Doni dello Spirito Santo: Il dono di SAPIENZA

Il dono di SAPIENZA.

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[J.-J. Gaume: “Il trattato dello Spirito Santo”; vol. II, CAPITOLO XXXIII].

L’uomo aiutato dal dono di scienza, risalendo dagli effetti alla causa, discerne con certezza il vero dal falso. Col dono di consiglio, distinguendo tra il buono ed il meglio, sceglie i mezzi più propri per giungere al suo fine. Mercé del dono d’intelletto ei penetra più addentro. – Leggendo la causa nei fatti, vede chiaramente la bontà della sua scelta, vale a dire, l’evidenza delle verità che debbono condurlo alla salute, di guisa che nulla è capace di oscurarle ai suoi occhi nè di staccarne il suo cuore. – Il primo effetto di questa penetrazione che pone per cosi dire l’uomo a faccia a faccia col mondo superiore, è uno svolgimento meraviglioso della vita intellettuale. Il secondo è una rara elevatezza di pensieri, una grande magnanimità di sentimenti, una sublime indifferenza per la vita del corpo. Ripieno di questo dono divino, l’uomo sente tutta la verità di questa parola: Il regno di Dio non è, né cibo, né bevanda;. “Regnum Dei non est esca et potus”. Obbligato ad assoggettarsi alle necessità della vita animale, può dire come l’Arcangelo: « Pare che io mangi e beva con voi, ma faccio uso di un cibo invisibile e di una bevanda che non può essere vista dagli uomini. » [Tob., XII, 49]. – Così il dono d’intelligenza spiritualizza l’intelletto, quanto può essere spiritualizzato: come lo spirito contrario lo materializza, quanto può essere materializzato. – Per finire di perfezionare l’uomo, che cosa resta allo Spirito Santo? Spiritualizzare il suo spirito e il suo cuore, quanto possono essere spiritualizzati. Come compie lo Spirito Santo quest’ultimo atto della nostra deificazione? Comunicandoci il dono di sapienza. Questo dono forma il più alto grado della scala misteriosa, che il Verbo incarnato ha sceso per abbassarsi fino a noi, e che l’uomo deve risalire per innalzarsi fino al livello del suo divino fratello, divenire un altro sé medesimo e verificare nella sua persona la parola del Padre celeste: “Questi è il mio figlio diletto nel quale ho riposto tutte le mie compiacenze”. La risposta ai nostri tre quesiti farà conoscere questo dono, il quale corona tutti gli altri. Che cosa è il dono di sapienza? quali ne sono gli effetti? quale ne è la necessità? 1° Che cosa è il dono di sapienza? La sapienza è un dono dello Spirito Santo che ci comunica nel più eminente grado la conoscenza e l’amore delle cose divine. [“Donum sapientiæ est habitus infusus, quo quis in gratuitis cognitionibus subito -et prompte secundum quamdam connaturalitatem, per causam altissimam habet rectum et certum judicium de iis quae sunt Mei”. Vig., c. XIII, p. 411. — Vel: “sapientia est habitus divinitus infusus quo rnens redditur facile mobilis a Spiritu sancto, ad contemplandum divina et ad judicandum tum de illis, tum de humanis secundum rationes divinas”. Apud S. Th., 2a, 2æ, q. 44, art. 1, nota. — “Sumitur nomen sapientiae secundum quod saporem quemdam importat”. S. Th., ibid., art. 2, ad 1. — “Sapiens dictus a sapore, quia sicut gustus est aptus ad discretionem saporis ciborum, sic sapiens dicitur ad dignoscentiam rerum et causarum circa divina et agenda.” S. Isìd., De etymolog.]