LE TRE ORE D’AGONIA DI NOSTRO SIGNOR GESÙ CRISTO

LE TRE ORE D’AGONIA

DI

NOSTRO SIGNOR GESÙ CRISTO

del

p. ALFONSO MESSIA (1).

[da “Il Giardino spirituale”, Tip. Pesole, Napoli, s. d. -imprim.-]

INTRODUZIONE — Per ciò che si deve fare e contemplare il Venerdì Santo nelle tre Ore dell’ Agonia, cominciandole dalle ore diciotto.

INVITO

Già trafitto in duro legno

Dall’indegno popol rio,

La grand’alma un Domo Dio

Va sul Golgota a spirar.

Voi, che a Lui fedeli siete,

Non perdete, o Dio! i momenti;

Di Gesù gli ultimi accenti

Deh venite ad ascoltar!

Si darà principio con un breve ragionamento per disporre alla venerazione e al profitto di queste tre Ore, terminato il quale si leggerà quanto segue:

Noi tutti fedeli Cristiani, amanti del nostro Salvatore Gesù, redenti e riscattati a costo del Sangue suo preziosissimo, della sua Passione e Morte, dalla schiavitù della colpa e del demonio, dobbiate contemplare con somma attenzione e riverenza i tormenti, le ambasce e le angustie mortali che nello spazio di queste tre Ore d’Agonia patì sulla Croce il nostro amorosissimo Redentore. Furono tanto crudeli e orrende che, al dire di S. Bernardo, non vi ha intelletto umano che valga a comprenderle, nè lingua creata a spiegarle. Dalla pianta del piede alla sommità della testa nulla aveva il Salvatore di sano. Guardalo bene, o Anima, su quella Croce: tutto da capo ai piedi fatto una piaga: le spalle e tutto il corpo lacerato dai flagelli, il petto snervato dalle percosse, il capo trapassato orribilmente dalle spine, i capelli strappati, la barba schiantata, il volto ferito dalle guanciate, le vene vuote di sangue, la bocca inaridita dalla sete, la lingua amareggiata dal fiele e dall’aceto, le mani e i piedi crivellati e trafitti da fieri chiodi, e questi squarci inaspriti anche più dal peso del suo medesimo corpo: il cuore afflitto, l’anima sul punto di spirare, divelta da un’indicibile tristezza ed angoscia. Ma ciò non era veramente quel che più lo cruciava, poiché si era già offerto di volersi assoggettare ai tormenti della croce. – Quello che più gli trafiggeva il cuore nell’agonia di queste tre ore erano le nostre colpe e la nostra iniqua corrispondenza. Era la nostra ingratitudine che Gli cagionava quelle tremende agonie di morte. Ah! chi non aborrirà, o Anima, con tutto il suo cuore, le colpe, che furono cagione d’agonie sì mortali al nostro amorosissimo Salvatore? – In queste tre ore di un sì lungo tormento, senza che le acque di tante amarezze potessero spegnere la vampa della sua carità, tutti Ei ebbe davanti a sé per offerire a prò nostro con amore sviscerato il suo Sangue e la sua vita in sacrifizio all’eterno suo Padre. In queste tre Ore, benché con gli occhi nostri noi nol vedessimo, colla immensa sua vista ben vide Egli noi, e ci tenne presenti, per offerirsi in favor di ciascuno; come se ciascuno di noi fosse l’unico al mondo, e l’unico amato da Lui. In queste tre ore vide chiaramente ciascuna delle nostre colpe con tutte le sue circostanze, come le vede allora che si commettono, e ne fu si intimamente penetrato ed afflitto, che mosso a pietà di noi offrì il suo Sangue suo preziosissimo in pagamento dei nostri delitti. In queste tre Ore coll’amarezza delle sue agonie levò di mano al demonio, principe del mondo la scrittura e l’obbligazione delle nostre colpe, e, seco inchiodandola sulla croce, la cancellò col suo Sangue. – In queste tre Ore col prezzo delle sue agonie ci guadagnò dall’eterno suo Padre i tesori tutti della sua clemenza, tutt’i buoni pensieri e le sante inspirazioni, e tutti gli aiuti della sua grazia. Oh avventurosa memoria del nostro dolcissimo Redentore! Oh beate tre preziose Ore spese per i nostri falli, nelle quali meritammo di star presenti sul monte Calvario, e non da lontano, non da vicino alla Croce, ma nel cuore stesso, nella stessa memoria del nostro amorosissimo Redentore, per acquistare tutta la grazia dell’amor suo e dell’infinita sua carità! Davvero, o Anima, non soddisfacciamo abbastanza per quel che dobbiamo al dolcissimo nostro Gesù se in queste tre Ore non moriamo noi d’amore. – Voltiamoci, Anime, all’eterno Padre, nostro Dio e nostro Giudice, e fatti animosi dell’agonia del nostro Redentore Gesù, diciamoGli con tutto l’affetto e con l’umiltà del nostro cuore: “Oh eterno Padre, Giudice e Signore delle anime nostre, la cui giustizia è incomprensibile! Giacché ordinaste, o Signore, che l’innocentissimo Figlio vostro pagasse i nostri debiti, guardate, o Signore e Padre nostro, alla sì tremenda agonia, nella quale per la vostra obbedienza e per le nostre colpe si trova in queste tre Ore: guardate al sì pietoso pagamento che vi offre nel suo Sangue e nella sua agonia, affinché si plachi così la vostra Giustizia. Cessi, o Signore, la vostra indignazione, e poiché vi vedete pagato e soddisfatto sì abbondantemente, noi debitori restiamo liberi: e per queste tre Ore d’agonia dell’amantissimo Figlio vostro Gesù, meritiamo noi tutto quello che vi chiese per noi, il perdono cioè delle nostre colpe e gli aiuti efficaci della vostra grazia,adesso e nell’ora della nostra morte”. Amen.

Qui tutti si pongano ginocchioni a meditare quel che si è detto, e intanto si canta qualche strofa; o brevemente si suona qualche strumento; poi si mettono a sedere e si legge:

LA PRIMA PAROLA.

“Padre perdonate loro, perché non sanno quel che si fanno”.

