Omelia della Domenica XXIV dopo Pentecoste

Omelia della Domenica XXIV dopo Pentecoste

[Del canonico G. B. Musso – Seconda edizione napoletana, Vol. III -1851-]

(Vangelo sec. S. Matteo XXIV, 15-35) 

giudizio

Giudìzio Finale.

Il giudizio universale, che ci dipinge con i più tetri colori l’odierno Vangelo, vien predetto da Gesù Cristo e stabilito alla fine del mondo, affinché la sentenza, da Lui pronunziata in segreto nel giudizio particolare all’istante della morte, sia palese agli Angeli ed agli uomini al cospetto di tutto il mondo. Vuole in quel terribile giorno, che giorno dai profeti si appella d’ira, di tribolazione, d’angustia, di calamità, di misericordia, di tenebre, di caligine, e di vendetta; vuole, dissi, che la sua giustizia sia pubblicamente riconosciuta dai buoni, e dai malvagi, vuole che il corpo partecipi dei beni e de mali dell’anima, abbia la sua ricompensa o il suo castigo, vuole in fine al presente con questo minacciato giudizio finale atterrire i malvagi, confortare i buoni e per gli uni e per gli altri giustificare la sua provvidenza. Son questi i punti che scelgo a materia e partizione della presente Omelia: e senza più trattenervi in lungo preambolo dico: Giudizio universale di Dio terrore degli empi, giudizio universale di Dio, conforto dei giusti, giudizio universale di Dio giustificazione di sua provvidenza. L’importante argomento tutta si merita la vostra attenzione.

I – Giudizio universale di Dio terrore degli empi. – Lo so che quanto l’empietà è più inoltrata tanto men crede e tanto men teme le divine minacce. Ma che pro il credere, che pro il non credere, che pro il non temere, se appunto per questo si rinnoverà in essi la luttuosa catastrofe avvenuta ai loro simili nei tempi di Noè? Dai palchi dell’Arca che egli andava fabbricando, io son d’avviso che più d’una volta alzasse la voce e, “verrà un giorno, dicesse ai curiosi spettatori, verrà un formidabile giorno, in cui aperte le cateratte del cielo cadranno le acque a vendicar le vostre colpe, a spegnere le fiamme impure della corrotta vostra generazione, acque micidiali, acque che tutte allagheranno orribilmente la terra, e voi, cercando invano sui più alti monti scampo e salvezza, sarete tutti sommersi nell’onde sterminatrici d’un universale diluvio. Aveva un bel gridare il buon patriarca, a quella minacciosa predizione, a quel funestissimo annunzio niun si commosse, e ben lontani dal crederlo, fu preso in derisione il salutevole avviso: né pur ai fatti s’arrese quella cieca gente, e vide colla massima indifferenza arrivar le tigri, i leoni, gli elefanti, ingombrar l’aria e la terra bestie d’ogni pelo, uccelli d’ogni piuma e tutti ricoverarsi in seno all’Arca. – Cristiani ascoltanti, “sìcut in dìebus Noe, ita erit adventus filii hominis” (Matt. XXIV, 37). Verrà un giorno somigliante al tempo di Noè, in cui il figliuol dell’uomo Cristo Gesù in aria di tremenda Maestà, preceduto dal segno trionfale della sua Croce, seduto sopra luminosa nube, in contegno di Giudice inesorabile, discenderà dal Cielo, giorno estremo di tutti i giorni, in cui pioverà fuoco dal cielo e tutta ridurrà in cenere la faccia della terra, giorno in cui la maggior parte degli uomini sarà sommersa in un diluvio d’eterno fuoco. “Sicut in diebus Noe, ita erit adventus filii hominis”. Or chi mi ascolta? Il mondo, il gran mondo nè pur vi pensa, o come di cosa lontana né si risente, né si commuove, e l’empio giunto al profondo dell’empietà non crede, non teme e se la passa con un disprezzo. “Impius, cum in profundum venerit peccatorum, contemnit (Prov. XVIII, 3). Ma questo non temere, direi ai miscredenti, se mi ascoltassero, questo disprezzare è appunto il colmo della vostra cecità e il contrassegno più certo che sopra di voi cadrà quel fulmine che non temete. Non temettero gli antidiluviani il minacciato universale eccidio e vi restarono sommersi. Ma che dissi, non temete? Affettate di non temere, e quanto più ostentate trepidezza e bravura, tanto più scoprite il vostro spavento. Un ente di ragione, una cosa seconda voi non esistente e che non esisterà giammai, non deve formare il soggetto dei vostri pensieri, nè dei vostri discorsi, né dei vostri scherni, ma voi studiando ragioni a non credere, cercando motivi a non temere, ma voi impugnando in voce, in iscritto le verità rivelate, e spogliando gli inconcussi gli argomenti che le convalidano con un disprezzo autorevole, date a conoscere che in far tutto ciò avete dell’interesse, che riguardate la religione come nemica, e come tale la fate scopo delle vostre saette e delle vostre irrisioni: segni evidentissimi che vi spaventa e che la temete appunto per questo che non volete temerla. – Temete pure e non aspettate a temere in faccia alla morte. Tanti increduli pari a voi, e di voi più intrepidi in vita, han fatto impallidire la Filosofia del secolo, e al punto estremo chi s’è ricreduto, chi s’è stretto al Crocifisso, chi ha chiamato i sacerdoti prima vilipesi, chi ha invocato i soccorsi della religione prima perseguitata. Né crediate che questi infelici fossero in vita senza spavento. La gioventù, la sanità, i piaceri, le passioni sopivano i reclami della sinderesi che più vivamente si facevano sentire al primo mal di capo, alla prima febbre, alla prima disgrazia. – Disingannatevi dunque, o spiriti di questo secolo che vantate fortezza, che con tutti gli sforzi dell’intelletto e della volontà non riuscirete giammai a far tacere i latrati della rea vostra coscienza che a vostro dispetto parla, vi punge, vi condanna e vi minaccia un giudizio appena morti, un giudizio nella consumazione dei secoli.

