J.-J. GAUME: La profanazione della DOMENICA [prefazione e lett. 1]

Iniziamo la pubblicazione di una opera piccola, ma importantissima, di Mons. Gaume, quanto mai attualissima per noi “presunti” o “veri” cattolici: “la profanazione della Domenica”. Oltre alle abitudini dell’epoca [lo scritto è del 1850], la profanazione della Domenica, è moda corrente favorita dalla falsa gerarchia conciliare: i presunti cattolici, anticipando abitualmente la frequentazione “fugace” della Messa domenicale [ma tanto è una Messa falsa e blasfema! … dirà giustamente qualcuno], hanno ampia possibilità di andare al mare, in campagna o in montagna d’estate, alle gite fuori porta, ai centri commerciali, allo shopping compulsivo, agli spettacoli teatrali e cinematografici, alle manifestazioni sportive, culinarie, c.d. artistiche e culturali, ai musei gratuiti la domenica, ai raduni politici e alle manifestazioni sindacali, ai programmi televisivi o alla navigazione internet, oltre a balere, discoteche, ludoteche … ce n’è per tutti i gusti, signori … entrate, accorrete, venghino lor signori,  venghino … di santificare le feste non c’è bisogno, tanto poi ci pensa la misericordia …! Ci torna alla mente una celebre frase di S. Alfonso M. de Liguori, nelle sue Meditazioni. “… e cantando e ballando, i cristiani se ne vanno all’inferno …!”. Leggiamola possibilmente con attenzione, onde trarne un frutto spirituale. [nota redaz.]

LA

PROFANAZIONE

DELLA DOMENICA

ED ESTREMI MALI CHE COTESTA CAGIONA ALL’UMANITA’

OPERA

gaume-282x300

DELLABBATE GAUME

Vic. GEN. DI NEVERS, DOTT. IN TEOLOGIA

TRADOTTA DAL FRANCESE DA DOMENICO CERRI CANONICO ON. E PROFESSORE EMERITO DI TEOLOGIA E DIRITTO CANONICO.

TORINO, 1853. – – Via della Zecca n. 23, casa Birago.

 

Niente è più alto a materializzare un popolo, quanto la profanazione della Domenica. – Un popolo materializzato è un popolo morto.

Ill.mo Sig.r Conte CESARE DI CASTAGNETTO SENATORE DEL REGNO

La traduzione dell’eccellente opera francese la profanazione della domenica, che ho io eseguita, dietro l’onorevole invito d’autorevoli personaggi, alla tranquilla ombra dell’amenissimo Castello di Castagnetto di V. S. Ill.ma, non meglio che a Lei posso io dedicare, non tanto pelle preelette virtù di Lei, di cui fecero già chiaro cenno classici giornali francesi ed italiani, egregi scrittori, e l’istesso Supremo Gerarca, Pio IX; quanto per quella ardente premura, con la quale Ella santifica le Domeniche e Feste da render Sé legge, esempio, specchio e luce alla Lei nobile Famiglia, ed alle persone tutte da Lei dipendenti, e di Lei ammiratrici: premura Santa che la spinge infino a generosi e pii Sacrifizj, acciocché i Lei soggetti non vengano privi dei mezzi per santificarle. Per quanto debole sia la mia non serva penna ad innarrar le Lodi di Lei, non pertanto la delicata modestia di V. S. Ill.ma se ne risente, quindi m’impongo silenzio, protestandomi con perfetta osservanza, inalterabile devozione ed altissima stima,

D . V. S. Ill.ma, D.mo, Obbl.mo, Oss.mo Servitore Can. Domenico Cerri.