Posto il nostro Signore Gesù Cristo, come celeste Maestro sulla cattedra della Croce, avendo fine allora taciuto con sì profondo silenzio, apri le divine sue labbra per insegnare al mondo in sette Parole la dottrina più alta dell’amor suo. Bada , o anima, dunque, ravviva le tue potenze, guarda bene che Egli è Iddio stesso che t’ammaestra, e strutto conto ti chiederà di queste sette lezioni. Oh Gesù amoroso! O Maestro divino! parlate pure, o Signore, che i vostri figli v’ascoltano. – Tutta la natura si commoveva nel vedere il suo Creatore patire aggravi si atroci. Si offusca il Cielo di tetre ombre: stava per dar la terra orribili scosse, per cozzar fra loro le pietre, per aprirsi le sepolture: sono gli Angeli istupiditi, mirando il loro Signore fra sì crudeli tormenti; i demonii poi pieni di rabbia e d’invidia per non veder eseguire sopra degli uomini il castigo che meritavano le loro colpe, come si era eseguito sopra dì essi. Possiamo immaginare che irritata la Natura contro dei peccatori, domandasse al Padre eterno giustizia e vendetta: “Usquequo, Domine, sanctus et verus, non vindicas sanguinem Filii fui?” E quando ancor tarderete, giusto Signore e santo, a prendere nei peccatori vendetta del Sangue e delle ingiurie dell’innocente vostro Figliuolo? E che, quando ad un tal clamore la divina Giustizia stava già per vibrare il fulmine dell’ira sua per vendicarsi: allora il Redentore del mondo mostrando la carità sua infinita, alzando gli oscurati suoi occhi all’eterno suo Padre, e rappresentandoGli la sua ubbidienza e i suoi meriti, gli dicesse: Padre, e Signor mio, trattenete il braccio della vostra giustizia per questa Croce in cui muoio; pel Sangue che per Voi in essa spargendo vi domando, o Signore, e vi prego di perdonare ai peccatori le colpe, colle quali mi han messo in questa Croce; perdonate loro, o Padre, perché non sanno quel si fanno. O anima peccatrice, apri gli occhi e gli orecchi e ascoltando in questa prima parola Gesù, che chiama Padre tuo e di tutti l’eterno suo Padre, riconosci l’altezza della tua origine! Non d’altro Padre sei figlia che dell’eterno Iddio. Oh Padre eterno! Voi mio Padre; ed io figliuol sì reo? Quale cecità m’allontana da’vostri occhi? Che stoltezza è la mia! lasciar le vostre carezze e la vostra grazia pel vile amore delle creature? Dove sto coi miei peccati? Dove vado colle mie passioni? In che stato mi trovo io dacché vi offesi? Oh Padre amoroso! io perisco qui miserabile nei miei debiti! A chi volterò gli occhi? A Voi li volterò io, Padre benignissimo. Ma come ha da aver occhi un ingrato per ritornare alla presenza di un padre che ha tanto offeso? Ritorna, sì, Anima afflitta, ritorna, che finalmente è tuo Padre. Andrò; ma, ahimè! oh Dio mio! che mi manca la lena, perché son senza numero le mie malvagità, le mie scelleratezze; e temo che i vostri sguardi non siano per me fulmini spaventevoli: morir sarà meglio, e non andare. Via, ritorna, Anima pentita, ritorna ch’Egli in fine è tuo Padre: è il tuo stesso Fratello Gesù che hai crocifisso colle tue colpe, e quegli che t’introduce e prega il Padre Sovrano a perdonarti, offrendo per le tue colpe il suo Sangue. – Oh mio Gesù! Oh Fratello amorosissimo! A me codesti piedi, che li baci colle mie labbra e li bagni colle mie lacrime. Voi domandate il perdono delle mie abominazioni; e d’amore io qui non muoio per Voi? Ahimè! qual durezza è la mia! Su, va con fiducia, Anima pentita: andate, peccatori tutti, a procacciarvi misericordia, che già trabocca il cielo in pietà, perché l’amorosissimo Gesù prega l’eterno Padre per tutti, e con profonda riverenza Gli dice: “O Padre pietosissimo, ecco che avete già qui i miseri peccatori! Non guardate, o Signore, che abbiano essi crocifisso me, ma che muoio per loro: vivano essi: non guardate alla loro ignoranza, ma all’amor mio: non guardate alla loro ingratitudine, ma al Sangue ch’Io ho versato: non guardate alle loro colpe, ma a questa vita che vi offro per loro su questa Croce: perdonate, che non sanno quel che si fanno.” – Oh carità infinita dell’amantissimo nostro Gesù, il cui incendio amoroso non poterono estinguer le acque di tanta crudeltà e tribolazione. Oh che alla dottrina c’insegna Egli in questa prima parola! Osserva, Anima, come scusa, alla maniera che può, quelli che Lo crocifiggono, e come perdona ai suoi crudeli nemici, e in essi a tutti i peccatori che l’offendono, e con le loro offese l’han messo in Croce. “Padre, dice, perdonate loro, perché non sanno quel che si fanno”. Impara, o Anima, da questo esempio a non accusare, né esagerare gli altrui difetti, né gli affronti che ti vengono fatti: impara a scusar le mancanze dei tuoi prossimi, benché ti siano nemici, attribuendole non al peggio, ma ad ignoranza ed inavvertenza, a zelo o ad altra men cattiva intenzione. Oh carico spaventoso che questa prima parola deve farsi il vendicativo e pieno di rancore! Gesù Cristo prega l’eterno Padre che ti perdoni tante ree parole, tante malvagie opere, con cui l’oltraggi e crocifiggi; e tu poi, Anima vendicativa e fomentatrice di odii, non perdoni una lieve parola, o un lieve affronto per Gesù Cristo! Che ostinazione è codesta, o cuore cattolico? Che ha di cristiano chi non ha pietà verso del suo nemico? Se accarezzi chi ti lusinga, mordi chi ti offende, che hai tu meno del bruto? E perché conservi il nome di cristiano? Guarda bene che Gesù Cristo ti tratterà nello stesso modo, e negherà a te tutto quello che negherai al tuo prossimo. Gli neghi tu la parola, gli neghi tu lo guardo, non gli porgi la mano? Neppure a te porgerà la mano Gesù, non ne udirai una buona parola, non vedrai che ti guardi. Perdona, o Cristiano, se vuoi che Gesù ti perdoni. Oh Padre eterno! Già perdono, Signore, a tutt’i miei nemici una e mille volte in riverenza del santissimo Figlio vostro, acciocché mi perdoniate Voi pure le innumerabili colpe che ho commesse contra la divina vostra Maestà. Perdonatemi, o Signore, che non seppi quel che mi feci quando io v’offesi, e se per essere stato a Voi tanto ingrato non merito di essere esaudito, lo merita il preziosissimo vostro Figliuolo, che pel suo Sangue e per la sua Agonia in quest’ora vi prega di perdonarmi. Perdonatemi, o Signore, che non seppi quei che mi feci: misericordia, pietosissimo Padre, per l’amantissimo Figlio vostro Gesù. – Qui s’inginocchiano tutti per meditare alquanto su questa parola: si canta frattanto questa strofa:

“Di mille colpe reo,

Lo sa Signore, io sono:

Non merito perdono.