II. Voi sì che siete comprese da timore, ma da timor salutare, o anime giuste, in pensare quale sarà la vostra sorte in quel gran giorno, se colle pecorelle innocenti, o coi capri lascivi, se alla destra cogli eletti, o alla sinistra coi reprobi. Confortatevi però, il temer Dio ed i rigori della sua giustizia è proprio dei santi. Tremava per l’orrore un S. Girolamo al rammentare il finale giudizio, e gli pareva sentirsi rimbombare all’orecchio le squillo dell’angelica tromba, che sveglierà tutti i morti e li chiamerà ad esser giudicati nella gran valle. Tremava un S. Cipriano gran santo anche senza il martirio, e guai a me, diceva piangendo, quando dovrò comparire al giudizio! Temete ancor voi anime buone, che il vostro timore si deve cangiare in conforto. Chi salvò Noè colla sua famiglia? Il timore del creduto divino castigo: per questo esso, i figli suoi e le rispettive consorti si mantennero giusti e a Dio fedeli, e in seno all’arca benedissero Dio che li salvò. – Cristiani timorati, voi al presente siete derisi dal mondo, la vita devota che menate è riputata stoltezza, in quel giorno si cangerà linguaggio; e noi, diranno i vostri derisori, noi fummo gli stolti, noi gli insensati, “nos insensati vitam illorum æstimabamus insaniam(Sap. V, 4-5) , ci pareva loro condotta zotica, disonorata, “et finem illorum sine honore; ed eccoli ora nel numero dei figliuoli di Dio, “ecce quomodo computati sunt inter filios Dei”. Voi vedove desolate, voi pupilli oppressi, voi poveri abbandonati, ridotti nelle più strette angustie da prepotenti, da liti ingiuste, da usurarie estorsioni, voi spogliati dei vostri averi, voi defraudati de’ vostri sudori, starete in quella valle in luogo di sicurezza, stabunt justi in magna constantia adversus eos qui se angustiaverunt et abstulerunt labores eorum(V. 1), e i vostri oppressori tremeranno in alzare a voi lo sguardo, inorriditi, confusi e disperati per l’imminente perdita di loro eterna salute, “videntes turbabuntur timore horribili … in subitatione insperatæ salutis(v. 2).

III. Seguite ad ascoltarmi, o anime giuste, ed ammirate la divina Provvidenza che nel giustificare sé stessa vi porge nuovi conforti. Un giudizio particolare al fin dei nostri giorni deciderà di nostra eterna sorte. Così c’insegna la Fede. Dunque qual necessità d’un giudizio universale alla fine del mondo? Per molte ragioni, risponde l’Angelico S. Tommaso: basti indicarne una sola al nostro proposito. La divina Provvidenza viene sovente incolpata, e sulle lingue cristiane s’ascoltano talvolta certe tronche parole, certe mal misurate esclamazioni che s’accostano alla vera bestemmia. “O Signore, dice taluno, dov’è la vostra Provvidenza? L’empio è esaltato come i cedri del Libano, e l’uomo dabbene è depresso come il fango delle piazze; trionfano i malvagi, gemono i buoni. Sfoggia da grande il ladro civile, l’uomo onesto è quasi sempre povero. Par che convenga esser iniquo per esser fortunato. Santa fede! Divina Provvidenza! Ohimè ch’io vacillo. Così si parla di quell’altissima Provvidenza, di cui s’ignorano le tracce ammirabili. E vero che la Provvidenza stessa anche su questa terra le tante volte giustifica sé medesima e fa vedere che la prosperità dei malvagi è come polvere in faccia al vento, che il peccato non fa fortuna, che le Giezabelle non vanno sempre in gala, che gli Acabbi non sempre godono l’altrui, che i Nabbucchi non sono sempre adorati, che gli Epuloni non siedono sempre a convito; ma è vero altresì che la Provvidenza medesima, vuole al cospetto dell’universo far a tutti conoscere la somma equità e l’inscrutabile sapienza, con cui ha governato l’umane cose; ha perciò stabilito un giorno d’universale sindacato, un giorno di giustificazione per sé, di premio per i buoni, di castigo per i malvagi.Non vi meravigliate più dunque, o fedeli, veder talvolta oppresso il giusto, prosperato il miscredente: poiché dopo il breve corso di questa vita, alla fine di tutti i giorni si vedrà che il sommo Iddio con provvido e sapiente consiglio ha permessa la persecuzione de’ tiranni per conoscere la pazienza de’ Martiri. Si vedrà ch’Egli ha provato i suoi eletti, come l’oro nel fuoco per renderli più puri per virtù, più ricchi per merito: che per l’opposto ha permesso l’esaltazione degli empi, per temporanea mercede di qualche naturale virtù, riservati al giorno delle vendette come vittime coronate di fiori, destinate alla scure.E per finire là onde cominciai, non abbiamo l’esempio assai luminoso nella persona del Patriàrca Noè e in quella de’ scioperati spettatori della sua Arca? “Veniva; riflette S. Agostino, deriso Noè come uomo di buona pasta. Chi lo tacciava di semplice, chi d’illuso, perché sull’idea d’un futuro andava con tanto zelo fabbricando quella macchina che non vedeva mai fine; ed egli sopportando in pace le derìsioni, le beffe attendeva infaticabile al suo lavoro e all’adempimento del divino comando: quegli in ozio, in conviti, in amori; Noè in travaglio, in pazienza, in sudori; quegli intenti a goder del presente; Noè applicato a provvedere al futuro. Intanto chi l’indovinò? Chi colse nel punto? Uno sguardo su quell’acque mortifere che tutta hanno allagata la terra, sulle quali galleggiano i gonfi cadaveri de’ derisori del buon Patriarca”.Un altro sguardo a Noè, egli salvo fra un mondo perduto benedice Iddio che lo salvò, benedice il sudore che sparse, la fatica che sostenne, la pazienza che praticò. Uditori miei cari, applicate la facile immagine. Quel che avvenne nei giorni di Noè, avverrà nel dì finale quando a giudicare la terra discenderà dal cielo l’Uomo-Dio Cristo Gesù “Sicut in diebus Noe, ita erit adventus Filii hominis”. Staranno i giusti nella gran valle in luogo di sicurezza, come da un’arca di salute vedranno il naufragio dei miseri loro persecutori, “Stabunt iusti in magna constantia adversus eos, qui se angustiaverunt”. Vedranno gli empi con occhio livido l’altrui fortuna e inutilmente si rideranno sulla propria sciagura.Peccator videbit et irascetur, denti bus suis fremet et tabescet” ( Ps. III, 10). Giudicate or voi da qual parte sarà meglio trovasi in quel giorno, se con Noè e con i giusti , o con gl’increduli e coi perversi.

 

AL DI FUORI DELLA CHIESA CATTOLICA NON C’È SALVEZZA -5-

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Mons. George Gray

PARTE IX

D. 32. Ma poiché tutto questo è così evidente (per quanto riguarda la necessità della Chiesa cattolica per la salvezza), come è possibile che ancora al giorno d’oggi, tanti che si professano membri della Chiesa di Cristo, sembrano mettere continuamente questa verità in discussione, col deporre a favore di coloro che non sono nella loro comunione, e propongono per essi dei distinguo, con tutte le loro forze, per dimostrare una possibilità di salvezza per coloro che vivono e muoiono in una falsa religione?

