LA CONTRIZIONE

[da: E. Barbier, “I tesori di Cornelio Alapide” vol I – SEI, Torino 1930]

Che cos’è la contrizione? — 2. Vi sono due sorta di contrizione. — 3. Necessità della contrizione. — 4. Eccellenza e vantaggi della contrizione. — 5. Qualità della contrizione: 1° Interna; 2° Soprannaturale; 3° Somma; 4° Universale. — 6. Del proponimento e sua necessità. — 7. A quali indizi si riconosce il buon proponimento.-

1. – CHE COSA È LA CONTRIZIONE? — La contrizione è il dispiacere di aver peccato. Questa parola viene dal latino conterere che vuol dire rompere, spezzare, pestare, ed esprime lo stato di un’anima penetrata, straziata dal dolore di aver offeso Dio e che ardentemente desidera di riconciliarsi con Lui e di recuperarne la grazia. Il Santo Concilio di Trento (Sess. XIV, can. IV) definisce la contrizione: « Un dolore dell’animo ed una detestazione del peccato commesso unita ad un saldo proposito di non peccare più per l’avvenire » — “Contritio animi dolor ac detestatio est de peccato commisso, cum proposito non peccandi de cætero”. — Questa contrizione deve andar unita al desiderio di compiere tutto ciò che fu ordinato da Gesù Cristo per la remissione dei peccati; importa per conseguenza la volontà di confessarli e di soddisfare alla giustizia divina. Quindi i teologi, dopo San Tommaso, definivano la contrizione: il dolor di aver peccato, accompagnato dalla volontà di confessarsi e di soddisfare…

2. – VI SONO DUE SORTA DI CONTRIZIONE . — I teologi distinguono due sorti di contrizione: la perfetta e l’imperfetta che chiamano attrizione. La contrizione perfetta è quella che ha per motivo l’amor di Dio . Essa riconcilia il peccatore con Dio anche prima che riceva il sacramento della penitenza, ma deve sempre contenere il desiderio di riceverlo. Così si esprime il citato concilio (Sess. XIV, can. IV). L a contrizione imperfetta, secondo il medesimo Concilio, è comunemente concepita per la considerazione della bruttezza del peccato e per il timore delle pene dell’inferno. Il santo Concilio dichiara che, quand’essa esclude la volontà di peccare e va unita alla speranza del perdono, dispone il peccatore ad ottenere misericordia nel Sacramento della penitenza. Definisce inoltre che quest’attrizione è un dono di Dio, un movimento dello Spirito Santo il quale, invero, non abita ancora nell’anima del penitente, ma l’eccita a convertirsi; che non giustifica già di per sé sola senza il Sacramento, ma gli serve di preparazione e di disposizione.

3. – NECESSITÀ DELLA CONTRIZIONE. — Gesù Cristo pianse, dice S. Agostino; è dunque giusto che l’uomo pianga sopra se stesso; infatti, perché mai pianse Gesù, se non per insegnare all’uomo a piangere i suoi peccati? Bisogna che il peccato e l’abito del peccato soccombano sotto il dispiacere di essere caduti (Confess.). – Infiammati di amore divino, i più gran santi piangono del continuo le loro fragilità; come dunque non piangeranno i grandi peccatori, gli enormi peccati di cui si resero colpevoli? La voce della tortorella s’è fatta udire nella nostra terra, dicono i Cantici, se le anime fedeli ed innocenti, raffigurate nella tortora fanno risonare il deserto dei loro gemiti e amari lamenti, che cosa dovrebbero fare le anime che ad ogni istante si macchiano di nuove iniquità? Se pensassimo alle nostre colpe, non mangeremmo un boccone di pane che non fosse bagnato dalle nostre lacrime!… Mentre S. Antonio stava morendo, S. Pemenio prese a dire: Fortunato Arsenio che pianse sopra se stesso finché fu su questa terra! Quelli che quaggiù non piangono, piangeranno eternamente nell’altra vita (Vit. Fatr.). – Santa Taide diceva a S. Pafnuzio che, dalla sua entrata nel monastero, ella si era sempre tenuti innanzi agli occhi e non aveva cessato di piangere i suoi peccati. Perciò, le rispose il santo, Dio li ha cancellati (Vit. Patr.). – La contrizione è così essenziale al Sacramento della penitenza, che non può essere altrimenti supplita ed il peccatore non può mai essere assolto, se non si mostra tocco da un sincero pentimento di aver offeso Dio … La contrizione è stata necessaria in tutti i tempi per ottenere il perdono dei peccati. Questo è provato dagli esempi di Davide penitente, dei Niniviti, di Acabbo, di Manasse, della Maddalena, del pubblicano, del figliuol prodigo, di Pietro, ecc..La necessità della contrizione è di diritto naturale e di diritto divino … Essa è per il peccatore, come il sole per la terra, l’acqua al pesce, l’aria ai polmoni … Per quanto onnipotente, Dio non può perdonare i peccati a chi non se ne pente.

