I SANTI NELLA SETTIMANA

  1. I SANTI NELLA SETTIMANA

[da: Manuale di Filotea del sac. Giuseppe Riva, XXX ed. 1888, Milano]

Siccome è antico e universale il costume di onorare alcuni Santi col dedicare al loro culto un determinato numero di giorni particolari della settimana, così all’intento di far conoscere tanto queste pratiche, quanto la loro ragionevolezza, tornerà molto grata la seguente tabella della quantità e qualità dei giorni che sì consacrano a un Santo piuttosto che all’altro, nonché la spiegazione dei motivi che determinano i divoti a queste particolarità.

Domenica

A S. Luigi Gonzaga (21 Giugno): 6 Domeniche, perché fu sempre unito a Dio, cui è specialmente dedicata la Domenica. Sono sei in memoria dei sei anni che passò in Religione.

A S. Pasquale Baylon (17 Maggio): 17 Domeniche, perché il Santo nacque la Domenica di Pentecoste 17 Maggio l549, e morì nella Domenica di Pentecoste 17 Maggio 1592.

Lunedì

.A S. Andrea Avellino (10 Novembre): 9 Lunedì, perché morì in lunedì.

 

Martedì

A S. Agostino (28 Agosto): 13 Martedì, in memoria dei 13 Pater che recitano quotidianamente i devoti della sua Cintura, in onore di Gesù e dei suoi dodici Apostoli: e perché sono 13 i libri delle sue Confessioni, nelle quali tanto risplende la sua umiltà.

A S. Anna (26 Luglio): 9 Martedì, perché è tradizione che sia nata, e divenuta madre, e morta in giorno di Martedì. Sono 9 in memoria dei 9 mesi che portò nel suo seno Maria. SS.

A S. Antonio da Padova (13 Giugno): 13 Martedì, perché in martedì è apparso egli a una donna che chiedeva prole maschile le ingiunse di pregare per nove Martedì. Sono 13 in memoria delle ore che dimorò i l Bambino fra le sue braccia, e delle 13 grazie che si crede dispensare egli ogni giorno a suoi devoti.

A S. Benedetto (21 Marzo): 10 Martedì, perché in tal giorno, fin dai tempi del Papa S. Gregorio, si costumava nella sua religione a recitare il suo officio. Sono 10 perché il Santo aveva costume di adorare specialmente 10 perfezioni divine, cioè: Potenza, Sapienza, Bontà, Immensità, Provvidenza, Giustizia, Misericordia, Beneficenza, Infinità, Carità.

A S. Domenico (4 Agosto): 15 Martedì, perché in Martedì, il Beato Giordano, Generale dei Domenicani trasferì in luogo più convenevole il corpo del Santo trovato incorrotto e l’istesso beato Generale impetrò dal Sommo Pontefice una Bolla acciocché fra i Domenicani si facesse ogni Martedì speciale memoria del Santo Patriarca. Sono 15 per i 15 misteri del Rosario che egli con tanto zelo e con tanto vantaggio propagò in tutto il mondo, dietro l’ordine avuto da Maria SS. a lui apparsa.

Mercoledì

A S. Filippo Benizzi (23 Agosto): 7 Mercoledì, perché in Mercoledì. Sono 7 perché discepolo dei 7 Beati chi istituirono la Religione dei Serviti: perché fu gran propagatore della Devozione ai 7 Dolori di Maria e perché 7 volte fu visitato da Maria SS.

A S. Gaetano (7 Agosto): 7 Mercoledì, perché volle nel suo Ordine santificato dall’astinenza il Mercoledì.

A S. Giuseppe (19 Marzo): 7 Mercoledì, perché questo giorno è il giorno destinato allo speciale suo culto tra ì Carmelitani Scalzi di cui è speciale protettore. Sono 7 in memoria dei suoi 7 Dolori e delle sue 7 Allegrezze.

A S. Gregorio taumaturgo (17 Novembre): 17 Mercoledì, perché fatto vescovo di Neocesarea, non trovò in quella città che 17 Cristiani, e morendo non vi lasciò che 17 Gentili.

A S. Nicola di Bari (9 Dicembre): 9 Mercoledì, perché anche lattante in fasce digiunò il Mercoledì, ricusando in tal giorno il suo solito nutrimento.

A S. Teresa (15 Ottobre): 9 Mercoledì, perché questo giorno è consacrato alla devozione del Carmine, del cui Ordine fu riformatrice, per cui ne venne la istituzione dei Carmelitani Scalzi.

A S. Tommaso d’Aquino (7 Marzo): 7 Mercoledì, perché per antica concessione pontificia, nell’Ordine dei predicatori si recita l’ufficio di questo Santo in tutti i Mercoledì non impediti.

Giovedì

S. Filippo Neri (26 Maggio): 8 Giovedì, per la gran devozione ch’egli ebbe alla SS. Eucaristia, instituita in Giovedì, e perché dopo aver celebrato nel Giovedì del Corpus Domini morì la notte seguente. Sono 8 in memoria delle 8 decine di anni, cioè 80 ch’egli scampò.