Torino, il 15 dicembre 1852

PREFAZIONE DEL TRADUTTORE

Invitati noi a porger mano alla traduzione in lingua italiana di questa eccellente operetta, stampatasi in francese per la prima volta in Parigi nel 1850, abbiamo opinato non esser disutile cosa, se le premettiamo in prima alcune brevi nozioni tolte dai più gravi scrittori intorno all’origine del giorno di Domenica, e delle principali feste celebratisi infra l’anno, acciocché sia compiuto in sua concisione questo trattatello. – Il giorno di Domenica adunque, primo dì festivo appresso i Cristiani, venne da’ santi Apostoli instituito invece del sabato dagli stessi primordi della Chiesa, a perpetua memoria della risurrezione di Gesù Cristo in tale giorno avvenuta. – I quali primordi propriamente deggionsi attribuire al giorno di Pentecoste: poiché allora, compiuti i Misteri di nostra redenzione, il sacrosanto Vangelo fu promulgato pubblicamente. Dopo questo giorno poi, permutati i giorni festivi giudaici ne’ nostri, egli è indubitato, che il primo giorno, il quale loro siasi presentato, non altro fosse che il Domenico: imperocché né il giorno di Natale, o di Pasqua, de’ quali la remotissima origine muoverebbe qualche dubbio, poterono occorrere, se non frapposto lo spazio di alcuni mesi, come saviamente osserva il venerabile Cardinale Bellarmino [Lib. 5, De Sanctis, c. II]. Del giorno di domenica fa menzione l’Apocalisse [I , 10], gli Alti Apostolici [XX, 7], S. Paolo [I. Cor., XVI, 2], come dirittamente dimostrano nel citato luogo Bellarmino ed Asorio [P. 2, Instit. Mor., I. I, c. 2, q. 1,2], allegando molti testimoni de’ Padri contra dei Centuriatori Magdeburgesi. Di questo giorno si fa cenno eziandio nel libro oliavo delle Costituzioni Apostoliche di S. Clemente [Cap. 55, version. Turriani], e nel canone 65 dogli Apostoli, e nell’epistola di S. Ignazio martire a’ Magnesiani, dove il giorno Domenico chiamasi re e principe de giorni; come anche nella lettera del medesimo a’ Filippesi; così pure nell’apologia di Tertulliano, cap. 46, ed in altri innumerevoli monumenti de’più antichi Dottori. – L’annua solennità del giorno del Natale di Gesù Cristo ebbe per istitutori gli Apostoli beati, come scrisse Asorio; e Bellarmino (L. 3, De’ Santi, c. 15) riporta molti Padri in confermazione di questo, de’ quali ci basta il solo S. Clemente romano nelle Costituzioni Apostoliche. Il giorno festivo dell’Epifania pur anche alle Apostoliche Costituzioni deve attribuirsi, secondo quello riferito viene da Epifanio nel Compendio della Fede verso il fine, ed Asorio al luogo citato. – L’annua celebrazione della Pasqua,ossia della risurrezione di Gesù Cristo fu ordinala dagli Apostoli, ci assicurano S. Clemente, S. Agostino ed Àsorio come si può vedere presso il Bellarmino. La stessa cosa hassi da dire della vigilia di Pasqua, delle altre vigilie, e delle quattro tempora poi si leggano Terlulliano, Eusebio, S. Leone M., Bellarmino, ed il Baronio. – Essa è altresì apostolica tradizione appresso Clemente e Bellarmino, che la Domenica in Albis, cioè l’ottava di Pasqua avesse l’istesso principio. La festività dell’Ascensione di Gesù Cristo anch’essa riconosce gli Apostoli per autori, come insegnano Clemente, Agostino, Asorio e Bellarmino. Il dì solenne e sacro di Pentecoste parimente secondo le Costituzioni degli Apostoli, ad essi deve ascriversi. – Di questo giorno fanno eziandio parola S. Ireneo nella sua orazione di Pasqua, citata da S. Giustino martire, Tertulliano e S. Basilio. Che anzi stimiamo, seguendo autorevolissimi scrittori, probabilissima la dottrina di S. Epifanio, il quale riferisce