I SACRAMENTALI

SACRAMENTALI

[Enciclopedia Cattolica, C. d. V. 1953 – vol X , col 1555-1558]

Sono cose o azioni, di cui Chiesa, imitando in qualche modo i Sacramenti, si serve per raggiungere, in virtù della sua impetrazione, effetti soprattutto spirituali (CIC, can. 1144). – Il termine, come sostantivo, non si trova nell’uso teologico prima del sec. XII. Fino allora, ciò che ora si designa come sacramentale (s.), era indicato dal termine sacramento, usato per significare qualunque rito sensibile, che avesse rapporto con realtà spirituali e soprannaturali. Nel sec. XII gli scolastici incominciarono a distinguere fra Sacramenta salutis (Ugo di S. Vittore), o necessitatis (Algero di Liegi), o maiora (Abelardo), cioè quelli che oggi si chiamano Sacramenti in senso stretto, e i sacramenta ministratoria, veneratoria, preparatoria; sacramenta minora, sacramenta dignitatis, cioè le semplici cerimonie e pratiche religiose compiute sia durante, sia fuori dell’amministrazione dei Sacramenti.

I . NATURA DEI s. – Come i Sacramenti, i s. consistono in qualche cosa di sensibile, sono dotati di una efficacia superiore a quella delle opere buone dei privati, e infine ottengono effetti spirituali. A differenza, però, dei Sacramenti, non sembra si richieda che il rito sensibile significhi l’effetto a cui è ordinato; sotto questo aspetto, perciò, nulla vieta che si pongano fra i s. l’invocazione del nome di Gesù e le opere di misericordia. – Inoltre, l’efficacia dei Sacramenti è ex opere operato, derivante dai meriti di Gesù Cristo, mentre i s. ottengono 1 loro effetti per l’efficacia impetratoria della Chiesa. I Sacramenti inoltre producono la Grazia santificante, non così i s.; finalmente quelli sono d’istituzione divina, questi di istituzione ecclesiastica. – Dalla definizione del CIC risulta anche i l rapporto che i s. hanno con le cerimonie in genere. Con queste si intendono tutte le azioni che si riferiscono al culto pubblico. Perciò, dal numero delle cerimonie vengono esclusi gli atti di culto privato, e in esse viene sottolineato il valore di omaggio reso a Dio, prescindendo dalla efficacia pratica in ordine agli effetti spirituali. Invece i s. sono cose o azioni, di uso pubblico o privato, che posseggono una efficacia pratica, in quanto la Chiesa vi ha aannesso la sua impetrazione per ottenere particolari effetti.

ENUMERAZIONE DEI s. – I teologi antichi li raggrupparono in sei classi, designate dal noto verso: « Orans, tinctus, edens, confessus, dans, benedicens ». Orans: allude alla orazione domenicale e alle altre preghiere della Chiesa, specialmente pubbliche; tinctus, indica l’aspersione con l’acqua benedetta e le unzioni sacre: edens la manducazione dei cibi benedetti; confessus, la recita del Confiteor e altri atti di umiliazione; dans, l’elemosina e in genere le opere di misericordia; benedicens, le molteplici benedizioni impartite su persone e cose. Seguendo le indicazioni del CIC, gli autori moderni enumerano i s. secondo un altro criterio. Prima distinguono fra cose ed azioni, poi dividono le cose in benedette, consacrare, esorcizzate, e le azioni in benedizioni, consacrazioni ed esorcismi. Va precisato (cf. E. Doronzo, De Sacramentis in genere, Milwaukee 1947, p. 544) che le benedizioni e le consacrazioni non verificano esattamente i l concetto fissato dal CIC quando implicano soltanto une separazione delle cose dall’uso profano e pertanto una certa santità legale, ma quando importano pure l’impetrazione di qualche effetto spirituale. Gli esorcismi rientrano nella definizione del CIC solo in quanto l’espulsione o la repressione del demonio è oggetto di impetrazione della Chiesa, non in quanto dalla Chiesa è operata con l’esercizio di quel potere di comando sui demoni che Cristo le conferì. Quelle stesse opere buone a cui la Chiesa ha annesso l’acquisto di indulgenze per i vivi, non verificano la definizione del CIC, per la ragione che il beneficio dell’indulgenza ai vivi non è effetto dell’impetrazione della Chiesa, ma dalla Chiesa è conferito con l’esercizio di quel potere di giurisdizione, per il quale fu costituita depositaria dei meriti e delle soddisfazioni di Cristo e dei santi. – Precisato questo, si può affermare che la divisione moderna è più scientifica, perché fondata sulle diverse specie di impetrazione, nota essenziale del s.; è inoltre esauriente, perché tutti i s. possono farsi rientrare nei vari membri della medesima; infatti, o l’impetrazione è legata all’uso di una cosa permanente (s.-cose) o consiste in un’azione transitoria (s.-azione). Inoltre, l’impetrazione o riguarda beni positivi (benedizioni o consacrazioni, o riguarda l’allontanamento dei mali (esorcismi). La differenza fra consacrazioni e benedizioni consiste nel fatto che le consacrazioni hanno sempre per effetto di separare in modo stabile un oggetto o una persona dall’uso profano (pertanto in esse le unzioni accompagnano le parole), nelle benedizioni, invece, si usano solo le parole e soltanto le benedizioni costitutive, a differenze di quelle semplicemente invocative, comportano una separazione stabile dall’uso profano.

