LA “vera”CHIESA -2-

[Catechismo di Perseveranza – vol. II; cap. XXV, Torino 1988]

Iddio vuole che tutti giungano a salvezza; essi non vi possono giungere che mediante Gesù Cristo, vale a dire, colla cognizione e coll’esercizio della vera Religione, di cui Gesù Cristo è l’anima e il fondatore1 [“Omnes homines vult salvos fieri, et ad agnitionem veritatis venire”. Ad Tim. II, 4. —“Non est in alio nullo salus. Nec enim aliud nomen est sub coelo datum hominibus, in quo oporteat nos salvos fieri”. Act.. IV, 12]; ma Gesù Cristo e la vera Religione non si trovano che nella vera Chiesa, ed è quivi soltanto ch’Egli insegna, spande le sue grazie, comunica il suo spirito: dunque è evidente, che di necessità esiste una vera Chiesa, la qual cosa ne dimostrano di pieno accordo la fede e la ragione.

Necessità della Chiesa. Nostro Signore solennemente promise di stabilire una Chiesa, colla quale Egli sarebbe stato sempre sino alla fine dei secoli [“Christus dilexit Ecclesiam et seipsum tradidit pro ea.” – Eph. V, 2]; Esso ha ingiunto di risguardare come pagani e pubblicani tutti coloro che ricusassero ascoltare questa Chiesa; egli è morto per istabilirla e per comunicarle quella santità, di cui essa doveva essere l’unico canale sino al finire del mondo; dunque se non vuolsi sostenere l’orribile bestemmia, che il Figlio di Dio ne ha ingannati, non stabilendo punto, che per un tempo limitato quella Chiesa, che aveva promesso di stabilire e di stabilire per sempre, minacciandoci l’inferno se non ascoltiamo una Chiesa che non ha esistito, o che non esiste più; sarà forza ammettere l’esistenza e l’esistenza perpetua d’una sola e vera Chiesa. La ragione, d’accordo coi dettati della fede, ne suggerisce, che siccome il Signor Nostro non doveva restar per sempre visibile sulla terra, così ei doveva provvedere alla perpetuità della sua Religione. Ciò posto, non era assai a tant’uopo lasciarci un codice scritto di leggi: un libro, e specialmente un corpo di leggi abbisogna d’interpretazione; è dunque evidente che il Signor Nostro dové stabilire un’autorità, e a parlar propriamente, una Chiesa cui incombesse l’ufficio di spiegare autenticamente la sua Religione, e di farla praticare. – Perciò, se non si vuol negare al Figlio di Dio quel tanto di buon senso, che pur concedesi all’ultimo fra gli uomini, è giuoco forza ammettere ch’esso ha stabilito una vera Chiesa per conservare intatto il deposito di sua dottrina.

Visibilità della Chiesa. Questa vera Chiesa deve in ogni tempo esser visibile, fieramente per la ragione poc’anzi riferita, vale a dire, che Iddio vuole la salute di tutti gli uomini, e la salute non è possibile che nel grembo della Chiesa; donde si deduce per logica necessità che la Chiesa in tutte le occasioni e in tutte le età dev’essere visibile, affinché tutti possano discernerla e divenire suoi membri. – In secondo luogo, perché Iddio ha dichiarato apertamente ch’ella sarebbe visibile a tutti i popoli. Per organo dei Profeti, Egli la paragona ad una città immensa, edificata sulla vetta di alta montagna, esposta agli sguardi di tutte le nazioni, rifulgente di tutta la luce della verità, di modo che tutte le tribù della terra potranno camminare dietro la sua luce, come camminano allo splendor del sole [Michea IV, Isa. LX.]. Finalmente, perché essendo la Chiesa una società d’uomini, riuniti per l’esteriore professione di una medesima fede, per la partecipazione ai medesimi Sacramenti e alle stesse cerimonie pubbliche, per la sommissione ai medesimi capi, è impossibile altresì che non sia visibile. Così la pensarono tutti i Padri; così la pensa ancora il più volgare buon senso.

III. Infallibilità della Chiesa. La vera Chiesa deve essere infallibile. Intendesi per infallibilità il privilegio di non potersi ingannare, né ingannare gli altri nell’ammaestrarli. La prova che la vera Chiesa è infallibile e ch’ella non può altrimenti essere, è la più agevole di ogni altra. – Quattro domande metteranno tale verità in piena evidenza, 1° Nostro Signor Gesù Cristo è Egli infallibile? Niuno certo oserebbe dubitarne. 2° Ha Egli potuto comunicare la sua infallibilità a quelli che ha inviato per insegnare agli uomini? Niuno può muoverne dubbio, attesoché, essendo Dio, Egli può tutto. 3° Ha Egli comunicato la sua infallibilità ai suoi Apostoli, ed ai loro successori? Senza fallo, perché ha loro detto: « Andate, insegnate, io sarò con voi sino alla fine dei secoli ». 4° Doveva esso comunicare la propria infallibilità ai suoi Apostoli, e loro successori? Sì, lo doveva, poiché senza di ciò non avremmo avuto alcun mezzo per conoscere con certezza la vera Religione. Eppure Iddio vuole che da noi si conosca con certezza la vera Religione, poiché vuole, sotto pena della dannazione, che noi la pratichiamo, e che siamo pronti a morire, piuttostoché revocare in dubbio alcuna delle verità ch’essa insegna: la vera Chiesa è dunque infallibile. – Se ella non lo fosse, è facile vedere quali mostruose conseguenze converrebbe ammettere. – 1° Non esisterebbe mezzo alcuno per conoscere la vera Religione. A guisa di fanciulli noi piegheremmo ad ogni vento di dottrina, e invano perciò sarebbe venuto Gesù Cristo sulla terra per insegnare agli uomini la via del Cielo: ed i nostri fratelli separati ce ne offrono un esempio irrefragabile. Presso di loro non v’ha più nulla di certo: quante teste altrettante dottrine: prova manifesta che la Bibbia sola non basta. La Bibbia è un libro che vuol essere spiegato, e spiegato da un’autorità infallibile per divenire una regola obbligatoria di fede e di condotta, II° Il Signor Nostro stesso, orribile a dirsi!, sarebbe al di sotto di un onest’uomo, atteso ché non avrebbe mantenuto la sua parola: dopo aver promesso di parlar sempre per organo degli Apostoli e dei loro successori, non ne farebbe nulla, lasciandoli spacciar delle prette menzogne. III° Gesù Cristo sarebbe il più barbaro e il più ingiusto di tutti i tiranni; egli ne avrebbe intimato, sotto minaccia dell’inferno, di ascoltare degli uomini, che potrebbero trascinarci nell’errore e guidarne al precipizio. Vedasi dunque quante bestemmie debbano sostenere, e quali spaventose conseguenze siano costretti ad ammettere coloro che ardiscono di negare l’infallibilità della Chiesa. – Deh! noi almeno, docile gregge dell’ovile divino, seguiamo fedelmente i nostri Pastori; ed oggi, più che mai, professiamo verso di loro la più perfetta sottomissione. Crediamo ciò ch’essi credono, approviamo ciò che approvano, rigettiamo ciò che rigettano, condanniamo ciò che condannano. – Figli della Chiesa, diciamo come i Padri nostri: « Tutto quello che noi sappiamo si è, che dobbiamo credere alla Chiesa, e morire ben anco per la sua fede; ma noi non sappiamo disputare [“Si quis autem videtur contentiosus esse: nos talem consuetudine non habemus, ncque Ecclesia Dei”. I Cor. XI, 16] ». Allontanandosi da questo canone, gli eretici naufragarono nella fede; indocili a tale avvertimento, una moltitudine di spiriti presuntuosi si credettero capaci di discutere intorno alle verità della Religione, e, anteponendo il proprio giudizio a quello dei primi Pastori della Chiesa, per seguire il loro spirito privato, caddero miseramente in quel precipizio che si erano da se medesimi scavato.