Né più il potrei sperar.

Ma senti quella voce,

Che per me prega, e poi

lascia Signor se puoi,

Lascia di perdonar!”

Poi in rendimento di grazie del perdono che il Signore domandò per noi, si reciti cinque o più volte quello che segue.

“Siate infinitamente lodato, o mio Gesù Crocifisso, del perdono che domandaste per noi di tutti i nostri peccati”.

Si faranno poi gli atti seguenti:

“Credo in Dio: spero in Dio: amo Dio sopra tutte le cose: mi dolgo d’aver offeso Dio per essere quel Dio ch’è: propongo di non offenderlo mai più. Maria, Madre ammirabile. Avvocata dei peccatori, deh! per Gesù Cristo Crocifisso, impetrateci perdono e grazia efficace di non cadere mai più in peccato.”

LA SECONDA PAROLA

“Oggi sarai meco in Paradiso.”

Considera, anima divota, Gesù in mezzo a due peccatori: l’uno pentito, l’altro indurito; l’uno che si arrende, l’altro che si ostina; l’uno che si saJva, l’altro che si danna. Oh misteri profondi della predestinazione! Ma, oh trascuratezza la più lacrimevole dei mortali! Ànima, che ascolti la differenza di queste sorti impenetrabili, osserva ben nel tuo interno, a qual classe appartieni tu? A quella del buon Ladro che si salvò, o a quella del cattivo che si dannò? Ti salverai tu coll’uno, oppure coll’altro ti dannerai? Quanti dei qui presenti andranno a farsi compagni del Ladro misero nell’inferno? Oh punto spaventosissimo! Uomo, come vivi sì negligente? E tu, donna, sì spensierata in materia sì incerta e dubbiosa? Rifletti a qual di questi due ladri abbi invidia: allo sciagurato e ribelle, ovvero all’umile? E, se all’umile, come non sei tu umile? Come anzi ti stai in codesta croce dei tuoi vizi tanto ribelle? Peccatore e superbo? (cattivo ladro);Peccatore e umile? felice uomo! Il cattivo si rivolta contro a Gesù e come rinnegandolo l’ingiuria, e Lo maltratta qual falso Dio. Questo fa chi pecca e chi maledice: questo fa chi rinnega e chi bestemmia, aggiungendo all’offesa de’ vizi la contumelia dei disprezzi. – Non così il Ladro felice che, illuminato dai raggi divini di Gesù Cristo, Lo riconosce, Lo confessa, Lo adora per suo vero Dio. Il lume vostro, oh Dio, quanto è mai efficace! A’ vostri aiuti chi sarà che resista? Deh non rendete vane,o Anime, le chiamate: sentitele. L’uomo felice si rivolge a Cristo, e Gli dice con tenera voce: Signore, in Voi confido, io spero in Voi: il mio Signore Voi siete, il mio Dio e il mio Redentore, ricordatevi di me quando sarete nel vostro Regno. O fortunatissimo peccatore! li chi ti disse, o uomo facinoroso, che codesto Crocifisso fosse il tuo Signore, il tuo Dio, il tuo Redentore? Che gran vergogna per i Giudei il vedere che un Ladro confessa Gesù Cristo in una Croce, e negarlo dopo tanti miracoli? Ma quanti Cristiani Lo confessano colle labbra, e Lo negano colle opere. Che confessione è la tua, uomo turpe e vizioso? sfacciata donna e scandalosa, come ti confessi? Se alla tua confessione non sei tanto stabile da morirvi come il buon Ladro, ma anzi ti confessi appena che fai ritorno ai tuoi vizi e ai tuoi scandali; che confessare è codesto? Non è confessare da buon Ladro, ma da ladro cattiva, ostinato, reprobo. – Sul momento dell’ udir Cristo la voce del Ladro che Lo confessa e che Gli dimanda perdono, senza il minimo indugio gli perdona le colpe e le pene. Oggi, gli dice, sarai meco in Paradiso, oggi stesso, il Venerdì dei miei dolori. Ah giorno! chi ci sarà, chi non s’approfitti di te? Oh peccatore felice! Oh penitente avventurato, arrivasti in gran giorno: arrivasti quando stava il Redentore colle chiavi in mano, e colla porta non solo aperta, ma spalancata. – Oggi, o Anima, non è giorno di pene per l’uomo, che le pene se le addossò tutte Gesù. Oggi non v’ha pur gocciola di tormento: ché Gesù si ha assorbiti tutti i tormenti! Oggi per chi si pente non havvi inferno, «ché l’Inferno andò a chiudersi pei dolori di Gesù. Oggi pel peccatore tutto è Paradiso, tutto soavità, tutto gloria. Venite dunque a godere di sì buon tempo, enormissimi peccatori: con poco costo, con un buon cuore, con una parola, con un tenero sguardo amoroso, con un sospiro di petto penetrato si conseguisce. E come oggi potrà esserci cuore che non vi curi, o Gesù benignissimo? Quanto siete mai liberale, preciso, prodigo del Cielo! Oh cuore dolcissimo, tutto amore, tutto ansietà di salvar peccatori! Comunicaste al mondo o Signore, codesta pietà, accendete di cotesto affetto ogni cuore; si converta oggi il mondo, Signor grande; mirate come s’empie l’inferno non pur di Gentili, d’eretici, di Giudei; ma ancor di cristiani: qual crepacuore! Oggi, o Gesù mio, s’hanno a dannare moltissimi! Basta così, o Signore, ché è danno e dolore insopportabile che in tanti si disperda il vostro Sangue. Pietà, o Signor grande, verso i Cristiani: mirate la vostra greggia: non si vanti il demonio di vedere tanto trionfo: tutti si salvino, oggi, che a larga mano perdonate: e tutti già, o Signore, col buon Ladro pentiti vi confessiamo per nostro Dio e nostro Redentore: e proponiamo di fare una confessione vera: per questo, o Signore, vi chiediamo un vero dolore, e che oggi vi ricordiate di noi nel vostro regno.

