Concilio di Trento e N.O.M. [il “novus (dis)ordo missae”].

Concilio di Trento e N.O.M. [il “novus (dis)ordo missae”].

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 L’esame del nuovo rito montiniano [N.O.M.], oltre agli anatemi di San Pio V e successori, (Clemente VIII e Bonifacio VIII), oltre alle evidenti influenze massonico-rosacrociane celate malamente nell’offertorio e nel sanctus, le espressioni emanatistico-panteiste tipiche della gnosi adottate da Simone Weil, intellettualoide marrana infiltrata tra i pretesi intellettuali cristiani dell’epoca, ed eretica ispiratrice di modernismi pseudo-teologici, che vedeva nei “frutti del lavoro dell’uomo” la fiammella divina che con la consacrazione “diventavano”, evolvendosi, [cioè non venivano sostituiti dal Corpo e Sangue di Cristo di cui sono solo apparenza – cfr. “Studio sulla missione divina dell’uomo campestre”], Corpo e Sangue offerti poi, con rituale rosacrociano, nientemeno che al “signore dell’universo”, il Prometeo-Lucifero, elucubrazioni fatte proprie dal massone Bugnini (Buan 1365/75) dietro la regia del marrano Montini, grande estimatore della marrana sua compatriota, l’antipapa sedicente Paolo VI, usurpatore, nonché sodomitico Patriarca degli Illuminati di Baviera, ed inserite nel diabolico “novus ordo missae”, evidenzia ancora come esso sia stato, con ampio anticipo, anatemizzato inappellabilmente in eterno, dal Concilio di Trento. Infatti il 17 settembre del 1562, nel corso della XXII sessione di quel Sacrosanto Concilio, vennero definiti, con la dottrina, i canoni sul Santissimo Sacrificio della Messa. I primi 8 capitoli della sessione sono dedicati ad illustrare le origini e le definizioni teologiche succedute nei secoli e costituenti la base dei misteri eucaristici contenuti nella Santa Messa. Nel capitolo 9 sono riportati i canoni con relativi anatemi. Leggiamoli insieme (*):

SESSIONE XXII (17 settembre 1562)

Dottrina e canoni sul santissimo sacrificio della Messa.

Il sacrosanto Concilio ecumenico e generale Tridentino, riunito legittimamente nello Spirito Santo, sotto la presidenza degli stessi legati della Sede Apostolica, perché sia mantenuta nella Chiesa cattolica e conservata nella sua purezza l’antica, assoluta, e sotto qualsiasi aspetto perfetta dottrina del grande mistero dell’eucaristia contro gli errori e le eresie, illuminato dallo Spirito Santo, insegna, dichiara e intende che su essa, come vero e singolare sacrificio, sia predicato ai popoli cristiani quanto segue.

CANONI SUL SANTISSIMO SACRIFICIO DELLA MESSA

1. Se qualcuno dirà che nella messa non si offre a Dio un vero e proprio sacrificio, o che essere offerto non significa altro se non che Cristo ci viene dato a mangiare, sia anatema.

2. Se qualcuno dirà che con quelle parole: Fate questo in memoria di me, Cristo non ha costituito i suoi apostoli sacerdoti o che non li ha ordinati perché essi e gli altri sacerdoti offrissero il suo Corpo e il suo Sangue, sia anatema.

3. Se qualcuno dirà che il Sacrificio della messa è solo un sacrificio di lode e di ringraziamento, o la semplice commemorazione del sacrificio offerto sulla croce, e non propiziatorio; o che giova solo a chi lo riceve; e che non si deve offrire per i vivi e per i morti, per i peccati, per le pene, per le soddisfazioni, e per altre necessità, sia anatema.

4. Se qualcuno dirà che col sacrificio della messa si bestemmia contro il sacrificio di Cristo consumato sulla croce; o che con esso si deroga all’onore di esso, sia anatema.

5. Chi dirà che celebrare messe in onore dei santi e per ottenere la loro intercessione presso Dio, come la Chiesa intende, è un’impostura, sia anatema.

