati continuarono ad esigere rigorosamente il tributo, parte per essere accetti agli dèi, parte per timore d’essere accusati d’aver risparmiate delle vittime; sino a che la razza dei Pelasgi, trovando la sua esistenza insopportabile, si disperse in lontane regioni. » [“Multæ propterea migrationes, quae Pelasgam gentem varias in terras longe lateque deportarunt”. Dion. D’Alicarn., Storia, lib. I]. – Ecco quel che prima della predicazione del clericalismo avveniva presso i Greci tanto celebrati. Ed oggidi vogliono sterminarlo! E si dice che tutte le religioni sono egualmente buone!

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.