4. – ECCELLENZA E VANTAGGI DELLA CONTRIZIONE. — « Le lacrime dei penitenti sono vino delizioso per gli angeli, dice S. Bernardo [“Lacrymæ poenitentium vinum sunt angelorum– Serm. in Cantic.]. La sola contrizione toglie via il peccato: gli altri dolori hanno effetto del tutto differente, scrive il Crisostomo. Per esempio, voi avete perduto ogni avere; provatevi un po’ se col disperarvi lo ricuperate? La morte vi ha rapito una persona diletta; se anche piangeste fino alla fine del mondo, tutte le vostre lacrime non la potranno far risorgere dal sepolcro. Vittima di sanguinosa ingiuria, voi vi rodete dentro di rabbia e di tristezza; può forse la vostra ambascia far sì che non l’abbiate ricevuta? Vi affliggete perché infermo; forseché l’affliggervi vi guarisce? accresce anzi la malattia. Ma se voi siete dolente di aver offeso Dio, il vostro pentimento distrugge i vostri peccati. – Le vostre lacrime, quando cadono su le vostre colpe, le scancellano; dicendo con Geremia: « Cadde la corona dal nostro capo, guai a noi che abbiamo peccato » — “Cecidit corona capitis nostri, væ nobis qua peccavimus(Lament. V, 16); noi riponiamo su questo capo scoronato il glorioso diadema che portava per l’innanzi; deplorando la stolta audacia che ci ha fatto perdere la santità nata dal nostro battesimo, noi ci prepariamo un battesimo nuovo (Homil. V, ad pop.). Poiché, come dice S. Bernardo, « la compunzione del cuore e le lacrime sincere sono un vero battesimo [“Est baptismus aliquis in compunctione cordis, et lacrymarum assiduitate” – Serm. III in Cant.] ». Il sacrifizio che Dio domanda, dice il real profeta, e di cui si compiace, è il gemito di un’anima stretta e rotta dal dolore; egli non guarderà mai con occhio indifferente il cuore contrito ed umiliato — “Sacrificium Deo spiritus contribulatus; cor contritum et h umiliatum, Deus, non despicies” (Psalm. L, 18).« Il dolore sincero di aver peccato, scrive S. Bernardo, è un tesoro infinitamente desiderabile: esso apporta nello spirito dell’uomo una ineffabile gioia. La contrizione del cuore è la guarigione dell’anima, è la remissione de’ peccati; essa riconduce lo Spirito Santo, perché quando è visitato dallo Spirito Santo, subito l’uomo piange i suoi falli [“Bona compunctio thesaurus est desiderabilis, et inenarrabile gaudium in mente hominis. Compunctio cordis sanitas est animae; compunctio lacrymarum remissio est peccatorum; compunctio reducit Spiritum Sanctum ad se: quia cum Spiritu Sancto visitatur, statim homo peccata sua plorat” – De Modo bene viv.] ». Con lui si accorda San Efrem, il quale chiama la contrizione, sanità dell’anima, illu strazione della mente, mezzo per ottenere la remissione dei peccati [“Compunctio sanitas animae est; illuminatio mentis est; compunctio remissionem peccatorum vobis acquirit” – De Dei indic.]. – Quindi S. Gerolamo esclama: « O felice penitenza, che si guadagna gli sguardi di Dio! [“O felix poenitentia, quae ad se Dei trahit oculos!” – Epist. XXX ad Oeeanum] ». Vedete quali sono le eccellenze della compunzione: 1 ° è santa e riconcilia l’anima con Dio che è il principio di una felicità immensa…; 2° viene dall’amor di Dio; infatti il penitente si duole di aver offeso Dio, perché vede quanto gran bene sia quel Dio ch’egli ha osato offendere e quanto è amabile, sia in se stesso, sia verso tutte le sue creature: ora l’amor di Dio dà egli solo la vera gioia…; 3° il penitente desidera di pentirsi e ne gode: egli si nutrisce della compunzione e delle lacrime come di deliziose vivande. Mentre ogni altro pentimento è amaro, penoso, impaziente, insopportabile, quello che si prova