. – Tutti i doni dello Spirito Santo hanno per iscopo di contribuire ciascuno a suo modo, alla deificazione dell’uomo. Tre s’indirizzano principalmente alla volontà: il timore, la pietà, la fortezza. Quattro hanno per oggetto principale l’intelletto: la scienza, il consiglio, l’intelletto, la sapienza. Ora quest’ultimo è il più nobile di tutti. Come il fine riassume i mezzi sviluppandoli, cosi il dono di sapienza contiene e perfeziona tutti gli altri doni. Cosicché si può dire, che la sapienza è il timore di Dio perfezionato, la pietà perfezionata, la scienza perfezionata, la fortezza perfezionata, il consiglio perfezionato, l’intelletto perfezionato. – Per sapere in qual modo il dono di sapienza perfeziona tutti gli altri, basta considerarlo. Conoscenza e amore della verità, al grado il più elevato che l’uomo può raggiungere: ecco ciò che è. Ora vi sono più modi di conoscere la verità. – Conoscerla nelle cause seconde, nelle loro creature, nelle opere esteriori di Dio, tali come l’incarnazione del Verbo, la creazione e il governo del mondo, la giustificazione dell’uomo e altre simili. Questa conoscenza è il dominio del dono di scienza. [Il dono di scienza c’insegna a conoscere la verità mediante le cause seconde, mediante le creature, ed a regolare la nostra condotta su questa conoscenza. Il dono di sapienza ci fa vedere la verità nella causa delle cause, in Dio stesso, e ce la fa amare in Dio e nelle sue opere. Così il dono di scienza ha per oggetto principale gli effetti, e il dono di sapienza la causa. L’uno procede per via d’analisi, l’altro per via di sintesi. Vedi S. Th., 2a, 2æ, q.,9, art. 1, 2, corp. —Si vede che nel sistema della nostra deificazione nessun mezzo è stato dimenticato, e che lo Spirito Santo s’indirizza a tutte le attitudini]. – Conoscerla nei suoi motivi di credibilità, sino al punto d’essere talmente convinto che nulla possa indebolire la nostra adesione: quest’è il fine del dono d’intelletto. Conoscerla nelle applicazioni che bisogna farne con gli atti particolari: quest’è il benefizio del dono di consiglio. Finalmente vi è un modo ancor più perfetto di conoscere la verità, cioè di vederla nella causa prima, nella causa delle cause, in Dio, e di vederla con un immenso amore. Da quest’altezza si giudica con certezza di tutte le cause seconde e dei loro effetti: si mettono i suoi pensieri e le sue azioni in armonia non più con tale o tale verità isolata, con tale o tal causa seconda, con tale o tale effetto particolare, ma con la causa prima. – Allora, in una certa misura, l’uomo partecipa ai privilegi degli Angeli della prima gerarchia, che vedono in Dio medesimo la ragione delle cose. Egli possiede la magnifica sintesi della verità, e può giudicare di tutto il concetto divino, tanto nell’ordine naturale, quanto eziandio nell’ordine soprannaturale, poiché può giudicare di Dio medesimo. [“Spiritualis autem judicat omnia”. I Cor., II, 15. — “Spiritus enim omnia scrutatur etiam profunda Dei”. Ibid., 10. — “Ad sapientem pertinet considerare causam altissimam, per quam certissime de aliis judicatur, et secundum quam omnia ordinare potest”. S. Th., 2a, 2æ, q. 46, art. 1, corp., et q. 8, art. 6, corp.; S. Anton., IV p., tit. X, c. III]. – Così noi cediamo quanto il dono di sapienza è superiore ai doni di scienza, di consiglio, d’intelligenza, e come gli perfeziona. Egli perfeziona altrettanto i doni di timore, di pietà e di forza. Grazie al dono di sapienza i loro atti acquistano una energia, una costanza, una estensione, una soavità, una perfezione in rapporto coi lumi e le effusioni d’amore, che derivano da questo dono superiore a tutti gli altri. Laonde il cuore dell’uomo si trova innalzato al livello della sua intelligenza. – Quanto alla differenza che esiste tra il dono di sapienza e la fede, tra la virtù di sapienza e la sapienza gratuita, è facile a conoscersi. La fede aderisce alla verità, quale gli è proposta, né va più oltre. La virtù di sapienza è una abitudine acquisita studiando, o infusa dalla grazia; ma sia naturale o soprannaturale, questa