R. Questo è uno di quei dispositivi di cui il nemico delle anime si avvale in questi tempi infelici per promuovere la propria causa, e vi sono motivi per temere, per varie ragioni, che si sia fatto strada anche tra coloro che appartengono all’ovile di Cristo per i seguenti motivi:

1)- poiché vivono tra coloro che professano false religioni, e spesso hanno connessioni più intime con loro, naturalmente e lodevolmente sviluppano amore ed affetto per loro. Questo li rende in un primo momento poco disposti a pensare che i loro amici siano fuori dalla via della salvezza. Poi si procede col desiderare e sperare che non possa essere così. Il risultato è essi vengono a rimettere in discussione il loro stato di cose; e da qui il passo è facile onde addurre ogni pretesto per convincere se stessi che non sia così.

2.)- In tutto il mondo vanno ricercati, in questi nostri giorni, principi latitudinari: si provano sentimento di pietà e di comune appartenenza a Dio per maomettani, ebrei ed infedeli, cosa che non era mai stato avvertito prima tra i Cristiani. Questo è generato, con caratteristiche speciose, da un modo liberale di pensare e da sentimenti di falsa generosità; è diventato pertanto una moda il pensare e parlare in tal fatta. Ora la moda possiede una potenza persuasiva, dalla quale anche le persone buone non sono sempre immuni; e quando si sentono quei sentimenti ogni giorno risuonare nelle proprie orecchie, e tutto ciò che sembra ad essi contrario viene reso ridicolo e condannato, si cede naturalmente alla delusione, e si allontana dalla mente il desiderio di esaminare la forza di questi sentimenti per paura di scoprire la loro falsità. Quando, per timore di essere disprezzati, non si vuole più riconoscere la verità, ed è molto più facile credere a ciò che sembra essere vero, per cui senza ulteriore esame, viene adottato come conclusivo ogni ragionamento sofistico a suo favore.

3.)- Inoltre molto spesso un interesse mondano accetta questa prepotente influenza in modo che si produca lo stesso risultato. Un membro della Chiesa di Cristo vede il suo amico separato essere un potente con gran credito in tutto il mondo, ed è in grado pertanto di essere a lui di grande aiuto, e sa, che se avesse abbracciato la vera fede, avrebbe perso tutta la sua influenza, e sarebbe stato nell’impossibilità di servirsene. Questo lo rende attivo nel desiderare la sua conversione; ma il pensiero che il suo amico non sia sulla via della salvezza gli duole; inizia quindi a desiderare che potrebbe essere salvato così come egli è, nella sua religione. Perciò si viene a sperare che anche egli possa salvarsi, e volentieri non si adotta nessuna dimostrazione o prova che faccia pensare diversamente. E vero naturalmente che tutti questi motivi avrebbero poca influenza su di un membro sincero della Chiesa di Cristo, che capisca pienamente la sua religione, ed abbia un unico senso in ciò che gli si insegna su questo punto. Ma il grande problema di molti che adottano tali modi personali di pensare e di parlare è:

4.)- Che ignorano i principi della loro religione; essi non esaminano a fondo la questione, ed una volta che si siano infettati con lo spirito della moda del giorno, non sono più disposti ad esaminare; addirittura si rivoltano anche verso un amico zelante che tenti di disingannarli confutando quei miserabili sofismi che si presumono a favore del loro modo libero di pensare, e rifiutano di aprire gli occhi alla verità, o anche solo di guardare ai motivi che la sostengono.

D. 33. Quali sono tali argomenti da sofisti con i quali vengono ingannati?

R. Li abbiamo già visti sopra e confutati completamente uno per uno. Ma il loro grande errore nasce principalmente dalle loro idee erronee circa l’ignoranza invincibile e le condizioni richieste per essere un membro della Chiesa di Cristo. Pertanto devono: o negare la propria fede, o acconsentire a questa proposizione fondamentale, che: “senza fede è impossibile piacere a Dio”; nell’ammettere quest’ultima verità, fanno però ancora finta che l’ignoranza invincibile possa scusare un uomo davanti a Dio anche in tutti gli altri casi; quindi si è portati scusare anche i diversi casi per cui si conclude che se un uomo non ha la vera fede, “l’ignoranza invincibile lo salverà”, non considerando i due sensi che queste parole contengono, uno dei quali è certamente vero, ma l’altro non meno certamente falso. L’ignoranza invincibile servirà infatti a salvare dalla colpa di avere una falsa fede e di non avere la Vera Fede: questo è certamente vero! Ma dire che l’ignoranza invincibile lo salverà, cioè lo porterà alla salvezza, è certamente falso, così come da tutto quello che abbiamo visto sopra pienamente dimostrato. – Anche in questo altro caso, se ammettono quest’altra proposizione generale, che: “fuori della vera Chiesa di Cristo non c’è salvezza”, o la devono riconoscere, o devono rinunciare alla propria religione, supponendo che un uomo possa essere un membro della vera Chiesa agli occhi di Dio, anche se non unito con essa in comunione, come è appunto nel caso dei bambini battezzati nati nell’eresia fino a quando non arrivino all’età di giudicare da se stessi. L’errore sta nel non considerare che tutti gli adulti di una falsa religione non possono essere membri della Chiesa agli occhi di Dio in nessun altro senso se non quello per cui dice il nostro Salvatore: “Ho altre pecore che non sono di questo ovile”. Ma, siccome Egli ha esplicitamente dichiarato che era necessario portare anche quelli alla comunione della sua Chiesa, questo dimostra incontestabilmente che essi e tutti quelli come loro, non essendo membri della Chiesa, non possano essere salvati nel loro stato attuale, se non si uniscono alla sua comunione.

D. 34. Ma non è lodevole e meritorio mostrare tutta l’indulgenza e la condiscendenza a coloro che sono fuori della Chiesa, e comportarsi verso di loro con tutta clemenza e dolcezza?

R. Ma sicuramente: non è solo lodevole, ma nostro assoluto dovere, per quanto la verità debba essere salvaguardata. Infatti tradire la verità usando tale atteggiamento deve essere considerato reato grave, e altamente pregiudizievole per entrambe le parti. L’esperienza, infatti, dimostra che il modo libero di pensare e di parlare che alcuni membri della Vera Chiesa hanno di recente adottato, produce le peggiori conseguenze, sia per se stessi che per coloro che si ha desiderio di favorire.

(1) coloro che sono separati dalla Chiesa di Cristo, sanno bene che essa professa costantemente, come un articolo del suo Credo, che senza la vera fede, e fuori dalla sua comunione, non c’è salvezza. Quando, dunque, si vedono i membri della Chiesa che parlano dubbiosamente su questo punto che sembra mettere in discussione la verità della dottrina, compresi i relativi pretesti e distinguo per raggirarla, cosa possono essi pensare? Che effetto questo può aver prodotto sulle loro menti? Non tenderà questo a spegnere il desiderio di indagare la verità che Dio gli ha insegnato, e non chiudere il cuore ad un tale buon pensiero? L’amor proprio non manca mai di carpire avidamente tutto ciò che favorisce i suoi desideri; e se una volta trovano questa verità messa in discussione anche da coloro che si presume credano, si prenderà in considerazione l’argomento come una mera controversia di scuole, e non ci si porrà più la questione.