Posti qui in ginocchio per meditare su questa parola, si canti poi la sua strofa:

Quando morte coll’orrido artiglio.

La mia vita a predare ne venga,

Deh! Signor, ti sovvenga di me,

Tu m’assisti nel fiero periglio,

e deposta la squallida salma.

Venga l’alma a regnare con Te.”

Si dica 5 volte al Signore la preghiera del buon Ladro, con dire: f Ricordatevi di me, o Signore, nel vostro Regno, per vostra pietà e misericordia. Poscia si dice: Credo in Dio, etc..

LA TERZA PAROLA

“Donna, ecco costì il tuo Figliuolo, ed al discepolo Giovanni:

Ecco costì la tua Madre”.

Vedendo il Salvatore dall’alta Croce in un profondo pelago d’amarezze la Madre sua amorosissima, le gettò nell’addolorato seno un’altra piena di sollecitudine e d’ambasce consegnando a lei per figliuolo in persona di Giovanni tutti i mortali. Oh Madre afflittissima! quale spada é codesta che nuovamente vi passa il cuore? Per figli il vostro divin Figlio Gesù vi raccomanda tutti i peccatori, affinché per figli li riceviate in suo luogo. Oh scambio sensibilissimo! Perdete in Gesù un Figlio sì amabile,e per figli avete da accogliere, nei peccatori, alcuni figli si villani e perversi che han crocifisso colle loro colpe il Figliuol vostro medesimo? Oh Signora addoloratissima! che tormento è cotesto? Non siete Voi addolorata abbastanza? Un tanto ingrato, come io sono, ci vuole di più a vostro carico? Al vostro seno trafitto, un figlio si scellerato! Oh carità infinita del Salvatore verso dei peccatori, poiché lascia loro per madre la Madre sua stessa! O somma pietà della Madre che pietosa, compassionevole, amorosa, tenera, accetta fin da quel punto, e qual madre sollecita stringe al suo seno tutto il mondo! Oh rifugio universale del mondo intero! come potrà il nostro cuore mostrarvi la riconoscenza che merita l’accettar noi per figliuoli? Con quali ossèqui potremo noi corrispondervi? Oh felici peccatori! guardate bene alla Madre di cui godrete, guardate bene alla Madre che avete: la madre vostra è Maria quella che è Madre di Dio, una Madre tutta piena di grazia, una Madre specchio di santità ci purezza: dice bene, Madre sì santa e figli sì perversi, Madre sì pura e figli sì deformi e sì immondi. O gran Signora! pigliateci ora sotto il vostro patrocinio, affinché siamo degni figli vostri, che già con gran sottomissione e fiducia, Madre vi ha da confessare tutto il mondo. Qui senza dubbio dovette tutto tremar l’inferno all’udire da Cristo questa parola; dovettero senza dubbio bruciar d’invidia i demoni. Uomini, udite; Inferno Maria è madre dei peccatori, Madre dei giusti, di tutti Madre. Oh Signora! Non una volta vi bacio, ma mille volte codesti sacri piedi, e con un grido, che s’oda in terra e in cielo, esclamo: Sì, sono figlio, quantunque indegno, di Maria. Oh Signora! Impetratemi voi che qual figlio vi riguardi e vi serva; e che vi ami quanto mi sia possibile, come vi ama il vostro Figlio Gesù. – Gli affetti vostri più teneri, Anime devote, debbano essere per la vostra Madre. Alzate gli occhi a Gesù che ve la dà e consegna per Madre, e in essa tutti raccolti i beni della sua misericordia per la vostra salvezza; perché nessuno si salva, fuorché per mezzo di Maria; nessuno ottiene perdono, fuorché per mezzo di Maria; beneficio alcun nessuno impetra fuorché per mezzo di Maria. Oh amorosissimo e liberalissimo Gesù! che amor fu quello che v’impegnò a tal tenerezza, a tal eccesso, a tal beneficenza? “Ecce Mater tua”, ti dice, o Anima, mira tua Madre. Ah Madre! vi rimiro, coll’amore più fervido del cuore, e coll’anima mia. Guarda bene o Anima, a Maria; alza gli occhi verso di Lei, innalza a Lei il cuore, che Ella ancor ti dice “Ecce Mater tua”. Guardami per tua Madre. Guardala addolorata per le tue colpe; accompagnala col dolore tuo stesso, giacché Ella prega per te; chiedile misericordia e perdono: domandale per i suoi dolori aiuti efficaci, e che ti riguardi qual figlio nell’ora terribile della morte. Oh Signora! oh Madre mia! adesso e nell’ora della mia morte, mostrate d’esser mia Madre, a me volgete codesti misericordiosi vostri occhi di Madre amorosa, guardate a quell’inesplicabile dolore che vi costammo ai pie della croce. No, a vuoto non vadano i vostri dolori: giovino a me, col vostro patrocinio, adesso e nel mio bisogno estremo. Ma oggi io vorrei, Madre amabilissima, per mostrar che son vostro figlio, morire d’amore e di dolore a pie di codesta croce. Oh morte tenerissima, vieni tu adesso; e fa che di dolore, e d’amore io muoia a piedi della mia Madre Maria e dell’amorosissimo mio Gesù.

Ci si ponga in ginocchi a meditare in questa parola; si canti poi la strofa:

“Volgi, deh volgi,

A me il tuo ciglio,

Madre pietosa;

poiché amorosa,

Me quel tuo figlio

Devi guardar.

Di tanto onore

Degno mi rendi.

Del santo amore

Tu il cor m’accendi.

Nè un solo istante

Freddo incostante

Ah! mai non sia,

Gesù e Maria

Lasci d’ amar”.