A S. Francesco Borgia (10 Ottobre): 7 Giovedì, perché fu sempre singolarmente devoto della SS. Eucaristia instituita in Giovedì.

Venerdì

A S. Francesco d’Assisi (4 Ottobre): 5 Venerdì, in memoria delle 5 Stimmate che egli ricevette, e della sua particolare devozione alla Passione, quindi alle 5 Piaghe di. Gesù crocifisso.

A S. Francesco da Paola (2 Aprile) 13 Venerdì, perché mori nel Venerdì santo, e stabilì nel suo Ordine la divozione di 13 Venerdì, in onor del sacro Collegio, cioè di Gesù Cristo coi 12 Apostoli.

A S. Francesco Saverio (3 Dicembre): 10 Venerdì, perché morì in Venerdì, dopo d’aver predicato per 10 anni nelle Indie.

A S. Nicola da Tolentino (10 Settembre): 7 Venerdì, perché morì in Venerdì, ed in tal giorno praticò sempre il digiuno anche quand’era lattante.

A S. Vincenzo Ferreri (5 Aprile): 7 Venerdì, perché così ha stabilito Benedetto XIII, accordando perciò molte Indulgenze.

Sabato

A s. Ignazio di Lojola (10 Luglio): 10 Sabati, perché in sabato comincio la famosa sua estasi in Manresa, e durò fino all’altro Sabato, e perché in Sabato cominciò e finì il digiuno di 8 giorni sì rigoroso da non gustare alcuna sorta di cibo onde ottenere, come ottenne difatti, la liberazione dagli scrupoli che lo travagliavano. Sono 10 in memoria dei 10 mesi che stette in Manresa a formare il piano del suo Istituto, la celebre compagnia di Gesù, ed a comporre il libro così ammirabile degli Esercizi spirituali.

 

Doni dello Spirito Santo: Il dono di PIETA’

Il dono dì Pietà.

[J.-J. Gaume: il Trattato dello Spirito Santo; vol. II, CAPITOLO XXVII]