(2) Questo modo di pensare e di parlare tende naturalmente a spegnere tutto lo zelo per la salvezza delle anime nei cuori di coloro che lo adottano; e mentre essi stessi si convincono che c’è una possibilità di salvezza per coloro che muoiono in una falsa fede e fuori della Chiesa di Cristo, l’amore di sé sarà facilmente incline a non porsi alcun problema circa la loro conversione; anzi, si è talvolta addirittura spinti a pensare che sia più consigliabile il non adoperarsi per disingannarli, perché non si dovrebbe cambiare la loro attuale situazione di “ignoranza scusabile”, come la chiamano, in una ostinazione colposa, non pensando che, per il loro pio e zelante sforzo, potrebbero essere portati alla conoscenza della verità, e salvare così le loro anime, considerando oltretutto che, attraverso il loro abbandono poco caritatevole, possano essere privati di una così grande felicità. Guai al mondo, infatti, se i primi predicatori del Cristianesimo fossero stati animati da tali sentimenti non cristiani.

(3) Non è meno pregiudizievole per i membri della Chiesa abbracciare per se stessi tali modi di pensare; questo non può che raffreddare il loro zelo e la stima per la religione, rendendoli così più incuranti nel preservare la loro fede, che per motivi mondani si espone al pericolo, in tempo di tentazione, di abbandonare tutto. Infatti, se un uomo è profondamente persuaso della verità della sua santa religione e della necessità di essere un membro della Chiesa di Cristo, sarà mai possibile che si esponga ad una qualsiasi occasione di perdere un così grande tesoro o, per qualsiasi timore o favore mondano, di abbandonarlo? Dal momento che l’esperienza dimostra però che molti, per qualche insignificante vantaggio mondano, non si espongono a tale pericolo, andando in posti dove non possono praticare la loro religione, e trovano ogni incentivo a lasciare, o, impegnandosi in impieghi in contrasto con il loro dovere, esponendo anche i loro figli alle stesse occasioni pericolose, questo sicuramente accade solo per mancanza di una giusta idea circa l’importanza della propria religione; e, ad un esame rigoroso, si è sempre trovato che ci siano, come causa radicale in un grado più o meno elevato, dei sentimenti latitudinaristi sopra esposti.

(4) Inoltre, se una persona comincia a esitare una volta circa l’importanza della sua religione, quale autostima egli può avere per quanto riguarda le sue leggi, le regole, o le pratiche? L’amor proprio, sempre attento a soddisfare se stesso, non tarderà molto a suggerirgli che, se non è assolutamente necessario appartenere a questa religione, tanto meno necessario è che si debba sottoporre a tutti i suoi precetti; quindi sono giustificate tutte le libertà, i comandi della Chiesa vengono disprezzati, gli esercizi di devozione trascurati, e l’ombra della religione sarà fugata dai lumi dei sentimenti liberali, giungendo fino alla distruzione di tutte le virtù solide e gli esercizi di pietà.

D. 35. Che diremo allora di quei membri della Chiesa di Cristo che in realtà abbandonano la loro religione, e rinunciano alla loro fede?

R. Siccome Dio stesso ha dato una risposta completa e ben precisa a questa domanda in tre diversi luoghi della sua Sacre Scritture, sarebbe presunzione rispondere con parole diverse. In primo luogo, Egli dice per bocca del suo santo Apostolo S. Paolo, ” Quelli infatti che sono stati una volta illuminati, che hanno gustato il dono celeste, sono diventati partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e le meraviglie del mondo futuro. Tuttavia se sono caduti, è impossibile rinnovarli una seconda volta portandoli alla conversione, dal momento che per loro conto crocifiggono di nuovo il Figlio di Dio e lo espongono all’infamia. Infatti una terra imbevuta della pioggia che spesso cade su di essa, se produce erbe utili a quanti la coltivano, riceve benedizione da Dio; ma se produce pruni e spine, non ha alcun valore ed è vicina alla maledizione: sarà infine arsa dal fuoco!”. [Eb. VI: 4] Su questo passaggio, il pio editore del Reims-Nuovo Testamento dice nella nota, “che è impossibile per coloro che sono ricaduti dopo il Battesimo essere nuovamente battezzati; a coloro che hanno apostatato dalla Fede, dopo aver ricevuto tante grazie, è molto difficile tornare nuovamente allo stato felice dal quale sono decaduti” – . Ed ancora: “se pecchiamo volontariamente “, dice lo stesso santo Apostolo,” … dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati, ma soltanto una terribile attesa del giudizio e la vampa di un fuoco che dovrà divorare i ribelli.” [Eb. X: 26]: per cui, dice lo stesso autore citato, “Egli parla del peccato di apostasia volontario dalla verità conosciuta, dopo di che, in quanto non possiamo essere battezzati di nuovo, non possiamo aspettarci di avere un’abbondante remissione dei peccati, che Cristo ci ha acquistato con la sua morte, applicata alle nostre anime in maniera così ampia come è nel Battesimo, ma abbiamo piuttosto tutte le ragioni di aspettarci un giudizio terribile, tanto più in quanto apostati dalla verità conosciuta. Infine, per bocca del santo Apostolo S. Pietro, Dio dichiara lo stato di queste persone in tal modo: “Se infatti, dopo aver fuggito le corruzioni del mondo per mezzo della conoscenza del Signore e salvatore Gesù Cristo, ne rimangono di nuovo invischiati e vinti, la loro ultima condizione è divenuta peggiore della prima. Meglio sarebbe stato per loro non aver mai conosciuto la via della giustizia, piuttosto che, dopo averla conosciuta, voltar le spalle al santo precetto che era stato loro dato. Si è verificato per essi il proverbio: Il cane è tornato al suo vomito e la scrofa lavata è tornata ad avvoltolarsi nel brago”. [2 Pt. II: 20]

D. 36. È detto sopra che è solo di recente che questo modo di pensare sulla necessità della vera fede, e di essere in comunione con la Chiesa di Cristo, come abbiamo esaminato, è apparso tra i membri della Chiesa: non era tenuto dai cristiani in tutte le epoche passate lo stesso linguaggio?

