Omelia della DOMENICA II dopo Pentecoste

Omelia della DOMENICA II dopo Pentecoste

 [Del canonico G. B. Musso – Seconda edizione napoletana, Vol. II -1851-]

giudiz.univ. giotto. part.

 Numero dei Peccati.

    E perché al primo rifiuto degl’invitati nell’odierna parabola vien fulminata sentenza fatale di esclusione perpetua dal regno di Dio? Un uomo di qualità, imbandita una grande cena, mandò il suo servo ad invitare molti. Il primo di questi invitati si scusò con dire, aver lui fatto acquisto di una villa, e conveniva si conducesse sul luogo a vederla. Il secondo allegò per scusa aver comprato cinque paia di buoi, e doveva andar a provarli se erano idonei all’aratro. Disse il terzo, che di fresco aveva presa moglie, e gli era impossibile venir al convito. Offeso da questi villani rifiuti quel personaggio, altamente si protestò che niun di costoro si sarebbe mai più assiso alla sua mensa, mai più avrebbe gustato della sua cena. Quest’uomo qualificato, al dir di S. Cirillo e del magno Gregorio, riportati dall’angelico dottor S. Tommaso (in Cat. Aurea), egli è Dio che ha imbandita una lauta mensa delle carni immacolate del divino agnello, ha spedito il suo servo, cioè i ministri della sua Chiesa ad invitar tutti i fedeli, a partecipare di così santo e salutare convito; ma molti ingrati corrispondono a tanta bontà con un rifiuto. E perché, io ripeto, dopo il primo rifiuto gl’invitati dell’indicata parabola sono fulminati con fatale sentenza? Ecco, uditori, una risposta, che racchiude una spaventosissima verità. Compirono con quel rifiuto la misura della loro malvagità. Che in fatti vi sia un certo numero di peccati da Dio stabilito universalmente per tutti, dopo il quale non resti più luogo a perdono, e qual possa essere in particolare per ciascuno quell’istesso numero, è ciò che formerà il soggetto della presente spiegazione.