quello che della Pentecoste fu scritto negli Atti Apostolici e nella lettera di S. Paolo (1 Cor, XVI, 9) alla Pentecoste della Chiesa Cristiana, che afferma essere derivata dalla tradizione e dall’instituzione apostolica, benché a certuni paia forse potersi riportare alla Pentecoste de1 Giudei, quello che nel suddetto libro inspirato di somigliante giorno si dice. – La festa della Purificazione della Beatissima Vergine Maria è anch’essa antichissima, come chiaramente dimostra Bellarmino dallo orazioni recitate nel suddetto giorno da’ più vetusti Padri. E certamente esso è talmente antico, che giudicò Asorio essere cotesta solennità stata instituita o dagli Apostoli, o indubitatamente dai primi discepoli degli Apostoli. – I giorni poi consacrati alla celebrazione degli Apostoli vennero essi fissati dai discepoli di questi appena che loro succedettero, come ci ammaestrano Àsorio e Bellarmino e con dirittura: imperocché S. Clemente impose ai fedeli di osservare le feste de’Martiri, e nominatamente di santo Stefano. Da quello impertanto, che abbiamo detto de’ giorni festivi, sia di Nostro Signore Gesù Cristo, sia de’Santi, è manifesto, che sono da riprendersi o di brutto svarione, o di maliziosa dissimulazione i Centuriatori Magdeburgesi (1), a quali non basta ’l negare, che gli Apostoli abbiano statuito certi giorni festivi, ma per somma impudenza aggiungono ancora, che nei primi secoli della Chiesa non si legga essersi emanati decreti per regolare e fissare de’ giorni festivi, di Pasqua in fuori. – Santa Chiesa poi, sempre mai condotta da quella indefettibile sapienza, di cui fece ognora bella mostra, essa pure infino da’primi secoli instituì alcune solennità, ed approvonne certe altre: instituì ella alcune solennità per così contrapporre alle feste piene di lussuria, di brutalità e di scandali dei Pagani, la santità de’ nostri sacrosanti Misteri, per allontanare da codeste immoralità i Fedeli, e tenerli in orazione ed edificazione, col qual mezzo ella venne a guadagnare ne’ suoi figliuoli, che li conservava puri e virtuosi; nel paganesimo, che, rapito della virtù de’Cristiani, n’abbracciava la legge loro. Approvò poi ancora Santa Chiesa certe altre solennità che dai varii regni del mondo cattolico tra, i popoli a lei si rivolgevano, pregandola con istanza ad elevare al grado di festa certi giorni, e come tali, per sua autorità, dichiararli; le storie sono ripiene di simili petizioni devote, le quali i Romani Pontefici, dopo maturo esame, od esaudivano o rigettavano, secondo che giudicavano più conveniente pella Religione e pei popoli. E coloro che acremente impugnano le feste ed avventano in sulle adorabili guance di Chiesa Santa le più vili calunnie ed oltraggiose, perciò, se avessero letto la storia ecclesiastica, s’ adonterebbero di loro ignoranza grossa grossa, o di loro mala fede empia empia; ma se non la leggono questa istoria, o se la leggono, lo fanno non per altro che per attingervi le obiezioni orpellando e svisando la verità onde sedurre i credenti! Assaissimo sarebbevi a dire intorno a siffatto argomento, ma la mole del libro nol permettendo, ci limitiamo solo a quello della Santificazione della Domenica, né possiamo meglio sotto ogni riguardo trattarlo, che riproducendo la sovra accennata Opera, e presentandola tradotta; coloro che la leggeranno, non potranno almeno d’altamente commendare la potenza e dirittura somma dell’ingegno dell’autore sullodato nel condurre il suo tema, ed inorridiranno all’aspetto dei mali che stanno per rovinare d’ogni parte sopra de’profanatori del santo giorno della Domenica. 