per aver peccato è dolce, umile, ecc.. «Una coscienza colpevole è l’inferno e la prigione dell’anima », lasciò scritto S. Bernardo [“Infernus quidem et carcer animae, rea conscientia(Serm. in Cantic.]; ora la contrizione distrugge la colpevolezza dell’uomo, quindi la coscienza si riposa nella pace, le lacrime purificano e formano, diremo così, un fiume sul quale l’anima s’imbarca verso Dio e giunge al porto dell’eterna salute. Tutti i santi hanno gustato nelle lacrime della compunzione una soavità ineffabile; è facile accorgersene alla serenità maestosa che splende nel loro volto.Quando udite parlare di lacrime di compunzione, non immaginatevi già, diceva il Crisostomo, affanni, patimenti, angosce; ah no! esse vincono in dolcezza tutte le delizie di cui si può godere nel mondo. V’ha più diletto in una sola lagrima di pentimento che in tutte le pretese gioie delle voluttà terrene (De Compunti, cordis). Il prodigo che versava un torrente di pianto ai piedi di suo padre, provava una felicità senza paragone più grande di quella che lo aveva inebriato quando sciupava da scapestrato nelle dissolutezze la sanità e la fortuna. Maddalena che prostrata ai piedi di Gesù glieli bacia e lava col suo pianto, prova in quell’istante più consolazione che non in tutto il corso della scandalosa sua vita.Le lacrime del pentimento e della devozione, dice S. Agostino, hanno tale dolcezza che invano si cerca nelle gioie tumultuose dei teatri (Confess.). – S. Giovanni Climaco svolge mirabilmente i vantaggi e i frutti dello lacrime, che spargono i servi di Dio. Io trasecolo di meraviglia, egli dice, quando considero la felicità che procura la compunzione. Come dunque può essere che gli uomini carnali non ci veggano che afflizione? Simile alla cera che contiene il miele, essa racchiude una sorgente inessiccabile di spirituali dolcezze. Dio visita e consola in modo visibile, ma ineffabile, i cuori spezzati da un santo dolore (Qrad. V). Si trova assai più soddisfazione nel piangere i propri peccati, che nel commetterli. Per gustare la pace d’una buona coscienza, dice Bossuet, bisogna che questa coscienza sia monda e purificata, e nessun’acqua può fare questo se non quella delle lacrime del cuore. Colate dunque, o lacrime della compunzione, correte come torrente, lavate questa coscienza macchiata, questo cuore profanato e rendetemi quella gioia divina che è il frutto della giustizia e dell’innocenza: — “Redde mihi læatitiam salutaris tui” (Psalm. L. 13). – Chi ci darà di saper gustare la gioia sublime della compunzione, che deriva non dall’affanno dell’anima, ma dalla sua quiete, non dalla sua malattia, ma dalla sua sanità, non dalle sue passioni, ma dal suo dovere, non dal fermento de’ suoi inquieti desideri, ma dalla retta coscienza: gioia vera che non agita la volontà, ma la calma, non sorprende la ragione,, ma, la illumina, non accarezza ì sensi al di fuori, ma trae il cuore a Dio… Non vi è che la compunzione la quale possa aprire il cuore a queste gioie divine. Nessuno è degno di essere ammesso ad assaporare questi casti e sinceri diletti, se prima non ha deplorato e pianto il tempo che ha consumato in piaceri fallaci. Gusterebbe il prodigo, le inebrianti dolcezze della bontà del padre, l’abbondanza della sua casa, le squisitezze della sua tavola, se prima non avesse pianto amaramente i suoi trascorsi, le sue tresche, le dissolute sue allegrezze? (Serm. sur l’Amour des plaisirs). 4° La contrizione offre la speranza della beatitudine eterna, ne è la caparra e il saggio. 