La strana sindrome di nonno Basilio: 27

nonno

  “Domine exaudi orationem meam” …. ah mi perdoni, caro direttore, ma queste celebri parole dai salmi tenitenziali CI e CXLII, risuonano nella mia mente nel momento in cui mi accingo a scriverle questa mia ennesima missiva. Come lei certamente saprà il celeberrimo salmo CI è uno dei 7 salmi cosiddetti “penitenziali”, Salmi messianici che evocano la Passione di N. S. Gesù Cristo e che per noi costituiscono un momento di riflessione e di preghiera intensa nel riconoscerci peccatori bisognosi della pietà divina; tra essi ci sono pure il “Miserere mei” [che non è una canzonetta di un energumeno], il “De Profundis” ed altri che sono abbondantemente citati, interi o con versetti sparsi, nelle orazioni liturgiche, almeno in quelle che io ricordo come cattoliche (visto che tante cose, mi dicono, sono cambiate, e stanno ulteriormente cambiando … ma, le chiedo direttore, non dice il salmo CXVI “veritas Domini manet in aeternum?”(la verità di Dio è eterna, immutabile)… mica lo hanno cancellato dalla Bibbia … o no?!?, visto che sono capaci di tutto oramai …). Al versetto 7 leggo:   “Sono simile al pellicano del deserto”… eccolo: il “pellicano” … ma è lo stesso del “Adoro Te devote”, canto eucaristico per eccellenza (sapesse quante volte lo abbiamo cantato alla Messa con lo zio Tommaso!), in cui una strofa dice appunto “Pie pellicane, Jesu Domine…”. Ma anche il sommo poeta, che per tanti aspetti “strani” evoca miti rosacrociani e gnostici, ammantati da malcelati tomismi, nel descrivere in modo sublime la figura di S. Giovanni Apostolo nel Paradiso (XXV-113), scrive: “Questi è colui che giacque sopra ‘l petto del nostro pellicano, e questi fue di su la croce al grande officio eletto”. Pensi che già il profeta Isaia (XXXIV, 11) era ricorso all’immagine di questo curioso animale nel prendere dimora nel deserto e tra le rovine (…del paganesimo e oggi -aggiungo- del modernismo … speriamo quanto prima!). Il pellicano quindi simboleggia il Cristo che dona il proprio Corpo come cibo, e il proprio Sangue come bevanda durante l’ultima cena. La ragione (lo ricordo brevemente a me stesso ed a qualche distratto lettore) è legata ad una antica leggenda secondo la quale questo uccello nutriva i suoi piccoli con la propria carne ed il proprio sangue, ed in effetti è curioso come questo uccello marino trattenga il cibo pescato in una sacca che ha sotto il becco e, giunto al nido, nutre i piccoli con esso curvandolo verso il petto per estrarne i pesciolini. Gli antichi, erroneamente, pensarono che l’animale si lacerasse le carni per farne uscire il sangue con cui nutrire i piccoli pellicani affamati. Per questo, il pellicano è divenuto poi il simbolo dell’abnegazione con cui si amano i figli divenendo l’allegoria del supremo Sacrificio di Cristo, salito sulla Croce e trafitto al costato da cui sgorgarono il Sangue e l’Acqua, fonte di vita per la salvezza degli uomini. Ecco perché esso compare spesso scolpito in molti altari antichi e ricamato sulla pianeta dei sacerdoti … ed infatti ricordo che lo zio Tommaso ne possedesse una con questo strano uccello che noi ragazzacci dell’epoca chiamavamo irreverentemente e con somma ignoranza “cornacchia”. Di questo simbolo ne hanno approfittato anche associazioni di reprobi, come i sedicenti “rosacrociani”, abilissimi nel travisare i simboli cristiani per apparire fraudolentemente cattolici osservanti ed irreprensibili, a guisa dei marrani … ne abbiamo avuti esempi “eccellenti” in uomini politici ai massimi livelli, in maestri della finanza, finanche in ambienti clericali, a detta dello zio Pierre! Simbolo massonico del 18° grado del Rito Scozzese A. A., quello che nelle agapi massoniche sacrifica, uccidendolo, un agnello per offrirlo a lucifero, “dio dell’universo”, è passato anche nella bandiera dello Stato americano della Lousiana, non saprei se per motivi chiari od occulti … boh!! Fatto sta che gli aderenti delle conventicole di varie obbedienze travisano o invertono la simbologia del pellicano facendone effige della lotta a Dio e dell’autoaffermazione dell’uomo, ma nulla hanno inventato se non il rifiuto ed il disprezzo rabbioso verso il simbolo cristiano per eccellenza: la “croce”. Mimmo, mio nipote, che è venuto a trovarmi ed è arrivato proprio in questo momento, rimane un po’ perplesso e sorpreso quando gli dico quasi a bruciapelo: “caro Mimmo, lo conosci il saluto alla croce di S. Paolino da Nola?” – “… Ma nonno sei il solito nostalgico, pensa un po’ anche alle cose attuali!” “Ma certo Mimmo -rispondo senza tentennamenti e con mia somma meraviglia- la croce è sempre attuale, è sempre segno di salvezza, ieri come oggi, dai tempi degli Ebrei erranti che, per salvarsi dal morso dei serpenti, alzavano lo sguardo verso il serpente di rame fatto da Mosè, dalla croce sul Golgota, dalla quale Gesù attirava, alla lacerazione del velo del tempio, tutti i santi risorti di Israele in alto con Sé, al Crocifisso attuale delle chiese cattoliche, almeno in quelle che non Lo hanno ancora tolto di mezzo perché non consono, secondo pastoricchi oramai chiaramente senza fede ed autorità divina, al falso ecumenismo laico e massonico. Ed è dal Crocifisso essenzialmente, dal Sacrificio della Croce, che Gesù ci attira ancora a Sé che è pegno della vita eterna! La vita eterna non si conquista con il falso buonismo, caro Mimmo, con il blasfemo dialogo con gli atei, gli eretici, gli adoratori di baphomet o lasciando senza freni i capricci di una coscienza corrotta assurta a verità assoluta, eresia abbondantemente condannata da Gregorio XVI in poi [il Santo Padre Mauro Cappellari la definiva “deliramento”, pensi un po’!!] Ed ora per non superare ulteriormente il livello di guardia della mia pressione, caro nipote, ti recito (memoria permettendo) il saluto di S. Paolino alla Croce che lo zio Tommaso ci insegnava da ragazzi: “Salve, o Croce, sostegno dei giusti, luce dei cristiani. Da Te la luce vera è sorta, la notte è vinta. Tu sei l’anima della pace, che unisce gli uomini in Cristo mediatore. Sei la scala su cui l’uomo sale in cielo. Sii per noi colonna e faro, dirigi il corso della nostra barca”. Adesso arriva pure Caterina con l’apparecchio della pressione, e visto i valori, per calmarmi ulteriormente ci enuncia una bellissima poesia, che io non conoscevo, della scrittrice M. P. Mancini … sono estasiato e perciò vorrei che la conoscesse anche lei ed i suoi lettori se non la conoscono già e se mi consente! Eccola: “Braccia protese gridano al cielo/ l’aspro dolore dello spasmo antico;/Passione d’amore mossa dal gelo/ e dal maligno, di Dio nemico:/ Aspersa dal Cristo, nostro Signore,/ con effusione di purissimo sangue,/ infondi, eterna, coraggio e vigore/ al mondo che nell’ignavia langue./ T’ergi maestosa nel cuore dell’uomo/ dove, feconda generi pace;/ a Te indulge chi cerca il perdono,/ Te sola brama chi vive di Luce!/ Pietra d’intralcio sei al peccato/ scandalo e peso al trasgressore,/fonte di Bene, ma segno spregiato/ da chi rinnega Gesù Salvatore./ Schiudi le menti all’appello celeste/ che chiama i figli a conversione./ Destati alla Vita, con candida veste,/ vedremo l’alba della resurrezione!”Che ne pensa, direttore?, Bella eh! … ma ogni pensiero che riguarda la croce in realtà è meraviglioso e meravigliato, perché il Crocifisso non è solo un simbolo, ma l’inconfutabile messaggio di verità della Religione Cattolica e della falsità di tutte le altre! Questo dobbiamo urlare a squarciagola -riprendo con i miei nipoti- come dice Isaia: “clama, ne cesse” (urla senza riguardi o paure)…” ma con mia grande sorpresa sento Caterina che continua il mio pensiero, anzi lo porta a compimento: “ … la Croce amata, adorata, osannata; la Croce discussa, derisa, calpestata; la Croce evitata, dissacrata: ma cos’è la Croce per ciascuno di noi? È solo simbolo d’identità culturale o è, invece, icona dell’Amore infinito e sofferente, carezza eterna del cielo? Come collocare la Croce nel mondo oggi? La Croce di Dio con le braccia aperte ad accogliere tutti, la Croce non opera il male. La Croce è messaggio di pace, non la falsa pace dell’uomo, ma quella che solo Dio può elargire. La Croce edifica, salva; la Croce divinizza, eppure dà fastidio. La Croce è mite, silenziosa, ma produce chiasso. La Croce è ponte tra cielo e terra, eppure è rifiutata. La Croce è speranza, ma genera angoscia. La Croce è carità, eppure causa turbamento. La Croce è universale, eppure origina divisioni. Cosa deve fare ancora Dio che non abbia già fatto per questa povera, illusa umanità?” Mimmo, stranamente serio, prosegue: “La Croce è oggetto d’arredo, retaggio culturale, monile da