E in ringraziamento a Gesù di averci data Maria per Madre, e a Maria implorandola per madre, si recita cinque volte quello che segue:

“Gesù dolcissimo, vi ringraziamo che ci deste per Madre la’ vostra Madre Maria.”

A Lei poi si dirà: “Madre dolorosissima, Madre nostra, pregate pei vostri figli peccatori adesso e nell’ora della nostra morte”. … Poscia: Credo in Dio, etc..

LA QUARTA PAROLA.

“Dio mio, Dio mio, perché mi avete abbandonato?”

Dopo di avere il Salvatore soddisfatto a tutte le, più attente sollecitudini del Redentore del mondo, domandato già perdono per i peccatori, ed eletta Madre universale di tutti Maria sua Madre, cominciarono nell’ intimo dell’ anima sua santissima a farsi più vive le pene e gli sconforti più intensi. Esausto già, e consumato per le perdite del sangue, principiano i deliqui e le agonie della morte: più avvalorata la sua fantasia gli avviva la memoria delle ingratitudini degli uomini; se gli rappresentano da una parte le ingiurie gravissime dei malvagi, le tiepidità e le debolezze dei buoni; e dall’altra parte vede intuitivamente l’amore infinito del Padre verso degli uomini, la ribelle ostinazione degli empi, la dimenticanza di finezze sì grandi, lo sprezzo della SS. sua passione, i pochi a profittare della sua croce e della sua morte, gli innumerevoli che si sarebbero dannati, il dolore della sua Madre Santissima, la timidità dei suoi mesti Discepoli, le atroci persecuzioni della sua sposa, la Chiesa: e aggiunti tutti questi motivi a’ suoi tormenti e dolori, con la testa trafitta da una corona di spine, colle tempie penetrate da quelle punte acutissime, con gli occhi ingombrati dal polverio e dal sangue, e con le spalle squarciate, col petto oppresso, con le mani e i piedi traforati, (oh Gesù mio infinito nei dolori, come immenso nella pazienza!) in questo stato domandò al Padre la salvezza di tutto il mondo: ed al vedere che il suo sangue e la sua morte sarebbero stati infruttuosi in anime senza numero, che per colpe loro si sarebbero perdute, cominciò con questo maggior tormento ad agonizzare nell’anima: ed un sì profondo cordoglio più gli si accrebbe, quando vide che il Padre Lo lasciava patire senza conforto, tanti tormenti nel corpo, tanti affanni nell’anima; ed al vedersi abbandonato così fin dall’eterno suo Padre (così meritando i peccati che caricavano la sua croce), per tanto sensibile ed amaro abbandonamento cadde in tanta angustia e travaglio che prorompendo in un tristo e doloroso gemito, se ne lagnò coll’eterno Padre, dicendo; “Dio mio, Dio mio, perché mi avete abbandonato?” O amabilissimo mio Gesù! la cagione, o Signore, del vostro abbandono furono i miei peccati. Ah, Anima traviata! guarda all’orrendo abbandono che soffre il Figlio di Dio per il tuo traviamento: trema pure che Iddio pure non abbandoni te: trema che abbandonato da Dio, non avrai a chi voltar 1’occhio. – E perché dunque, o Anima, ti vuoi perdere? “Ut quid?” Rispondi a Gesù, che agonizzando, te ancora interroga da quella croce: perché vorrai rendere infruttuoso il mio sangue e la mia redenzione? Perché vorrai tu dannarti? “Ut quid?” Per cose della terra tanto vili? Per qualche piacere tanto sozzo? Per qualche interesse tanto caduco che svanisce nell’aria e sgraziatamente finisce? “Ut quid?” Su via rispondi, o Anima, sciolta in dolore ed in pianto. Ah Gesù mio! “Ut quid?” E perché m’avrò io da perdere, o Signore, stando voi in codesta Croce per me? Perché m’avrò io a dannare, spargendo per me cotesto preziosissimo Sangue ? Perché avrò io da mandarlo a male? No, Salvator mio, non sarà così; lo dicano questi miei occhi: il mio dolore e il mio pentimento lo dica: non mi abbandonate, o Gesù mio, pel santissimo vostro abbandono.

Qui la meditazione, e poi la strofa:

“Dunque dal padre ancora

Abbandonato sei,

Ridotto ti ha 1’amore

A questo, e buon Gesù?

Ed io con i falli miei

Per misero gioir

Potrotti abbandonar?

Piuttosto, oh Dio! morir,

Non più, non più peccar:

Non più peccar, non più!”

Indi a pregare, il Signore che: non ci abbandoni, cinque volte si recita quello che segue: “Gesù dolcissimo, pel santissimo vostro abbandono, non ci abbandonate né in vita né in morte.”

E una volta a nostra: Signora:

“Maria Madre di grazia, Madre di misericordia, ed in vita e in morte, o Signora, proteggeteci.

Poscia: Credo in Dio, etc..

LA QUINTA PAROLA

“Ho sete”.