IV. Note della vera Chiesa. Rimane adesso a conoscere la vera Chiesa. Ora, per discernerla dalle false Chiese, non basta che ella sia visibile, poiché molte altre società religiose lo sono egualmente; non basta ch’ella sia infallibile, poiché l’infallibilità è una prerogativa che le altre sette si appropriano esse pure, ovvero l’attribuiscono ad ognuno de’suoi membri. Che cosa è dunque necessario? È uopo che la vera Chiesa, la legittima sposa dell’Uomo-Dio, mostri sulla sua fronte contrassegni così splendidi, caratteri sì perfettamente inimitabili, che a nessun’altra setta sia dato contraffarli od arrogarseli. Ora queste note non possono essere che quelle della stessa verità, e se ne annoverano quattro principali: I° L’Unità; II° la Santità ; III° l’Apostolicità; IV° la Cattolicità.

L’UNITÀ. L’unità è il carattere essenziale della verità, imperocché Iddio è uno e la verità è Iddio rivelato all’uomo, il Salvatore ha pregato perché la sua Chiesa fosse una; Egli l’ha rappresentata sotto l’immagine di un ovile governato da un solo pastore, d’una casa in cui dimora un solo capo, d’un corpo i cui membri sono tutti perfettamente uniti [Giov. I, 12]. Perciò la vera Chiesa dev’essere una; una nella sua fede, una nelle sue leggi, una nelle sue speranze, una nel suo Capo [Idem XVII, 10, 11, 16.].

LA SANTITÀ. La santità è il carattere essenziale, la perfezione per eccellenza di Dio; la qual santità in Dio esclude l’idea medesima del male e dell’errore. La vera Chiesa deve dunque essere santa; santa nelle sue massime, santa nei suoi dogmi, nei suoi sacramenti, nei suoi precetti, santa nello scopo che si propone di ottenere, santa nei suoi membri; dì santità resa visibile dai miracoli, affinché tutti, così dotti come ignoranti, possano riconoscerla. Tale si è la Chiesa che Gesù Cristo volle ottenere alla sua morte: Cristo, dice S. Paolo, amò la Chiesa, e diede per lei se stesso, affine di santificarla e renderla vestita di gloria, senza macchia, e senza grinza e farla santa e immacolata [Efes. V, 25, 27].

APOSTOLICITÀ. Discendere dagli Apostoli, ed essere stata da loro predicata, ecco il carattere della verità; imperciocché ad essi confidò il Salvatore tutte le verità, ch’Egli stesso aveva attinte nel seno del Padre suo, verità che svolgevano, raffermavano e completavano tutte quelle che Iddio aveva rivelate fin dalla creazione del mondo. Ad essi Egli commise l’ufficio di annunziarlo per tutta la terra: la vera Chiesa deve dunque partire dagli Apostoli, e risalire fino agli Apostoli.

LA CATTOLICITÀ. La verità è una e la stessa in tutti i tempi e in tutti i luoghi; ciò ch’è vero in Europa non può essere falso in Asia ; ciò ch’è vero oggi non poteva essere falso ieri. Si deduce che essendo tutti gli uomini fatti per la verità, ella deve essere accessibile a tutti, e trovarsi dovunque si trovano degli uomini. Dunque la vera Chiesa, che sola possiede la verità, deve abbracciare tutti i tempi, tutti i luoghi, tutte le verità insegnate dal Signore Nostro G. C. Tali sono le note che deve necessariamente avere la vera Chiesa; queste sono indispensabili affinché tutti possano riconoscerla; ma con queste altresì è impossibile di non riconoscerla e di non discernerla da tutte le altre società.

Verità della Chiesa Romana. Percorrete adesso il giro del mondo, studiate tutte le società religiose ch’esistono presso i differenti popoli, cercate quella che fra tutte vi presenterà questi quattro caratteri; essa, essa sola è la vera Chiesa. Ora questo viaggio è stato fatto, non una volta sola, ma sì bene migliaia di volte; non da un uomo, ma da milioni di uomini, e sempre ha offerto il seguente risultato: i quattro caratteri della vera Chiesa convengono alla Chiesa Romana, e non convengono che a lei sola.