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Il dono di timore è il primo gradino della scala misteriosa, che noi dobbiamo percorrere per ritornare a Dio: il dono di pietà é il secondo. Il timore che viene dallo Spirito Santo, avendo qualcosa di figliale, contiene in germe il dono di pietà; e n’esce come il suo primo fiore e il suo primo frutto. A fine di dare pratica conoscenza di questo nuovo benefizio, risponderemo a tre quesiti: Che cosa è il dono di pietà? quali ne sono gli effetti? quale ne è la necessità? [ Viguier c. XII, p. 413]. Che cosa è il dono di pietà? La pietà è un dono dello Spirito Santo che ci riempie d’affetto figliale verso Dio, e ce Lo fa onorare come un padre. San Paolo celebra questo dono delizioso, quando dice: «Voi non avete ricevuto di bel nuovo lo spirito di servitù per temere, ma avete ricevuto lo spirito di adozione in figliuoli, mercé di cui godiamo, Abba (padre).» [Rom. VIII, 15, 16]. – Per conseguenza come il dono di timore, cosi il dono di pietà opera nell’anima una nuova creazione. Se l’uomo è poco sensibile al timore di Dio, lo è meno ancora al suo amore. L’insensibilità del cuore è uno dei più grandi ostacoli alla salute; ma quando sopravviene lo spirito di pietà, il cuore cambia all’istante; questo spirito fa sul cuore ciò che il fuoco opera sulla cera. Il fuoco ammollisce la cera e la rende atta a ricevere ogni sorta d’impronte, anzi la liquefa e la fa scorrere come l’acqua e l’olio. [“Factum est cor metun tanquam cera liquescens in medio ventris mei.” Ps. XXI]. – Questo miracolo del dono di pietà lo distingue dalla virtù di religione e costituisce la sua superiorità. Mediante la virtù di religione, l’uomo onora Dio, come Creatore e sovrano padrone di tutte le cose ; mediante il dono di pietà l’onora, come Padre. In Dio, la virtù di religione vede la maestà: oltre la maestà, il dono di pietà vi vede la paternità. La virtù di religione fa l’adoratore che rispetta; il dono di pietà fa il figlio che rispetta e che ama, e che rispetta perché ama. – Cosi tra noi e Dio, il dono di pietà crea un nuovo ordine di rapporti di una dolcezza e di una nobiltà infinite. Di creature, ci innalza alla dignità di figli; e nel nostro cuore egli versa i sentimenti di quella gloriosa filiazione, come ce ne dà tutti i diritti. Appena sospettato dall’Ebreo, e completamente sconosciuto dal gentile, questo favore rapisce d’ammirazione 1’apostolo san Giovanni: « Vedi, ci dice, qual carità ci ha fatta il Padre, di volere che noi non siamo solamente chiamati, ma che siamo realmente i figli di Dio.» [Joan., III, 1]. – Il dono di pietà differisce altresì dalla carità sotto due rapporti: lo spirito di pietà è l’eccitatore della carità, come il vento è quello che spinge la nave. La carità ci fa amare Dio, perché è infinitamente perfetto, infinitamente benefico; il dono di pietà ce Lo fa amare perché è Padre; più Padre di tutti i padri, Padre dei cristiani e di tutti gli uomini che noi amiamo come fratelli. – 2° Quali sono gli effetti particolari del dono di pietà? Si noverano due effetti principali o atti particolari del dono di pietà, secondo gli oggetti riguardo ai quali si esercita. Questi oggetti sono: Dio, e tutto ciò che gli appartiene, i suoi templi, i suoi ministri, la sua parola: il prossimo, il suo corpo e la sua anima. Iddio essendo l’oggetto principale del dono di pietà, ne risulta che l’atto principale di questo dono è il culto figliale, interiore ed esteriore che noi rendiamo a Dio. – Culto interiore: ei si compone di tutti i sentimenti di fede, di speranza, di carità, impressi in un cuore ammollito dal fuoco della pietà figliale. Tutti rivestono un carattere particolare che è difficile esprimere. Difatti, come dire gli slanci d’amore, le risoluzioni eroiche, le lacrime deliziose, le sante voluttà, le dolci famigliarità, la confidenza e le confidenze fanciullesche, i pianti stessi ed i teneri rimproveri dell’anima, che prova la figlia e la sposa pel suo Dio? Prestiamo le orecchie a qualcuno dei suoi accenti. Nelle sue tenerezze ella dice: Voi siete il mio dilettissimo, voi appartenete a me, io sono vostra, io vi tengo né vi lascerò punto andare. [Cantic., III, 4]. Nelle sue generosità: Il mio cuore è pronto, o Signore, il mio cuore ò pronto: voi siete la mia porzione: fuori di voi non vi è nulla per me in cielo, né sulla terra. – Nelle sue aridità: E fino a quando mi dimenticherete? Voi vedete bene che sono davanti a Voi come una bestia da soma, come un otre gelato. [Ps. CXLII, XII, LXXII, CXVIII]. – Nelle sue tristezze: Perché stornate da me il vostro volto? Perché Vi addormentate? Non sentite che la mia voce è divenuta rauca a forza di chiamarvi? Ma avete un bel fare, io non me ne andrò finché non mi abbiate benedetta. – Nei suoi scoraggiamenti: quand’anche mi uccideste, io spererei ancora in Voi.