5° La compunzione rallegra Dio, gli angeli, i santi; ora come non colmerà l’anima di letizia? Ascoltate la parola di Gesù Cristo: Maggior festa si fa nel cielo per un peccatore che si pente, che non per novantanove giusti i quali non hanno bisogno d i penitenza: — “Ita gaudium erit in coelo super uno peccatore poenitentiam agente, quam super nonaginta novem iustis qui non indigent poenitentia” (Luc. XV, 7). 6° La contrizione ottiene al peccatore la pace ed il perdono di tutti i suoi peccati; scaccia i demoni, chiude l’inferno, dà vittoria su Satana, sul mondo, su la concupiscenza; apre il cielo e vi ci conduce… Dove scorrono le lagrime della compunzione e dell’umiltà, non si scorge più traccia di perversità, né di degradazione; vi regna l’ordine più perfetto e il cuore è mondato di beni; al contrario dov’esse mancano, tutto è disordine e rovina. La compunzione genera: 1° l’umiltà: chi infatti oserebbe insuperbire dopo aver meritato l’inferno? 2° la pazienza…: 3° l’amor di Dio …; 4° l’amor del prossimo che essa preserva dal peccato; 5° stacca l’anima dalla terra . . . ; 6° l’unisce a Dio … « Chi semina nel pianto, mieterà nel riso, canta il Salmista; essi andavano e piangevano mentre seminavano, ritorneranno esultanti portando i loro covoni » — “Qui seminant in lacrymis, in exultatione metent. Euntes ibant et flebant mittentes semina sua; venientes autem venient cum exultatione, portantes manipulos suos” (Psalm. CXXV, 6-8). « Il Signore, dice ancora il re profeta, guarisce i cuori feriti e ne fascia le piaghe » — “Qui sanat contritos corde, et alligat contritiones eorum” (Psalm. CXLVI, 3). Iddio, leggiamo in Isaia, dimora con le persone dallo spirito umile e contrito; egli rende loro la vita (ISAI. LVII, 15). Su chi poserò il mio sguardo, dice Iddio per bocca del citato profeta, se non sul povero che ha lo spirito contrito? (Id. LXI, 1). E infatti Gesù Cristo applicò a se medesimo quelle parole: Il Signore mi ha inviato perché guarissi i cuori contriti, e mettessi in libertà gli schiavi (Luc. IV, 18-19).

5. – QUALITÀ DELLA CONTRIZIONE. 1° Interna. — La contrizione deve essere interna, soprannaturale, somma, universale. Il dolore della penitenza deve scaturire dal fondo del cuore; non sembra punto a quelle polle d’acqua che si fanno zampillare artificialmente, ma è un fiume che scaturisce dalla sorgente, che straripa, sradica e trascina tutto ciò che incontra; esso fa una santa strage, la quale ripara i guasti cagionati dal peccato; nessuna colpa gli sfugge. « Essi amavano piangere, dice S. Bernardo, e piangevano amaramente, perché amaramente si pentivano [“Amabant fiere, et flebant amare; amare flebant, quia amare dolebant” – In Psal.] ». Pietro pianse amaramente la sua caduta: — “Petrus flevit amare” (Luc. XXII, 62). Ecco la contrizione del cuore, Maddalena ai piedi del Divin Maestro aveva la contrizione interna … Il male del peccato sta nel cuore, non altrove, perché è il cuore solo che pecca, è solo il cuore che s’inebria del veleno della disobbedienza …. Dunque il cuore solo è malato, per conseguenza al cuore bisogna applicare il rimedio della contrizione… – Il profeta dice: « Signore, voi non rifiutate un cuore contrito … » — “Cor contritum … Deus, non despicies” (Psalm. L , 18); e Dio ci dice per bocca di Gioele: « Squarciate i cuori, non le vestimenta » — “Scindite corda vestra, non vestimenta vestra” (IOEL. II, 13). Dio domanda al peccatore un cuore contrito ed umiliato; fuori di ciò tutte le esteriori dimostrazioni di pentimento sono inutili, quando pure non sono errore, menzogna, ipocrisia. Può ben l’uomo ingannare se stesso, ma non Dio il quale scruta il cuore e le reni. – Non bisogna contentarsi di recitare