Che il grande Iddio, che tutto ordina dispone ed eseguisce in numero, peso e misura, abbia determinato un certo numero di peccati, compiuto il quale più non accordi perdono, è cosa certa, dice S. Agostino, comprovata dal giudizio di Dio medesimo nelle divine Scritture: “Esse certum peccatorum numerum atque mensuram, ipsius Dei iudicio certissime comprobatur”. Promette infatti Iddio ad Abramo la fertilissima terra di Canaan, ma tu, soggiunge non entrerai al possesso della medesima, finché non sian compiute le iniquità degli Amorrei: “Necdum enim completae sunt iniquitates Amorrhaeorum (Ge. XV, 16), Gesù Cristo, rinfacciando ai caparbi scribi e a’ superbi farisei l’empietà delle loro massime, e la scostumatezza delle loro opere. Compite, dice ad essi, compite la misura dei malvagi vostri genitori: “et vos implete mensuram patrum vestrorum (Matth. XXV, 32). Lo stesso finalmente conferma l’apostolo nella prima sua epistola (cap. II, 15) a quei di Tessalonica. – A rendervi più sensibile questa importantissima verità fatevi tornare a mente l’universal diluvio, allorché Iddio, per castigare con esempio inaudito il peccato della disonestà, tutta sommerse l’umana generazione. Poteva l’onnipotente Iddio in un sol giorno, in un’ora, in un istante affogare nell’acque il mondo intero, pure volle impiegarvi lo spazio di giorni quaranta di pioggia dirotta. Fu questo, dice S. Giovanni Crisostomo, un tratto di misericordia, acciocché in vista di un castigo che aveva cominciamento e progresso, potessero i rei aver tempo a salvarsi; ma fu altresì, ripiglia Origene, un atto di sua tremenda giustizia; perciocché ne’ primi giorni andarono in fondo quei che compito avevano il numero de’ propri peccati, e così ne’ giorni susseguenti gradatamente restarono sommersi coloro che ripiena avevano la misura dei loro delitti: “Quam mensuram credendam et fuisse completam ab iis, qui diluvio perierunt” (Orig.). – Mi chiedete ora qual sia per ciascuno in particolare questa determinata misura? Questa per alcuni è più ampia, per altri è più ristretta. Apriamo di nuovo le divine Scritture: ah, diceva Iddio a Mosè, io voglio una volta disfarmi queste tue genti; e assegnando la cagione della sua collera. È già la decima volta, soggiunge, che questa malnata genìa provoca il mio furore: “Tentaverunt me iam per decem vices” (Num. XIV, 22). – Lo stesso Dio, parlando de’ popoli di Damasco, dice ad Amos profèta: Io perdonerò a questo popolo le sue scelleratezze la prima, la seconda, la terza volta, e non più: “Super tribus sceleribus Damasci, et super quatuor non convertam eum” (Am. I, 3). Ma, Signore, non siete sempre il Dio delle misericordie tanto la prima, che la seconda, la quarta e la centesima fiata?- Io sono in natura, in sostanza, in ogni tempo, ma per il popolo di Damasco nol sarò in effetto, se non fino alla terza volta, ma non per la quarta. “Super tribus sceleribus Damasci, et super quatuor non convertam eum”. Ecco dunque per gli Ebrei nel deserto, che la loro misura arriva fino a dieci, e per quel di Damasco fino a tre. Vi sono o esser vi possono ancor più corte misure? O giudizi di Dio tremendi, profondi, inscrutabili! Vi sono purtroppo numeri più ristretti, misure più scarse. Per alcuni talvolta il primo peccato è l’ultimo. Così avvenne agli Angeli nel cielo empireo, così agl’invitati nell’odierna parabola. – Fissate bene le prove di questa formidabile verità, ditemi, fedeli amatissimi, siete voi nello stato d’innocenza? Mi giova il crederlo. Ah! se così, tenetevi ben cara questa gemma preziosa, guardatevi bene di macchiare la candida stola della vostra battesimale integrità, perché il primo peccato potrebbe forse essere l’ultimo, potrebbe cadere su voi quel fulmine improvviso e irreparabile, che colpì gli Angeli prevaricatori, e i convitati dell’odierno Vangelo, come già vi accennai. – Se poi, perduta la prima tavola dell’innocenza, vi siete appigliati alla seconda della penitenza, se, abbandonata la strada di perdizione, vi siete incamminati in quella della salute, deh! Per pietà non tornate addietro, non date un passo, non mettete un piede fuor di questa via, perché il primo passo potrebb’essere per voi un precipizio, una caduta, che vi sprofondasse nel baratro sempiterno. – Se finalmente foste ancora nello stato di peccato, stato d’inimicizia con Dio, stato di dannazione, uscite per carità da stato sì pericoloso, non aggiungete colpa a colpa, peccato a peccato; perché la bilancia che sta in mano alla divina giustizia è già carica dal peso de’ vostri reati e va ondeggiando, sostenuta, a non preponderare a vostro danno, dalla divina misericordia; ma