la strana sindrome di nonno Basilio -26-

nonno

     Egregio direttore mi ripropongo alla sua attenzione e a quella dei suoi lettori, per continuare le riflessioni, aiutato, a volte contestato, dai miei cari nipoti. Le accennavo la volta scorsa al ricordo del caro zio Tommaso, sant’uomo e santo sacerdote, ricordo che mi riempie di tanti rimpianti, emozioni sottili e tanta gratitudine per il Signore, per aver concesso questa presenza illuminante nella mia vita. Commosso ed in lacrime a tale ricordo, non mi accorgo che nella stanza è entrato Mimmo, mio nipote, al quale faccio cenno dei miei pensieri, del mio stato d’animo, ed ecco che egli, come a rompere l’incanto, con il suo solito fare sornione e beffardo, esordisce dicendo : “… ma nonno questi erano altri tempi … tu sei rimasto al “giuramento antimodernista” di Pio X che oggi poi è stato abolito!” Direttore, la prego, mi dica che non è vero!… ma come … il “giuramento antimodernista” istituito da S. Pio X al fine di aiutare, per mezzo della intercessione divina, i preti a resistere alle insidie degli errori di quella dottrina che era stata definita l’“eresia delle eresie”, perché? … perché è stato abolito, come e chi ha osato? Certamente non può essere stato il Santo Padre, un Papa non può modificare il deposito della fede che gli è stato affidato. e allora chi sarà stato? La pagherà certamente davanti al Signore! Sono a dir poco indignato …!! Mimmo poi, pensando di consolarmi, mi dice ancora: “ma nonno pensa che oggi i sacerdoti non indossano più nemmeno l’abito talare …”. Direttore, ma questa è l’aperta violazione della disciplina canonica, che impone al clero l’abito talare o almeno il “clergyman”, che costituisce già una strana concessione alle confessioni protestanti; infatti l’abito ecclesiastico deve rappresentare un segno ed una testimonianza nel mondo, un richiamo a Dio ed una riaffermazione del senso del sacro, specialmente nei tempi attuali, nei quali esso appare notevolmente affievolito. Esso è la “corazza” del prete”. Invece sono sempre più numerosi i preti, specialmente giovani – mi dicono Mimmo e Caterina (che sollecitata dalla nonna è intanto accorsa con l’apparecchio della pressione), – che indossano abiti laici (molto spesso neanche contraddistinti da una piccola croce all’occhiello della giacca), che ne rendono non riconoscibile il ruolo nella società, come se volessero tener nascosta la loro perenne ed insostituibile qualità. “… ma nonno lo sanno tutti che “l’abito non fa il monaco”, dice ancora Mimmo, senza accorgersi della superficialità e della stupidità di tale ricorrente risposta. Infatti gli dico -giudichi lei, direttore, se ho detto bene e se è il caso mi corregga – “… ma renditi conto che quella sentenza è riferita solo a coloro che monaci non sono, per sostenere che tali non diventerebbero, anche se indossassero il saio. Quindi essa non si rivolge agli ecclesiastici che dismettono il loro abito e quindi si privano del loro particolare distintivo religioso. Una risposta coerente (anche se certamente infondata) sarebbe quella che desse una spiegazione credibile alla loro volontà di nascondersi e di non far riconoscere al gregge la loro funzione di pastori. Interviene Caterina a sostenermi: “Tutto ciò è anch’esso un segno inconfondibile di decadenza del sacro, di un ridimensionamento del sacerdozio e di un suo avvicinamento allo stato laicale (come peraltro avviene in altre –false- religioni e sette eretiche, sia pure per ora, da un punto di vista apparentemente solo formale, ma con una potenzialità di estendersi fino ad intaccare la sostanza, lungo il processo di secolarizzazione che si è accentuato con il concilio [direttore, ma sempre questo concilio, ma siamo sicuri che non sia una ridicola trovata di Mimmo, o uno dei sui scherzi da buontempone sacrilego ed irriverente? O peggio uno dei soliti conciliaboli messi su da “coloro che hanno per padre il demonio” per mandare un po’ di anime all’inferno?]