virtù non ha né l’altezza, né l’estensione, né la certezza, né la soavità, né la spontaneità del dono di sapienza. [“Sapientia quæ est donum est excellentior quam sapientia quæ est virtus intellectualis, utpote magis de propinquo Deum attingens per quamdam Spiritus unionem ad ipsum. Et inde habet quod non solum dirigat in contemplatione, quod facit sapientia virtus intellectualis; sed etiam in actione circa humana. Quanto enim virtus est altior, tanto ad plura se estendi”. S. Anton., ubi snpra]. – Questo dono che piglia per punto di partenza la verità conosciuta mediante la fede, certificata dal dono di scienza, penetrata dalla virtù di sapienza, ne illumina tutte le parti, ne trae le conseguenze, sia per ordinar bene i nostri pensieri, sia per dirigere le nostre azioni, e conformare alla ragione divina la nostra vita intellettuale e morale. Parecchie differenze distinguono altresì il dono di sapienza, dalla sapienza nominata dall’apostolo, allorché dice: “A uno è dato dallo Spirito Santo il linguaggio della sapienza”. [I Cor., XII, 8]. – Prima di tutto, questo può essere comune ai buoni ed ai cattivi. Il suo privilegio è di conoscere le virtù divine, non pèr acquisto ma per infusione, e abbastanza perfettamente per ammaestrare gli altri e confutare i contradittori. Quella non si trova che nei buoni, ai quali essa comunica non solo la luce, ma il gusto delle cose divine. Finché essi sono in stato di grazia, essa abita nel fanciullo come nell’uomo fatto. Nel secondo essa è in atto, nel primo in potenza, a cagione della debolezza dell’età. Sebbene a gradi differenti, tutti la posseggono in quanto ché é necessaria alla salute. [S. Anton., ubi supra]. Quali sono gli effetti del dono di sapienza? Inondare lo spirito di una luce superiore a qualunque altra luce, riempire il cuore di un gusto indicibile per Iddio e per tutte le cose divine: tali sono, come l’abbiamo indicato, i due effetti principali del dono di sapienza. – Vediamo quel che accade all’uomo favorito da questo dono prezioso. Succede a quest’uomo come a un cieco, il quale riceve la vista all’età di trenta o quarant’anni. Tutto il tempo che egli è stato cieco, quest’uomo che cosa pensava egli del mondo? Egli credeva all’esistenza del sole, della luna e delle stelle; credeva che esistessero degli alberi, dei frutti e dei fiori; che vi è ogni sorta di pesci nell’acqua, uccelli nell’aria e sulla terra ogni specie d’animali. Egli credeva tutto questo, perché gli era stato detto; ma tutto ciò non risvegliava in lui nessuna conoscenza precisa, né eccitava in lui né amore né gioia, perché non aveva visto nulla. Or ecco che quest’uomo ottiene ad un tratto la vista. Egli vede come il sole estende dappertutto i suoi raggi; vede come le montagne sono coperte d’alberi e di frutti; vede come i prati sono smaltati di fiori, più belli gli uni degli altri. Colpito da queste bellezze che vede per la prima volta, ei rimane stupefatto. – Abbandonate adesso questo cieco per volgervi verso l’anima umana. Essa possiede la luce della fede, essa crede che Dio é infinito, ch’Egli é la fonte inesauribile di tutte le perfezioni; ma siccome questa luce è troppo oscura, essa non eccita in sé, né molto amore per Iddio, né molta allegrezza. Ma se lo Spirito Santo comunica a quest’anima la luce del dono di sapienza, oh qual mutamento subitaneo si opera in lei! Le perfezioni divine si mostrano ai suoi sguardi in tutto il loro splendore. Ella è come fuori di sé e come sommersa in quell’oceano della divinità. [Pergmayer, Meditaz., etc., p. 44]. – Abbiamo visto che il dono d’intelletto apre pure gli occhi dell’anima; ma tra l’illuminazione che produce, e quella di cui lo spirito di