6. Si quis dixerit canonem Missae errores continere ideoque abrogandum esse: a.s. (Se qualcuno dirà che il canone della messa contiene degli errori, e che, quindi, bisogna abolirlo, sia anatema).[Denz.953]

7. Se qualcuno dirà che le cerimonie, le vesti e gli altri segni esterni, di cui si serve la Chiesa cattolica nella celebrazione delle messe, siano piuttosto elementi adatti a favorire l’empietà, che manifestazioni di pietà, sia anatema.

8. Se qualcuno dirà che le messe, nelle quali solo il sacerdote si comunica sacramentalmente, sono illecite e, quindi, da abrogarsi, sia anatema.

9. Si quis dixerit, Ecclesiae Romanae ritum, quo submissa voce pars canonis et verba consecrationis proferuntur, damnandum esse; aut lingua tantum vulgari Missam celebrari debere, … a.s. (Se qualcuno dirà che il rito della Chiesa Romana, secondo il quale parte del canone e le parole della consacrazione si profferiscono a bassa voce, è da riprovarsi; o che la messa debba essere celebrata solo nella lingua del popolo; o che nell’offrire il calice non debba esser mischiata l’acqua col vino, perché ciò sarebbe contro l’istituzione di Cristo, sia anatema. [Denz. 956].

paolo III Sebastiano_Ricci_034(Paolo III)

Pius_IV_2Pio IV

 Quelli che saltano immediatamente agli occhi, e da noi sottolineati, sono i punti 6 e 9, con i relativi anatemi irreformabili e di eterna applicazione. Ora nell’obbrobrio del “novus ordo” non solo il canone è stato soggetto a critiche, ma è stato addirittura eliminato nella sua essenza e finanche nelle formule consacratorie, che sono così blasfeme, eretiche, e quantomeno illecite, cioè sacrileghe. Ma non contenti, i Santi Padri di Trento, guidati da Papi “veri” (Paolo III prima e, alla sua morte, Pio IV), non certamente “buffoncelli” istrionico-mediatici, “principi dell’esilio”, giullari mossi da burattinai “che odiano Dio e tutti gli uomini”, hanno aggiunto il punto 9 ove si comanda di pronunciare le parole del Canone a bassa voce ed esclusivamente in latino, evitando espressamente il vernacolo, o la barbara ed aliturgica “lingua del popolo”. Ecco che allora celebrare (… si fa per dire, naturalmente) un tale rito, o semplicemente il parteciparvi, carica di ulteriori anatemi, cioè di scomuniche, oltre a quelli già saldamente acquisiti di “execrabilis”, “ex apostolatus officio”, “quo primum” etc. etc., ponendo “ipso facto” ancor più fuori dalla “Chiesa Cattolica” che, essendo l’unica Chiesa di Cristo, attraverso la quale soltanto si può ottenere la salvezza eterna, preclude all’ignaro fedele (reo però di colpevole ignoranza!) la eterna salvezza, condannandolo al fuoco eterno. Potremmo andare avanti per molto ancora su questa sessione del Concilio tridentino, ma ci fermiamo qui, perché ce n’è abbastanza già per una seria riflessione sul come cercare di evitare il fuoco eterno dell’inferno, nel quale molti sono già immersi fino alla gola, magari presumendo di essere già pronti per una canonizzazione sicura e per essere elevati sugli altari! Il disprezzo e l’ignoranza delle leggi immutabili della Chiesa produrrà, Dio ci scansi, inevitabili “pianti e stridor di denti”. Si realizza la parola del Signore in Malachia “ et maledicam benedictionibus vestris, et maledicam illis …” [“Se non mi ascolterete e non vi prenderete a cuore di dar gloria al mio nome, dice il Signore degli eserciti, manderò su di voi la maledizione e cambierò in maledizione le vostre benedizioni. Anzi le ho già maledette, perché nessuno tra di voi se la prende a cuore” – Mal. II, 2]. Ve lo chiedo supplicandovi in ginocchio, con le lacrime agli occhi: fratelli, salvatevi dal fuoco eterno!

(*) [Il testo si trova in: Conciliorum Oecumenicorum Decreta, 3a ed. bilingue a cura di. G. Alberigo et al., EDB, Bologna 2003].