R. Tutt’altro, e questo è uno dei più grandi motivi della sua condanna: essa è una novità, si tratta di una nuova dottrina, inaudita alle origini, anzi è proprio in contrasto con la dottrina uniforme di tutti i grandi luminari della Chiesa, in tutte le epoche passate. Questi grandi e santi uomini, i testimoni più ineccepibili della fede cristiana dei loro giorni, sapevano non esserci nessun altro linguaggio su questo argomento, se non quello pronunciato davanti a loro da Cristo e dai suoi Apostoli, e sapevano che il loro Maestro Divino aveva dichiarato: “chi crede non sarà condannato”, ed hanno poi sentito il suo Apostolo proclamare un anatema terribile contro chiunque: “se anche un angelo dal cielo, avesse osato modificare il Vangelo che aveva predicato, [Gal. I: 8]; lo sentirono affermando pure in termini espressi, che: “senza fede è impossibile piacere a Dio” ed hanno costantemente tenuto sempre lo stesso linguaggio. E dato che non si è visto il più piccolo accenno nella Scrittura che facesse pensare che coloro che erano fuori della Chiesa potessero essere salvati dall’ignoranza invincibile, questa ingannevole stortura non è stata riportata mai, nemmeno una volta in tutti i loro scritti.

PARTE X

D. 37. In che modo, allora, questi Santi Padri della Chiesa si esprimono su questo argomento?

R. Sarebbe interminabile poter raccogliere tutte le loro testimonianze; le poche che seguono possono bastare come un campione del tutto. S. Ignazio, vescovo di Antiochia e discepolo degli Apostoli, nella sua epistola a Filadelfia, dice: “Quelli che fanno una separazione non erediteranno il regno di Dio.” Sant’Ireneo, vescovo di Lione, e Martire nel secondo secolo, dice: “La Chiesa è la porta della vita, ma tutti gli altri sono ladri e briganti, e quindi da evitare.” [De Haer., Lib. ic 3]. S. Cipriano, vescovo di Cartagine, e martire della metà circa del terzo secolo, afferma: “La casa di Dio è una sola, e nessuno può avere la salvezza, se non nella Chiesa.” [Epist. 62, alias 4] E nel suo libro sulla unità della Chiesa, egli dice ancora, “Non può avere Dio per suo Padre chi non ha la Chiesa per sua madre. Se qualcuno sarà scampato al diluvio restando fuori dall’arca di Noè, anche colui che è fuori della Chiesa allora può sfuggire alla dannazione. ” . Ed ecco che, per quanto riguarda i Padri più primitivi del 4° secolo: San Crisostomo parla così: “Sappiamo che la salvezza appartiene alla Chiesa solo, e che nessuno può partecipare di Cristo, né essere salvato, fuori della Chiesa Cattolica e della fede cattolica, “[Hom. 1. a Pasqua.]. – S. Agostino, nella stessa epoca, dice: “La Chiesa cattolica solo è il Corpo di Cristo, lo Spirito Santo non dà vita a nessuno che sia fuori da questo Corpo,” [Epist. 185, § 50, Edit. Bened.]. E in un altro luogo, “La salvezza non si può avere che nella Chiesa cattolica. Fuori della Chiesa Cattolica nessuno può ottenere nulla che sia la salvezza. Egli può avere l’onore, può avere il battesimo, può avere il Vangelo, può ugualmente credere e predicare nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo, ma non può trovare la salvezza in nessun altro posto che non sia la Chiesa cattolica “[Serm. annuncio Cresarieus de Emerit]. Ed ancora una volta:.. “Nella Chiesa cattolica,” dice, “ci sono buoni e cattivi, ma quelli che sono separati da lei, perché le loro opinioni sono opposte alle sue, non possono essere buoni, anche se le opinioni di alcuni di essi appaiono lodevoli, perché è la loro stessa separazione dalla Chiesa che li rende malevoli, secondo la parola del nostro Salvatore [S. Luca XI: 23]: ‘chi non è con me è contro di me e chi non raccoglie non con me, disperde ‘. [Epist. 209, ad Feliciam]. – Lattanzio, un altro grande lume del quarto secolo, dice: “È unicamente la Chiesa cattolica che conserva il vero culto. Questa Chiesa è la fonte della verità, è la casa della fede, è il tempio di Dio. Se qualcuno non entra in questa Chiesa, o se ne allontana, la sua salvezza eterna è disperata. Nessuno deve lusingarsi ostinatamente, quando sono in gioco la sua anima e la sua salvezza. ” [Divin. Instit., Lib. iv. iv. c. c. 30] – S. Fulgenzio, nel VI secolo, parla ancora così: “Tenete per fermo e senza alcun dubbio che nessuno che è battezzato fuori della Chiesa cattolica può partecipare della vita eterna se, prima della fine di questa vita, non sia reintrodotto nella Chiesa cattolica ed in essa incorporato. ” [Lib. de Fid., c. 37]. Questi pochi casi sono sufficienti per mostrare la fede del mondo cristiano in tutte le epoche precedenti; e tutti i santi scrittori del Cristianesimo, in ogni tempo, parlano di questo argomento allo stesso modo.

D. 38. Queste testimonianze sono forti, e parlano chiaramente della questione; ma dopo queste prove non è sorprendente che qualcuno rimetta ancora in discussione questo punto della dottrina?