sapienza è la fonte, grande è la differenza. Il dono d’intelletto illumina le verità particolari, una dopo l’altra, ma non contemplandole nella causa prima, non le rannoda tra loro in modo da comporre una vasta sintesi. – Quest’è il privilegio del dono di sapienza. Nell’amorosa luce di cui è centro egli vede, abbraccia tutto l’insieme delle cose divine; le verità della fede, tutta la dottrina cristiana, la teologia, la scrittura, le regole della morale pubblica e privata, e tutto ciò che può contribuire alla santità della vita ed all’acquisto della salute. [Corn. . a Lap., in Jacob., c . III, 17]. – Il dono d’intelletto non è accompagnato, almeno sino allo stesso grado del dono di sapienza, dal gusto e dall’amore delle cose divine; nuova e grande differenza. – « Infatti, dice san Bonaventura, altro è sapere che il miele è dolce, altro il mangiarlo e gustarne realmente la dolcezza. » L’anima illuminata dal dono d’intelletto crede e sa che Dio é infinitamente dolce: però essa non gusta questa dolcezza. Se ella giunge a possedere il dono di sapienza, non solo sa che Dio è infinitamente dolce, ma gusta altresì questa ineffabile dolcezza: il suo cuore ne e ripieno. Da ciò deriva che ella trovi le sue delizie nel confabulare con Dio, nell’occuparsi di Dio, a procurare la sua gloria. Quindi, lo spirito d’orazione, lo spirito interiore, lo spirito di sacrifizio; l’unione amorosa dell’anima con Dio e la sua trasformazione in sé; il riposo di tutte le sue potenze, l’acquietamento delle sue passioni, l’amore della solitudine e del silenzio. Allora può dire come la sposa dei Cantici: “A me il diletto mio, ed io a lui; io sono sua proprietà, io sono il suo regno. Egli regna in me, mi governa. Egli è il padrone e il direttore della mia vita interiore ed esteriore. Non sono più io che vivo, ma lui che vive in me”. – La sapienza come luce e amore, spandendosi al di fuori, fa l’uomo tutto intero a sua immagine. Ora, secondo l’apostolo san Giacomo, la sapienza che viene dallo Spirito Santo è pudica, pacifica, modesta, facile a persuadere, amica dei buoni, piena di misericordia e di buone opere, essa non giudica punto né è punto dissimulata. [Epist., III, 17]. – Ecco adesso, nelle sue grandi linee, il ritratto del vero savio. È pudico. Con ciò bisogna intendere non solamente la purità del corpo, ma altresì la purità dell’anima e della dottrina. È un fatto che la vera castità coniugale, la vera verginità, la vera continenza, la vera purità di parola e di dottrina non si trova che nel Cristianesimo e nel savio cristiano. Basta per convincersene, di gettare uno sguardo sul paganesimo e sui sapienti pagani, sul maomettismo, sul protestantismo, sul razionalismo moderno e sui pretesi sapienti di queste scuole differenti. È pacifico. Le contese, le discussioni, le risse, le dispute gli sono antipatiche: nuovo tratto che lo distingue da tutti i falsi sapienti. La ragione è semplice. La vera sapienza è figlia dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo è la sorgente della pace e della concordia. La pace è la tranquillità dell’ordine. L’ordine è il frutto della sapienza. Il sapiènte è necessariamente umile. Per conseguenza l’umiltà è la madre della pace. – È modesto. Modestia di asserzioni e di pretensioni; modestia di parole e di modi; modestia di cibo, di vesti, di mobilia e di piaceri, sono i caratteri del vero sapiente. – Altra differenza tra lui e il falso sapiente. Chi non sa quanto furono presuntuosi, vani, offensivi, orgogliosi, suscettibili, sensuali i sapienti del paganesimo, i sapienti dell’eresia; quanto lo sono altresì i sapienti dell’incredulità moderna! Animali di gloria, come gli chiama san Girolamo, essi non hanno