III. EFFICACIA DEI s. – La questione presenta due aspetti: quale sia la natura di tale efficacia, ossia il modo secondo cui operano i s., e quali siano in particolare gli effetti ottenuti. – I s. si possono considerare anzitutto cerimonie, e come tali posseggono, di loro natura la virtù di suscitare nell’animo conoscenze e sentimenti religiosi. – Inoltre, come atti buoni, hanno un valore meritorio per chi li compie. Finalmente, sono dotati di una speciale efficacia in quanto informati dalla impetrazione della Chiesa. È appunto questa l’efficacia propria dei s., la cui natura è precisata dai seguenti rilievi: a) i s. non sono strumenti di cui Dio si serva per santificare le anime, ma azioni con le quali la Chiesa sollecita da Dio il conferimento di Grazie; b) l’efficacia dei s.. in quanto deriva dall’impetrazione della Chiesa, non dipende, come da causa, dalle disposizioni morali del ministro o del soggetto. Pertanto si dice che i s. non agiscono « ex opere operantis ministri vel subiecti », e in ciò convengono con i Sacramenti; da essi però differiscono perché l’efficacia di questi è « ex opere operato ». Si può porre la questione se, oltre a questa efficacia, fondata sull’intercessione della Chiesa, i s. non ne posseggano un’altra « ex opere operato». Il CIC non ne fa menzione. Parecchi autori (p. es., Michel) l’affermano a proposito di quei s. che hanno per effetto di dedicare cose o persone al servizio divino; infatti, il rito esterno, obiettivamente preso e compiuto secondo le norme prescritte, quando il soggetto non oppone impedimento, produce l’effetto di consacrare la cosa o la persona al servizio divino. Altrettanto si può affermare di quei s. a cui la Chiesa ha annesso una qualche indulgenza. Questi effetti non sono dovuti alla intercessione e ai meriti né del ministro o del soggetto, né della Chiesa, ma alla semplice posizione del rito esterno, il quale, tuttavia, possiede tale virtù per istituzione della Chiesa. Si può pertanto ritenere che alcuni s. producono l’effetto della deputazione al culto divino o della remissione della pena temporale « ex opere operato, vi institutionis ipsius Ecclesiae ». Però non si deve dimenticare che, stando alla definizione del CIC, la deputazione al culto divino e l’indulgenza concessa ai viventi non rientrano negli effetti specifici dei s., perché non si conseguono per impetrazione della Chiesa; c) va osservato, infine, che posto il rito, secondo le norme prescritte, ne consegue infallibilmente l’impetrazione della Chiesa, ma il conseguimento degli effetti impetrati è condizionato a tutti i requisiti da cui dipende l’efficacia della preghiera in genere. – Nel caso, trattandosi di una impetrazione fatta dalla Chiesa, sposa di Cristo, le condizioni da parte del soggetto che prega si verificano sempre; ma potrebbero mancare i requisiti da parte della cosa impetrata o della persona, per la quale si prega.