Qual intelletto vi sarà che comprenda le cagioni che in questo estremo fecero più viva la sete del nostro dolcissimo Salvatore? Attaccata al palato quella lingua che fu strumento di tante meraviglie; secche per l’amarezza di tanti tormenti quelle labbra amorose: esausto di sangue e di sudore, era indicibile la sete che lo cruciava con nuova pena e maggiore: e però con rauca voce, ma tenera, esclamò, dicendo: “Sitio”, ho sete. Oh dolcissimo mio Gesù! Che sete è codesta che tanto vi molesta ed addolora? Che sete ha da essere? Sete insaziabile di anche maggiori tormenti per la nostra salute: sete accesa e cocente d’anime e di lacrime, come se dicesse: in questa ambascia ed agonia altra consolazione non vi è per me che il pianto dei miei cari devoti. Piangete dunque anime amanti di Gesù: piangete, ché arido e sitibondo è il buon Gesù agonizzante. Fonti, ruscelli, fiumi, date acqua ai miei occhi. O Signore, chi porgerà qualche sollievo alla vostra sete? chi lascerà il peccato? che questa è la sete che da a Cristo più pena, la sete che non si pecchi: “Sitio”, ho sete, o Gesù mio, chi vi darà refrigerio? Chi vi cercherà una pecorella smarrita? che questa è la sete che vi tormenta, la sete di guadagnare anime. Or io, o Signore, io vi cercherò anime; io insegnerò ai zotici ed ai fanciulletti le vostre vie; io esorterò i cattivi colla parola e coll’esempio; si convertiranno molti. “Sitio”. Ho sete, o mio Gesù, di chi mai siete tanto assetato? D’amore, d’amor più grande. Orsù, mirate dunque, o Signore, che un esercito avrete di vergini, di martiri, di confessori che morranno per impulso di un fervido vostro amore. D’ un amore vivissimo morrà la cara vostra Maddalena, le vostre spose Caterina, Lutgarda, Teresa, ed altre innumerabili. “Sitio”, ho sete; anche più amore; che mai amore non dice, basta. Deh! Anime, a morir d’amore con Gesù Cristo, che ha sete molta, v’è poco amore. “Sitio”. Ho sete: di che, o Signore? Che il mondo si salvi. Consolatevi dunque, o mio Bene, che i vostri Apostoli o discepoli vi convertiran regni interi, ed anime a migliaia. “Sitio”. Ho sete. Più anime ancora. Or via, Signor mio, il gran Domenico e il gran Francesco innumerabili ve ne guadagneranno sino alla fine del mondo. “Sitio”. Ho sete:” vengano ancor più anime. Mirate, o Signore, che l’infiammato Ignazio vi condurrà eretici senza numero, infedeli e peccatori, attaccando fuoco in ogni stato e nazione; e il gran Saverio, figlio di lui, ed il gran Saverio, figlio di lui, vi conquisterà .alla sua vampa un nuovo mondo. “Sitio”. Ho sete, Anche più anime, ancor più vengano, ancor più peccatori. Oh induriti peccatori, ponete mente alla sete insaziabile che ha della vostra salvezza il vostro amorosissimo Redentore, ed alla poca che avete voi di salvarvi! E come mai tanta sete di ricchezze, di vanità, di ribalderie che vi spingono a perdizione? Fine una volta, fine al peccare, che arde di sete Gesù per salvarvi. Schiudete codeste fontane de’ vostri occhi. Per quante saran le lacrime? Purgate le vostre colpe che di codest’acqua vuole appagar la sua sete il nostro amorosissimo Redentore. Ma, o mio Gesù, chi vi potrà sollevare, se mai amore non dice basta? Siete voi il sollievo della sete vostra medesima col dare a noi di codesta sete una sete ardente di amore prima di offendervi. Moriamo dunque, anime, moriam di amore; e sciogliendo in pianto di tenerezza il nostro cuore, alleviamo la sete a Gesù colle lacrime del nostro pentimento e dolore.

Qui meditazione e strofa:

“Qual giglio candido

Allorché il cielo

Nemico negagli

Il fresco umor

Il capo languido

Sul verde stelo

Nel raggio fervido

Posa talor.

Fra mille spasimi

Tal pure esangue

Di sete lagnasi

Il mio Signor.

Ov’è quel barbaro,

Che mentr’Ei langue,

Il refrigerio

Di poche lagrime

Gli neghi ancor?”

Indi per alleviar la sete a Gesù gli si dia il cuore, cinque volte dicendo quello che segue:

“Gesù mio dolcissimo ed assetato, io vi consegno il mio cuore”.

Poscia: Credo in Dio, etc..

LA SESTA PAROLA.

“Tutto già è terminato”.

Già, o Anime, si adempirono le profezie della antiche Scritture: il fine già si compì degli alti decreti di Dio; furono pagati già alla divina giustizia i debiti dei peccatori: fu già comperato al vero suo prezzo il premio della beatitudine per li giusti: si è dato già fine alla schiavitù del demonio, e principio al trionfo della gloria: già il dolcissimo nostro Gesù è nell’ultimo estremo agonizzando tra orribili svenimenti, dopo d’aver terminato gli uffici tutti di Redentore; e già dentro le porte della morte sta finalmente offrendo la dolce sua vita in prò dei peccatori. Entra, o Anima, nell’intima sua memoria, e tutte vedrai presenti le petizioni che dovranno farsi all’eterno Padre sino alla fine del mondo: tutte le fa Gesù Cristo: e per Lui e per la morte sua tutte hanno le suppliche un favorevole rescritto. Già il dispaccio è spedito di tutte le altre disposizioni del mondo finché starà in piedi: e da questa morte, che già compie, tutta dipende la nobile restaurazione dei seggi del Cielo. Guarda quel gran Signore, che in questo punto vide colla sua alta sapienza tutte le tue battaglie e tentazioni, le tue più secrete cadute, i tuoi più occulti pensieri, tutti gli avvenimenti della tua vita, tutti i tuoi pericoli di peccare e di dannarti. Guarda, come applica a te tutta la sua Passione e Morte, come se fossi tu solo l’oggetto unico dell’amor suo. Rendigli infinite grazie di quello che ebbe per te sì speciale, come fossi al, mondo tu solo. Adesso è che il sovrano suo Padre gli concede la salvazione di quei gran peccatori che son dalle storie riferiti; e le eroiche imprese dei Santi: adesso è che dà valore ai suoi Apostoli, fortezza ai suoi martiri, purità alle Vergini, coraggio ai Confessori ed ai Penitenti; adesso che vede pieni i campi delle raccolte dei giusti, e retti i suoi tempi, popolati i suoi chiostri, abbattuti gli idoli e inalberata in ogni parte la trionfale insegna della sua Croce: adesso che vede dover per la sua morte ricever lume moltissime nazioni e salvarsi ancora le più barbare. E nel mirare 1’adempimento di questi sì alti fini della sua Redenzione, si raccolse quasi come nell’intimo del suo cuore a vedere se altra cosa gli restasse a fare e patire per i peccatori: “Quid ultra debui facere et non fecit?” Che doveva io fare per li peccatori e che non ho fatto? Che altro mancami a fare? O Redentore dell’anima mia! no, non vi resta più altro a fare. Arrivaste alla cima più alta della carità, al segno ultimo dell’amore, quanto poteva far l’amor vostro, tanto avete Voi fatto e patito. Osservando dunque il Salvatore che niente più gli rimaneva di fare in obbedienza al Padre, ed in riparo degli uomini, alzò la voce e con generoso affetto disse: “Consummatum est”. Tutto è già terminato, tutto conchiuso. Siate benedetto, o Redentore dell’ anima mia, per un beneficio e per una carità così immensa. Concedetemi o Signore, che pel preziosissimo vostro Sangue possa anch’io della mia vita dirvi con pentimento vero: Già tutto è finito: è finito l’offendervi: son finiti miei scandali: finite le mie iniquità : tutto è conchiuso per amor vostro; tutto è terminato.Ah! come sarà stato, o Anime, in questo momento quel cuore, quella volontà di Gesù Cristo? Che fuoco, che amorevolezze, che tenerezze? Queste, Anime, è il tempo di far provvisione d’amore; ché sta avvampando Gesù. Tutto, dice, è già terminato, tutto compiuto; non mi resta più nulla: fin qua poterono giungere i miei affetti: arse già il fuoco fin dove poté; il cuor già mi bolle entro il petto nel suo accendimento maggiore. All’incendio, o cuori amanti, petti gelati, al petto di Gesù. Oh tiepidi cuori! Questo è già terminato. O peccatori insensibili! Questo ha già conchiuso; la fiamma è già nel suo punto: gettatevi nell’incendio del cuor di Gesù:amore e più amore; ardore ed ardore sempre più. Sia cosi, Gesù mio. Esso pur unisca il mio cuore, disfatto da dolore ed arso nel vostro amore.