vissuto né vivono; non hanno scritto né scrivono altro che per occupare gli altri di sé, per farsi un nome o una posizione; e guai a chi gli tocca con la punta del dito! È facile a persuadersi: cioè dire a lasciarsi persuadere e a persuadere gli altri. Pieno il suo spirito di luce, riconosce senza fatica il vero, appena che gli è proposto; pieno d’amore per il vero, il cuor suo l’abbraccia con ardore. Piena d’amore e di verità la sua parola, non incontra, per parte delle anime rette, nessuna seria resistenza. Altrimenti avviene dei filosofi dell’errore e dei loro addetti! Alle prove più convincenti oppongono ostinatamente stupidi dinieghi. Solo gli errori più grossolani s’insinuano nella loro anima; e figli come del padre della menzogna, essi gli abbracciano come sorelle, e gli insegnano come tante verità. – É amico dei buoni. Tra il sapiente cristiano o il vero cristiano, che è tutt’uno, ed i veri Cristiani, i veri buoni di tutti i secoli e di tutti i paesi, havvi una affinità reale. – Affinità potente che, simile alla scintilla elettrica, agita ad un tratto tutte le anime cattoliche, e le pone all’unisono le une con le altre. Pensieri, gioie, dolori, timori, speranze, interessi, tutto diventa comune. Quindi l’immensa fratellanza del bene, che è il carattere forse il più inesplicabile della vera religione. « Tutti riconosceranno, diceva il Verbo incarnato, che voi siete miei discepoli, se vi amate l’un l’altro. » [Joan., XIII, 35]. – Nemici dei buoni e amici dei cattivi, ecco quel che sono stati e quel che ancor sono i falsi sapienti di tutti i tempi e di tutti i paesi. Non è forse quel che si vede oggi, forse più chiaramente che mai? Qualunque siasi il clima che abitano, o la maschera con cui si coprono, lo spirito maligno conosce quelli che sono suoi. Ei gli esalta, gli difende. Per essi risveglia le simpatie di tutti i loro fratelli in empietà, in rivoluzione, in anticristianesimo. – È pieno di misericordia e di buone opere. Di misericordia, perché possiede in persona lo Spirito di colui che ha detto: Beati i misericordiosi, perché sarà usata loro misericordia. Di buone opere, perché la sua anima è uno dei rami della vigna, della quale il Verbo incarnato è il ceppo immortale e sempre fecondo. Uno dei caratteri del falso sapiente, è l’egoismo, per conseguenza l’avidità e la durezza di cuore: “Viscera impiorum crudelia”; e la sterilità delle buone opere. Vedete qual fu nella Grecia e a Roma il regno dei filosofi; e quale è stata presso di noi la fine dell’ultimo secolo. Se voi lo provate, nominate gli atti spietati dai quali si sono astenuti: le buone opere ch’essi han fatte; le istituzioni utili che hanno fondate.- Egli non giudica. Quanto più l’uomo è illuminato e caritatevole, tanto meno è portato a giudicare, a criticare, a censurare il prossimo. Meglio di chiunque altro ei sa che il giudizio appartiene a Dio; che il Vangelo proibisce di giudicare gli altri, se non vuole essere giudicato lui medesimo, e che nulla è più esposto all’errore degli umani giudizi, basati il più delle volte sopra antipatie o simpatie, qualche volta anche sopra semplici apparenze. Avviene altrimenti del falso sapiente. – Non dubitando di nulla, perché non si dubita di nulla, schiavo dei suoi interessi e delle sue passioni, giudica arditamente, accusa, critica, condanna, presta agli altri delle intenzioni che non hanno avute, e fa dir loro ciò che non hanno detto. Che cosa fanno dalla mattina alla sera, parlando del sovrano Pontefice, del clero e dei Cattolici, gli scrittori pretesi filosofi dai quali siamo circondati? – Non è punto dissimulatore. Questo è uno dei bei caratteri del vero sapiente. Dire la verità, nient’altro che la