AL DI FUORI DELLA CHIESA CATTOLICA NON C’È SALVEZZA -3-

 georgehay

Vescovo George Hay di Scozia [1729-1811]

PARTE V

 D 12. I membri della Chiesa di Cristo, raggiunta l’età della ragione, non sono in obbligo di esaminarsi su come essi vivono, se cioè in modo giusto o meno, così come quelli che sono cresciuti in una setta separata dalla Vera Chiesa?

R. Non vi è nulla che la Chiesa di Cristo abbia desiderato più ardentemente, del fatto che i suoi figli debbano essere accuratamente istruiti nella loro religione, apprenderne la dottrina, nella misura di cui sono capaci. Per questo fine si raccomanda strettamente ai loro pastori di essere assidui nell’istruire i loro fedeli fin dai primi anni di vita, ben sapendo che più sanno della loro religione, più sono legati ad essa. La vera Chiesa di Cristo è opera di Dio, la dottrina insegnata contiene le verità di Dio; ora, la verità più si esamina attentamente, e più illustre, nobile e vera apparirà; e Dio Onnipotente ha dato tale splendida testimonianza della verità della sua religione, che più essa viene esaminata con sincerità, più convince e delizia. Ecco, dunque, ove sta la differenza: quando un membro della Chiesa di Cristo considera la sua religione, non può avere alcun ragionevole motivo di dubbi che lo riguardino, e più la prende in esame, più si convince di essere nella verità. Ma un individuo cresciuto in una falsa religione, se ripensa a tutto, non può non percepire forti motivi di dubbio; e più si esamina, più la sua menzogna si manifesterà, perché la falsità non potrà mai sopportare la luce di un esame attento ed imparziale.

D 13. Ma quale può essere allora la spiegazione del fatto che vediamo comunque molti uomini di buona reputazione e sapienti tra le diverse sette di cristiani, alcuni delle quali devono senza dubbio essere false, in quanto si contraddicono e si condannano l’un l’altra?

R. Per capire questo dobbiamo osservare che la Parola di Dio dichiara che Dio stesso vuole che “tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità.” [1 Tim. II : 4] In conseguenza di questo sincero desiderio di Dio, Egli non manca mai di dare a tutti gli aiuti necessari dall’esterno e le grazie sufficienti per portarli alla conoscenza della verità, se collaborano interiormente; ma se essi chiudono gli occhi alla sua luce e se, per la corruzione del loro cuore, non hanno alcun riguardo per le sue grazie, rimangono nella loro ignoranza; ma la loro ignoranza è volontaria nella sua causa, ed è una giusta punizione della loro colpa. – Ora, anche se molti di coloro che sono cresciuti in una falsa religione possono vivere una vita buona per onestà morale agli occhi del mondo, eppure essa può essere molto biasimevole agli occhi di Dio, e le loro passioni segrete ed i legami alle cose di questa vita, possono mettere un ostacolo che impedisce che il suo disegno misericordioso li porti alla conoscenza della verità. Il superbo Fariseo era un uomo giusto agli occhi del mondo, e tuttavia fu condannato da Dio Onnipotente per l’orgoglio segreto del suo cuore. E per quanto riguarda i sapienti e gli uomini di cultura che si trovano in una falsa religione, il loro apprendimento non li esime dall’orgoglio e dalla passione; anzi, la Parola di Dio ci assicura che: “la conoscenza gonfia;” [1 Cor. VIII: 1] e, in generale, dove non c’è vera umiltà e amore per Dio, più c’è l’apprendimento, più c’è l’orgoglio, la presunzione, il desiderio di gloria, l’ostinazione del cuore, e di conseguenza una maggiore opposizione alla Fede; Gesù Cristo stesso dice agli ebrei, i cui cuori induriti hanno resistito a tutte le prove della sua dottrina e dei suoi miracoli: “E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?” [Giovanni V: 44] – Ci sono stati, senza dubbio, molte persone sapienti, sia tra gli ebrei che tra i gentili, quando il Vangelo venne predicato, dapprima dagli Apostoli, e tuttavia, nonostante i miracoli innumerevoli che davano prova del suo essere Dio, S. Paolo ci dice esplicitamente che ” … noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” [1 Cor. I: 23] perché, nonostante tutto il loro sapere, il loro orgoglio, le passioni e i pregiudizi accecavano così tanto le loro menti, che la luce del Vangelo brillava invano su di loro. Non deve quindi sorprendere il vedere dotti in una falsa religione, tanto più che il loro sapere è di solito di tipo mondano, perché la fede è un dono di Dio; e non è la conoscenza della testa, ma l’umiltà e la sincerità del cuore che dispone l’anima a ricevere da Lui tale dono; sì, Cristo stesso dice espressamente, “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” [Matteo. XI: 25]. Dobbiamo concludere, quindi, che tra coloro che sono cresciuti in una falsa religione, separati perciò dalla Chiesa di Cristo, ma che sanno che c’è una Chiesa che si dichiara essere l’unica vera Chiesa di Cristo, e che hanno quindi l’opportunità di ascoltarla, e sono a conoscenza di coloro che sono nella sua comunione, è altamente improbabile che ci possa essere un’ignoranza invincibile in qualsiasi luogo. Ma se si dovesse trovare tra loro un’ignoranza invincibile, il loro stato sarà lo stesso di quello considerato per le persone che non hanno mai avuto la possibilità di conoscere una religione vera diversa dalla falsa.