. Così come il baciare le mani del sacerdote, mani che non sono più di Ciccio, Mimì, Carminuccio, Gigino o Peppiniello, ma sono le mani di Cristo, mani che possono fare ciò che non è consentito agli Angeli, e non è stato consentito nemmeno alla più pura tra tutte le creature, e cioè la Vergine Maria, Madre di Dio: la Consacrazione con la Transustanziazione in Corpo di Cristo”. E nessuno sa, continuio io, che il tocco della mano del sacerdote costituisce un sacramentale particolarmente temuto dal “farfariello” (come lo chiamava la nonna Margherita…). Mimmo riprende il suo attacco: “Guardate che oramai il “sacro ministero” è concepito come un “ordo”, cioè una classe, un ceto, uno stato del “popolo di Dio”, una funzione che si attua in diversi “officia o “munera” così come è scritto qui, in questo documento, … dove sta? … Ah eccolo …” il “Presbytorium Ordinis”. Ecco che però Caterina ribatte subito: ma qui non c’è “potestas”, ma solo “officia”! cioè in tal modo il prete non è più il sacerdote di Dio, ma diventa “sacerdote del popolo di Dio”, che lo legittima quale sua “funzione”. Ma quindi, caro Mimmo, non è più il Signore Dio a scegliere e chiamare il sacerdote, ma il popolo che costituisce una forma dell’unico sacerdozio di Cristo!?! Ma benedetto nipote, nello stesso Corpo mistico esistono diverse funzioni come scrive notoriamente San Paolo … te lo ricordo così a memoria: “Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione …”(Rom. XII, 4). Quindi queste forme generalizzate e malamente specificate di sacerdozio comune, non hanno alcun senso, oltre ad essere contrarie a tutto ciò che la Tradizione cattolica ha sempre osservato! Ma Mimmo non si da per vinto e tirando fuori un altro foglio, dice: “Ecco qui: parla di due forme di sacerdozio, ecco … nella “Lumen Gentium” ai punti 10 e 62 , e cioè “il sacerdozio comune dei fedeli e quello ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a proprio modo, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo …”. Qui si parla di “ordinazione reciproca”, di due funzioni paritetiche del “sacerdozio unico di Cristo”… “ … ma in somma Mimmo, sbotto io, questo è contro tutto il deposito della fede, e poi questa distinzione di essenza e di grado fra i due non viene mai spiegata, è solo una elucubrazione verbale! … dimmi la verità, questa specie di documento, lo hai creato tu, magari per una commedia buffa da recitare con i tuoi amici mattacchioni! Ecco, guarda, come quando dici che il primo posto tra le funzioni sacerdotali spetta alla predicazione …. “Ma è scritto qui, nel “Presbyterorum Ordinis” al punto 4. Cerca di giustificarsi Mimmo,… ascoltate: “I presbiteri, nella loro qualità di cooperatori dei vescovi, hanno innanzitutto il dovere … ve lo dico anche in latino (ma guarda un po’, Mimmo che cita in latino … incredibile, pur di sostenere tesi assurde!!) “primum habent officium” di annunciare a tutti il Vangelo di Dio”. Mimmo, io non so se vuoi burlarti di me, ma voglio con calma spiegarti che tutto ciò che dici è contrario a tutta la Tradizione ed al dettato espresso dal Concilio di Trento, se non vado errato nella Sessione XXIII, nella quale si enuncia con “magistero infallibile ed irreformabile” –ascolta bene- che la figura del sacerdote si definisce in primo luogo per “il potere di consacrare, offrire e dispensare il Corpo e Sangue di Cristo”, ed in secondo luogo “per il potere di rimettere o non rimettere i peccati”. La predicazione la possiamo fare anche noi, volendo, e pertanto non è necessaria alla definizione della figura sacerdotale. Ti porto un esempio elementare, con una domanda semplicissima: “Ma secondo te, quante prediche avranno fatte Santi sacerdoti come S. Leopoldo Mandic, o il Padre Pio di Pietrelcina, visto che passavano quasi tutto il loro tempo a confessare? Questi quindi, secondo quanto hai letto, e ammiro il tuo impegno nel citare anche in latino … non assolvevano al loro ministero sacerdotale? E devo anche riprenderti quando dici che il sacerdote è presidente dell’assemblea così come la “sacra presidenza del vescovo” (questa poi,… sembra una terminologia da sindacalisti e dai … Mimmo sii serio, almeno ogni tanto, via!!