un atto di contrizione a fior di labbra. Non basta immaginarsi, pensare, dire che ci pentiamo di aver offeso Dio. Nel cuore è il principio di tutti i peccati anche esteriori; è parola di Gesù Cristo il quale disse: « Ciò che esce dalla bocca viene dal cuore ed è qui quello che insozza l’uomo. Poiché dal cuore nascono i cattivi pensieri, gli omicidi, gli adulteri, le fornicazioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie » (MATTH. XV, 18-19). — “Quae autem procedunt de ore, de corde exeunt, et ea oomquinant hominem. De corde enim exeunt cogitationes malae, homicidia, adulteria, fornicationes, furta, falsa testimonia, blasphemiae”. — Nel cuore adunque si deve trovare il pentimento … Nel cuore deve penetrare la spada della contrizione e trafiggerlo da parte a parte. Allora, o meraviglia! per dove entrò la spada, penetra la grazia e purifica e per dove ne uscì, esce la corruzione del peccato. Ecco perché i santi Padri chiamano la contrizione, compunzione del cuore. Ogni disgusto che non toglie né la volontà di peccare, né l’affetto che si porta al peccato, non è vera contrizione; merita questo nome solo in quanto dimora nel cuore. L’ordine dev’essere ristabilito dove fu turbato: quindi le lacrime puramente esteriori, le proteste, i gemiti, le grida non sono che menzogne, quando la volontà non è mutata e la volontà è il cuore… Ma badate, che non si dà contrizione senza umiltà e senza mortificazione della carne… «Venite, dice il profeta, adoriamo, prostriamoci, piangiamo al cospetto del Signore » — Venite, adoremus, et procidamus, et ploremus ante Dominum (Psalm. XCIV, 6), Si, o Signore, voi accetterete, purificherete, benedirete un cuore contrito ed umiliato.

2° Soprannaturale. —- La contrizione dev’essere soprannaturale, cioè eccitata nel nostro cuore dallo Spirito Santo e fondata sopra considerazioni e motivi suggeriti dalla fede. Essa deve muoverci a detestare il peccato perché offesa di Dio. Chi piange il suo peccato per la vergogna o pel castigo che gliene viene presso gli uomini, od anche per l’opposizione che vi scorge con la legge naturale, non ha che una contrizione naturale ed insufficiente. – Il prodigo del Vangelo mostra una contrizione soprannaturale quando dice: — “Pater, peccavi in coelum et coram te” — « Padre, io ho peccato contro il cielo e contro di te » (Luc. XV, 21). Ho peccato contro il cielo, cioè gravissimamente; i miei peccati sono saliti fino a Dio e domandano vendetta… – Ho peccato contro il cielo, preferendo la terra al cielo, la carne allo spirito, la morte alla vita, l’inferno al paradiso, Barabba a Gesù Cristo, il diavolo a Dio … Ho peccato contro il cielo, perché l’ho perduto, perché ho sciupato i doni celesti… Ho peccato contro il cielo, perché ho calpestato il sangue di Gesù Cristo; come Giuda, ho venduto il Salvatore; come il popolo giudeo, ho chiesto la sua morte; come Pietro, l’ho rinnegato; come Pilato, l’ho condannato; come Erode, l’ho deriso e beffeggiato; come i soldati e i manigoldi, l’ho coronato di spine, caricato del pesante legno della croce, crocefisso tra due ladroni, che sono il demonio e le mie passioni, abbeverato di fiele, messo a morte, trafitto … Ho peccato contro il cielo, perché ho ucciso l’anima mia creata per Iddio, fatta a immagine di Dio … Ho peccato contro di voi, o mio Dio, dinanzi a voi, sotto gli occhi vostri, mentre ero in vostro potere; mi sono servito per oltraggiarvi dei doni naturali e soprannaturali di cui mi avete ricolmato… Ho peccato in presenza del mio Angelo custode, non ostante il rimorso della coscienza. – Voi avete crocefisso Gesù Cristo,’ disse