 D. 14 Come è da intendersi, allora, il dire di coloro che, essendo cresciuti in una falsa religione, non hanno alcuna possibilità di conoscere la Vera Chiesa e la fede di Cristo, o ne hanno sentito parlare solo in una prospettiva falsa e odiosa? Possono questi essere salvati se vivono e muoiono nella loro separazione dalla comunione della Chiesa di Cristo, e nella ignoranza invincibile della verità?

R. Il dotto autore del libro intitolato “Carità e Verità”, che sembra disposto ad andare il più oltre possibile a favore di coloro che non sono uniti nella comunione alla Chiesa di Cristo, candidamente confessa, che è abbastanza incerta la salvezza, anche qualora ci si trovi nell’ignoranza invincibile; egli infatti, stabilisce il vero stato della questione, dicendo: “Il concetto significativo è che nessuno è salvato a meno che egli sia in comunione con la Chiesa cattolica, sia realmente che virtualmente, di fatto o di desiderio, e che non siamo affatto sicuri, generalmente parlando, che qualcuno possa essere salvato fuori della Chiesa Cattolica, anche se è invincibilmente ignorante della vera Chiesa, e della vera Religione (parte 1, D. 3.) Il motivo ne è, che non c’è una sola testimonianza della Sacra Scrittura, che dia motivo di pensare che qualcuno possa essere salvato fuori da questa comunione, anche se ci sono molti, come abbiamo visto sopra, che lo dichiarano fortemente. – Tutte le ragioni che vengono portate a favore di coloro che sono fuori della Chiesa, sono tratte da casi immaginari e dalle nostre idee imperfette circa la bontà di Dio, o dall’idea personalmente formata di cosa si intenda per essere un membro della vera Chiesa, e queste sono per lo più le persone di cui parliamo nella presente investigazione e che premettono come il principale motivo di questi ragionamenti. – E la linea di ragionamento è questa: “supponiamo che un uomo nato e battezzato in una setta eretica, quando è arrivato alla maggiore età, si trovi in circostanze tali che gli impediscano di non aver mai sentito parlare della vera Religione, se non in termini così falsi ed odiosi che lo inducono a fargliela detestare, e renderlo sempre più legato alla sua convinzione e, per questo motivo, di trovarsi in una ignoranza invincibile della verità: è riconosciuto da tutti che un uomo, per mezzo del Battesimo, diventa un membro della Chiesa di Cristo, e che, se muore prima che arrivi all’uso della ragione, sarà certamente salvato nella sua innocenza battesimale. Ora supponiamo il caso che, anche quando avanzi in età, continui a vivere una vita innocente e, cooperando con le grazie che Dio gli dona, perseveri nella sua innocenza, e faccia del suo meglio, in base alle sue conoscenze, e facendo forse anzi ancor meglio che se conoscesse la vera fede: non è forse in contrasto con la bontà di Dio il presupporre che un tale uomo, vivendo e morendo in questo stato, andrebbe perso? Non è eglii, agli occhi di Dio, un vero e proprio membro della Chiesa di Cristo, anche se non unito nella sua comunione? E, se è morto nella sua innocenza, non deve essere forse salvato? – Questo è l’argomento proposto; ma ha un aspetto specioso. Si deve osservare che vi è una forte ragione più per dubitare che ci sia mai stato, o mai ci sarà, un caso del genere: (1) Non vi è il più piccolo appiglio nella Scrittura che ce lo lasci supporre. – (2) Poiché è impossibile per l’uomo nel suo stato attuale di decadenza, il perservare nella sua innocenza battesimale per un lasso di tempo qualsiasi, e tanto meno il perseverare in essa fino alla fine della vita, senza che vi sia una grazia speciale e straordinaria da parte di Dio; e, siccome per consentire loro di restare in questa innocenza, occorre una grazia di una portata giustamente stimata come uno dei più singolari favori che possa dare Dio ai suoi servi fedeli, a coloro cioè che sono membri della sua Chiesa e godono quindi di tutti i potenti aiuti che solo possono essere trovati nella sua comunione, questo è come supporre che Egli possa concedere questo favore inestimabile a chi è fuori della sua comunione, e di conseguenza privo di tutti questi aiuti! E se si può supporre che egli perda la sua innocenza battesimale commettendo un peccato mortale, ma recuperi la grazia della giustificazione con un sincero pentimento, la difficoltà aumenta ancor più. Un pentimento, senza l’aiuto dei Sacramenti, sufficiente per ottenere la grazia della giustificazione, presuppone una contrizione perfetta, fondata sull’amore di Dio sopra tutte le cose; questo è un favore così raramente concesso ai peccatori, anche nella Chiesa stessa, che il Sacramento della Penitenza è nominato da Gesù Cristo come mezzo per compensare il nostro deficit in questo senso. Ora, è cosa probabile che Dio Onnipotente possa concedere in modo oltremodo singolare un favore a chi ha perso la sua innocenza e non è nella comunione della sua Chiesa per ottenere gli aiuti che essa offre per il suo recupero? – (3) Ma, lasciamo pure che accada quanto immaginato nel supposto, e che Dio Onnipotente dia a costui queste grazie straordinarie per cui possa conservare la sua innocenza battesimale fino all’ultimo, morire nella grazia di Dio, ed andare in paradiso: non sarebbe questo una contraddizione per Dio, che agirebbe cioè in diretto contrasto con l’intero tenore della sua volontà rivelata? Tutte le testimonianze della Scrittura consentono di dimostrare che Dio abbia stabilito essere la vera fede in Gesù Cristo e la comunione con la Chiesa di Cristo, le condizioni necessarie della salvezza; e tuttavia, nel caso specifico considerato, sarebbe salvata la persona che non aveva la vera fede in Gesù Cristo, e non era in comunione con la sua Chiesa, vivendo e morendo in una confessione eretica. Vi è quindi la più grande ragione di ritenere che un caso del genere non accadrà mai, e che una persona cresciuta in eresia ed invincibilmente ignorante della verità, sia privata degli aiuti e delle grazie che sono le conseguenze della vera fede, grazie cioè che si trovano solo nella vera Chiesa; non potendo quindi conservare la sua innocenza, continuando nell’eresia, morrà nei suoi peccati e si perderà: non certo perché non aveva la vera fede, di cui si suppone essere stato invincibilmente ignorante, ma per gli altri peccati per i quali muore nello stato di colpa.