LA PROFANAZIONE DELLA DOMENICA

considerata per rapporto alla Religione, alla società, alla famiglia, alla libertà, al benessere, alla dignità umana ed alla sanità.

LETTERA I

RAGIONE E DISEGNO DI QUESTA CORRISPONDENZA.

Nevers, 5 aprile 1830

I

Signore, e caro amico [Queste lettere sono indirizzate al signor M. N. membro dell’Assemblea legislativa – ndr.-], per corrispondere io a’ vostri desideri vi mando le considerazioni, le quali mi dettò la rapida disamina della grande questione, divenuta da bella pezza l’oggetto de1 vostri profondi studi. Certamente niente n’è più degno delle meditazioni. d’un personaggio veramente politico: la legge sacra del riposo ebdomadario essendo il fondamento della Religione, diventa la salvaguardia degli Stati. Pertanto avete voi mille volte ragione di dire che, se ne’ nostri giorni d’aberrazione, qualche cosa avesse diritto di stupefarci, questa è infallibilmente l’oblio generale, in cui si lascia un punto di somigliante importanza. Senz’altro preambolo, m’accingo alla mia prefazione. Io la giudico necessaria; ma rassicuratevi, eh’essa non sarà lunga.

II

Voi sapete, che (specialmente) cinque immortali testimonianze appoggiano lutti i cattolici dogmi: la parola di Dio, la quale li rivela; il sangue de’ martiri, il quale li conferma; l’odio de’ perversi, il quale li oppugna; l’amore de’ buoni, il quale li propugna; la felicità, la quale quelli apportano. Tale è, ne’ tempi ordinarj, la vittoriosa dimostrazione della fede. – Nulla ostante avvengono epoche di vertigine, in cui il mortale, strascinato dall’orgoglio, tiranneggiato dai sensi, non solamente chiude gli occhi per nulla vedere e le orecchie per nulla ascoltare, ma anzi indaga ogni via affine di oscurar la verità, che lo ristucca. Per questi giorni infausti Iddio riserva, in favore di sua opera, un’ultima testimonianza. – Quest’ultimo argomento somigliantemente alla folgore, la quale discinde le dense nubi, i cui vasti fianchi intercettano i raggi del sole, cosi dissipa esso tutte le tenebre stese in sulle intelligenze. La verità è mostrata all’uomo, com’essa a lui si mostrò dalla vetta del Sinai tra lo splendore dei lampi, e il rombo del tuono; o come sopra il Calvario, nello spavento dell’umanità, e nel conquasso di tutta la natura. Quest’ultimo argomento della Previdenza sono le Rivoluzioni. – Dietro questi formidabili uragani, il suolo, messo sossopra e profondamente socchiuso, lascia vedere apertamente le basi recondite delle umane società. Si scorgono allora quelle delle grandi assise, il cui scuotimento ha determinalo la catastrofe; si scopre la mina che giunse a coglierle; si comprende quello che avrebbe dovuto adoperarsi per sventarla, ciò che è di mestieri fare per prevenire reiterati colpevoli attacchi.

III

Da tre secoli la Provvidenza ai popoli d’Europa dona questa suprema dimostrazione. Neppure un solo de’ nostri dogmi, la cui sociale necessità non sia oggi provata per una catastrofe. — La società è un fatto divino; il simbolo con tutti i suoi articoli, il Decalogo con tutti i suoi comandamenti, senza niuno eccettuarne, sono le condizioni vitali delle incivilite nazioni. Ecco quello che ripetono montagne di rovine coacervate sovra il suolo da mezzanotte a mezzogiorno. Ecco altresì, e sono felice di confermarlo, quello che un vago istinto comincia à far presentire agli uomini non ha guari i più indifferenti, per non dire i più ostili alla rivelazione. – Ritornarvi, o morire, e questo senza ritardo: la è il punto attuale della questione nell’intera Europa. – Il facile scioglimento di questa verità troppo lontano mi trarrebbe. Lo scopo di nostra corrispondenza è di richiamare l’attenzione su d’una sola di quelle leggi cristiane, la quale somigliantemente è dimostrata per catastrofi. Anzi oserei pronunciare che qui la dimostrazione diventa più compiuta e rilevante. Difatti, se, parlando della necessità delle leggi e delle cattoliche verità, si potesse ammettere di più o di meno, sarebbe manifesto che questa legge, sopra le altre, rendesi indispensabile alla società: ho nominato la legge della santificazione delle domeniche.

IV

Io sono, come voi, talmente convinto della calamitosa influenza della violazione del riposo ebdomadario, che non posso trattenermi dall’esprimere novellamente il mio doloroso stupore del profondo oblio, in cui è restata questa essenziale causa della malattia, la quale ci strugge. Durante questi ultimi anni, una lunga e nobile lotta venne sostenuta dai cattolici di tutta Europa in favore della libertà della Chiesa, e dai cattolici di Francia in favore della libertà particolare dell’insegnamento. La questione è vitale per vero. L’educazione è l’imperio; imperocché, l’educazione è l’uomo. Chi fra noi nol comprese? – Ma se l’educazione religiosa è necessaria per formare figliuoli cristiani, non dimentichiamo noi mai che la santificazione delle domeniche sola può rassicurare la perseveranza dell’uomo. Che all’uscire delle scuole cattoliche, le giovani generazioni entrino in un mondo indifferente ed anticristiano, esse non tarderanno niente, siatene certo, a divenire esse stesse indifferenti ed anticristiane. Ora, qualunque nazione, la quale non rispetti il giorno sacro del riposo e della preghiera, è una nazione indifferente ed anticristiana, il contatto di cui è contagioso per le generazioni nascenti; da cotale punto, ogni speranza di salvezza sparisce: la società si condanna di per se stessa ad una inevitabile rovina.

V

Del rimanente, qualsiasi illusione è ormai impossibile. Sovrasta a noi la più grande catastrofe della storia. Non attendiamo pertanto nostro salvamento, né dalla parola umana, né dai grossi battaglioni. – Se vogliamo noi esser noi i nostri stessi salvatori, noi nulla salveremo, neanche un misero avanzo di codesti beni materiali, a cui noi tutti gli altri sacrificato abbiamo. Iddio solo, operando nella pienezza di sua misericordia, può ritirarci dall’abisso, dove noi già precipitiamo. Ma chi può commuovere in nostro favore il suo paterno cuore? Una cosa sola: il ritornare a Lui. Collocati in una situazione meno grave della nostra, i popoli ammalati non conobbero mai altra via di salvezza: Ninive è un tipo immortale, un tipo eccitativo. Chi sa, che non sia per rammemorarci vivamente l’esempio della penitente città, che la Provvidenza divina manda a noi i suoi giganteschi monumenti? Ma d’onde ricomincerà il ritorno a Dio, se non per lo pentimento? Qual sarà il primo atto sociale di questo pentimento, se non l’adempimento d’un dovere che conduca alla pratica di tutti gli altri? Vale a dire, la santificazione delle domeniche, senza la quale, noi assai spacciatamente vedremo, che ogni ritorno sociale al Cristianesimo è impossibile ed illusorio.