[Job., XIII, 15]. – Nei suoi patimenti: Bisogna confessare che Voi siete meravigliosamente abile nel tormentarmi; che forse io sono dura come le pietre, o la mia carne è di bronzo. Vi torna più conto scaricare la vostra potenza sopra una foglia che porta via il vento. [Giob., X, 16; VI, 12; XIII, 25]. – Nei rovesci della fortuna o nella perdita dei suoi parenti: Io mi sono taciuta e non ho aperto bocca, perché siete Voi che l’avete fatto: sì, Padre, che così sia, poiché Voi l’avete riconosciuto buono. [Ps. 88; Matth. II, 26]. – Nelle sue medesime colpe: Voi siete il Padre mio, il mio redentore, Voi mi perdonerete il mio peccato perché è assai grande.[Is., LXIII 16 ; Ps. 24]. – Questi sono tanti sentimenti che il dono di pietà forma nell’anima e che danno la misura della superiorità morale della quale il mondo cristiano va debitore allo Spirito Santo. [II cristiano come figlio di Dio, mercé il dono di pietà reca nelle sue relazioni col suo Padre celeste una familiarità che ci sorprende, ma che però non è meno di buona lega. Essa si manifesta soprattutto nelle sue preghiere. « Eccone una che non possiamo resistere al piacere di tradurla. L’originale italiano scritto rozzamente con errori di ortografia e di pronunzia è caduto dal libro delle ore di un contadino di Colle Berardi vicino a Casamari, venuto a Roma per le feste di Pasqua nel 1858. Un francese raccattò senza tanti scrupoli questa carta. Le tracce evidenti di un lungo uso permettevano di credere che il contenuto non uscisse più dalla memoria del proprietario : « Padre eterno! io Vi presento due cambiali. — Una è l’amara passione del vostro caro Figlio unigenito, morto per noi sulla croce. — L’altra è il dolore della sua SS. Madre, che per amore di me e per mia colpa ha dovuto soffrire così acerba passione. — Dunque su queste due cambiali, o Padre eterno, pagatevi di quello che io Vi debbo e rifatemi il resto.] – Culto esterno. A questi sentimenti di pietà figliale corrisponde un ordine (i fatti, privati e pubblici, improntati dello stesso carattere. Fatti privati: tra il Padre celeste e l’uomo suo figlio, tutto divien comune; le stesse gioie, le stesse tristezze, i medesimi interessi, i medesimi pensieri, il medesimo scopo. Penetrato di tenerezza, questo figlio ama soprattutto la gloria di suo Padre. A fine di procurarla e di ripararla, preghiere, mortificazioni, elemosine, buoni esempi e buoni consigli, travagli, sacrifici, nulla gli costa. Alla vista degli oltraggi fatti a suo Padre e a delle anime che il paganesimo moderno gli rapisce, la vita gli pesa. Per alleviarne il peso, si associa con ardore a tutte le opere riparatrici. La più preziosa di tutte, la Propagazione della fede, non ha partigiano più zelante. Non una nuova conquista del Vangelo, il cui racconto non ricolmi di gioia; non una persecuzione che non lo commuova fino alle lacrime. Se egli ama la gloria del Padre suo, ama eziandio la sua casa. Il suono della campana che ve lo chiama fa vibrare tutte le fibre del suo cuore e conduce sulle sue labbra le parole dei veri Israeliti: “Che felicità! ecco che mi si dice: noi andremo nella casa del Signore”. Il suo contegno mostra il rispetto figliale da cui è penetrato. La pompa delle cerimonie, la magnificenza di sacri ornamenti, lo splendore dei vasi dell’altare, formano il suo più dolce spettacolo. Invece di trovare, come gli antichi e moderni Giuda, che le stoffe lucenti, l’argento, il marmo, le pietre preziose, offerti a Nostro Signore nei suoi templi, sono una perdita, vorrebbe avere le ricchezze del mondo intero per farne omaggio al Padre suo. Tali sono le disposizioni ed i fatti, che nell’ordine privato, mostrano lo spirito di pietà figliale. – Fatti pubblici. La più alta espressione del dono di pietà figliale è il culto cattolico; egli nuota come in un oceano d’amore. Nelle sue feste, nei suoi Sacramenti, nelle sue cerimonie, niente d’oscuro, di secco, di spaventoso; tutto al contrario, spira dolcezza e reca fiducia. L’amore solo canta, e il Cattolicismo canta sempre. – Egli canta le sue gioie e le sue tristezze, i suoi timori e le sue espiazioni anche le più dure; canta altresì la morte ed i misteri della tomba. Ora, egli canta sempre perché sempre ama, e il suo amore è sempre pieno d’immortalità. Che cosa dicono tutti i suoi canti, i suoi inni, le sue prose, i suoi proemi ? Una cosa sola, l’amore. Che cosa sono infatti se non la traduzione sotto mille varie forme della divina preghiera dell’amore