 D. 15 Ma coloro che sono nell’eresia e nell’ignoranza invincibile della verità, possono essere salvati?

R. Dio non voglia che dovremmo dire questo! Tutte le ragioni di cui sopra dimostrano efficacemente che coloro che vivono e muoiono in quello stato, non saranno salvati e che, secondo l’attuale Provvidenza non possono essere salvati; ma il grande Dio è in grado di portarli fuori da quello stato, curando anche la loro ignoranza se per loro è invincibile nella situazione attuale, portandoli però alla conoscenza della vera fede e alla comunione della sua Santa Chiesa, e quindi alla salvezza: possiamo inoltre aggiungere che se Egli è desideroso, nella sua infinita misericordia, di salvare coloro che si trovano attualmente in uno stato di ignoranza invincibile della verità, al fine di agire in modo coerente con se stesso e con la sua santa Parola, Egli senza dubbio li porterà all’unione della sua Santa Chiesa prima della loro morte, per poterli salvare.

 D. 16 Ci sono dei presupposti Scritturali che supportino questa dottrina?

R. Questa dottrina è fondata sulle dichiarazioni le più positive della Scrittura. Nella Scrittura si definisce questa verità fondamentale: “Il fondamento sicuro di Dio rimane fermo, avendo questo sigillo: Il Signore conosce chi sono suoi.” [2 Tim. II: 19]. Cioè, Dio, da tutta l’eternità, conosce quelli che, cooperando con le grazie che deve riversare su di loro, persevereranno fino alla fine nella sua fede ed amore, e saranno felici con Lui per sempre. Ora, a tutti gli uomini, senza eccezione e in qualunque stato, anche pagani, Maomettani, Ebrei, eretici invincibili o nell’ignoranza invincibile, Dio, per i meriti di Cristo, e per amor Suo, dà tali grazie quando le vede adeguate al loro stato attuale, in vista della loro salvezza eterna; se sono conformi a quanto Egli dà, e collaborano con loro, Egli quindi offre loro sempre di più, fino a portarli finalmente a tal fine felice; ma se essi resistono e abusano di quelle grazie che ricevono, non ne saranno più date loro, e saranno quindi lasciati nel loro stato, come giusta punizione per la loro ingratitudine. – Coloro, dunque, che Dio Onnipotente prevede facciano un uso corretto delle sue grazie per essere salvati, li destina alla vita eterna; e la Scrittura ci assicura a sua volta che la buona ed adeguata maniera sia il portare alla conoscenza della vera fede e alla comunione della sua Chiesa Santa. Così, “Il Signore aggiungeva ogni giorno alla Chiesa, coloro che devono essere salvati” [Atti II: 47]. Ora, ciò che il Signore ha fatto ogni giorno al tempo degli Apostoli, quotidianamente continuerà a farlo fino alla fine del mondo; e siccome allora nessuno poteva essere salvato, se non fossero stati aggiunti alla Chiesa in quei giorni, così non può esservi alcuna diversità anche oggi; ed infatti non vi è alcuna nuova rivelazione dal tempo degli Apostoli che ci faccia conoscere un modo diverso di raggiungere la salvezza. Anche in questo caso la Scrittura dice che: “tutti quelli che erano ordinati alla vita eterna, credettero,” [Atti XIII: 48]. Cioè, sono stati portati alla vera fede predicata dagli Apostoli: lo stesso poi sarà sempre fatto in seguito; per cui se allora nessuno era ordinato alla vita eterna senza aver creduto, così sarà anche in seguito. Il nostro Salvatore stesso decide questo punto in termini ancora più chiari, quando dice: “Ho altre pecore che non sono di questo ovile; anche loro DEVO PORTARE, ed esse ascolteranno la mia voce, e non ci sarà che un solo gregge ed un solo pastore “. [Giovanni X: 16] Qui Egli parla chiaramente di quelli che non avevano ancora sentito la sua voce, che erano ebrei o pagani, non uniti nel novero dei suoi Apostoli e degli altri discepoli; eppure Egli le chiama “le sue pecore”, perché “il Signore conosce chi sono i suoi”, e ha preconosciuto coloro che avrebbero collaborato con la sua grazia nel seguire la sua voce; ora Egli