Qui meditatione e strofa:

“L’alta impresa è già compita;

E Gesù con braccio forte,

Negli abissi la ria morte,

Vincitor precipitò.

Chi alle colpe ornai ritorna

Della morte brama il regno,

E di quella vita è indegno

Che Gesù ci ridonò”.

Poi in rendimento di grazie per aver compiuta la nostra Redenzione si recita:

“Vi ringrazio, o Signore, che compiste la mia Redenzione; sia, o mio Gesù, per la salvezza mia”.

Indi: Credo in Dio, etc..

LA SETTIMA PAROLA.

“Padre, nelle vostre mani raccomando

lo spirito mio”.

In quest’ultima parola ci dà il nostro amorosissimo Redentore l’ultimo documento dell’amor suo, insegnandoci l’atto il più importante e sublime per l’ora strema della morte; abbandonarsi cioè e mettersi tutto quanto con umile confidenza nelle mani di Dio, come nelle mani del nostro Padre. Gesù Cristo insegna a morire. Impariamo, o Cristiani, ciò che è la morte da quella del nostro Salvatore. Oh che passo tremendo! oh che arduo punto! Nell’accostarvisi un Uomo-Dio, si altera la sua santissima Umanità: perde la faccia il suo colore, s’annerano le labbra, tra le angustie ed agonie scuotesi tutto il corpo. Anche quell’alto ed animoso grido, con cui, già vicino a spirare, raccomandò il suo spirito nelle mani dell’ eterno Padre che lo poteva liberar della morte, fu accompagnato da tenere lagrime: Cum clamore valido et lachrymis. Muore così un Uomo-Dio. E voi, uomini, riguardate la morte con tanta indifferenza? Siete mortali, e vivete così trascurati? E come potete mostrarvi insensibili alla considerazione di un momento così terribile? Anime , cosa sia il morire, osservatelo in Gesù; mirate cosa sia agonizzare. Che battaglie! che angustie! che dolori! Oh passo forte! Come ci può essere persona che differisca le sue disposizioni a quel tempo, in mezzo ad amarezze di tanto affanno? Come c è uomo che riservi a quell’ora, fra tali e tante ambasce, l’affare più serio e più difficile della salute? Ora, ahimè, d’agonia! chi potrà ponderarvi? Quali angustie non soffrì Gesù nella separazione dell’anima e del sacro suo corpo! L’anima santissima riguardava in quel corpo il suo prezioso compagno, vi riguardava quella carne pura di Maria; quella stretta unione; ed al vedersene distaccare, la se parazione era sì dolorosa che obbligò tramutarsi e a tremarne tutta la sacratissima Umanità. Oh forza del morire: oh duro colpo che fa scuotere un Uomo-Dio! Ma siate benedetto, o mio Gesù, che vi metteste Voi in codeste agonie per aiutar me a passare il fiume delle mie miserie, Voi, o Signore, lo tragittaste per addolcire a me le amarezze della mia morte. – Or trovandosi in questo estremo il Redentor nostro Gesù, fece silenzio e domandò ai mortali attenzione con quell’alto vigoroso grido; significando di voler già morire, e per insegnarne a noi la sublime e sincera maniera, prima che spiri, raccomanda e pone il suo spirito nelle mani dell’eterno suo Padre, dicendoGli con gran riverenza: Padre, nelle vostre mani raccomando lo spirito mio. Oh che eccelso e divino ammaestramento! Gesù Cristo onora in questo atto il suo eterno Padre col maggior onore che può rendergli: perché mettendo nelle mani di Lui il suo spirito, mostra verso del Padre l’immenso amor suo, la sua sicura fiducia, la sua profonda umiltà, la sua total sottomissione: giacché si consegna Egli tutto alla discrezione e provvidenza di Lui, come a Padre fedele, giusto, santo, potente che mancar non può mai a chi a Lui si affida, né lascia di esser asilo infallibile di misericordia e di sicurezza, e nelle cui mani consegnando l’anima, non può non esser che felice e beata. Col più sublime atto della sua dottrina e perfezione così c’insegna Cristo a morire. Oh eterno Padre, giusto e santo! col sacro spirito dell’amabilissimo vostro Gesù pongo anch’io, e raccomando il mio spirito nelle vostre mani. Ricevetemi, o Signore, fin da quest’ora per sempre: miratemi agonizzante fra tanti pericoli di offendervi: miratemi tra le battaglie e gli sbigottimenti delle mie tentazioni e cadute: non mi lasciate andar giù, Padre pietosissimo, che insieme col dolcissimo Figlio vostro Gesù raccomando il mio spirito nelle vostre mani, non solo nell’ora della mia morte, ma in tutto il tempo ancora della mia vita. Nelle mani vostre raccomando, o Signore, lo spirito mio, quanto ho, quanto sono. Abbiate di me misericordia. – Avendo il nostro Redentore Gesù raccomandato il suo spirito nelle mani dell’eterno Padre, vide che l’ora si andava già accostando di renderlo: ed affinché tutto il mondo conoscesse che moriva spontaneo, per volontaria obbedienza al Padre, e per amore verso degli uomini, alla morte diede licenza di giungere. Innanzi però di morire, per mostrare che non era la morte che gli facesse piegar la testa, ma il peso immenso dell’amor suo, Egli stesso prima di spirare inchinò dolcemente sul petto la testa sua sacrosanta. Oh inchinamento tutto pieno di profondi misteri! Con tale inchina mento significò il Salvatore la sua obbedienza all’eterno suo Padre, la sua propensione e benevolenza versi degli uomini, la sua povertà ed umiltà, il non avere in croce ove posar la sua testa , per la gravità delle nostre