esibire, questione sociologica; non riusciamo più a vederla con gli occhi della pietà, né sappiamo aprire il cuore ad ascoltarne la voce sommessa che esprime venti secoli di dolore e di speranza di vita eterna. Il martirio tuttora continua: nuovamente l’uomo inchioda il suo Salvatore. È vero, siamo Ciechi, guidati da ciechi, stretti in una infame tenaglia, tra modernisti e falsi tradizionalisti, e perciò sprofondiamo sempre più nell’abisso della scelleratezza, illusi dai suggerimenti del “farfariello”, come lo chiami tu, nonno: “Non serviam”, ed “Eritis sicut dii! (… ma senta, direttore, Mimmo che cita in latino, incredibile!). Eternamente piangeremo per l’ignavia, l’indifferenza, l’empietà, con in bocca l’amaro sapore del nostro razionalismo, del nostro laicismo, del nostro insulso buonismo, della falsa scienza dell’uomo che da semplice mezzo è divenuta il “fine”. Siamo soldati vili, prostituiti al compromesso, frutto velenoso di un’etica fallace, ingiusta verso il Creatore.”- “… è vero Mimmo – aggiunge Caterina- ormai conta solo l’utile umano e la speranza non è fondata sul trascendente, ma riposa nel denaro, nella politica, nel vizio esaltato nei suoi aspetti più vergognosi, assurti addirittura a “diritto”, nella forza bruta, nella capacità dell’uomo: idoli globalizzati e fatiscenti nella loro vacuità «Salviamoci da questa generazione perversa!» (Lc. XVII, 26 ss.)”. Caro direttore, lo dica pure lei ai suoi lettori, che tutti abbiamo il dovere di tutelare la nostra Religione, senza vergogna, falsi pudori, o imbecilli rispetti umani [… se ci vergogniamo di professare Cristo davanti agli uomini corrotti, … Cristo ci sconfesserà davanti al Padre giudice, e saremo condannati in eterno!]. Dobbiamo soprattutto difendere Cristo, la Croce, i Dogmi, il Magistero infallibile della Chiesa, capisaldi dello spirito che, spesso e pubblicamente, persino alla presenza di religiosi modernisti e finti tradizionalisti, consenzienti, vengono attaccati e messi in discussione, anche ricorrendo ad artifici esegetici, da miseri figuri pronti a tradire per molto meno di trenta denari o per un piatto di luride lenticchie. Mettiamo il Crocifisso in tutti gli ambienti, nelle scuole, nei tribunali, nei parlamenti, nei luoghi di sofferenza, negli ambienti di lavoro, gridiamo tutti insieme: “Christus vincit, Christus regnat, Chistus imperat” . E chiudo con un ricordo di Pio XI che, nella strepitosa enciclica “Quas primas” del 1925 scriveva, a proposito delle questioni politiche e del primato di Cristo-Re: «… Né vi è differenza tra gli Individui e il Consorzio domestico o civile, poiché gli uomini, uniti in società, non sono meno sotto la potestà di Cristo di quello che lo siano gli Uomini singoli. È LUI solo la fonte e la salute privata e pubblica. È Lui solo l’Autore della prosperità e della vera felicità, sia per i singoli cittadini sia per gli Stati. Non rifiutino, dunque, i capi delle Nazioni di prestare pubblica testimonianza di riverenza e di obbedienza all’impero di Cristo insieme coi loro Popoli, se vogliono l’incolumità del loro potere, l’incremento e il progresso della Patria. Allontanato Gesù Cristo dalle Leggi e dalla cosa pubblica, l’autorità appare, senz’altro, come derivata non da Dio ma dagli uomini, di maniera che anche il fondamento della medesima vacilla: tolta la Causa prima, non vi è ragione per cui uno debba comandare e l’altro obbedire. Da questo deriva un generale turbamento della Società, la quale non poggia più sui cardini naturali. Se, invece, gli Uomini, privatamente e in pubblico, avranno riconosciuto la sovrana potestà di Cristo, necessariamente segnalati benefici di giusta libertà, di tranquilla disciplina e di pacifica concordia pervaderanno l’intero consorzio umano. La regale dignità di Nostro Signore, come rende in qualche modo sacra l’autorità umana dei Principi e dei Capi di Stato, così nobilita i doveri dei cittadini e la loro obbedienza». Caro direttore, la saluto, e se incontra qualcuno che si interessa di politica gli riferisca, da parte di nonno Basilio, le parole di Leone XIII: «Dio solo è il vero e supremo Signore del Mondo, e a Lui debbono sottostare tutte le Creature, e servirLo, in modo tale che chiunque è investito dalla sovranità non la riceve da altri che da Dio, che è il Sovrano Universale». (Immortale Dei –Leone XIII)