VI

Egli è più vero, che non si pensi, e sopratutto, che non si dica: La Francia [ed oramai tutta l’Europa un tempo cattolica -ndr.-] perisce per cagione della profanazione della domenica. Nulla ostante le ammonizioni d’ogni sorta, le quali ad essa vengono prodigate, consumerà ella la sua rovina?…. Iddio solo conosceva questo ridottabile mistero. A noi, che l’ignoriamo; nostro dovere è di combattere con vivissima energia, e sino allo stremo in favore di questa società agonizzante. Disimpegnandoci di sì fatta responsabilità, gli sforzi, cui noi tentiamo, se degnasi Dio benedirli, otterranno per risulta mento di strappare l’ammalato da morte, o attutire, a riguardo di parecchi, la terribile scossa degli avvenimenti, che l’universo intero paventa. – Acciocché si dimostri la verità nel suo pieno splendore, né si lasci scusa all’ignoranza, né pretesto all’indifferenza, né sotterfugio alla malevolenza, io esamino la questione capitale della santificazione della domenica sopra lutti i suoi aspetti; in altre parole, io la presento in tutti i suoi punti di contatto con gl’interessi dell’uomo e della società. Così, oso dire a tutti, ricchi e poveri, padroni ed operai, compratori e venditori, abitanti di città, ed abitanti di campagna: se voi volete scongiurare i flagelli sospesi sui vostri capi, e sfuggire dalla barbarie, la quale vi soggioga, il più stringente dei vostri doveri è di far cessare, infra voi, la scandalosa e calamitosa profanazione della domenica. Sì, voi lo dovete, e dal giorno, in cui voi lo vorrete, voi lo potrete.

1-. Voi lo dovete, se tenete ancora anzi che no alla religione de’ padri vostri, la quale insomma è l’unica sorgente degli avvantaggi temporali, cui voi esclusivamente pregiate. Per verità, la profanazione della domenica è la rovina della religione.

2. Se voi non tenete più alla vostra religione, lo dovete ancora, se tenete all’umana società, la quale protegge vostra fortuna, vostra libertà, vostra vita. Per verità, la profanazione della domenica è la rovina della società.

3. Se voi non tenete più alla società, lo dovete ancora, se tenete alla famiglia, l’unico bene comune che di presente ci rimane. Per verità, la profanazione della domenica è la rovina della famiglia.

4. Se voi non tenete più alla famiglia, lo dovete ancora, se tenete alla libertà, verso della quale voi professate un culto cotanto ardente. Per certo, la profanazione della domenica è la rovina della libertà.

5. Se voi non tenete più alla libertà, lo dovete ancora, se tenete al vostro benessere, a questo benessere, oggetto di tutti i vostri travagli. Per verità, la profanazione della domenica è la rovina del benessere.

6. Se voi non tenete più al vostro benessere, lo dovete ancora, se lenete alla vostra dignità d’uomo, a questa dignità, di cui voi vi mostrate cosi geloso. In vero, la profanazione della domenica è la rovina della dignità umana.

Se voi non tenete più alla vostra dignità d’uomo, lo dovete ancora, se tenete alla vostra sanità, ed alla sanità di coloro i quali vi sono cari. Per verità, la profanazione della domenica è la rovina della sanità.

La profanazione della domenica vuole adunque dire:

— Rovina della religione; — rovina della società; — rovina della famiglia; — rovina della libertà; — rovina del benessere; — rovina della dignità umana; — rovina della sanità.

Ciascuna di queste rovine sarà il soggetto d’una o di parecchie lettere, secondo l’importanza dello scioglimento. Come voi desiderate, signore e caro amico, la nostra corrispondenza finirà per l’indicazione de’ mezzi da rimediare immediatamente al male. Dico immediatamente; imperocché di questi mezzi ognuno può valersi, e farsi applicazione con uguale securanza e facilità. La lunghezza di questa lettera non mi permette d’intraprenderne ora la discussione: lo farò fra breve. Gradite, ecc. [Continua …]

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.