dichiara espressamente, “anche quelle io devo raccogliere, ed esse ascolteranno la mia voce.” Non era sufficiente per la loro salvezza che essi fossero pronti nella disposizione dei loro cuori a rispondere alla sua chiamata e di fare meglio se avessero saputo meglio; ma era necessario che dovessero in realtà essere portati alla comunione della sua schiera, “anche quelle io devo condurre;” era necessario quindi che essi dovessero avere la vera fede di Cristo “… e ascolteranno la mia voce,” al fine di garantire la loro salvezza; perché, come dice poco più avanti: “… le mie pecore ascoltano la mia voce e Io le conosco, ed esse mi seguono, e Io do loro la vita eterna, e non periranno in eterno, e nessun uomo le strapperà dalla mia mano.” [Giovanni X: 27]. – Questo sarà ancora più focalizzato dal resoconto che S. Paolo dà delle varie fasi della Divina Provvidenza nella salvezza degli eletti e delle principali grazie che saranno donate loro per questo gran finale; “per quelli che ha preconosciuti,” dice, “… poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché Egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati.” [Rom. VIII: 29]. In primo luogo, si stabilisce che “… il fondamento gettato da Dio sta saldo e porta questo sigillo: Il Signore conosce i suoi,” [2 Tim. II: 19]. Dio, da tutta l’eternità, preconobbe chi avrebbe migliorato i talenti che Egli doveva nel tempo riversare su di loro, e chi, perseverante fino alla fine, sarebbe stato suo per sempre. Ora, dice l’Apostolo, “chi” Egli ha quindi “preconosciuti, li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo” ;, ha preordinato cioè che tutti i suoi eletti dovessero essere simile a Gesù Cristo, “… Voi siete infatti spogliati dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova, per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore.” [Col. III: 9]. Per procurarsi questa conformità con Gesù Cristo, il passo successivo è quello di essere chiamati: “… quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati”, vale a dire, con la conoscenza e la fede di Gesù Cristo, e per la comunione della sua Santa Chiesa; cioè, Egli dà loro tali grazie interne e così dispone tutte le circostanze esterne, affinché siano efficaci nel portarli a questa grande felicità; e … quelli che ha quindi chiamato alla vera fede “li ha pure giustificati”, con l’essere cioè portati alla vera fede, senza la quale è “ … impossibile piacere a Dio”, e continua a dare ancora ulteriori grazie, il timore, la speranza, l’amore di Dio, ed il dolore dei propri peccati, con i quali, cooperando, si è portati per mezzo di suoi santi Sacramenti alla grazia della giustificazione. Grazie sempre maggiori sono concesse loro, ed essi, perseverando sino alla fine nella loro collaborazione, vengono ricevuti alla fine nella gloria eterna; “… quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati”: qui è evidente che il nostro essere chiamati alla Fede e alla Chiesa di Gesù Cristo è preordinato da Dio Onnipotente come un passo essenziale nella vicenda della salvezza, una condizione necessaria da essere eseguita, prima ancora di poter essere giustificati dalla colpa dei nostri peccati, e di conseguenza, senza la vera fede, e fuori della comunione della Chiesa di Cristo, non vi è alcuna possibilità di salvezza! Non è meno evidente che, lasciare che una persona sia in qualunque stato, come i pagani, i Moamettani, gli Ebrei, o gli eretici, se Dio Onnipotente preconosce che questa persona collaborerà con quelle grazie che da tutta l’eternità Egli aveva deciso di riversare su di lui, e continuerà fedele fino alla fine, Egli non gli permetterà in alcun modo di vivere e morire nello stato attuale, ma preordinando così le cose, traendo fuori i tesori della sua saggezza divina, prima o poi questi verrà portato all’unione della Chiesa di Cristo, fuori dalla quale Egli ha preordinato che la salvezza non possa essere trovata.