figliale: Padre nostro che stai nei cieli? Nulla di simile si è visto, né mai si vedrà, né presso i pagani, né presso gli eretici. La ragione è che lo spirito di pietà non si trova che nella Chiesa. – Un padre come Voi, mio Dio, nessuno; e cosi tenero come Voi non esiste: Tam pater, “nemo; iam pius, nemo”. [Tertull., de Poenitent.,. VIII]. – Ecco ciò che il dono di pietà è venuto a porre nel cuore e sulle labbra del genere umano; del genere umano, il quale da quattromil’anni in qua diceva: “Io morrò, perché ho visto Dio”. [Judic., XIII, 22]. – E in faccia a questa rivoluzione, profonda come l’abisso, splendida come il sole, inesplicabile come Dio, vi sono alcuni che vengono a domandare la prova della verità del Cristianesimo e della divinità dello Spirito Santo! – Con tutto ciò il fuoco non ammollisce la cera, ma la liquefa e la fa scorrere: cosi si conduce lo Spirito di pietà sulle anime. L’amor figliale che ci ispira per Iddio, si diffonde dapprima su ciò che appartiene di più accosto a Dio: gli Angeli ed i santi, i sacerdoti. [S. Anton., ubi supra]. Per non parlare che dei ministri del Signore, il dono di pietà dà il senso pratico di questa parola : « Chi ascolta voi ascolta me, e chi disprezza voi disprezza me, » [Luca, X, 16] e di quest’altra: « Quegli che è catechizzato nella parola, faccia parte di tutto quello che ha di bene a chi lo catechizza. » [Galat. VI, 6]. – Per colui che ne viene illuminato, il sacerdote non è più ciò che è disgraziatamente per il mondo attuale, né un uomo come un altro, né uno straniero, né un nemico dei lumi e della libertà: è l’ambasciatore di Dio, il benefattore dell’umanità, il dottore il più sicuro, il migliore degli amici. Di qui deriva nel cuore dei veri cattolici, una figliale tenerezza per i padri delle loro anime: la docilità verso i loro consigli, la sollecitudine dei loro bisogni, la felicità di ricevere la loro visita, di offrir loro l’ospitalità, di far loro partecipare alle gioie di famiglia, come ne partecipano tutti i dolori; le preghiere per la loro conservazione: lo zelo nel prendere la loro difesa o la premura nel distendere sulle loro colpe il manto della carità. Abbracciando tutta la sacra gerarchia, dal sovrano Pontefice fino al più umile chierico, lo spirito di pietà figliale assicura la felicità della società, imperocché protegge la legge fondamentale della sua esistenza: “Onorerai padre e madre, affinché tu viva lungamente”. – Il figlio che ama suo padre non ama soltanto i suoi inviati, ma altresì la sua parola. [S. Anton., ubi supra]. – Agli occhi del cristiano, animato dallo spirito di pietà, la parola di Dio intesa o no, è del pari cara e rispettabile. Egli sa che viene dal Padre suo e che è verità, e ciò gli basta. Se egli non la capisce, ne dimanda l’interpetrazione non alla sua ragione particolare, ma alla Chiesa. L’empio che bestemmia la Sacra Scrittura, l’eretico che la snatura, il cattivo cristiano che disprezza, che critica o che volge in ridicolo la parola divina, gli fanno orrore. – Come il figlio ben nato non legge mai senza intenerirsi il testamento del suo padre diletto; così il vero cattolico non legge mai l’Antico e soprattutto il Nuovo Testamento, senza che quella lettura parli al suo cuore. Come san Carlo, egli legge il sacro testo in ginocchio e a capo scoperto; come sant’Antonio, si meraviglia non che un imperatore scriva all’ultimo dei suoi sudditi, ma che lo stesso Dio abbia degnato scrivere all’uomo. Pur di sovente, ad esempio dei primi fedeli, egli porta seco il Vangelo; e in viaggio come in riposo, ogni giorno ne nutrisce il suo spirito ed il suo cuore. – Un altro oggetto del dono di pietà, è il prossimo. – La virtù naturale che chiamasi la pietà figliale, ci porta ad amare non solamente nostro padre secondo la carne, ma ancora tutto ciò che va ad esso unito pei vincoli di sangue. Lo spirito di pietà produce l’adempimento dello stesso dovere, in un modo assai più perfetto e assai più esteso. Più perfetto, perché la grazia e non la natura ne è il principio e il movente; più esteso, perché tutti gli uomini ne sono l’obietto. Dal cuore ove risiede il dono di pietà si dilata in sette opere di misericordia corporale, e in sette opere di misericordia spirituale. – Quest’è il candelabro d’ oro, che dividendosi in sette rami, illuminava il tempio di Gerusalemme e l’imbalsamava dei più dolci profumi. Come figlie del dono di pietà, queste opere abbracciano tutti i bisogni dell’umanità. Cercate che siano fedelmente adempiute, e le società raggiungeranno la loro perfezione: il cielo è sulla terra. Per provarlo basta nominarle. Le sette opere di misericordia corporali sono:

1° Dare da mangiare all’affamato, da bere all’assetato. Il cibo essendo il primo bisogno dell’uomo, è altresì il primo oggetto e il primo atto del dono di pietà. Un fratello può egli vedere il suo fratello patire la fame o la sete senza dargli da mangiare e da bere? – Ma tra l’uomo che solleva il suo simile ed il cristiano che esercita la carità, grande è la differenza. Il primo opera per un movente tutto umano della fratellanza naturale; il secondo per l’ impulso superiore della fratellanza divina. Il primo può dare, il secondo si offre interamente. Il primo dà a quelli che ama; il secondo dà eziandio a’ suoi nemici. Il primo è incostante; il secondo persevera in conseguenza del principio che lo fa operare. L’aver dato il pane e l’acqua, basta al primo; però la felicità del secondo consiste nell’aggiungere allo stretto necessario, certe dolcezze, compatibili co’ suoi mezzi, e secondo i bisogni del povero. – 2° Alloggiare i pellegrini. L’uomo può non aver bisogno né di pane per saziare la sua fame, né di acqua per estinguere la sua sete, ma è viandante e straniero. Viene la notte e non ha dove porsi al coperto. – Lo spirito di pietà vuole che ne abbia, e l’avrà. Molto differente dall’ospitalità naturale, che prima di aprire la sua porta, osserva com’è vestito e il sembiante del povero; invece l’ospitalità cristiana riceve a occhi chiusi e con le braccia aperte; imperocché ella sa che nella persona del povero, chiunque possa essere, è il divino mendico che accoglie, che ricovera e che riscalda: “Christus est qui in universitate pauperum mendicat”. – 3° Vestire gli ignudi. Lo spirito di pietà figliale ha dato, dà ancora, ogni giorno, su tutti i punti della terra dove si fa sentire, delle pezze al neonato, al povero il vestito per coprirsi, e il letto per riposarsi. A tutte le orecchie cristiane fa risuonare queste parole di un gran dotto della Chiesa: « All’affamato appartiene il pane che ritenete presso di voi; all’ignudo quell’abito che voi non adoperate più; allo scalzo quelle scarpe che sono mangiate dai vermi; all’indigente quel danaro che avete nascosto. Perciò molti sono i poveri che potete sollevare e che non sollevate: e parecchie sono le ingiustizie che voi commettete. [“Esurientis est panis ille quem tu apud te detines. Nudi, vestis illa quam in cella tibi servas. Discalceati, calceus ille qui domi tuae putredine corrumpitur. Egeni, argentum quod humi defossum habes. Itaque tot injuria afficis, quot tuis rebus, dum licet, non juvas”. S. Basil., conc. IV de Eleemosyn]. – 4° Visitare gli infermi. Il mondo pagano che contava i suoi teatri a centinaia di migliaia, non aveva uno spedale. Ma lo Spirito di pietà ha soffiato, e il mondo si è coperto di palazzi per ricevere le vittime delle infermità umane. Di generazione in generazione, questi palagi si sono popolati d’angeli visibili, il cui volto sorridente ha consolato l’infermo, la cui carità industriosa gli ha procurato mille dolcezze, e la cui mano or dolce or forte ha asciugato le sue piaghe, o rivoltato la paglia del suo letto. Ogni giorno ancora lo stesso spirito conduce la dama di carità, l’associato di san Vincenzo de’ Paoli, nel tugurio del patimento, e abbassando in tal modo il forte verso il debole, contribuisce più efficacemente che tutti i discorsi, per consolidare i legami sociali. – 5° Consolare il prigioniero. Il povero ordinario, lo stesso infermo, possono in molte circostanze esporre i loro bisogni e muovere a compassione. Questo conforto manca al prigioniero. Una doppia barriera tiene lontana da lui la carità; le mura della sua prigione e la ripulsione che ispira. Mercé il dono di pietà, le spaventose prigioni del paganesimo, i putridi bagni del maomettismo hanno fatto luogo a prigioni meno micidiali. Il prigioniero non è più solo a divorare le sue lacrime, solo non porterà i suoi ferri; e se deve salire il patibolo, avrà per sostenerlo un braccio fraterno, e per consolarlo un amico devoto che gli aprirà il cielo in ricompensa del suo sacrificio. – 6° Riscattare lo schiavo. Roma pagana dava al creditore il diritto di fare a pezzi il debitore insolvente. Lo spirito di pietà soffiando sul mondo, non ha solamente abolito questo barbaro diritto, ma ha ispirato delle sacre fondazioni al riscatto del debitore. Tutta l’antichità pagana faceva la guerra per conquistare del bottino e degli schiavi; di rado si riscattavano i soldati prigionieri. Esser venduti come bestie da soma, immolati sulla tomba dei vincitori, o riserbati per i giuochi omicidi dell’anfiteatro, era la sorte ordinaria che gli attendeva. Mercé il dono di pietà la guerra si è fatta più umana, la vita dei prigionieri é rispettata, il loro cambio o il loro riscatto è divenuto una legge sacra delle nazioni cristiane. Qualunque sia il suo nome, la sua condizione o il suo paese, lo schiavo cristiano è divenuto per il cristiano un fratello e un amico. Gli annali di Marocco, di Tangeri, di Tunisi, d’Algeri e di cento altre città ripeteranno eternamente i miracoli di redenzione, compiuti durante parecchi secoli, in favore degli schiavi cristiani. [Dal 1198 al 1787 i Trinitari riscattarono sulle coste di Barberia novecentomila schiavi. I Padri della Mercede dal canto loro ne liberarono cinquantamila. Tenendo conto delle spese di