R. Questo, può essere compreso in verità, solo considerando lo spirito generale della mondanità ed il disprezzo per ogni religione, ora così universalmente prevalente; anche i primi riformatori ed alcuni dei loro seguaci, vedendo le chiare prove della Scrittura circa questo aspetto della dottrina, e non trovando il più piccolo fondamento in questi scritti sacri per sostenere il contrario, l’hanno abbastanza riconosciuto, per quanto agissero contro se stessi. Abbiamo visto come i teologi di Westminster parlano a questo proposito nella confessione di fede, utilizzata fino ad oggi dalla Chiesa di Scozia, e che è stata ratificata e adottata dall’Assemblea Generale nel 1647, come standard della loro religione. Ma i loro predecessori nel secolo precedente, quando la religione presbiteriana è iniziato in Scozia, parlano non meno chiaramente sullo stesso argomento; nella loro confessione di fede, autorizzata dal Parlamento nell’anno 1560, “come dottrina fondata sulla Parola infallibile di Dio”, si parla in tal modo: articolo XVI .: “Come noi crediamo in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, così noi costantemente crediamo, che fin dall’inizio ci sia stata, è, e ci dovrà essere, fino alla fine del mondo, una Chiesa, vale a dire, una società di una moltitudine di uomini, scelti da Dio, che giustamente hanno abbracciato il culto dalla vera fede in Gesù Cristo… e questa Chiesa è cattolica, cioè universale, perché comprende gli eletti di tutte le età, ecc. …; fuori di questa Chiesa non vi è né la vita né la felicità eterna: e quindi assolutamente aborriamo la bestemmia di coloro che affermano che gli uomini che vivono secondo equità e giustizia debbano essere salvati, qualunque religione essi abbiano professato”. Questa confessione dell’originale chiesa di Scozia è stata ristampata e pubblicata a Glasgow nell’anno 1771, e da questa è tratto appunto questo passaggio. Calvino stesso confessa la stessa verità, con queste parole, parlando della Chiesa visibile: “Fuori dal suo seno”, dice, “non c’è nessuna remissione dei peccati, non c’è salvezza auspicabile, secondo Isaia, Gioele ed Ezechiele … di modo che è sempre molto pernicioso discostarsi dalla Chiesa”, e questo egli afferma nelle sue stesse istituzioni. [B. iv. c. c. 1, 4]. – Noi aggiungeremo ancora una testimonianza che è particolarmente forte; essa è del Dott Pearson, un vescovo della Chiesa d’Inghilterra, nella sua esposizione del Credo, modificato nel 1669, dove si dice: “La necessità di credere la Chiesa cattolica è comparsa, in primo luogo, nel fatto che Cristo l’ha indicata come l’unico modo per accedere alla vita eterna. Leggiamo per primo: [Atti II: 47] ‘Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati’. E poi, in questo fare quotidiano Cristo continuamente non ha mai nominato due strade per il Paradiso, né ha costruito una chiesa secondaria, per fare un istituto diverso per la salvezza di altri uomini: “… non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati”[Atti IV: 12], se non il Nome di Gesù, e che il Nome non è comunque dato sotto il cielo se non nella Chiesa, e come nessuno è stato salvato dal diluvio, se non quelli che erano all’interno dell’arca di Noè, salvati per aver essi recepito il comando di Dio, e nessuno dei primogeniti d’Egitto visse, se non era all’interno delle abitazioni i cui stipiti erano cosparsi di sangue, secondo il comando di Dio dato per la loro conservazione, e come nessuno degli abitanti di Gerico poté sfuggire al fuoco o alla spada, se non si fosse trovato all’interno della casa di Raab, la cui protezione era stata data come un patto: … così nessuno potrà mai sfuggire l’ira eterna di Dio, se non appartiene al Chiesa di Dio. “Ecco in che misura la forza della verità ha prevalso tra i più eminenti ed illuminati membri della Riforma prima che i princîpi del latitudinarismo si insinuassero tra di loro! Quale deve essere il rimprovero davanti al tribunale di Dio per quei membri della Chiesa di Cristo, che rimettono in discussione o cercano di invalidare questa grande e fondamentale verità, che è la stessa cinta di recinzione e la barriera della vera religione, come viene così ripetutamente dichiarato da Dio nella Sua Santa Scrittura, professata dalla Chiesa di Cristo in tutti i tempi, ed attestata con la massima fermezza dai luminari più eminenti del Cristianesimo, e candidamente riconosciuta anche dagli scrittori più celebri ed illuminati della Riforma! Ogni tentativo di indebolire l’importanza di questa verità divina non deve essere considerato dal grande Dio come tradire la sua causa e gli interessi della sua Santa Fede? E saranno in grado di far valere costoro anche la loro ignoranza invincibile nel difendere la propria causa davanti a Lui?

D. 39. Quali sono i sentimenti propri e le disposizioni che questa grande verità dovrebbe produrre nel cuore e nella condotta di coloro che sono membri della Chiesa di Cristo?

R. Nulla può contribuire più efficacemente a produrre le disposizioni più necessarie e salutari nei loro cuori, sia verso Dio, sia l’un verso l’altro, e nei confronti di coloro che sono separati dalla loro comunione, che la considerazione frequente e grave della loro vocazione alla fede di Cristo, e la comunione con quella chiesa in cui non vi è salvezza. Per quanto riguarda Dio, questo non può non ispirare loro che i sentimenti più teneri di affetto, di amore e di gratitudine verso di Lui, per vedersi altamente favoriti dalla sua infinita bontà, senza alcun merito da parte loro, a preferenza di tante migliaia di altri che sono lasciati nell’ignoranza e nell’errore. Essi non dovrebbero mai cessare di lodarLo ed adorarLo per un così grande ed inestimabile favore, e dovrebbero essere assidui nel dare prova della sincerità della loro gratitudine ed amore per Lui, con un’obbedienza continua ai suoi comandamenti. Quanto gradite siano a Dio Onnipotente queste cose, e quanto li richieda da coloro che Egli ha così altamente favorito, è evidente dalla sua divina Parola, nella quale spesso ritornano alla mente la grandezza della grazia della nostra vocazione, ed il pressante invito a fare un ritorno a Dio adeguato a queste sante virtù: “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, dice S. Paolo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo.”, In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità …. Perciò anch’io … non cesso di render grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l’efficacia della sua forza”. [Ef. I: 3-4, II 15-19]. – Ecco con quanto ardore Egli desidera che possiamo avere una giusta misura di quella sua grande misericordia! E infatti poco dopo descrive la grandezza di questo favore ed il ricambio che richiede da noi dicendo: ” Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù”. [Ef. II: 19-20]. – “Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Comportatevi perciò come i figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate ciò che è gradito al Signore, e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre …”. [Ef. V: 8-11]. In un altro luogo dice: “Perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio; rafforzandovi con ogni energia secondo la potenza della sua gloria, per poter essere forti e pazienti in tutto; ringraziando con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto”. [Col I: 10-13]. Ed ancora, scrivendo a Tito, egli dice,”Questa parola è degna di fede e perciò voglio che tu insista in queste cose, perché coloro che credono in Dio si sforzino di essere i primi nelle opere buone”. [Tt III. 8]. Infine, per dimostrare l’assoluta necessità di questa corrispondenza di gratitudine da parte nostra, alla grande bontà di Dio nei nostri riguardi, ci assicura che è solo a condizione del nostro perseverare nella nostra santa fede, e nella speranza della nostra chiamata, che ci si può aspettare la ricompensa eterna di essere presentati senza macchia davanti a Dio: “… E anche voi, che un tempo eravate stranieri e nemici con la mente intenta alle opere cattive che facevate, ora egli vi ha riconciliati per mezzo della morte del suo corpo di carne, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili al suo cospetto: purché restiate fondati e fermi nella fede e non vi lasciate allontanare dalla speranza promessa nel vangelo che avete ascoltato, il quale è stato annunziato ad ogni creatura sotto il cielo”. [Col. I: 21-23]. – Pietro descrive anche la grazia della nostra vocazione nei termini più belli, e ci assicura che il disegno di Dio di chiamarci ci induce a dover elevare un rendimento adeguato a Lui tessendo le sue lodi. “Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di Lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce …” [1 Pt. II: 9]. Quanto è grande l’obbligo per tutto questo di vivere bene e studiare in tutte le cose di fare la volontà di Dio, soprattutto quando Cristo stesso dice espressamente: ” … Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, che essi vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli “! 