un altro peccato, che vi si accresca, può farla tracollare a vostra rovina. – Forse alcun di voi andrà dicendo fra sé: “conviene dire che la misura de’ miei peccati sia ben dilatata ed estesa: poiché dopo tanti che ne ho commessi senza numero, senza fine, in ogni genere, in ogni modo, la giustizia di Dio non mi ha fatto sentire neppure il fischio del suo flagello; invece io vivo sano, vegeto, robusto e prosperoso. – Perdonatemi se vi compiango, e uditemi con pazienza. Un orologio montato a svegliarino corre con un leggiero moto e poco si fa sentire tutta la notte, ma giunto al punto fissato da chi lo caricò, ecco un’improvvisa rivoluzione di ruote, uno strepito di martelli, un sì forte trambusto, che sveglia chi anche profondamente dormiva. – Voi al presente dormite tranquillo in seno al peccato, sentite però a qualche ora un leggiero movimento, il rimorso cioè della rea coscienza, che non sa tacere; pur proseguite il vostro sonno, o piuttosto il vostro letargo; ma al giungere di quel punto fatale determinato dal padrone della vita e della morte, si scaricherà su di voi la giusta sua collera, vi sveglierete dalla profonda letargia, aprirete gli occhi, e vedrete il mondo che vi fugge, la morte che v’incalza, l’eternità che vi assorbe, l’ira di Dio che vi sta sopra in atto di fulminarvi, e sprofondarvi all’abisso. Succederà a voi come a tanti pari vostri, uomini di bel tempo, che nel fior dell’età, nel più bello de’ loro sozzi piaceri, venuto il fatal punto, furono all’improvviso precipitati all’inferno: “Ducunt in bonis dies suos, et in puncto, notate bene, et in puncto ad inferna discendunt [finiscono nel benessere i loro giorni e scendono tranquilli negli inferi] (Job. XXI, 13). Questo terribile punto fissato dalla mano dell’Onnipotente, arrivò già per i superbi e rivoltosi Core, Datan e Abiron, “si aprì loro la terra sotto de’ piedi, e vivi piombarono nel profondo dell’inferno”: “Descenderuntque vivi in infernum” (Num. XVI, 33). Questo formidabile punto non preveduto arrivò per l’incestuoso Ammone, e la mano di Dio lo colse sedente a lauto convito, che fu il palco funesto della sua morte. Questo punto non preveduto giunse per l’empio Baldassarre, e la divina vendetta lo colpì, mentre giaceva in un profondo sonno, trucidato dalle spade nemiche de’ Medi e de’ Persiani. Questo punto arrivò per Sisara generale di grande armata, addormentato nel padiglione di Giaele, da lungo chiodo dall’una all’altra tempia miseramente trafitto. Questo punto arrivò per l’orgoglioso Oloferne, mentre sepolto nel sonno e nel vino, lasciò la testa sotto la spada della forte Giuditta. Questo punto, a finirla, arrivò per tanti libertini de’ nostri tempi, increduli, scostumati, scandalosi, da noi conosciuti, che nella debolezza de’ loro animi, e nella bruttezza de’ loro vizi, affettavano spirito forte e mascherato patriottismo, colpiti da improvvisa morte nel fiore degli anni, senza sacramenti, senza un segno di religione, senza un atto di cristiana pietà. Per tutti quest’infelici, non è egli evidente che si avverò l’oracolo dello Spirito Santo per bocca di Giobbe: “Ducunt in bonis dies suos, et in puncto – notate di nuovo – et in puncto ad inferna descendunt”? Questo divino oracolo, questa tremenda minaccia si compirà in chiunque mette la sua felicità nelle terrene cose, ne’ vietati piaceri, nello sfogo delle brutali passioni, in chiunque non teme Dio, non si cura di Dio, calpesta le sue leggi e mena una vita peggiore delle bestie insensate. Sì, miserabili, seguite pure la via del piacere, vedrete ove andrà a terminare: impegolatevi nelle crapule, ubriacatevi nelle sensualità, coronatevi di rose; anche i montoni s’incoronano di fiori, e si lasciano carolare sul prato, ma son già destinati alla scure ed al macello. Cantino pure nella prigione quei scioperati malfattori, si divertano con giuochi villani, con tresche brutali; intanto la sentenza del loro supplizio è già pronunziata dal giudice e spiccata dal tribunale, ed essi nol sanno, e proseguono a ridere ed a cantare. Voi li compiangete; ma ecco il vostro caso precisamente (perdonatemi se vi parlo con evangelica libertà pel bene che vi voglio, per l’amore che vi porto), ecco, diceva, precisamente il caso vostro. È fissato, peccatori restii, il punto di vostra sorte, siete posti sulla bilancia come Baldassarre, tanti peccati farete e non più, tanti saranno i vostri giorni e non più: suonerà per voi l’ultima ora, la vostra sentenza è già scritta in cielo, la vostra condanna è in moto, già ne sento il tuono, già ne veggo il fulmine diretto a togliervi di questa terra, e ad inabissarvi all’inferno.