PARTE VI

  D.17 Come può essere dimostrato, nel brano sopra citato di S. Paolo (D. 16), che la nostra vocazione sia la chiamata alla Fede e alla Chiesa di Cristo?

R. Nulla è più evidente da tutto il tenore del Nuovo Testamento; laddove si parla dell’oggetto della nostra chiamata o vocazione, è sempre dichiarato che esso è la fede e la Chiesa di Cristo. Così S. Paolo, parlando della propria vocazione, dice: ‘ “Ma quando Colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio … ” [Gal. I: 15] Quindi, esortandoci a camminare in modo degno della vocazione a cui siamo chiamati, con l’umiltà e la carità, egli aggiunge immediatamente gli oggetti della nostra vocazione con la più potente motivazione che occorre avere: “Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione, un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo.” [Ef. IV: 4] Anche in questo caso, “E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo.” [Col. III: 15] Inoltre: “incoraggiandovi e scongiurandovi a comportarvi in maniera degna di quel Dio che vi chiama al suo regno e alla sua gloria.” [1 Tess. II: 12]. L’oggetto, di conseguenza, della nostra vocazione è l’unica fede di Cristo e il corpo di Cristo, il regno di Cristo, che è la sua Chiesa. Quindi lo stesso santo Apostolo dice in un altro luogo, “Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli …” [Eb. XII: 22-23]. Vediamo qui l’oggetto della nostra vocazione, la Chiesa di Cristo; e san Pietro dice: “Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce”. [1 Piet. II: 9]. Il grande fine a cui la nostra vocazione ci porta è quindi: essere un membro di questa nazione santa, essere uno di questo popolo acquistato, essere portato a questa ammirabile luce della vera fede.

 D 18. Ma come possiamo conciliare ciò con l’infinita bontà di Dio, per cui nessuno sarà salvato senza la vera fede di Cristo, e senza essere in comunione con la sua Chiesa, poiché sulla base di questo, la maggior parte degli uomini, di gran lunga, sarà persa, visto che il numero di coloro che non hanno la fede e non sono nella comunione della sua Chiesa, supera sempre di gran lunga il numero di coloro che vi sono?

R. Che il maggior numero degli uomini sarà perso è una verità che Cristo stesso dichiara, quando Egli stesso dice che: “… molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti”, e che “molti passeranno per la strada ampia della distruzione, ma pochi sono coloro che trovano la via stretta della vita “. La difficoltà di conciliare questo con la bontà di Dio scomparirà se si considera ciò che la rivelazione cristiana insegna; da essa si apprende infatti che l’uomo, per l’abuso volontario del suo libero arbitrio, dopo aver rinunciato a quello stato felice per cui Dio l’aveva creato, si rese indegno di qualsiasi favore o misericordia da Dio; così che Dio, con la più grande giustizia, avrebbe potuto, volendo, lasciarlo senza rimedio in quella miseria che i peccati meritavano, così come ha effettivamente fatto nel lasciare gli angeli decaduti. È stato quindi per l’effetto della sola sua infinita bontà che Dio ha mostrato tanta pietà per l’uomo, e ancor più, fornendogli un così inaudito rimedio ai suoi mali: “Dio ha tanto amato il mondo”, dice il Vangelo, “che ha dato il suo unigenito Figlio,” per cercare e salvare quelli che si sarebbero persi, morendo su una croce per loro. Ma siccome l’uomo, con l’abuso volontario del suo libero arbitrio, aveva perso il favore del suo Dio, Dio stesso ha decretato che nessuno che abbia il pieno uso della propria ragione debba raccogliere i frutti della redenzione di Cristo, se non con atti volontari e alle condizioni che Egli richiede da loro; per cui Cristo “… divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che Gli obbediscono …” [Eb. V: 9]. – L’uomo, dalla miserabile corruzione della sua natura col peccato, era assolutamente incapace di svolgere da se stesso queste condizioni; perciò Dio, per la ricchezza della sua bontà, e il desiderio che tutti devono essere salvati per i meriti di Gesù Cristo, dà a tutta l’umanità l’aiuto soprannaturale della sua grazia, perché Egli possa correggere il loro stato attuale, al fine della loro salvezza. Dio con queste grazie muove gli uomini a fare il bene ed evitare il male; e se collaborano con i suoi favori, Egli darà loro nuove e maggiori grazie. Se continuano a corrispondere Egli ne darà loro ancora di più; finché Egli li porterà finalmente alla vera fede e alla Chiesa di Cristo, e ad un lieto fine; ma se resistono alle sue grazie, se ne abusano ed agiscono in contrasto con esse, se essi rifiutano queste chiamate e le offerte di misericordia, Egli porta pazienza con loro ancora per un po’, ma alla fine ferma la erogazione di tali favori immeritati, e li lascia perire nella loro ingratitudine ed ostinazione. Quindi, se la maggior parte del genere umano è perduto, questo è interamente dovuto a se stessa per l’abuso della bontà di Dio, e per la resistenza ai mezzi usati per la loro salvezza; di modo che la nostra salvezza proviene soltanto dalla bontà di Dio, mentre la nostra perdizione tutta da noi stessi, in base a quello che dice il santo Profeta, “La rovina è tua, o Israele, il tuo aiuto è solo in me.” [Osea XIII: 9]