L’unità. La Chiesa Romana è una nella fede e nel suo ministero. E primieramente una nella sua fede. Supponiamo che si potesse evocare dalle tombe in un’ora medesima un Cattolico di ciascuno dei diciotto secoli che ci hanno preceduto, un Cattolico di Oriente, uno dell’Occidente, uno dell’Asia, l’altro dell’Europa; e che noi domandassimo a tutti questi Fedeli che vissero senza conoscersi, senza vedersi, morti gli uni cento anni fa, altri mille, altri mille e cinquecento, altri mille ottocento: Qual è la vostra fede? Ognuno per parte sua reciterebbe lo stesso Simbolo, il Simbolo che noi recitiamo tutti i giorni, e che si recita egualmente ai quattro angoli della terra. Quest’accordo così perfetto, questa perpetua unità rapiva già d’ammirazione i primi Padri della Chiesa, e già essi adoperavano un tale argomento per dimostrare agl’eretici ch’erano nell’errore. « Sebbene sparsa per tutta la terra, diceva S. Ireneo, la Chiesa conserva la fede apostolica con estremo zelo, e come se abitasse una sola e medesima casa; ella crede della stessa maniera, come se tutti i suoi membri non avessero che uno stesso spirito ed uno stesso cuore, e con mirabile accordo ella professa ed insegna la stessa fede, come se avesse una sola bocca. I linguaggi sono bensì diversi fra loro, ma la fede è una dappertutto. Le Chiese di Germania, delle Gallie, dell’Oriente, dell’Egitto non pensano, non insegnano colla minima varietà » [Adversus Hæres. C. 10, n.2] – Quanto non dobbiamo andare alteri di professare la fede degli Apostoli, dei Martiri, dei più grand’ingegni che il mondo abbia giammai conosciuto! Quale consolazione! Quale malleveria! Ma questo vanto non è proprio delle società separate dalla Chiesa; in esse, variazioni ognora rinascenti, contraddizioni senza numero. Le professioni di fede succedonsi senza interruzione, le sètte particolari si moltiplicano come foglie sugli alberi. Nella sola città di Londra e nei suoi dintorni si contano oggigiorno cento nove religioni diverse. La stessa divisione si riscontra in Alemagna, nella Svizzera, in America, in tutti i paesi sedicenti Evangelici. E lo sminuzzamento è giunto a tale, che un ministro protestante diceva non ha molto, ch’egli era in grado di scrivere sull’unghia del pollice tutto quello ch’era obbietto di comune credenza fra i riformati. [Questo è ciò che diceva, nel 1820, Harms de Kiel. – Il Protestantismo non è dunque la vera Chiesa, poiché non serba unità di dottrina [V. Bossuet, Le Variazioni. — Cobbet, Riforma d’Inghilterra. — Scheffmacher, Lettere, etc. etc.]; e lo stesso deve dirsi del Maomettismo, del Giudaismo, e di tutte le altre società religiose che si spartiscono il mondo.La Chiesa cattolica è una nel suo ministero e nei suoi Sacramenti, vale a dire, che tutti i suoi figli, soggetti alla stessa autorità, sono uniti mediante la partecipazione ai medesimi Sacramenti, al medesimo Sacrificio , alle stesse preghiere, allo stesso culto. Discorrete le regioni tutte del mondo, interrogate i Cattolici che le abitano, e dovunque voi troverete su questo punto l’accordo più perfetto. Allo scopo di mantenere questa divina unità il Signor Nostro Gesù Cristo istituì un ministero sparso per tutte le parti della sua Chiesa, ma dappertutto altresì animato da un solo spirito, cui spetta di predicare ed insegnare la fede, di amministrare i Sacramenti, celebrare i santi riti; a dir governare e pascere tutto il gregge, e tale ministero fu da Lui distinto in diversi ordini, che formano perciò una gerarchia. In tutti i luoghi abitati, città, borgate altro, volle che vi fosse un Ministro di ordine subalterno; ed in ogni provincia un Ministro di ordine superiore, che dicesi Vescovo, al quale sono sottomessi i Pastori inferiori, e che comunica coi Vescovi degli altri paesi. Tutti i Vescovi sono in rapporto di sommissione col sovrano Pontefice, capo supremo della Chiesa. Rivestito di un primato d’onore, egli è collocato su tutti gli altri, all’oggetto di essere da tutti ravvisato come il centro di unità a cui fan capo tutte le Chiese della terra; rivestito di un primato di giurisdizione, egli può colla sua autorità separare gli erranti dall’unità, o ricondurvi i traviati. In tal guisa questo ministero forma fra tutti i Cattolici sparsi sulla terra un magnifico legame d’unione: tutti essendo riuniti ai loro Pastori, e questi fra loro col Pastore dei Pastori, necessariamente ancora sono tutti gli uni agli altri congiunti.Nulla di somigliante nelle sètte separate. Non subordinazione generale fra i loro ministri; non altro centro d’unità tranne il potere temporale che li tien strettì sotto il suo freno; a tal che la gerarchia, la quale nella Chiesa cattolica finisce nel Papa, Vicario del Signor Nostro Gesù Cristo, termina nei paesi protestanti nella persona di un re, e talvolta in una regina, ignari della scienza divina, e pur nonostante arbitri supremi della Chiesa di Dio e delle coscienza umana. Più disuniti fra loro di quello che lo siano colla Chiesa, si accusano, si diffamano, si condannano; sempre fra loro in guerra, non sono uniti che coll’odio comune contro la vera Chiesa, perché tutti li colpisce dello stesso anatema. Quindi nessuna unità di culto; gli uni ammettono due sacramenti, gli altri tre: gli uni hanno un culto senza simbolo, gli altri un culto diverso; sicché il protestante, uscito da quell’angolo della terra ovee regna la setta a cui appartiene, è straniero al resto del mondo!

2° La Santità. La Chiesa Romana è santa neii suoi dogmi, santa nella sua morale, nei suoi Sacramenti, nel suo culto; ond’è che si può sfidare l’avversario il più accanito, purché imparziale, a ritrovare nella sua magnifica costituzione un iota che non sia eminentemente adatto a rischiarare la mente, a purificare il cuore, e sollevare l’uomo a Dio. Niuna setta, vuoi antica, vuoi moderna, può vantare questo primo genere di santità, perché tutte hanno dato, e carezzano ancora ignobilmente dal loro lato accessibile qualcuna delle tre indi passioni umane: l’orgoglio, l’ambizione, la voluttà. La Chiesa Romana è santa nel suo Capo che è Gesù Cristo; santa nei suoi fondatori che sono gli Apostoli; ma santo non fu mai verun fondatore di eresie. Troppo è noto qual fosse primi secoli la santità di Ario, di Manete e degli altri eresiarchi. Chi furono nei tempi moderni i corifei dei protestanti? Lutero, Calvino, Zuinglio, tre ecclesiastici apostati, ed i tre uomini più scandalosamente impudichi del secolo sedicesimo. E si potrà credere che Iddio abbia scelto cotali uomini per riformare la sua Chiesa? Santa è la Chiesa cattolica in gran numero di Papi e di Vescovi; santa finalmente in buon numero di Fedeli. Basta gettare uno sguardo su d’un martirologio, o su d’un calendario per vedere quanto grande sia la schiera dei Santi che si sono formati nella Chiesa, anche negli ultimi secoli. E fuori ancora di quelle innumerevoli legioni di Santi, che risvegliano la generale ammirazione per l’eroiche loro virtù, ed ai quali i popoli non hanno potuto ricusare omaggi solenni, esiste una moltitudine assai più grande ancora di coloro che si santificarono colla pratica di virtù oscure celate agli occhi degli uomini! – La santità dei figli della Chiesa è vera, poiché Iddio ha operato splendidissimi miracoli affine di manifestarla. Ora i miracoli operali dai Santi ebbero luogo in tutti i secoli, e succedono tuttavia al di d’oggi nella sola Chiesa cattolica. Le sètte separate non possono dunque addurre la condotta regolare dei loro seguaci come una prova della santità di loro dottrina; avvegnaché Iddio non ha giammai confermato con alcun miracolo le loro virtù; mentre i Protestanti medesimi confessano la verità dei miracoli operati dai Santi della Chiesa cattolica, e segnatamente da S. Francesco Saverio. [Vedi il celebre viaggiatore protestante Tavernier]. Per altro, affinché la Chiesa Romana sia santa, e madre dei Santi; affinché ella abbia diritto di presentare la propria santità come un carattere di sua verità, non è necessario che tutti i suoi membri siano santi. Il Signor Nostro Gesù Cristo ha paragonato la sua Chiesa ad una rete in cui si trovano pesci buoni e cattivi; ad un’aia in cui la paglia è mescolata al grano: laonde basta che tutti i membri della Chiesa siano stati santi, e tutti realmente lo furono nel giorno del loro battesimo; e che buon numero d’essi abbiano perseverato nella loro santità, e che Iddio abbia manifestata la loro santità coi miracoli.