…). A questo punto interviene Caterina che giustifica il povero e mortificato Mimmo: “nonno, Mimmo citava solo un passaggio del punto 2 della “Presbyterorum Ordinis” in cui veramente è scritto “… i presbiteri convocano e adunano il popolo nella S. Messa affinché i fedeli possano offrire se stessi a Dio”! Ma no ragazzi, ma questa non è la Chiesa Cattolica, chiamatela come volete: setta neo-modernista, setta vaticana, dormitorio dei vigilanti della fede, ruspa di autodemolizione … tutto è, ma non certo la Chiesa di Cristo, né tantomeno il Corpo Mistico di Cristo, vero Dio e vero Uomo. I “preti moderni” -interviene Caterina, ben informata al riguardo- trascinati dalla secolarizzazione, hanno accettato, senza reazione, l’equazione di “Chiesa-Mondo”. Ne consegue che fanno del Cristianesimo una religione della vita, del felice successo dell’ideologia vittoriosa, della città degli uomini gaudenti; cercano di farsi accettare come cappellani discreti, come funzionari servili e comodi, la cui sola funzione consiste in un atto di presenza, senza più ritrovare la tagliente coscienza della profezia evangelica. Povero “clero moderno”, che merita la condanna che Péguy lanciò contro il modernismo: «Un certo bisogno di novità per la novità, un certo bisogno di apparire moderno a qualsiasi costo, che infierisce tanto pericolosamente oggi, e in modo così ridicolo tra un numero abbastanza largo di parroci, razza, del resto, di imitatori, e che fa loro commettere tante sciocchezze, tante stupidaggini e un numero piuttosto grande di delitti, per pura vigliaccheria, per il gusto di non sembrare quello che si è …». Chi ama il mondo odia Dio, dice S. Giacomo, ed io aggiungo: e serve da schiavo il “farfariello” per fargli poi eterna e “calorosa” compagnia!Non c’è un “nuovo volto di prete”, ma un “mondo nuovo” con problemi puramente umani; di fronte a questo però, v’è il medesimo compito apostolico: “Ite et docete”(andate ed insegnate) ad una massa il popolo di Dio, senza Dio! Perciò, il prete che si fonde nella massa, deve restare prete per la salvezza delle anime e se vuole essere nuovo, ha negato il suo sacerdozio. Che il prete avvicini, in quanto uomo, gli altri uomini, va bene, ma, in quanto prete, egli è al di sopra, su “un piano che gli Angeli invidiano”, perché consacrato, perché prete del Mistero, l’“alter Christus”, e il prete non deve dimenticare, davanti agli uomini, l’eminenza del suo sacerdozio, tradendo Cristo in croce e la sua Chiesa … altro che Giuda! Quanta tristezza e indignazione quando si sente un “nuovo prete” dire: «Sono un uomo tra gli altri e nulla più»! È spaventevole! Vi è, oggi, in seno alla Chiesa cattolica, molto di più di un malessere, e questo per l’umana mania di “anticipare l’avvenire”, senza più “ricordare il passato”. Ricordiamo le parole di Gesù: «Il mio cibo è fare la Volontà di Colui che mi ha mandato a compiere la Sua Opera, perché sono sceso dal Cielo per fare non la mia Volontà, ma la Volontà di Colui che mi ha mandato». Quindi, in faccia al “mondo nuovo”, il prete deve diffidare delle “vane novità. A te, Mimmo, dovrò poi un po’ insegnarti qualcosa del Concilio di Trento, (le ricordo per inciso che “insegnare agli ignoranti” è un’opera di misericordia spirituale … o hanno eliminato anche questo?) visto che tanti “can che dormono” hanno fatto finta di dimenticare, inducendo i più giovani ad ignorare, convincendoli che la Chiesa di Cristo deve aprirsi al mondo per essere meglio ingannati e coinvolti nelle miserie e nelle umane immondezze, accettandone ed incorporandone i principi bislacchi suggeriti da falsi teologi e dottori che propongono pozioni magico-teologiche e ricette fasulle, da pastori che non solo non pascolano e curano le pecore, ma spalancano le porte dell’ovile servendo le pecore stesse, con gli ignari agnellini, ai loro complici, alla razza di vipere, ai lupi voraci, magari al forno su di un piatto d’argento, ben cotte, con il contorno di patate novelle e di un bicchiere di falanghina … oh … strano, ne sento il profumo … ah … ma no, è la mia cara mogliettina che ci ha preparato un manicaretto a base di agnello con patate al forno! Direttore mi perdoni, ma la devo lasciare … il dovere mi chiama … a tavola! … parlando di queste cose, mi si è sciolta una fame! Slurp! Buon appetito a tutti!. Benedicimus Domine nos etc. ….