viaggio e di trasporto, diritti da pagare, avarie o estorsioni di danaro, la media del prezzo di uno schiavo ascendeva a seimila lire, ciò che per un milione e duecentomila, forma l’enorme totale di sette miliardi. E poi si parla della carità moderna e della filantropia? Tedi Annali della Propag. della fede, n. 238, p. 271, an. 1867]. – 7° Seppellire i morti. Porre nel numero delle opere più eccellenti tutto ciò che ripugna di più alla natura, è il capo d’opera dello Spirito di pietà. Ora il mondo cristiano ha visto ciò che il mondo pagano non avrebbe mai sospettato, delle numerose associazioni, come quelle dei Cellìti, consacrate alla tumulazione ed alla sepoltura dei morti. Nelle cure religiose, che anche oggi debbono circondare la spoglia mortale del povero, non meno di quella del ricco; qual lezione di rispetto per l’uomo! Quale predicazione incessante di questo domma, consolazione della vita e base della società, il domma della “risurrezione della carne”! Cosi appunto il cuore del cristiano, fuso dallo Spirito Santo, come la cera dal fuoco, si diffonde su tutti i bisogni corporali dell’uomo, dalla cuna sino alla tomba. Con non minore abbondanza, si diffonde intorno ai suoi bisogni spirituali: sette generi di sacrificio o sette opere di misericordia li sollevano. – 1° Istruire gli ignoranti. Il primo bisogno dell’anima è la verità. Il farla brillare ai suoi occhi, è altresì il primo bisogno che ispira lo Spirito di pietà. La bella antichità non era che una mandria di bruti. Composti di schiavi, i tre quarti del genere umano, e più ancora, vivevano senza Dio, senza fede, senza speranza, senza consolazione, senz’altra legge che i capricci dei loro padroni. Questi padroni, schiavi essi medesimi dello Spirito di tenebre, o disdegnavano, o ignoravano, o combattevano, o travisavano la verità. Ispirato dallo Spirito di pietà, l’amor fraterno delle anime ha mutato la faccia del mondo. Egli lo ha tratto dalla barbarie e gli impedisce di ricadervi. È desso che da un polo all’altro moltiplica gli organi della verità e, dall’entrare sino all’uscire dalla vita, accende i fari destinati a illuminare la via tenebrosa dell’umanità. È lui che ogni giorno trasporta al di là dei mari e fissa in mezzo alle tribù selvagge il missionario cattolico e la suora di carità. – 2° Correggere i peccatori. Appena l’uomo si è svegliato alla ragione, sente in sé la legge delle membra; con mille incitamenti questa potenza funesta lo trascina al male. L’avvertirlo col fine di prevenire la caduta; rialzarlo allorché cade; tale è nell’ordine spirituale il secondo beneficio dello Spirito di pietà. Chi potrebbe misurarne l’estensione? Preservare o guarire l’uomo da una malattia mortale, é un benefizio; dare la vista ad un cieco, è un beneficio; rimettere in sulla via il viandante smarrito che cammina a precipizio, è un benefizio. Ma preservare l’anima o guarirla dalla lebbra mortale del peccato; ripulire gli occhi del peccatore che non vede il suo’ male, che non vuole vederlo; fargli accettare il consiglio che egli respinge, la correzione che lo irrita, il soccorso della mano che lo ferma sull’orlo dell’abisso; non è forse un benefizio incomparabilmente più grande? Per realizzarlo, quali commoventi industrie, quali dolci parole, che sacrifici costosi alla natura e quanti mezzi ingegnosi sa ispirare lo Spirito di pietà! Ma altresì, non si conoscerà mai il numero delle anime, anime di giovani e di vecchi, anime di padri e di figli, che ha preservate o ritirate dal male, che ne preserva, o che ne ritrae ancora ogni giorno. – Consigliare i dubbiosi. Chi non ha bisogno di questo nuovo beneficio dello Spirito di pietà? L’uomo nasce avvolto nelle tenebre. Egli non ha per condursi che incerti barlumi della sua vacillante ragione. Con l’età, diviene lo zimbello della sua immaginazione e de’ suoi sensi. Nei suoi rapporti con i suoi simili, é troppo sovente esposto ad essere vittima degli artifizi altrui o delle sue proprie perplessità. Guai a lui se rimane abbandonato a se stesso; e maggior guaio, se non vuol consigli. “Prendere se medesimo per maestro, è farsi discepolo di uno stolto”. [“Qui se sibi magistrum constituit, se stulto discipulum subdit”]. S. Bern. – Ora è un fatto esperimentato, che la stoltezza, figlia dell’orgoglio, conduce alla rovina. Così, da un consiglio può dipendere la fortuna, l’onore ed anche la salute; per conseguenza nessuna elemosina più utile di un consiglio ispirato dallo Spirito di pietà. Quando il tribunale della penitenza non avesse altro scopo che di distribuirla, sarebbe ancora degno di tutte le benedizioni della terra. – 4° Consolare gli afflitti. Il patimento sotto tutti i nomi e sotto tutte le forme: tale è la vita dell’uomo su questa terra di prova. Mentre la moltitudine si affolla intorno ai fortunati del secolo, troppo sovente l’afflitto è lasciato solo coi suoi infortuni. Ispirando all’uomo una vera compassione per quegli che soffre, lo Spirito di pietà previene quest’atto di crudele egoismo. Mercé sua, qual differenza tra l’infelicità sotto l’impero del paganesimo, e l’infelicità sotto il regno del Cristianesimo! Là, una insensibilità stoica e quasi barbara, qui, cuori commossi e occhi che piangono. Là tutt’al più qualche parola, fredda come l’inesorabile