La Cattolicità. La Chiesa Romana è cattolica per triplice cattolicità: primieramente per cattolicità di dottrina. Essendo essa l’erede di tutte le verità rivelate, la Chiesa Romana uniformandosi al comando del divino suo Maestro, insegna senza distinzione, senza eccezione, senza aggiunte, senza diminuzione tutto quello che il Signor Nostro si degnò di rivelarle. Ella non si fa lecito, alla guisa degli eretici, di portare una mano sacrilega sulle Scritture, e scegliere a capriccio fra le verità a lei affidate in deposito, accettando le une, rifiutando le altre; no, ella riceve, conserva ed insegna con uguale zelo tutti i dogmi e tutti i precetti del suo Sposo divino. Ad onta di tutti gli sforzi, gli eretici antichi e moderni , aventi per ausiliari i filosofi e gli empi, non hanno mai potuto provare che la Chiesa cattolica abbia mutato, accresciuto, diminuito, e molto meno inventato una sola delle verità che propone da credere all’universo: i Padri apostolici parlavano come i Sacerdoti dei nostri giorni. [Vedi NEWMANN ministro Anglicano, di fresco convertito, nella opera Lo svolgimento della Dottrina Cristiana.] – In secondo luogo cattolicità di tempo. Rivelate ai primi Padri nostri, trasmesse dai Patriarchi, sviluppate sotto l’antica Legge, completate mediante 1’Evangelo, confidate agli Apostoli dallo stesso Uomo-Dio, propagate per mezzo loro in tutte le parti dell’universo, trasmesse fino a noi per costante tradizione, le verità insegnate dalla Chiesa Romana risalgono fino ai primi giorni del mondo, e saranno col ministero di lei annunziate a tutte le future generazioni, sino alla consumazione dei secoli. Il suo Simbolo è il Simbolo del genere umano, nel significato, che tutto ciò che presso qualsiasi nazione riscontrasi di vero gli appartiene, come il ramo appartiene all’albero, le membra al corpo, i raggi al sole. – Da ultimo cattolicità di luoghi. Scorrete l’universo, visitate le quattro o cinque parti del mondo; passate dalla China alle nordiche spiagge dell’America, dall’Africa alle regioni settentrionali dell’Europa, e dappertutto ritroverete dei Cattolici. Per ammirabile disposizione di sua Provvidenza, Iddio volle che così fosse, affinché ad ogni ora del giorno e della notte risuonasse sulle labbra di qualche persona il Simbolo cattolico. Questa recitazione non è interrotta più di quanto sia il Sacrificio dei nostri altari, mercé cui il sangue divino non ha cessato un solo istante nel dorso di diciotto secoli di scorrere su qualche punto del globo. Allorché la notte ricopre de’suoi veli una parte della terra, e il Sacerdote discende dall’ altare, cessando eziandio il Fedele di ripetere il simbolo, ecco nascere il giorno per un altro emisfero, il Sacerdote salire all’altare, e i nostri fratelli Cattolici ripetere la professione di nostra fede: e così avverrà sempre con successione invariabile sino alla fine dei tempi [Vedi JAUFFRET, p. 288]. Ma voi non ritroverete dovunque degli eretici, o dei membri di una società separata. Cattolicità di luoghi! La Chiesa Romana a guisa del sole scorre l’orizzonte dell’universo; la sua luce si levò successivamente sulle diverse contrade del globo: l’eresia non mai. Cattolicità di luoghi! La Chiesa Romana è la più numerosa di tutte le società separatamente considerate. Il Maomettismo, 1’Idolatria, il Protestantismo, si dividono in una infinità di sètte, ciascuna delle quali è ben lontana dall’avere tanta copia di partigiani, quanti Fedeli conta la Chiesa cattolica. – Cattolicità di luoghi! Essere una come Dio è uno; essere dovunque come Iddio è dappertutto senza cessare di essere uno; tale si è la Chiesa Romana. L’unità nell’universalità stessa, ecco il carattere splendidissimo che la distingue e che si chiama Cattolicità. – « Siccome non esiste che un solo Episcopato, scriveva, sono ornai diciassette secoli, San Cipriano, così non trovasi che una sola Chiesa la quale abbraccia la vasta moltitudine dei membri che la compongono. – A quel modo che un’indicibile quantità di raggi si vedono partire dal sole sebben non v’abbia che un solo centro di luce; e infiniti rami sorgono sopra un sol tronco d’albero, il quale tutti li sostiene, immobilmente fisso colle sue radici al suo; a quella guisa che da una stessa sorgente escono più rivi che risalgono alla comune origine, sebbene diversi fra di loro per la copia delle acque che ne ricevono; così pure si stendono i Fedeli per tutta la terra, tale è l’immagine della Chiesa cattolica. – La luce divina che la penetra coi suoi raggi abbraccia il mondo intero, viene da centro unico che diffonde i suoi chiarori in ogni luogo, senza che sia lesa l’unità di principio: la sua fecondità inesauribile propaga i suoi talli per tutta la terra; spande lontano abbondevol dovizia delle sue acque; per ogni dove è lo stesso principio, la stessa origine, la stessa madre, che palesa la propria virtù mediante il numero dei suoi figli [De Unit. Eccles.]. L’Apostolicilà. La Chiesa Romana è apostolica, vale a dire, che risale agli Apostoli; eglino sono i suoi maestri, i suoi fondatori. Si distinguono due sorta di apostolicità: apostolicità di dottrina, e apostolicità di ministero. La Chiesa Romana è apostolica nella sua dottrina, vale a dire, che crede ed insegna, e ha sempre creduto ed insegnato la dottrina che ricevé degli Apostoli. Risalite d’età in età sino al giorno in cui il Figlio di Dio disse ai dodici Missionari evangelici: Andate, insegnate a tutte le nazioni; voi troverete la stessa istruzione, la stessa credenza, lo stesso Simbolo che noi recitiamo; voi l’udrete echeggiare nelle vaste basiliche di Nicea e di Costantinopoli; ne intenderete gli accenti sotto le vòlte illuminate delle catacombe: colà si amministrò lo stesso Battesimo, la stessa Eucaristia, gli stessi Sacramenti: colà si credé nel medesimo Dio, nel medesimo Gesù Cristo suo Figlio: colà si sperò lo stesso Cielo, si temette lo stesso inferno. – Questa venerabile antichità, questa non mai interrotta successione è l’eterna vergogna degli eretici. Per convincerli di errore basta chieder loro: Che cosa si creava quando voi siete nati? Non sorse mai eresia che non trovasse la Chiesa cattolica in attuale possesso della dottrina contraria alla vostra: è questo un fatto pubblico, costante, universale, senza eccezione. Così la decisione è agevole; non resta a velarsi se non che qual fede fiorisse quando son comparsi gli eretici; in qual fede fossero essi medesimi stati allevati nel grembo della Chiesa, ed a pronunziare su questo solo fatto, che non è dubbioso o nascosto, la loro condanna! [BOSSUET, nella Prima Istruzione Pastorale sulle promesse della Chiesa, num. 35. « Avviene tutto giorno, continua il dotto Vescovo, un fatto deplorabile per essi, e che non è lor dato di celare; voglio dire la loro novità. Niuno può cangiare i secoli