verità: verità nelle relazioni di uomo ad uomo, o di popolo a popolo, verità nella storia e nella scienza; dirla senza reticenza e senza miscuglio d’errore, dirla con rispetto perché è la verità; con amore perché essa è il pane dell’uomo; applaudire a coloro che la dicono, perché essa è la luce del cieco, il rimedio degli infermi, la consolazione degli afflitti, la salute delle nazioni, e perché non è un bene personale. [“Spiritus sanctus disciplinae effugiet fìctum, et auferet se a cogitationibus quae sunt sine intellectu”. Sap., I, 5. — Quam(sapientiam) sine fìctione didici et sine invidia communico, et honestatem illins non abscondo. Ib id ., VII, 13]. – Quindi viene che l’anima del vero sapiente è diafana. – Questa trasparenza si riflette perfino nella limpidezza del suo occhio, e nell’apertezza del suo volto. Tutt’altra cosa è l’anima del falso sapiente; il suo occhio, la sua figura. Come figlio del grande menzognero, la menzogna è abituale sulle sue labbra e sotto la sua penna. Egli affetta la verità, la sincerità, la santità, ed insegna l’errore, l’ipocrisia, l’iniquità. È il lupo sotto la pelle d’agnello. Ma checché egli faccia, il lupo apparisce in quell’occhio appena semiaperto, in quello sguardo bieco e incerto, in quel sembiante, i cui tratti confusi e immobili, sembrano cospirare per gettare un velo impenetrabile sopra i sentimenti e sul pensiero. – Luce superiore ad ogni luce, amore superiore ad ogni amore, pace, serenità, trasformazione dell’uomo in Dio; ecco nei suoi effetti positivi, l’ammirabile dono di sapienza. – Studiarlo nei suoi effetti negativi è, da un nuovo punto di vista, mostrare quanto è necessario. – 3° Qual’ è la necessità del dono di sapienza? La necessità del dono di sapienza è sovrana, assoluta, universale. V’è egli bisogno di dirne la ragione? Libero di scegliersi un padrone, l’uomo non è però libero di non averne punti. Quando noi diciamo l’uomo, noi diciamo la famiglia, il popolo, il genere umano tutto quanto. – Vivere sotto l’impero dello spirito di sapienza, o sotto l’impero dello spirito contrario, l’alternativa è necessaria tutti i giorni, tutte l’ore e in tutte le posizioni. – Qual è lo spirito satanico, opposto allo spirito di sapienza? È lo spirito di lussuria. [“Spiritus sapientiæ obruit Spiritum luxuriae, quae fìgens se in cadaveribus foetidis ut ibi pascatur, ad arcani Ecclesiae nescit reverti ut columba, ubi sunt cibaria optima et suavissima”. S. Anton., IV p., tit. X, c. I, p. 153]. – L’uno innalza l’uomo sino a Dio; l’altro lo abbassa sino al bruto. – Per apprezzare come conviene questo duplice movimento di ascensione e di discesa, bisogna fare due osservazioni importanti; la prima, che vi sono tre sorta di sapienza, contrarie alla sapienza divina: la sapienza terrena, la sapienza animale, la sapienza diabolica.« Ogni essere attivo, dice san Tommaso, opera per un fine. Se non opera per il suo fine vero, opera per un fine indebito: questa necessità è universale. Se l’uomo pone il suo fine nei beni della terra: cioè oro, argento, case, campi, greggi; quest’è la sapienza terrena. Se lo pone nei beni corporali, come il bere, il mangiare, la libidine; é la sapienza animale. Se lo fissa nella sua propria eccellenza, nella stima di sé medesimo, presunzione, orgoglio, ambizione dei posti e degli onori, quest’è la sapienza diabolica, perché essa rende l’uomo imitatore del diavolo, chiamato il re degli orgogliosi. » [S . Th., 2a, 2æ, q. 45, art. 1, ad 1]. L’Angelo della scuola non è che il commentatore dell’apostolo san Giacomo, che chiama satanica questa triplice sapienza, o piuttosto questa triplice applicazione della stessa sapienza. [“Non est enim ista sapientia desursum