 D. 19 Questa è, infatti, una rivendicazione completa della bontà divina; ma ci sono alcune parti che devono essere spiegate: per prima cosa, come si evince dalla Scrittura che Dio dona a tutti gli uomini le grazie qui menzionate in vista della loro salvezza?

R. Questo è evidente da tre importanti motivi registrati nella Scrittura: In primo luogo, la Scrittura ci assicura che Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati, e che nessuno dovrebbe essere perso. Così, “Come, io vivo”, dice il Signore Dio: “Io non voglio la morte del malvagio, ma che si converta dalla sua condotta e viva.” [Ez. XXXIII: 2]. Quindi il nostro Salvatore dichiara: ” così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli. ” [Matth. XVIII: 14] “… ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi “. [2 Pietro III: 9] E S. Paolo afferma espressamente: “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati, e giungano alla conoscenza della verità” [1 Tim. I: 4] vuole quindi che tutti gli uomini siano salvati, e vuole che giungano alla conoscenza della verità, come condizione essenziale della salvezza. Ora, da questa sincera volontà di Dio per la salvezza di tutti gli uomini, consegue come necessariamente che Egli dona a tutti gli uomini come aiuto le sua grazie sufficienti e, se fanno buon uso di esse, queste portano alla conoscenza della verità e alla salvezza; siccome essi sono assolutamente incapaci di muovere qualsiasi passo verso questo fine senza il suo aiuto, se vogliono salvarsi, alla fine, devono anche utilizzare i mezzi in modo tale che, se alla fine non sia raggiunta la meta, questo non sia dovuto a Lui. Se Dio non lo facesse, noi non sapremmo comprendere l’affermazione secondo la quale Egli vuole che tutti gli uomini siano salvati, e che non vuole la morte del malvagio. – In secondo luogo, la Scrittura dichiara che Gesù Cristo è morto per la redenzione di tutti gli uomini, senza eccezioni. Così, “… Gesù Cristo ha dato se stesso in riscatto per tutti.” [1 Tim. II: 6]. “Poiché l’amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti” [2 Cor. V: 15]. – “… abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente, che è il salvatore di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono” [1 Tim. IV: 10] “. “ … ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto. Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo”. [1 Giovanni II: 1]. E San Giovanni Battista ha detto di Lui: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati del mondo” [Giovanni I: 29] e lui stesso dice: “… il pane che Io darò è la mia carne per la vita del mondo”. [Giovanni VI: 52] Anche in questo caso, “Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”; [Luca XIX: 10] e “… vengo, non per giudicare il mondo, ma per salvare il mondo”; [Giovanni XII: 47] e S. Paolo dice di Lui: “Questa parola è sicura e degna di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori …” [1 Tim. I: 15] Ma, siccome tutti sarebbero stati persi, poiché tutti senza eccezione erano peccatori, ecco che Gesù Cristo è venuto a cercare e a salvare tutti. Ora, da ciò consegue anche, come conseguenza necessaria, che tutti, senza eccezione, devono ricevere, in una certa misura, tali frutti ed i vantaggi del suo riscatto, direttamente o indirettamente, mediatamente o immediatamente, così sufficienti come sono a procurare la loro salvezza, se si collabora con essi. Se qualcuno, poi, non sia in realtà salvato, questo non può essere dovuto ad una mancanza da parte di Gesù Cristo, ma al proprio abuso delle sue grazie; perché non avrebbe significato dire che Egli è il Salvatore di tutti, se tutti non hanno ricevuto i frutti della sua redenzione in previsione della loro salvezza. – In terzo luogo, le Scritture ci assicurano che tutti gli uomini in realtà ricevono da Dio, in egual grado, modo, e