trascorsi, né crearsi dei predecessori, o fare in modo di essere stato trovato in possesso. La sola Chiesa cattolica riempie tutti i secoli precedenti con una continuità che non può esserle contrastata. La Legge precede il Vangelo; la successione di Mosè e dei Patriarchi non costituisce che una sola serie con quella di Gesù Cristo. Essere aspettato, venire, essere riconosciuto da una posterità che dura quanto il mondo, tale si è il carattere del Messia che noi crediamo. Era ieri, e oggi, sarà per tutti i secoli de’secoli » – Disc, intorno alla Star. Univers., p. II, verso il fine]. – O nostri fratelli! O voi che vi siete separati dall’ unità cattolica, voi non avete dunque il carattere essenziale della vera dottrina, vale a dire, l’apostolicità. Qual è la vostra antichità? Forse quella di trecent’anni? No, v’ingannate; voi non avete che l’antichità della vostra opinione. Ieri voi la scriveste sulla carta, oggi stesso, questa mattina, voi l’avete mutata: ecco la vostra antichità! – La Chiesa Romana è apostolica nel suo ministero; e questo fatto, evidente come l’esistenza del sole, è la prova più palpabile ch’ essa è la vera Chiesa. Il Signor Nostro disse a San Pietro: Tu sei Pietro, e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa. Per trovare la vera Chiesa basta dunque cercare quale fra esse risale fino a Gesù Cristo, e di cui San Pietro è il fondamento. Ora, niuna setta antica o moderna può arrogarsi questo glorioso privilegio, niuna ascende fino ai giorni del Salvatore, niuna ha San Pietro per fondamento. La sola Chiesa Romana, e le Chiese uscite dal suo seno possono additare l’ordine e la successione dei loro Vescovi sino agli Apostoli, oppure fino ad uno degli uomini apostolici che furono dagli Apostoli inviati; e per tal modo le Chiese veramente apostoliche autenticano la legittimità di loro origine. Cominciando dal nostro Santo Padre, Papa Pio IX felicemente regnante, si risale per successione non interrotta di 258 Papi fino a San Pietro fondatore della Romana Chiesa: giunti a San Pietro noi siamo a Gesù Cristo; e cosi delle altre Chiese cattoliche. Tutte ad un modo ci additano alla loro testa un Apostolo, o un inviato degli Apostoli, che le ha fondate, e che incomincia la catena della tradizione. Dalle Chiese primitive hanno le altre attinto la sana dottrina, e l’attingono tuttavia a misura che si formano. Perciò a buon diritto anche le nuove sono annoverate fra le Chiese cattoliche di cui elleno sono figlie; tutte quindi sono apostoliche, e tutte insieme non formano che una sola e medesima Chiesa. Il Sommo Pontefice ed i Vescovi sono adunque i successori degli Apostoli; e da essi hanno avuto l’origine e l’autorità di predicare la dottrina di Gesù Cristo. Ma altrettanto non può dirsi degli eretici; avvegnaché l’Evangelo sia stato in principio predicato ne’ loro paesi dagli Apostoli, o dagli uomini apostolici, non per questo essi possono appropriarsi l’apostolicità; separandosi dalla Chiesa Romana essi hanno rotto la catena dell’apostolica successione. Nissuno li ha inviati; da se medesimi si son fatti apostoli delle nazioni. « Chi siete voi? può dire la Chiesa a tutti questi novatori, ed ai Protestanti per esempio; da qual tempo e d’onde siete voi venuti? Dove eravate prima del secolo sedicesimo? Or sono quattrocent’anni, nessuno parlava di voi, non eravate conosciuti nemmeno di nome. Che fate voi in casa mia, mentre non siete de’ miei? A che titolo, o Lutero, abbatti le mie foreste? Chi ti diede facoltà, o Calvino, di deviare i miei canali? Con qual diritto, o Zuinglio, sconvolgi i miei confini? Come osate voi pensare e vivere quivi a vostro talento? Questi sono i miei averi; io ne sono da lungo tempo in possesso; sono essi mia proprietà; io nasco dagli antichi possessori, e provo la mia discendenza con autentici documenti. Io sono l’erede degli Apostoli, e ne godo il retaggio secondo le disposizioni del loro testamento, e conforme al giuramento che ho prestato.Quanto a voi, essi vi hanno disconosciuti e diseredati come stranieri, come nemici. Ma perché siete voi stranieri e nemici degli Apostoli? Bramate saperlo? Perch’essi non vi hanno inviato; perché la dottrina che ciascuno di voi ha inventato od adottato a capriccio, è direttamente opposta alla dottrina degli Apostoli ». [TERTULL., Praescript. — Vedi i testi dei Padri sulle Note della Chiesa in NATAL. ALEX., De Symb.]. – Per le quali cose la Chiesa Romana è una, santa, cattolica, apostolica; ella sola porta scolpiti in fronte i caratteri della vera Chiesa; ella sola dunque, ad esclusione di tutte le altre, è la vera sposa di Gesù Cristo, la colonna e il fondamento della verità. – Ma esiste ancora un’altra nota della vera Chiesa, ed è il fatto preannunziato dal Salvatore medesimo, allorché disse: “E sarete in odio a tutti per causa del nome mio”. [S. Matth. X, 22; Marc. XIII, I3; Luc. XX1, 17]. Cercate dunque fra tutte le società religiose quella che è esposta all’odio di tutte le altre, all’odio del mondo intero, e voi avrete la vera sposa dell’Uomo-Dio; voi la ravvisate alla corona di spine che porta perpetuamente infissa sul suo capo. Ma questa corona dolorosa nessuna setta l’ha portata, nessuna desidera di portarla; è un diadema che orna la fronte della sola Chiesa Romana. O Cattolici, miei fratelli, che tremate talvolta allo scroscio spaventoso di un mondo che si sconquassa e va in rovina, invece di turbarvi, pensate piuttosto che le tempeste, le quali assalgono oggidì la Chiesa, sono ammirabilmente acconcie a corroborare la vostra fede. Che cosa provano queste novelle persecuzioni che succedono a tante altre che precedettero, se non che la Chiesa Romana, madre vostra, non ha cessato di essere la sposa fedele del Dio del Calvario? Sin tanto che il diadema delle tribolazioni splenderà sull’augusta sua fronte, ella, siatene certi, non avrà fatto né col mondo, né col vizio, né coll’errore veruna adultera alleanza. Più sarà viva la persecuzione, e più vivo ancora sarà lo splendore della sua inviolabile fedeltà, più ella sarà degna della vostra fiducia e del vostro amore. – Il nono articolo del Simbolo finisce con questa frase: Io credo la comunione dei Santi. Queste parole, siccome spiegazione di quello che precede, non formano un articolo particolare, ma sono tuttavia di un’importanza grandissima: perciocché da una parte fanno conoscere la Chiesa nella sua vita intima; e dall’altra esprimono il primo dei quattro grandi vantaggi che la Chiesa ne procura. – Pronunziando le parole, io credo la comunione dei Santi, la nostra lingua proclama altamente la più magnifica fraternità che possa idearsi, il comunismo più bello, il solo vero, il solo possibile, il solo desiderabile; professando noi per tal modo di credere con una sicurezza pari alla nostra felicità all’esistenza ed alla bontà infinita di Dio:

– .1° Che tutti i membri della Chiesa, tanto quelli che godono nel Cielo, come quelli che sono viatori sulla terra, e quelli che sono nel Purgatorio, sono uniti fra di loro e colle tre Persone della Santissima Trinità con vincolo intimo, efficace e permanente [Jon. c. 1]; – 2° Che questa unione non consiste unicamente nella comunione di fede, di speranza, di carità; ma eziandio nella partecipazione ai medesimi Sacramenti, mediante i quali il Signor Nostro Gesù Cristo, il Santo dei Santi, diffonde i meriti della sua passione e della sua vita su tutti i membri della Chiesa che degnamente li ricevono; e che questa fraterna unione ha la sua origine nel battesimo, per cui nasciamo figli di Dio, ed è alimentata e conservata specialmente dalla santa Eucaristia, atteso ché il cibarsi dello stesso pane e il bere lo stesso vino fa di noi tutti un corpo stesso [“Unus panis et unum corpus multi sumus, qui de uno pane et de uno calice partecipamus”, 1. Cor. X, 17]; – 3° Che per virtù di tale unione tutti i beni spirituali della Chiesa sono comuni fra i Fedeli, siccome le sostanze di una famiglia fra i figli; in guisa che le grazie interiori e i doni esteriori che ciascuno riceve, le buone opere che ciascuno mette in pratica giovano meravigliosamente a tutto il corpo e ad ogni membro della Chiesa. – 4° Che per virtù di tale unione tutti i Fedeli della terra hanno tra di loro tutte le grazie ad essi concesse, tutte le buone opere da loro esercitate, siccome ad esempio l’assistenza al santo Sacrifìcio della Messa, le confessioni, le comunioni, le meditazioni, le pie letture, le limosine, le mortificazioni, le preghiere, giovano, in una certa misura, a tutti quelli che si trovano in istato di grazia. E diciamo in una certa misura, imperocché i frutti delle buone opere non possono tutti comunicarsi. Ora, le buone opere del giusto producono tre effetti: il merito, la soddisfazione, l’impetrazione.