descendens, sed terrena, animalis, diabolica”. Epist. III, 15]. – Ora questa sapienza satanica è delitto, disgrazia, follia. Essa è delitto; poiché molto volontariamente, molto scientemente in onta alla volontà di Dio, dei lumi della sua ragione, delle aspirazioni del suo cuore, l’uomo pone il suo fine ultimo nella creatura, e arrovescia cosi tutto il piano divino. – Essa è disgrazia: per la ragione che è delitto, e per le conseguenze temporali ed eterne che essa trae seco. Queste conseguenze sono le ingiustizie, le inquietudini, i disinganni, le disperazioni, i rimorsi, le divisioni intestine, le rivoluzioni sociali e le pene dell’inferno. Essa è follia; poiché spenge, nel fango delle creature, la doppia face dell’intelligenza e della fede. Il pazzo è colui che ha perduto il sentimento umano e il sentimento divino. Non avendo più il sentimento, il pazzo non sa più fare il discernimento delle cose. Chiama vero ciò che è falso, e falso ciò che è vero, buono ciò che è cattivo, e cattivo ciò che è buono, necessario ciò che è inutile, e inutile ciò che è necessario. Come schiavo di un’idea fissa, in quella egli pone la sua felicità, per essa dimentica tutto: notte e giorno fa la caccia a dei sogni, a dei fantasmi, a dei nulla; egli si esaurisce nell’inseguirli e nell’abbracciarli. Invano vorreste illuminarlo, non capisce; dei balocchi da bambini per lui sono tanti tesori. Se gli si minaccia di toglierglieli, va nelle furie, grida, batte, rompe, piange. Ecco il pazzo. [“Nomen stultitiæ, secundum Isidorum, videtur esse a stupore. Stupor autem interpretatur sensuum alienatio, eo quod sensus stupeant. Unde stultus dicitur, qui propter stuporem non movetur…. Stultitia importat hebetudinem et obtusionem cordis”. Vig., c. XII , p. 418]. – Ed ecco tratto tratto, l’uomo o il popolo, posseduto dallo spirito di sapienza satanica. Cattivo estimatore di se medesimo, de’ suoi destini, de’ suoi doveri e de’ suoi interessi, egli pone in basso ciò che deve essere in alto, in alto ciò che deve essere in basso, il principale in luogo dell’accessorio, l’accessorio in luogo del principale, il fugace in luogo dell’immutabile, il naturale in luogo del soprannaturale, il finito in luogo dell’infinito, il corpo avanti l’anima. Nessun’argomento umano è capace di disingannarlo, egli è pazzo e vuole esserlo. “Noluit intelligere, ut bene ageret”. – O medici non l’avvicinate troppo, impiegate meglio il vostro tempo, insistete con riserva per fargli accettare i vostri rimedi: ancora non siete sicuri che egli non risponda alle vostre caritatevoli cure con dei motteggi, con delle ingiurie e con delle ire, o pure come ha fatto sovente, come lo fa ancora, appioppandovi dei colpi e facendovi persino morire: guardatevi piuttosto. – Il genere umano era colpito da questa delittuosa e deplorevole pazzia, allorquando il Verbo incarnato discese dal cielo per guarirlo. Mediante i suoi profeti, mediante se medesimo e i suoi Apostoli, annunzia il fine della sua missione. O uomo, tu sei zimbello della tua sapienza. Questa sapienza è terrena, animale, diabolica; essa è follia, essa è morte. Io perderò la sapienza dei savi: colpirò di obbrobrio la prudenza dei prudenti.11 [“Sapientia tua decepit te”. Is., XLVII, 10. — “Sapientia autem hujus mundi stultitia est apud Deum”. I Cor., III, 19. — “Prudentia carnis mors est”. Rom ., VIII, 6. — “Scriptum est enim: perdam sapientiam sapientium, et prudentiam prudentium reprobabo”. I Cor., I, 19 et Is ., XXIX, 14]. – Alla notizia dell’arrivo del Sanatore divino, tutti gli alienati di cuore sono turbati, persino nelle profondità del loro capo, e’ si preparano a ricevere il loro Medico, come essi Lo hanno ricevuto