proporzione necessari, come aiuto, in base al loro stato attuale, le sue grazie tanto da permettere come garanzia la loro salvezza, se collaborano con esse. Infatti, in primo luogo, Dio onnipotente, per il suo sincero desiderio della salvezza di tutti “… ha mandato il suo Figlio nel mondo, perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui.” [Giovanni III: 17]. Dal che S. Paolo trae questa semplice tesi: “… Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con Lui?” [Rom. VIII: 32]; … almeno tutte quelle cose assolutamente necessarie per la nostra salvezza, e senza le quali essa non sarebbe mai in nostro potere raggiungerla? Ora, siccome ha sacrificato il Figlio suo per tutti noi, senza eccezione, e con questa stessa visione, “perché il mondo”, cioè, tutto il genere umano, “potesse essere salvato da Lui”, a tutti, senza eccezione Egli dona in aiuto le grazie così, sia mediatamente o immediatamente, direttamente o indirettamente, da metterle in loro potere per essere salvati. In secondo luogo, la Scrittura dichiara ancora che Cristo ” … è la luce vera, che illumina ogni uomo che viene in questo mondo,” [Giovanni I: 9]. – Di conseguenza ogni uomo che viene in questo mondo partecipando della Sua luce, la riceve a tal punto e in proporzione adeguata a quel momento, luogo e modalità ritenuta opportuna. – Infatti, in terzo luogo, “… a ciascuno di noi è data la grazia secondo la misura del dono di Cristo”; [Ef. IV: 7] e: ” … la grazia di Dio nostro Salvatore è apparsa a tutti gli uomini” [Tit. II: 2]. – In quarto luogo, la bontà e la misericordia di Dio per tutta l’umanità sono mostrate nella Scrittura: “Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi, non guardi ai peccati degli uomini, in vista del pentimento. Poiché tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure creata.” [Sap. XI: 23-24]. – Ora, come poteva essere detto “per risparmiare tutti,” e di “avere compassione di tutti,” in vista del pentimento, se Egli non avesse dato a tutti tali grazie, almeno quelle assolutamente necessarie per aiutarli a portarli al pentimento? Ed infine, il nostro Salvatore stesso dice: “Ecco, io sto alla porta e busso; se qualcuno ascolta la mia voce, ed apre a me la porta, Io verrò da lui, cenerò con lui, ed egli con me, e a colui che vincerà, darò di sedere con me sul mio trono “. [Apoc. III: 20] Egli bussa ad ogni porta, ad ogni cuore, con i moti della sua santa grazia; e se qualcuno si sforza di aprire e cooperare con la sua grazia, in modo da superare gli ostacoli, tutto andrà bene. Da questo è evidente che tutti gli uomini, senza eccezione, in qualunque stato si trovino, una volta o l’altra ricevano le grazie da Dio come frutti della redenzione di Gesù, in vista della loro salvezza eterna ed Egli, sia mediatamente che immediatamente, li porterà a tal fine se hanno fatto un uso corretto di esse; se, quindi, non si è salvati, la colpa è del tutto propria. Le grazie, infatti, non sono date nella stessa misura e proporzione a tutti, ma “secondo la misura del dono di Cristo” e ” … ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro” [1 Cor. VII: 7]. Nella distribuzione dei talenti, si vede che uno ne ha ricevuto cinque, un altro due, e un altro uno solo; Dio è padrone dei suoi propri doni, può dare più abbondantemente ad uno rispetto ad un altro, come Egli vuole; ma ciò che ognuno riceve è sufficiente per il suo scopo presente, e colui che ha ricevuto un solo talento l’aveva completamente in suo potere per ottenere lo stesso premio come gli altri due, se avesse migliorato il suo talento come hanno fatto gli altri; ma siccome egli è stato negligente ed infruttuoso, è stato giustamente condannato per la sua pigrizia.

 D. 20 Come si può dimostrare che se un uomo coopera con le grazie che Dio dona, queste saranno sempre di più aumentate in lui?