S. Pietro ai Giudei. A questo fulminante rimprovero, essi di tutto cuore si pentirono e gridarono rivolti all’apostolo: Che faremo noi per ottenere misericordia? Fate penitenza, rispose loro, pentitevi sinceramente (Act. II, 36-38). I motivi della contrizione soprannaturale sono: 1° i peccati da noi commessi…; 2° i peccati che abbiamo fatto commettere agli altri. Tre esercizi possono aiutarci ad ottenere una contrizione soprannaturale: 1° fare una stazione in ispirito al Calvario…; 2° discendere col pensiero nell’inferno, da noi meritato col peccato…; 3° trasportarci al cielo di cui ci siamo resi indegni… Noi rileviamo da tutto questo che la contrizione è un dono di Dio. L’uomo non può pentirsi come si deve, senza l’inspirazione e l’assistenza dello Spirito Santo. Il peccatore, avendo ucciso, col peccato mortale, la sua anima e avendola uccisa per l’eternità, non può risorgere senza l’aiuto di Dio che è l’autore della vita . .. Somma. — La contrizione dev’essere un tale disgusto che vinca ogni altro. E perché ? Perché il peccato è il più grande di tutti mali, il solo, l’unico male. Solo il peccato attacca Dio e l’anima … Il peccato è il sommo male riguardo a Dio … ; il sommo male riguardo all’uomo… Il nostro dolore dev’essere, come dice Geremia, vasto e profondo come il mare: — “Magna est velut mare contritio tua” (Lament. II, 13). « Quanto più profonda e pericolosa è una ferita, tanto più potente farmaco richiede, dice S. Ambrogio; ora essendo il peccato un’offesa di gran lunga più grave di ogni altra, richiede una soddisfazione che non abbia pari (Grandi plagæ alta et prolixa opus est medicina: grande scelus grandem habet) ». Davide ci presenta un modello della contrizione somma. Conosce il suo peccato, si umilia, si pente, si confessa, piange, depone la corona e la veste regale, digiuna, indossa il cilizio, si ritira nella solitudine. Un altro ce ne offre San Pietro del quale sta scritto che pianse amaramente fino alla morte la colpa di aver rinnegato Gesù Cristo. Un terzo l’abbiamo nel popolo ebreo che, assediato da Oloferne in Betulia, si diede a piangere, a mandar gemiti e sospiri e a gridare volto al Signore: Noi abbiamo peccato, ci siamo portati ingiustamente, abbiamo commesso l’iniquità (IUDITH VII, 18-19). Bisogna che il peccato, soprattutto il mortale, ci dispiaccia più di ogni altro male che ci possa accadere. La ragione ne è evidente: col peccato mortale noi abbiamo assalito e combattuto e perduto Iddio; ma Dio è il più grande dei beni, l’unico sommo bene; importa dunque di necessità che noi siamo più dolenti di questa perdita che non d’ogni altra. Se fosse altrimenti, la nostra contrizione non sarebbe somma. Però, non è necessario, perché il dolore sia sommo, che sia il più sensibile dei dolori, cioè non si richiede che noi proviamo il medesimo dispiacere sensibile, che versiamo così abbondanti lacrime, che mandiamo fuori quei medesimi guaiti da cui non ci potremmo forse frenare i n occasione della perdita del padre, p. es., o d’un amico diletto. Perché? Perché fino a tanto che l’anima sta congiunta al corpo, è più mossa dagli oggetti sensibili che da quelli che non cadono sotto i sensi. Basta che noi siamo interiormente risoluti, con la grazia di Dio, di soffrire piuttosto qualunque male anziché di nuovo commettere un sol peccato mortale. La contrizione può essere vera senza quest’impressione sensibile che non è in nostro potere. 