insultandolo, perseguitandolo, crocifiggendoLo. [“Illuminans tu mirabiliter a montibus aetem is, turbati sunt omnes insipientes corde”. Ps. LXXV]. – La seconda osservazione è che la triplice sapienza, o meglio la triplice follia, della quale abbiamo parlato, riesce quasi sempre alla follia della carne. Per un pazzo orgoglioso e avaro, voi troverete cento pazzi lussuriosi. Questa caduta è nella natura delle cose. L’uomo è fatto per adorare; s’egli non adora l’altissimo Dio, bisogna che adori il dio bassissimo; s’egli non adora il Dio spirito, adorerà il dio carne. Indi deriva che se voi gli scrutate con diligenza, in fondo a tutti i culti pagani, a tutte le pratiche diaboliche, di ogni coscienza emancipata, voi troverete infallibilmente una macchia. Venere ne è l’ultima parola. Cominciato con la gola, il dispotismo della carne finisce con la lussuria. – Ora di tutte le follie quella della lussuria è la più vergognosa, la più furibonda, la più feconda in disastri e la più difficile a guarire. – Siccome lo Spirito Santo è inseparabile dai suoi doni, così satana è inseparabile dai suoi. Come il dono di sapienza suppone e corona tutti i doni dello Spirito Santo, cosi il dono di lussuria suppone e trascina dietro sé tutti i doni satanici. Non un impudico il quale non sia orgoglioso, avaro, goloso, geloso, violento, pigro: è un fatto accertato dall’esperienza delle anime e dagli insegnamenti della storia. – Stando agli ordini del loro capo, non vi è delitto che i terribili satelliti della lussuria non commettano per obbedire a lui. I duelli, gli assassinii, gli avvelenamenti, i ratti, le violenze, gli infanticidi, le gozzoviglie, le nere gelosie, la perfida maldicenza, la odiosa calunnia, i tradimenti, le bassezze, i furti, le divisioni, gli’ odi sono la loro opera. – Appena che la lussuria viene a regnare sopra un popolo, sopra un’epoca, aspettatevi delle iniquità senza numero e senza nome, dei depravamenti d’idee, di gusti e di abitudini senza esempio. Voi conterete miriadi di esistenze senza rimorsi, morti di impenitenti, pazzi, suicidi in proporzioni tali da non si dire. La vita stessa viziata quasi nella sua sorgente si manifesterà per la stentezza, e la razza imbastardirà. Ora, simile all’edilizio basato sopra un terreno paludoso e che sempre minaccia di sprofondare; ora, simile alla città presa d’assalto, dove l’eccidio e il saccheggio sono in permanenza, la società in preda dello spirito di lussuria,sarà continuamente sul pendio della sua rovina, o diventerà una sanguinosa arena, nella quale tutte le passioni scatenate si daranno dei combattimenti all’ultimo sangue. Cosi finiscono i popoli voluttuosi. – Tutti questi infortuni e tutti questi pericoli di guai non basteranno mai a farci sentire la necessità del dono che ce ne preserva? Invano il mondo attuale moltiplica le rivoluzioni per arrivare alla libertà. Una sola rivoluzione può liberarnelo; ed è la rivoluzione morale, che rompendo la tirannia della lussuria e dei suoi satelliti, lo riporrà sotto l’impero dello spirito di sapienza. Se no, no. –

Giunto all’ultimo dei sette doni, gettiamo uno sguardo retrospettivo sul nostro lavoro. Sin qui noi abbiamo studiato i doni dello Spirito Santo in sé medesimi. Per quanto sia interessante, un tale studio non basta. Per ben conoscere i doni dello Spirito Santo bisogna vederli all’opera. Allora solamente sarà possibile comprenderne la bellezza, la potente fecondità, la necessità, l’applicazione agli atti della, vita e la loro influenza sulla felicità del mondo. Tale è il nuovo orizzonte che va ad aprirsi dinanzi a noi.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

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