R. Questo è evidente: (1) Dal fine che Dio raggiunge nel darle: tutte le grazie che Dio dona all’uomo, per i meriti di Cristo, sono date in vista della sua salvezza, e per il desiderio di salvarlo. Se l’uomo, quindi, non ha posto nessun ostacolo da parte sua, ma migliora la presente la grazia, lo stesso desiderio di grazia che Dio ha della sua salvezza, e che lo ha spinto a concedere la prima, lo indurrà necessariamente a darne una seconda, una terza, e così via, fino a quando non sarà perfezionata la grande opera per la quale egli le dà; e, di conseguenza, la Scrittura dice: ” … e sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù.”. [Filipp. I: 6]. Si tratta di una verità indiscutibile, quindi, che Dio non verrà mai meno da parte sua nel darci tutti gli ulteriori necessari aiuti, se facciamo un buon uso di quelli che Egli ha già dato; Egli non ci abbandonerà mai, se prima non siamo noi ad abbandonarLo. E lo stesso santo Apostolo ci esorta, “… quindi, miei cari, obbedendo come sempre, non solo come quando ero presente, ma molto più ora che sono lontano, attendete alla vostra salvezza con timore e tremore” [Filipp. II: 12]. – Questo ci mostra che Dio non manca mai da parte sua se noi facciamo la nostra parte ed il nostro lavoro, con timore e tremore, secondo le grazie che elargisce. Quindi ecco anche, le esortazioni frequenti dello stesso Apostolo “a non trascurare la grazia di Dio;” [1 Tim. IV: 14] “Per suscitare la grazia di Dio che è in noi”; [2 Tim. I: 6]; “… vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio” [2 Cor. VI: 1], e “… guardare diligentemente che nessuno venga meno alla grazia di Dio. “… vigilate che nessuno venga meno alla grazia di Dio” [Eb. XII: 15].- (2) Si può vedere la stessa verità da queste testimonianze della Scrittura per cui siamo certi che: se serviamo Dio e ne osserviamo i precetti, potremo avanzare nel suo amore in unione con Lui; servirLo ed obbedirLo è fare un buon uso delle grazie che Egli ci dà: essere più amato da Lui uniti a Lui è ricevere da Lui ancora grazie sempre più grandi. Così il nostro Salvatore dice: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola” (vale a dire, farà la mia volontà, corrisponderà alle mie grazie), “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” [Giovanni XIV: 23]. Così anche San Giacomo dice: “Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi.- … Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà” [Giacomo IV: 8, 10]. Perciò san Pietro ci esorta “… a prendere attenzione a non cadere dalla nostra fermezza, ma per crescere nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore, Gesù Cristo; ” … state in guardia per non venir meno nella vostra fermezza, travolti anche voi dall’errore degli empi; ma crescete nella grazia e nella conoscenza del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo” [2 Pet. III: 17-18], perché la costante fermezza nel suo servizio, per corrispondere alla sua grazia, è il modo più sicuro, di ottenere di più da Lui. – (3) E ‘dimostrato Con la dichiarazione esplicita di Gesù Cristo che dice: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. ” Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto” [Giovanni XV: 1]. – Anche nella parabola dei talenti, il Padrone ha ordinato di prendere il talento dato al servo inutile e darlo all’altro che ne ha avuto dieci, e poi aggiunge: “A chiunque ha sarà dato”[Luca XIX: 26]: cioè a tutti coloro che hanno, e fanno un buon uso di ciò che possiedono; quando il padrone è partito, ha dato un talento a ciascuno dei suoi servi, e dicendo loro: commerciatelo fino al mio ritorno.” [Ver. 13] E quando è tornato ha trovato che uno aveva guadagnato dieci talenti, ma il servo infingardo nessuno, perché aveva conservato il talento ricevuto riponendolo in un tovagliolo; in modo che l’unica differenza tra i due è stata che l’uno aveva migliorato quello che aveva ricevuto dal suo padrone, e l’altro non lo aveva fatto; e quindi a quello che aveva moltiplicato i suoi talenti, è stato dato sempre di più. L’espressione è ripetuta dal nostro Salvatore, in diverse occasioni, ma soprattutto in Marco “… poiché a chi ha, sarà dato e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha” [IV: 24], dove, considerando la grande grazia per gli ebrei nel comunicare loro la sua santa Parola, Egli li esorta a stare attenti a fare ritorno a Dio, migliorando quella grazia e le promesse, e farlo in modo che sarà loro dato di più: ” … fate attenzione”, diceva loro: “a quello che ascoltate: con la stessa misura con la quale misurate, sarete misurati anche voi”; e poi aggiunge subito, come regola generale: ” … anzi vi sarà dato di più” [Ver. 25]. Allo stesso modo Dio Onnipotente dice a tutti i peccatori il cui cuore tocca con i suoi rimproveri e la verifica della loro coscienza: “Volgetevi alle mie esortazioni: ecco, io effonderò il mio spirito su di voi e vi manifesterò le mie parole”. [Prov. I: 23]. Se essi collaborano con la grazia della sua riprovazione e procedono, Egli concederà loro maggiori favori.   [Continua]

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Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.