Parte XI: CONCLUSIONE

D. 40. Quali sono le disposizioni ed i comportamenti che questa bontà inestimabile di Dio richiede nei membri della sua Chiesa reciprocamente?

R. S. Paolo ce li descrive in una luce molto forte, come segue: “Vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti”. [Ef. IV: 1-6] Vediamo qui con quali tinte forti si dimostra che l’umiltà, la mitezza e l’amore fraterno siano le virtù essenziali per la nostra vocazione, e che tutto ciò che appartiene alla nostra santa Religione, richieda che dobbiamo vivere nella loro pratica costante; ed ancora che siamo tutti uniti in un solo corpo, la Chiesa di Cristo, animato da uno solo Spirito, lo Spirito di Gesù che guida e conduce quel corpo verso la verità intera, e che siamo chiamati ad una sola speranza della nostra chiamata: al possesso di Dio stesso nella gloria eterna, e che tutti noi serviamo un solo Signore, il Signore nostro Gesù Cristo, che tutti noi professiamo una sola fede, la Santa Fede che Egli ha rivelato all’umanità, senza la quale è impossibile piacere a Dio; che siamo tutti santificati da un solo Battesimo, che tutti serviamo solo Dio, che siamo tutti figli dello stesso Padre, e che questo Padre celeste è sempre presente in noi, cosicché tutta la nostra condotta è nuda ed aperta davanti a Lui. Come sconveniente, poi, deve essere agli occhi di questo Padre nostro, vederci intrattenere in discordie o cattiva volontà tra di noi! E come è indegno della nostra vocazione e disonorevole alla nostra religione se, essendo membri dello stesso corpo, servi dello stesso Maestro, figli dello stesso Padre, uniti insieme da tanti forti legami della Religione, dobbiamo vivere in animosità e nell’inimicizia reciproca. – In un altro luogo, lo stesso santo Apostolo descrive le disposizioni necessarie a coloro che Dio ha chiamato come “Suoi” eletti, per la grazia inestimabile di essere membri della sua Santa Chiesa, e dice: “Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E siate riconoscenti!” [Col. III: 12-15]. E il comportamento contrario è così disdicevole e quindi indegno della nostra vocazione, tanto che san Giacomo lo dichiara essere addirittura diabolico. “Ma se avete nel vostro cuore gelosia amara e spirito di contesa, non vantatevi e non mentite contro la verità. Non è questa la sapienza che viene dall’alto: è terrena, carnale, diabolica …” [Giac. III: 14-15] Tutto questo è tratto dalla dottrina espressa del nostro stesso grande Maestro, che comanda non solo a tutti i suoi seguaci di vivere nell’amore fraterno e nell’unione tra di loro, ma dichiara questo essere collegato alla loro vocazione, che è il segno distintivo della loro appartenenza a Lui: «da questo conosceranno tutti”, Egli dice, «che siete miei discepoli, se avete amore gli uni gli altri.” [Giovanni XIII: 35]

D. 41. Quali sono dunque le disposizioni che i membri della Chiesa di Cristo dovrebbero avere, e quale linea di condotta dovrebbero seguire nei confronti di coloro che sono separati dalla loro comunione?

R. È impossibile avere un amore vero e sincero di Dio, senza amare anche tutto ciò che è collegato a Lui; se quasi tutto è collegato con Dio, maggiore deve essere il nostro amore verso il prossimo. Ora, tutti coloro che sono in una falsa religione, pertanto separati dalla comunione della Chiesa, hanno per molti altri aspetti una connessione molto vicino con Dio, perché essi sono sue creature, opera delle sue mani, realizzate per la sua gloria; sono sue immagini, realizzate a sua somiglianza; essi sono redente dal Sangue di Gesù che è morto per l’umanità; essi sono creati per essere eternamente felici con Lui in Paradiso, perché Dio non vuole la morte del peccatore, ma piuttosto che desista e viva. Tutte queste considerazioni dimostrano che noi siamo tenuti ad avere un amore sincero e fervente nei loro confronti, ed uno zelo caritatevole per la loro salvezza eterna, e di conseguenza ad avere una tenera simpatia ed una compassione per loro, considerando il pericolo in cui sono le loro anime; e questa è la disposizione radicale ed essenziale dei nostri cuori, che siamo tenuti ad avere nei confronti di tutti gli uomini, senza eccezione. Di questo abbiamo un bellissimo esempio in S. Paolo che esprime in tal modo le disposizioni del suo cuore verso i suoi fratelli, gli ebrei increduli: “Dico la verità in Cristo, non mentisco, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore ed una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, (vale a dire, una maledizione), separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne.” [Rom. IX: 1]. Ora, questo amore sincero e lo zelo per la loro salvezza dovrebbe manifestarsi principalmente in questi punti seguenti:

(1.) Nell’essere ” … pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi …” [1 Piet. III: 15], , essere cioè sempre disposti e pronti a spiegare loro la nostra santa fede e mostrare i motivi su cui essa si fonda, ogni volta che uno di loro ci chiede di farlo. Questo dovrebbe essere porto loro con tutta modestia e la dolcezza, non entrando in dispute improduttive, non tenendo dietro a contese con calore ed acrimonia, anche se essi dovessero essere sempre così irragionevoli in quello che dicono contro di noi, ma rendendo conto della speranza che è in noi con la dolcezza e la carità, e lasciando l’esito alle disposizioni della Divina Provvidenza; la Scrittura dice: “Evita inoltre le discussioni sciocche e non educative, sapendo che generano contese. Un servo del Signore non dev’essere litigioso, ma mite con tutti, atto ad insegnare, paziente nelle offese subite, dolce nel riprendere gli oppositori, nella speranza che Dio voglia loro concedere di convertirsi, perché riconoscano la verità e ritornino in sé sfuggendo al laccio del diavolo, che li ha presi nella rete perché facessero la sua volontà.”[2 Tim. II: 23-26]; e: “Comportatevi saggiamente con quelli di fuori; approfittate di ogni occasione. Il vostro parlare sia sempre con grazia, condito di sapienza, per sapere come rispondere a ciascuno.”. [Col. IV: 5-6].