4 ° Universale. — La contrizione dev’essere universale, estendersi, cioè, a tutti i peccati mortali che si sono commessi, senza eccettuarne uno solo, poiché non ve ne è nessuno, che non offenda Dio, non renda l’anima nemica di Dio, schiava di satana e degna dell’inferno. L a contrizione vera non imita già Saulle che, menando strage degli Amaleciti, risparmia coloro che gli piacciono. – Badate, dice Bossuet, che sovente vi sono nel cuore dei peccati che si sacrificano, ma vi si trova pure il peccato prediletto, la passione favorita, e quando si tratta di schiantare questo peccato, di rinunziare a questa passione, il cuore sospira in segreto e non sa risolversi se non con grandissima pena. La contrizione universale trafigge questo peccato, dà della scure in questa passione e la recide senza misericordia; essa entra nell’anima, come Giosuè tra i Filistei, e ogni cosa mette a ferro e fuoco. E perché fa così sanguinosa esecuzione? Perché teme la compunzione d i un Giuda, di un Antioco, di un Balaam: compunzioni false ed ipocrite, che ingannano la coscienza con l’apparenza di un dolore superficiale. Il dolore della penitenza tende a cambiare Dio, ma bisogna prima cambiare l’uomo, e Dio non si cambia mai se non per lo sforzo di questo contraccolpo. Voi temete la mano di Dio e i suoi giudizi; è questa una santa disposizione; il concilio di Trento vuole ancora che questo timore vi porti a detestare tutte quante le vostre colpe (Serm. sur l’Intégr. de la Pénit.).

6. – DEL PROPONIMENTO E SUA NECESSITÀ. — L a contrizione è un dolore dei peccati commessi, unito a un fermo proponimento di non più ricadérvi. Quindi essa abbraccia il passato e l’avvenire: il passato per detestare le cadute, l’avvenire per prevenute. La volontà sincera, formale di non più peccare mortalmente per l’avvenire, è tanto necessaria, a chi vuole ottenere il perdono dei peccati, quanto è necessario il pentimento dei peccati commessi. Non si può chiamare vero il dolore di aver offeso Dio, se non è congiunto ad una risoluzione sincera di non più peccare, per quanto l’u mana fragilità lo comporta. Infatti se è un burlarsi di Dio il confessare, senza averne dispiacere, che lo abbiamo offeso; è un illudersi il dire, che ci duole di aver commesso quello che abbiamo tuttavia in animo di commettere, che ci spiace aver fatto quello che ancora vogliamo fare. La contrizione sincera deve escludere ogni affetto al peccato; ora chi non fosse risolutamente determinato di non più ricadere nel peccato, l’amerebbe ancora… « S’incontrano parecchi, scriveva già S. Agostino, i quali confessano ad ogni tratto di essere peccatori e intanto si dilettano di peccare. La loro parola è una confessione, non una mutazione; scoprono le piaghe della loro anima, ma non le curano; confessano l’offesa, ma non la cancellano. Solo l’odio del peccato e l’amor di Dio costituiscono una vera contrizione [“Multi assidue se dieunt esse peceatores, et tamen adhuo illos delectat peccare. Professio est, non emendatio: accusato anima, non sanatur; pronuntiatur ofiensa, non tollitur. Poenitentiam certam non facit, nisi odium peccati et amor Dei(De Moribus).] ». – La risoluzione di non più offendere Dio si chiama buon proponimento; esso è parte essenziale della, contrizione e deve averne le stesse qualità, cioè dev’essere interno, soprannaturale, sommo, universale. In sostanza non è cosa diversa dalla contrizione, in quanto questa riguarda l’avvenire. La risoluzione di non più offendere Dio è assolutamente necessaria, senza di lei l’uomo si inganna e cerca di ingannare Dio: è ad un tempo un accecamento ed un delitto. – Quando Gesù Cristo guariva gl’infermi, sempre li accomiatava dicendo: « Non peccate più, affinché non v’incolga di peggio » – “Iam noli peccare, ne deterius aliquid tibi continua” ( IOANN. V, 14).