destino; qui parole piene di speranza che rialzano il coraggio abbattuto, rendono la croce leggera, e vanno qualche volta sino a farla preferire ai più dolci godimenti. – Almeno quante lacrime rese meno amare, quanti sospiri prevenuti, quanti suicidi impediti! – 5° Sopportare pazientemente le ingiurie e gli altrui difetti. La consolazione aiuta a tollerare noi medesimi, la pazienza ci fa tollerare il prossimo. “Fai al tuo fratello, dice lo Spirito di pietà al cristiano, ciò che tu vuoi che egli ti faccia”. Egli ha i suoi difetti, e tu i tuoi. – Se tu vuoi che egli ti tolleri, tolleralo tu medesimo. – Portando reciprocamente il vostro fardello, voi l’allevierete e specialmente lo renderete meritorio. Egli ha parlato, ed i più opposti caratteri possono vivere insieme; e tante famiglie che diversamente sarebbero un inferno anticipato, divengono il soggiorno della concordia e il vestibolo del cielo. – 6° Perdonare di tutto cuore le offese. Tra il sopportare pazientemente un’ingiuria e perdonarla di buon cuore, grande è la differenza. La bocca può tacersi, e l’anima essere profondamente ulcerata. Quindi i lunghi e crudi rancori che fanno della vita una vergogna ed un supplizio. Ma ecco lo Spirito di pietà che dice all’orecchio del cuore ferito: “perdonateci le nostre offese, come noi perdoniamo a quelli che ci hanno offeso”. Da queste parole onnipotenti, sono usciti milioni di miracoli, più grandi della resurrezione di un morto. Il braccio si disarma, il risentimento si attutisce, il perdono cessa d’essere una vigliaccheria; e invece di passare per una gloria, la vendetta ripugna come un vergognoso delitto. – 7° Pregare per tutti e per coloro che ci perseguitano. Essere dimenticato durante la vita e soprattutto dopo la morte, ovvero non essere l’oggetto che di una memoria sterile, è una delle più crudeli crocifissioni del cuore. Lo Spirito di pietà è venuto a risparmiarcela. – Voi non dimenticherete, ci dice, né i morti, né i vivi, nemmeno quelli che vi perseguitano. Per tutti avrete degli utili ricordi; le vostre preghiere otterranno loro i beni che il vostro cuore desidera, ma che la vostra impotenza non vi permette di dar loro. Quel che hanno otténuto di favori e sollevato infortuni sulla terra e nel purgatorio queste semplici parole, nessuno lo saprà, se non nel giorno delle grandi manifestazioni, in cui ci sarà dato di vedere in tutta la sua estensione la fecondità inesauribile dello Spirito di pietà. – 3.° Qual è la necessità del dono di pietà? Noi ce ne appelliamo adesso a qualunque uomo imparziale, e gli domandiamo, se è possibile, anche dal punto di vista puramente umano, d’immaginare qualche cosa di più fecondo e di più necessario del dono di pietà! Se dato il caso, per impossibile, che egli esitasse a rispondere, consideri allora il dono di pietà sotto un altro aspetto. L’uomo (non cesseremo mai di ripeterlo) è posto tra due spiriti opposti: checché egli faccia, obbedisce all’uno o all’altro. – Se non è ispirato dallo Spirito di pietà, è spinto dallo spirito contrario. E qual è? lo Spirito d’invidia. [“Donum pietatis expellit Spiritum invidiae, quae crudelis est, et non potest pati alios bona habere, sed potius appetit sui malum cum pejori malo proximi”. S. Anton., VI p., tit. X, c. I]. – L’attristarsi del bene altrui, rallegrarsi del loro male: ecco l’invidia in se medesima. [“Invidia est alienae felicitatis tristitia, et in adversitate Laetitia”. S. Bonav. diaeta salutis, c. IV]. – Può immaginarsi niente di più perverso, di più vergognoso e di più antisociale? No, se non è l’invidia considerata nei suoi effetti. Quali sono? Mentre il dono di pietà intenerisce il cuore, lo nobilita, lo dilata e lo diffonde in effusioni d’amore su Dio e sull’uomo, l’invidia indurisce il cuore, lo degrada, lo restringe, lo rende malvagio e infelice. Verme nel legno, ruggine nel ferro, tignola nella stoffa: ecco l’invidia nel cuore. Essa lo rode e lo riempie d’ogni sorta di male, e lo spoglia di ogni sorta di bene. Se gli altri vizi sono opposti ad una virtù particolare, l’invidia è opposta a tutti. Come quelli uccelli notturni che la luce gli acceca, così l’invidioso non può tollerare lo splendore di nessuna virtù, di nessuna superiorità, di nessun vantaggio, di nessuna affezione che non s’indirizzi a lui. – Di qui nasce che l’invidia è appellata non una cattiva bestia, ma una bestia malvagissima. [“Unde non tantum dicitur mala, sed pessima. Haec est fera pessima quae devoravit Joseph”. S. Bonav., ubi supra]. – È l’invidia che ha perduto gli angeli nel cielo. È l’invidia che ha perduto i nostri progenitori nel paradiso terrestre. È l’invidia che ha reso Caino fratricida. È l’invidia che ha venduto Giuseppe. È l’invidia che ha crocifisso il Figliuolo di Dio. Se si volessero riferire tutte le nefandezze, gli avvelenamenti, le calunnie, gli odi, le ingiustizie, le divisioni, gli atti di crudele egoismo, vale a dire le vergogne, le disgrazie prodotte dall’invidia, bisognerebbe citare quasi tutte le pagine della storia dei popoli e delle famiglie; Liberare l’umanità da un simile flagello, è il beneficio riservato allo Spirito di pietà. Non è forse qualcosa? Come tutti gli altri, il dono di pietà è dunque un elemento sociale, che nessuna invenzione umana potrebbe sostituire.