.I] merito è l’effetto delle buone opere, in quanto che producono un accrescimento di grazia, e un diritto nel Cielo ad un grado maggiore di gloria. Il merito è personale a chi fa l’opera buona, né può essere comunicato agli altri. Esso inoltre non si può acquistare che dall’uomo viatore e in istato di grazia; perché solo in colui che è in possesso della grazia può essa venire aumentata; gli abitatori del Cielo e quelli del Purgatorio non possono più meritare, quantunque siano in istato di grazia.

.II] La soddisfazione è l’effetto delle opere buone in quanto che ottengono la remissione delle pene temporali dovute al peccato. Soltanto l’uomo sulla terra ed in istato di grazia può soddisfare: i Santi più non abbisognano di soddisfazione; e le anime purganti, a parlare propriamente, non soddisfanno: sarebbe più esatto il dire ch’esse “soddissoffrono”. Gli uomini in istato di peccato mortale non possono più soddisfare, attesoché non è loro dato di ottenere la remissione della pena dovuta al peccato, prima di aver ottenuto la remissione del peccato medesimo. La soddisfazione non può dunque loro essere applicata, ma bensì può esserlo alle anime giuste in istato di grazia e alle anime del Purgatorio. E questo si fa coll’offrire la soddisfazione, ossia il merito satisfattorio delle buone opere a scarico di colui del quale si desidera diminuire il debito contratto pel peccato.