(2.) Essere sincero nella preghiera a Dio per la loro conversione e la loro salvezza, è quanto espressamente comandato nella Scrittura: “Ti raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini … Questa è una cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità”. [1 Tim. II: 1,3-4]. Abbiamo un bellissimo esempio di questo nello stesso santo Apostolo, che, pieno di carità per la salvezza degli ebrei, ha pietà del loro zelo considerato un loro errore, e riversa le preghiere del suo cuore per loro: “Fratelli, dice, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera sale a Dio per la loro salvezza. Rendo infatti loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza”. [Rom. X: 1]

(3) Dare loro il buon esempio, nell’esercizio di opere buone, e nella pratica di tutte le virtù cristiane. Niente è di maggiore efficacia del dare agli altri un esempio favorevole della nostra santa religione, che una buona vita. Questo è un argomento vivente che insegna ai più ignoranti e convince i più ostinati. E quindi per questo troviamo più volte comandato nelle Scritture il proposito di edificare coloro che sono al di fuori, e di eccitare in loro il glorificare Dio. “Così risplenda la vostra luce. dice Gesù Cristo stesso, davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”. [Matt. V: 16] e San Pietro si esprime così su questo importante compito: “Carissimi, io vi esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dai desideri della carne che fanno guerra all’anima. La vostra condotta tra i pagani sia irreprensibile, perché mentre vi calunniano come malfattori, al vedere le vostre buone opere giungano a glorificare Dio nel giorno del giudizio. … perché questa è la volontà di Dio: che, operando il bene, voi chiudiate la bocca all’ignoranza degli stolti”. [1 Pet. II: 11,15] – S. Paolo richiede anche la medesima cosa, dicendo: “offrendo te stesso come esempio in tutto di buona condotta, con purezza di dottrina, dignità, linguaggio sano e irreprensibile, perché il nostro avversario resti confuso, non avendo nulla di male da dire sul conto nostro” [Tit. II: 7].

(4) Se infine, non sopportando tale comportamento pio ed edificante, dovessero essere consentite persecuzioni e prove dalla Divina Provvidenza permesse per noi per un suo scopo saggio e giusto, se ad esempio dovessimo essere diffamati falsamente, se le verità della nostra santa religione dovessero essere calunniate e la nostra dottrina travisata, non dobbiamo meravigliarci né restare scoraggiati; ma occorre ricordare che questo è anche il modo in cui il mondo trattava lo stesso nostro Signore e Maestro, che aveva preannunciato già che i suoi fedeli seguaci dovessero essere trattati allo stesso modo. San Pietro ci assicura anche che questo è uno dei segni di coloro che seguono le sette di perdizione, il parlare male della verità: “… Molti seguiranno le loro dissolutezze e per colpa loro la via della verità sarà coperta di impropèri. Nella loro cupidigia vi sfrutteranno con parole false; ma la loro condanna è già da tempo all’opera e la loro rovina è in agguato”. [2 Piet. II: 2]; e S. Giuda aggiunge, “… costoro invece bestemmiano tutto ciò che ignorano”. [Giuda 10] – Tali prove non dovrebbero diminuire, anche nel minimo grado, la nostra carità sincera verso di loro ed il desiderio della loro salvezza; ma piuttosto dovremmo aumentare la nostra pietà e la compassione per le loro povere anime, impegnarci più seriamente nel pregare per loro, imitando il nostro benedetto Salvatore che, sulla croce, pregò per i suoi persecutori: “Padre … ” Egli ha detto, “… perdona loro, perché non sanno quello che stanno facendo”. Soprattutto, non dobbiamo mai possedere il benché minimo desiderio di vendetta “rendendo male per male, oltraggio per oltraggio, ma, “ … al contrario, rispondete benedicendo; poiché a questo siete stati chiamati per avere in eredità la benedizione” [1 Pet. III: 9] Al contrario, consideriamo le nostre prove come disposte ed ordinate dalla mano di Dio “, senza il Quale non un capello del nostro capo può cadere a terra”, e dobbiamo essere “… lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù Cristo” [Atti V: 41]. Perché ” … se anche doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non vi sgomentate per paura di loro, né vi turbate,…. È meglio infatti, se così vuole Dio, soffrire operando il bene che facendo il male.” [1 Pet. 3: 14, 17] – E quindi, “Carissimi, non siate sorpresi per l’incendio di persecuzione che si è acceso in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Ma nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi. Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore o delatore. Ma se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; glorifichi anzi Dio per questo nome.” [1 Pet. IV: 12-16] – Ricordiamo infine sempre le parole di Nostro Signore: “… Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli! ” [Matt. V: 11-12]. [Fine]

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Dopo questa illuminante lettura, penso che tutti abbiamo una più chiara idea della questione oggi così turbinosamente ammantata da veli offuscanti e torbidi esercizi di confusione dottrinale, nei quali si ritrovano ideologie massoniche. apertamente professate anche dai falsi prelati del “novus ordo” che le spacciano addirittura per cattoliche ed evangeliche. Basterebbe questo unico documento per smascherare i “clown in talare”, gli affabulatori di menzogne parateologiche e di ermeneutiche deliranti che portano ben lontano dalla Chiesa Cattolica, con tutte le conseguenza che la sana dottrina ci insegna, come visto. Cosa aspettare allora per rientrare nella Chiesa Cattolica, l’unica Chiesa fondata da Gesù Cristo, l’Arca  nella quale rifugiarsi per sfuggire al fuoco eterno. Il Novus ordo, cioè la sinagoga cabalista infiltrata nella Chiesa, così come tutte le sette eretiche e scismatiche, anche e soprattutto quelle che si definiscono “tradizionaliste” per meglio ingannare i loro sprovveduti non-fedeli, sono garanzia di perdizione eterna dell’anima, perché fondamentalmente a-cattoliche, in quanto non riconoscendo il “vero” Capo del Corpo mistico di Cristo, la Chiesa cattolica, che è il successore di S. Pietro, o peggio riconoscendone scientemente uno chiaramente falso, apostata ecumenista, si pongono di fatto fuori dalla Chiesa di Cristo! Invochiamo il nostro Maestro divino affinché ci liberi e ci immunizzi dalla peste e dalla melma spirituale che ci travolge, chiedendo nel contempo alla Vergine Santissima il trionfo del suo Cuore Immacolato sul serpente maledetto, il lucifero baphomet, “signore dell’universo” quello che è riuscito nell’intento descritto dal Profeta Isaia nel cap. XIV: “… Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, dimorerò sul monte dell’assemblea, nelle parti più remote del settentrione. Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo” [v. 14]. Ma il destino che seguirà a breve sarà quello dei versetti successivi: “… E invece sei stato precipitato negli inferi, nelle profondità dell’abisso! Quanti ti vedono ti guardano fisso, ti osservano attentamente. È questo l’individuo che sconvolgeva la terra, che faceva tremare i regni, che riduceva il mondo a un deserto, che ne distruggeva le città, che non apriva ai suoi prigionieri la prigione? Tutti i re dei popoli, tutti riposano con onore, ognuno nella sua tomba. Tu, invece, sei stato gettato fuori del tuo sepolcro, come un virgulto spregevole; sei circondato da uccisi trafitti da spada, come una carogna calpestata”. (vv. 15-19) Finirà così: “Carogna calpestata … come i suoi servi, le vipere nemiche di tutti gli uomini, gli apostati con talare o clergy man e gli adepti con grembiulini!”. Dio ci salvi!

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Et IPSA conteret caput tuum!