2) Il CIC parla in genere di effetti specialmente spirituali. La maggior parte degli autori li distribuisce nelle seguenti categorie: a) grazie attuali che eccitano a compiere atti di fede, di speranza, di carità, di penitenza, ecc.; b) allontanamento o repressione del demonio; c) beni temporali, come la salute, il tempo buono, ecc. sempre però nella misura in cui conducono alla salvezza eterna e rientrano nel piano della Provvidenza ordinaria di Dio. – Incertezze e divergenze esistono fra gli autori riguardo alla questione se ed in qual senso l’efficacia dei s. si estenda alla Grazia santificante, alla remissione dei peccati veniali e della pena temporale. Sembra evidente che la questione proposta si debba risolvere nei termini seguenti: a) come ogni preghiera, così anche quella ecclesiastica incorporata nei s., può avere per oggetto qualunque beneficio, quindi anche la conversione dei peccatori, il conferimento o la conservazione della Grazia santificante, il perdono dei peccati mortali e veniali, la remissione della pena temporale; b) qualora si chieda se questi benefici, dalla Chiesa intesi, possano essere direttamente conferiti da Dio, in modo che il conferimento consegua immediatamente nell’ordine della realtà l’impetrazione della Chiesa, si deve rispondere che, secondo il comune parere dei teologi, l’infusione della Grazia santificante e quindi anche il perdono dei peccati mortali non si possono conseguire che per la via dei Sacramenti « ex opere operato » e per quella della carità perfetta o delle opere meritorie « ex opere operantis… ». Quando, perciò, si chiede al Signore la santificazione delle anime, direttamente si ottengono solo le Grazie attuali che dispongono l’individuo all’uso dei Sacramenti o al compimento di quelle opere buone a cui Dio ha connesso la santificazione. Pertanto, l’infusione della Grazia santificante e il perdono dei peccati mortali non possono costituire un effetto immediato dei s. Riguardo ai peccati veniali, per la loro analogia con le colpe gravi, si deve pensare che i s. non ottengono immediatamente il perdono di essi, ma che direttamente ottengono solo quelle Grazie che sono particolarmente indicate a suscitare sentimenti di penitenza, con cui vengono cancellati i peccati veniali. – La questione intorno alla remissione della pena temporale, può riassumersi in tre punti: a) la Chiesa ha il potere di istituire s. che abbiano l’efficacia di condonare immediatamente la pena temporale; b) anzi, un simile s. esiste di fatto, a vantaggio delle anime purganti, ed è tutta la liturgia dei defunti. Pertanto, se le preghiere della Chiesa possono ottenere immediatamente la remissione della pena temporale per i defunti, non si vede perché non la possano ottenere anche per i viventi; e) ma è probabile che non esista nessun s. ordinato a questo scopo specifico riguardo ai viventi.

L’ISTITUZIONE DEI S. – Che la Chiesa, ed essa sola, abbia i l potere di istituire i s., risulta dalla sua prassi costante, dalla decisione del CIC (can. 1145) e dalla natura stessa delle cose. E evidente, infatti, che il potere sacerdotale di santificazione di cui essa è dotata comporta anche il diritto e il dovere, come di regolare il culto in genere così anche di istituire riti e cerimonie con valore impetratorio. È altrettanto evidente che un rito avente il valore di esprimere i voti e le aspirazioni della Chiesa non possa provenire che da essa. Nella tradizione ecclesiastica, mentre si trova inculcato, con insistenza, il principio che la Chiesa non può mutare la sostanza dei Sacramenti perché di origine divina, si è sempre riconosciuto, e dal Concilio di Trento definito, che la Chiesa può mutare a piacimento le cerimonie del culto; il CIC esplicitamente attribuisce alla S. Sede il diritto di istituire nuovi s. e di mutare, abrogare, autenticamente interpretare quelli vecchi (can. 1145); ciò equivale ad ammettere che tutti i s. sono d’istituzione ecclesiastica.

AMMINISTRAZIONE DEI S. – 1) Il rito esterno. – ci si deve attenere scrupolosamente alle norme liturgiche (can. 1148 §1); le benedizioni e le consacrazioni sono invalide se non si usa la formula prescritta (ibid. § 2). In genere i s. vanno trattati con riverenza; in particolare, poi, le cose consacrate o benedette, con benedizione costitutiva, non possono essere volte ad uso profano o diverso dal loro, nemmeno se si trovano in possesso di persone private (can. 1150); così, p. es., non è lecito servirsi dell’acqua benedetta per dissetarsi. 2) Il ministro. – Fissato il principio generale che legittimo ministro è soltanto il chierico, il quale ne abbia ricevuto il potere e non sia impedito di esercitarlo dalla competente autorità (can. 1146), il CIC scende ai casi particolari. Per le consacrazioni, ministro valido è solo i l vescovo e chi ne ha l’autorizzazione per diritto (come i cardinali) o per indulto apostolico (can. 1147 § 1). Le benedizioni che non siano riservate al romano pontefice, o ai vescovi, o ad altri possono essere date da qualunque sacerdote (ibid. § 2); ma anche le benedizioni riservate, quando sono impartite da un semplice sacerdote senza la necessaria autorizzazione, restano valide sebbene illecite, a meno che la S. Sede, promulgandone la riserva, non abbia deciso diversamente (ibid. § 3). I diaconi e i lettori possono dare validamente e lecitamente soltanto le benedizioni che a loro sono espressamente concesse dal diritto (ibid. § 4). Per gli esorcismi v. la voce relativa. 3) Il soggetto. – Le benedizioni devono essere impartite dapprima ai cattolici, per ottenere loro il lume della fede o, con esso, la salute del corpo (can. 1149). Gli esorcismi possono essere fatti anche sui non cattolici e sugli scomunicati (can. 1152).

[Antonio Gaboardi].