III] L’impetrazione è l’effetto delle buone opere in quanto che ottengono da Dio speciali favori. A rigore i soli giusti possono impetrare, perché i soli giusti hanno qualche diritto ad essere esauditi; atteso ché egli è convenevole e conforme alla ragione che Iddio, giusta le sue promesse, faccia la volontà di que’ suoi servi fedeli, i quali da parte loro si studiano di compire quella del loro padrone [“Voluntatem timentium faciet et deprecationem eorum exaudiet”. Psal. CXLIV]. Perciò che risguarda i peccatori, sebbene Iddio abbia dichiarato di non ascoltarli [“Peccatores Deus non exaudit. Joan. IX, 51. — D. Th. 2, 2, q. 85, art. 16], essi possono tuttavia ottenere con impetrazione meno rigorosa; vale a dire, che dietro movimenti imperfetti di fede e di speranza si dispongono alla grazia e all’amicizia di Dio, e gli domandano qualche favore. La loro impetrazione non ha altro fondamento che l’infinita misericordia di Dio. – Questo terzo effetto delle opere buone, cioè l’impetrazione, si può comunicare non solo a tutti membri della Chiesa, giusti e peccatori, ma può estendersi ancora a tutti coloro che non sono in modo alcuno membri della Chiesa, quali sarebbero gli infedeli, i giudei, gli eretici, gli scismatici, gli scomunicati; imperciocché si può domandare la loro conversione, ed esercitarsi in opere buone, affine di ottenerla. – Ma quale diversità, qui potreste richiedere, corre dunque sotto questo rapporto fra i Fedeli e gl’Infedeli? La diversità in ciò consiste, che questi ultimi rimangono privi delle preghiere pubbliche della Chiesa eccettuato il Venerdì santo, e che non profittano delle buone opere private, se non in quanto si fanno espressamente per loro; laddove i Fedeli si vantaggiano delle pubbliche preci, e traggono aiuto naturalmente dalle buone opere particolari di tutti i membri della Chiesa, anche quando non si abbia espressa intenzione di applicarle a loro; e la ragione si è questa, che tutti i Fedeli sono membri viventi di un medesimo corpo. Così, per servirmi di un paragone, allorché la bocca mangia e lo stomaco digerisce, tutte le altre membra ne risentono sollievo; ed egualmente allorché un giusto compie un’opera buona, tutti gli altri giusti ne sono confortati [Montagne, Tractat. de Gratia; Ferraris, art. Merit. et Peccat. — D . Th., 1-2, q. 155, ecc.]. – Noi abbiam detto un’opera buona, perciocché tutte quelle che ne hanno l’apparenza, non sono tali realmente. Difatti si distinguono tre sorta di opere: le opere vive, che sono quelle dell’uomo in istato di grazia, e sono profittevoli a tutti i membri vivi della Chiesa. Le opere morte, e sono quelle dell’uomo in istato di peccato mortale, e che non servono né a soddisfare né a meritare, ma solamente ad ottenere da Dio che usi misericordia, e converta a penitenza colui che le fa. Finalmente le opere mortificate, vale a dire, quelle che furono fatte in istato di grazia, ma il cui merito è coperto e come estinto per effetto del peccato mortale che le ha seguite: esse rivivono allorquando colui che le ha fatte ritorna nello stato di grazia [Vedi il celebre Catechismo Spagnuolo del P. Gaetano delle Scuole Pie]. Per render complete le spiegazioni precedenti, noi aggiungeremo che il Signor Nostro, nella sua qualità di Capo, distribuisce il frutto prezioso delle buone opere ai diversi membri vivi del corpo mistico, in proporzione dei loro bisogni e dei loro meriti. Rispetto ai peccatori, essi appartengono ancora alla Chiesa per mezzo della fede e della speranza; ma privi come sono della carità, rimangono membri morti, né partecipano ai suoi beni spirituali, se non nel senso, che Iddio, avendo riguardo alle preghiere dei giusti, accorda talvolta ai peccatori la grazia di conversione, oppure sospende le punizioni che si sono meritate [S. August., De vera Relig., c. 5 et 6. — Id., Tract. XXXII in Joan. — S. Ambr., lib.I, De Offic, c. 29]. 5° Noi professiamo che in virtù dell’unione, cui i Fedeli della terra hanno coi Santi del Cielo, i primi ottengono da Dio, ad intercessione dei secondi, molte grazie per se medesimi e per gli altri Fedeli, allorché li invocano, li onorano e si studiano d’imitarli; 6° Che in virtù dell’unione che i Santi della terra e del Cielo hanno coi Santi del Purgatorio, queste anime tormentate troveranno sollievo nelle preghiere, nelle elemosine, nelle indulgenze, e nel Sacrificio Agustissimo dell’Altare, offerto nell’intenzione di giovare alle medesime [S. August., De cur. gerend. prò mort.]. Un’ ammirabile similitudine adoperata dallo Spirito Santo medesimo ci offre la idea la più magnifica e la più commovente di questa unione fra loro di tutti i membri della Chiesa, e fa conoscere ad un tempo persino ai fanciulli medesimi tale intiera comunicazione di beni fra i Fedeli: la similitudine è tratta dal corpo umano [I Cor. XII, 1; Ephes. IV, 7; Rom. XII, 6]. Nel corpo umano v’hanno molte membra, e non formano nullameno che un solo corpo. Non tutte per altro hanno la stessa funzione, ciascuno ha la sua: il piede cammina, l’occhio vede, l’orecchio ode; ciò non ostante queste operazioni particolari non si riferiscono direttamente all’utile del membro che le compie, ma sì bene all’armonia ed al vantaggio universale del corpo e di tutte le altre membra; onde a prò di tutto il corpo il piede cammina, l’occhio vede, l’orecchio ode. Egualmente nel corpo della Chiesa havvi molti membri. I Fedeli che vivono sulla terra, le Anime del Purgatorio, i Santi del Cielo, i Cattolici dell’Europa, quelli dell’Asia, dell’Africa, dell’America, dell’Oceania; quelli, in una parola, di tutte le parti del mondo, e siano quanto esser si vogliano remote, sono membri della Chiesa, e non formano che un solo e medesimo corpo. Tutti però non hanno la stessa funzione: gli uni sono Vescovi, gli altri Sacerdoti, Religiosi o Religiose; taluni sono Dottori, Predicatori, Consolatori; altri padroni, altri servi; ciascuno ha il suo stato e le sue incombenze, che tutte son rivolte al bene generale del corpo e di tutti i membri. Perciò è che a vantaggio di tutta la Chiesa il Sacerdote predica ed amministra i Sacramenti, il Dottore insegna, la Religiosa prega e consacra se stessa al soccorso de’ suoi fratelli, ed i semplici Fedeli adempiono quegli obblighi cui piacque alla Provvidenza di imporre alla loro condizione particolare. – Nel corpo umano le membra sono talmente unite, che non si tosto una d’esse, anche la più debole e la meno importante, viene a provare una sensazione di piacere o di dolore, subito le altre tutte risentono gli effetti di questo piacere o di questo dolore, a motivo dell’unione e della simpatia che la natura ha posto fra di loro. – Similmente nel corpo della Chiesa, approfittando noi dei beni accordati a ciascuno dei nostri fratelli, dobbiamo pure partecipare ai dolori che li affliggono, rallegrarci con quelli che si rallegrano, piangere con quei che piangono. Sarebbe mai possibile che l’unione stabilita tra di noi dalla grazia fosse meno efficace, nel renderci sensibili i dolori ed i gaudi altrui, che la naturale simpatia per far sentire a tutte le membra del corpo il piacere od il dolore di cui è affetto ciascuno di loro? Nel corpo umano v’ha un capo che regge tutte le membra ed influisce su ciascuno di esse mediante le emanazioni che trasmette; un cuore da cui parte il sangue, e dov’esso ritorna per purificarsi, riscaldarsi e ripartire di nuovo; ed oltracciò il corpo è animato, vivificato da un’anima che gli comunica il movimento, la bellezza, la forza. Così pure nel corpo della Chiesa v’ha un Capo, il Signor Nostro Gesù Cristo, il quale regge tutti i membri, ed influisce sopra ciascuno colle sue grazie; un cuore che è la santa Eucaristia, donde parte l’amore, ed ove ritorna per purificarsi, accendersi e ripartire di nuovo; finalmente un’anima, che è lo Spirito Santo, il Quale si diffonde per tutte le parti di questo corpo meraviglioso, e gli conferisce la beltà, la forza, la vita; la vita di grazia sulla terra, la vita di gloria nell’eternità. – Alla vista di questo corpo magnifico, non possono risvegliarsi nell’anima nostra che tre sentimenti: un sentimento d’ineffabile gratitudine per farne parte; un sentimento di profondo timore di esserne resecato, o di non diventare che membro morto; un sentimento di tenera ed attiva compassione per gl’infedeli, gli eretici, gli scismatici, e per tutti coloro che non ci appartengono. – A compiere la spiegazione del nono articolo del Simbolo cattolico più non resta che di esporre la ragione e il significato dell’ultima parola, la comunione dei Santi. Tutti i membri della Chiesa son detti santi; primieramente perché la santità è lo scopo della nostra vocazione alla fede, e l’obbligo strettissimo che ne fu imposto a tutti col Battesimo [“Hæc est enim voluntas Dei sanctificatio vestra”. « Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione ». II Thessal. IV,5]; in secondo luogo perché i giusti partecipano più specialmente alla meravigliosa comunione sovra descritta; in terzo luogo perché i peccatori stessi rinvengono nella medesima potenti mezzi di santificazione; finalmente perché questa comunione dei Santi della terra ne conduce all’eterna e generale comunione dei Santi, degli Angeli, e di Dio medesimo nel Cielo. Guai dunque a coloro che si fanno scacciare da questa società, fuori della quale non si dà salute! La Chiesa lo fa suo mal grado; ma essa può farlo, essendo investita dell’autorità di scomunicare. – Nulla di meglio stabilito, che la legittimità di questo formidabile potere: gli Apostoli lo hanno adoperato; i Concili, i sommi Pontefici ed i Vescovi seguirono il loro esempio nel corso dei secoli, tutte le volte che lo credettero necessario [I Cor. V. — Baron. art. 55, 998, ecc.]. – Forseché il padre di famiglia non ha il diritto di metter fuori di casa il figlio scandaloso e ribelle? Forseché il pastore non ha diritto di cacciare dall’ovile la pecora indocile e scabbiosa? I giudici ed i magistrati non scacciano forse tutto giorno dalla società i malandrini pericolosi ed ostinati? Perché dunque la Chiesa, che è la società la più perfetta, non dovrebbe godere di egual diritto? – Tranne la sentenza del Signor Nostro Gesù Cristo nel dì del finale giudizio, nulla deve ispirarci timor più grande della scomunica. Coloro che ne rimangono colpiti trovansi privi di tutti i beni spirituali che sono nella Chiesa; non possono ritornare fra le sue braccia materne, se non dopo aver fatto la loro sottomissione, data soddisfazione a quelli che hanno offeso, o spogliato, ed ottenuta l’assoluzione dal Superiore che ha podestà di concederla; e se per loro sventura muoiono senza essersi riconciliati colla Chiesa, restano privi dell’ecclesiastica sepoltura, e di tutti i suffragi della Chiesa in sollievo dei trapassati. – Spessissimo ancora si è veduto la scomunica produrre effetti sensibili sui colpevoli; quindi nei secoli di fede, i re, i potenti ed i popoli non hanno temuto nulla quanto questa folgore spirituale. – Lo stesso Napoleone, che ostentava di disprezzare il fulmine che l’aveva percosso, ne era per altro palesemente tormentato; talvolta ancora il suo esasperamento non conosceva misura. Negl’impeti del suo aspetto andava sclamando: Finalmente crede forse il Papa che la sua scomunica farà cadere le armi dal braccio dei miei soldati? Ora tutto il mondo sa che dall’epoca della scomunica la stella di Napoleone cominciò ad impallidire, e che la sua vita divenne una serie continua di disastri. Di più gl’istorici della campagna di Russia, narrando la tremenda catastrofe, dicono tutti in precisi termini: Le armi cadevano dalle mani dei soldati [De Segur; de La Baume, etc. etc..]. – I filosofi non mancheranno di dire che fu il gelo e non la scomunica che faceva cader le armi di mano ai soldati. Ottimamente; ma il freddo chi lo aveva mandato? Chi ha fatto scendere il termometro a grado sì micidiale? Foste voi forse, o filosofi? Ovvero Colui che impera agli elementi con autorità più dispotica di quella di Napoleone alla grande armata? Quel Dio che tiene soggetti gli elementi, è Quegli stesso che disse alla Chiesa ed al Papa: Colui che disprezza voi, disprezza me medesimo: io stritolerò come vetro colui che ardirà resistermi. Nè rivoluzioni, nè civilizzazione, nè possanza alcuna può togliergli o circoscrivere il suo potere [“Et nunc, Reges, intelligite, erudimini qui iudicatis terram” Ps. II, 10]. –

Preghiera.

O mio Dio, che siete tutto amore, io vi ringrazio di avermi reso partecipe di tutti i beni spirituali di vostra santa Chiesa; non vogliate giammai permettere ch’io meriti d’esserne privato. Mi propongo di amar Dio sopra tutte le cose e il prossimo come me stesso per amor di Dio, e in prova di questo amore, io amerò la Chiesa come un figlio ama la propria madre.