7. – DA QUALI INDIZI SI RICONOSCE IL BUON PROPONIMENTO. — L’uomo può riconoscere se è vero il suo proponimento, a questi tre segni principali: 1° agli sforzi che ha fatto per correggersi; 2° alla fuga delle occasioni prossime del peccato; 3° al cambiamento di vita. – 1° Per gli sforzi fatti per correggersi. I vostri desideri tendono al cielo? Lavorate voi ad assoggettare la carne allo spirito e lo spirito a Dio? Vi allontanate voi dal mondo per occuparvi di Dio?… Se è così, voi fate degli sforzi per emendarvi e potete dire di avere un buon proponimento. Ma se non vi studiate di frenare la concupiscenza, se conservate dell’attaccamento al mondo, se non vi applicate a divenire migliore, voi non avete un buon proponimento.

2° Per la fuga delle occasioni prossime di peccato. Nutrite voi i sentimenti del re profeta quando esclamava: « Ho aborrito ed abbomino l’iniquità » — Iniquitatem odio habui et abominatus sum? (Psalm. CXVIII, 163). – In questo caso voi avete un buon proponimento; ma badate che chi sente vivo orrore per una cosa, la fugge a tutto potere. Voi aborrite un assassino e l’evitate; aborrite il veleno e non l’adoperate; avete orrore di un cane arrabbiato e ne temete l’incontro, vi ponete al riparo. .. Quando Dio volle creare il firmamento, disse: « Si faccia il firmamento in mezzo alle acque e divida acque da acque, cioè le acque superiori dalle inferiori» — Dividat aquas ab aquis (Gen. I, 6). Una prova di buon proponimento è quella d’allontanarsi dalle acque melmose della concupiscenza e accostarsi a quelle limpide e pure della grazia. « E convertito e sicuro del perdono, dice S. Gregorio, chi piange il suo peccato e nulla tralascia per non più ricadérvi [“Perfecte convertitur qui, quod prave egerat, plangit; et quod rursum plangat, ultra non repetit(In lib. I Beg. lib. III, c. 7) ». S. Agostino soggiunge che chi riapre le antiche ferite non è convertito. Quando un malato è guarito, si allontana dal medico; ma quando uno è guarito dal peccato, deve volgersi a Dio, a Lui strettamente e costantemente avvinghiarsi e dire col profeta: « Mio vantaggio è lo starmene congiunto a Dio e porre in Lui il mio spirito ». La presenza di Dio ci rischiara, ci purifica, ci beatifica; Dio opera su colui che Gli sta soggetto ed obbediente; egli lo guarda e conserva; al contrario quando Iddio è assente, si ricade (In Psalm. ).3° Il primo movimento che sente, un uomo tocco da Dio e veramente contrito, è di allontanarsi dal secolo. La voce che ci chiama alla contrizione, ci chiama pure alla fuga, alla vigilanza, all’abbandono delle occasioni prossime del peccato. L’uomo contrito e pieno di buona volontà, non è più l’uomo mondano di prima; la donna che davvero si pente e nutre buon proposito, non è più la donna delicata e compiacente, la mediatrice avveduta, l’amica garbata che permetteva segreta corrispondenze; non trova più espedienti ammaliatori, facilità lusinghiere; impara un altro linguaggio e sa all’uopo dire risoluta: No, io non posso più; sa pagare il mondo con rifiuti pronti e seri. Il penitente non vive più a modo degli altri, non cerca più di piacere agli altri, anzi dispiace a se medesimo. Sente il suo male, si disgusta tutt’insieme e del mondo che l’ha ingannato e di se medesimo che s’è lasciato cogliere all’amo di sì grossolani diletti. – Un giovane che aveva tenuto mala pratica con una donna, essendosi convertito, lasciò affatto di vedere colei ch’egli perdeva e da cui era condotto a perdizione. Un giorno l’incontrò a caso per via, ma tirò oltre senza fermarsi. Allora questa gli volse la parola e disse: — Non mi conoscete più? io sono la tale. — Potete ben voi, rispose il garzone, essere la tale, ma io non sono più il tale. Io ho giurato di non più offendere Dio e di salvare l’anima mia: imitatemi. Ecco che cosa dovrebbe fare ogni peccatore: essere irremovibile di non più peccare.

 

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

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