colpe, che col peso gli facevan chinare il capo e morire. La chinò anche alla ingrata terra per congedarsi da lei, e darle nel suo spirare, come al principio del mondo, spirito di nuova vita. La chinò inoltre per chiamar con tal segno i peccatori all’amor suo, invitandoli alle carezze e tenerezze del suo cuore. Rivolse per ultimo questa inclinazione alla sua dolcissima Madre Maria (che trafìtta dolore stava ai piedi della croce) per farle questa riverenza profonda, e prendere da Lei congedo, dirigendo a Lei l’estremo fiato del viver suo, anche per insegnare agli uomini che non può veruno partir bene dal mondo, se non con dirigere a Maria e per mezzo di Maria l’ultimo respiro della sua vita. Siate benedetto, o Maestro della mia vita, pei misteri della santa vostra inchinazione, e per gl’insegnamenti che in essa mi dà la carità vostra infinita. – Chinata in tal modo con tanti misteri la testa del nostro amorosissimo Redentore, non rimanendogli più che fare per render l’anima, comincia a tramutarsi, e tutto trema il sacro suo corpo al volersene distaccare l’anima sacratissima. Già la morte, per esercitare il suo officio, principia a spogliar di colore il suo bellissimo volto, già gli affila il naso, già gli fa livide le labbra, già gli sfigura il sembiante, già gli esalta il petto, già gli va togliendo il respiro, e tutte le insensibili creature, all’accorgersi che già vuole spirare il loro Creatore, non possono trattenersi di risentisene e cominciano a cangiarsi gli elementi. Il sole si ottenebra, la luna si fa sanguigna, i cieli si oscurano, geme e trema la terra, e tutto il mondo piange e si scuote. Deh, Gesù mio, aspettate un poco, o Signore, che voglio anche io morir con Voi: moriamo insieme, o mio Gesù: che se Voi morite di amor per me, io voglio morire d’amor per Voi. No, più non mi curo di vivere, o mio Dio, se vi ho da tornare ad offendere e crocifiggere. – O Gesù del mio cuore! veggo già che l’ora si affretta; ben Voi potete morire, o Redentore dell’anima mia, che tutto il cielo, in terra tutta stanno con grande aspettazione attendendo la vostra morte. Con le braccia aperte l’attende il vostro eterno Padre per raccogliere il vostro Spirito; l’attendono gli Angeli per applaudire alla vostra vittoria; l’attendono i Padri santi nel Limbo, per risplendere alla vista di Voi in libertà gloriosa, l’attendono tutti i giusti per rendervi eterne grazie e lodi ; l’attendono tutti i peccatori per ispezzarsi il cuore di dolore, con fermo proponimento di più non esservi ingrati, tutto finalmente 1’attende il mondo per rinnovarsi, e gli uomini tutti per vedersi redenti dalla schiavitù del peccato. – Vedendo pertanto il Signore l’ansietà ed i sopiri con cui tutto il mondo aspetta la sua morte, già si arrende alle brame, ed in mezzo al suo affetto e alle sue tenerezze verso i peccatori, consegna il suo spirito all’eterno Padre, e la sua Vita ed il suo Sangue pel general rimedio di tutti gli uomini. Via dunque, dolcissimo mio Gesù: già è ora: morite dunque, e Redentore dell’anima mia, ed allorché dopo morte sarete col vostro eterno Padre, pregatelo, o Signore, che sempre siamo coi Voi; che viviamo e moriamo nella grazia vostra, nel vostro amore per il vostro preziosissimo Sangue, Passione e Morte; che per la vostra gran riverenza sarete ben ascoltato e favorito per noi peccatori, vostri redenti e cari. Oh altissimo Iddio! Oh incomprensibile maestà! Voi solo, o Signor grande, potete intendere ed apprezzare la morte del vostro Figlio, il nostro Signore Gesù Cristo. L’uomo l’ascolta, e si rimane insensibile, cieco, sordo e muto. Vede morire il suo Dio, e non sospira, non piange, non si ravvede, mentre sa che muore il suo Dio, perché non muoia egli eternamente nell’Inferno. Oh che obbligazione tremenda! oh Venerdì Santo! oh tre Ore d’Agonia! Svegliate, o mortali, codesti occhi dell’addormentata vostra fede; muore il vostro Dio per voi, e alcuno non havvi che non muoia d’amore e di dolore col suo Dio? Per i vostri peccati Egli muore, e non havvi alcuno che non muoia di disgusto d’aver peccato? Oh Dio, oh cieli, oh pietre prestateci voi la vostra commozione per morir oggi col nostro Redentore Gesù Cristo di amore e di dolore. A morir, Anime, con Gesù Cristo, a morir d’amore, a morir di dispiacere per averLo offeso.

Qui inginocchiandosi tutti, cantano i musici.

Iesus antem, emissa voce magna, espiravit.

Dopo qualche minuto di silenzio, ripiglieranno

“Gesù morì .. Ricopresi

di nero ammanto il cielo

I duri sassi spezzansi,

Si squarcia il sacro velo,

E l’universo attonito

compiange il suo Signor.

Gesù morì insensibile

In mezzo a tanto duolo

Più dei macigni stupido,

Resterà l’uomo solo,

Che coi suoi falli origine

Fu del comun dolor?”

.(1) Chi fa le tre Ore continuate di Agonia nel Venerdì Santo in pubblico o in privato; solo o in unione di altri, meditando o recitando Salmi, Inni ed altre preci, purché sia confessato e comunicato il Giovedì Santo, pregando secondo l’intenzione del sommo Pontefice, o le farà nella seguente settimana di Pasqua, guadagna INDULGENZA PLENARIA da potersi applicare alle Anime Purganti, (Pio VII, 14 febbraio 1815).