Ma dove mi trasporta l’amore di giovarvi, peccatori miei cari? Perdonate lo zelo di chi vi amareggia a fin di sanarvi, di chi vi minaccia a fin di salvarvi. Confortate il vostro cuore, e ditegli ch’è ancor luogo a sperare. La misura de vostri peccati è ampia, è vero, ma non è ancor compita: si compie, dice S. Agostino, quando una improvvisa morte colpisce un’anima impenitente; ma fin che Dio vi soffre in vita, è segno che non sono ancor chiuse le viscere della sua misericordia. Cessate da quest’ora dal più peccare: cancellate or ch’è tempo accettevole il chirografo delle colpe con lacrime di contrizione sincera, provvedete a’ vostri novissimi, riformate la vostra condotta, intraprendete la via di salute: all’invito che oggi vi fa per mia bocca Iddio pietoso, non allegate scuse, come i convitati dell’odierno Vangelo: un rifiuto vi può costare la vita temporale ed eterna: ricordatevi che il primo peccato può essere l’ultimo, e il sigillo fatale della vostra eterna riprovazione. Che Iddio vi guardi!

 

Lo Spirito Santo nell’Antico Testamento

 

Lo Spirito Santo nell’Antico Testamento

J.-J. GAUME

[Da: “Il trattato dello Spirito Santo”, vol II capp. VIII e IX]

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Lo Spirito Santo nell’Antico Testamento, promesso e figurato.

   Il Messia è promesso, lo Spirito Santo è promesso. Dopo la promessa tante volte rinnovata, in termini più o meno espliciti della venuta dello Spirito Santo sulla terra, [Is. XLIV, 3., Ezech. XI, 19; xxxvi, 26. ecc.], Iddio ordina al profeta Gioele di pubblicarla chiaramente, più di seicento anni avanti il giorno memorando in cui essa doveva compiersi. Nella persona degli Ebrei, il profeta si indirizza a tutti i popoli, chiamati a divenire per la fede i figliuoli d’Abraham. Il suo sguardo ispirato vede nel tempo stesso il Verbo che s’incarna e lo Spirito Santo che discende. Dinanzi a lui, sono presenti le due adorabili Persone, e con lo stesso entusiasmo, parla egli dell’uno e dell’altro. « Voi, figliuoli di Sion, esclama, esultate e rallegratevi nel Signore Dio vostro, perché Egli ha dato a voi il maestro della giustizia, e manderà a voi le pioggie d’autunno e di primavera, come in antico. E le aie saranno piene di grano, e le cantine ridonderanno di vino e di olio. E compenserò gli anni resi sterili dalla locusta, dal bruco, dalla ruggine e dall’eruca, terribili eserciti mandati da me contro di voi. E mangerete allegramente e sarete satolli e celebrerete il nome del Signore Dio vostro che ha fatte mirabili cose per voi: e il mio popolo non sarà confuso in sempiterno. E conoscerete come io risiedo in mezzo ad Israele, ed io sono il Signore Dio vostro, ed altro non v’è, né rimarrà giammai confuso il mio popolo » [Gioele, XI, 23-27]. La gioia e l’abbondanza di tutti i beni spirituali, la riparazione di tutti i mali, sotto il cui peso gemeva l’uman genere dopo la primitiva caduta, la presenza permanente dello stesso Signore in mezzo al suo popolo, la grande nazione cattolica; questi appunto sono i tratti distintivi del regno del Messia. Quando il Verbo incarnato avrà posto le fondamenta di questa felicità universale e bagnato del proprio suo sangue, alla mattina ed alla sera della sua vita, questa terra del mondo, che cosa avverrà? Ascoltiamo il profeta : « E dopo tali cose avverrà che io spanderò il mio spirito sopra tutti gli uomini, e profeteranno i vostri figliuoli e le vostre figliuole; i vostri vecchi avranno de’ sogni e la vostra gioventù avrà delle visioni. Ed anche sopra i servi miei e sopra le serve spanderò in quei giorni il mio spirito.2 » [Ivi, XXVIII, 30]- (Lo stesso giorno delle Pentecoste, san Pietro dichiara agli Ebrei che le meraviglie che risplendono ai loro occhi, sono il compimento della promessa del Signore fatta dal profeta Gioele. Tutti i Padri parlano come il capo degli apostoli. Vedi tra gli altri S. Crisost. in princip. Act. Apostoli II, t. III, p. 927, II. 11,12, e Corn. a Lap. in Gioel. II, 28). Tali sono nei loro tratti generali, i benefizi dei quali il mondo andrà debitore allo Spirito Santo. Come dovevano tutti i cuori palpitare a tale annunzio! Come i giusti dell’antica legge dovevano scongiurare il Signore di affrettare questo giorno, unico tra i giorni! Per consolarli, il Signore vuol altresì prometter loro per bocca del profeta Aggeo la prossima venuta dello Spirito Santo. Giuda ritornava di Babilonia; egli era occupatissimo della costruzione del secondo tempio; ma i cuori erano tristi. Non si poteva pensare senza gemere alla magnificenza dell’antico tempio ed alla povertà relativa del nuovo, che sorgeva a stento ed in mezzo a difficoltà d’ogni sorta. – Aggeo riceve ordine d’incoraggiare il popolo. Come Gioele, egli vede ed annunzia la venuta delle due Persone dell’adorabile Trinità: Lo Spirito Santo, che, conforme alle antiche promesse, verrà bentosto a risedere in mezzo al suo popolo; il Verbo fatto carne, che degnerà santificare il nuovo tempio, con la sua personale presenza: « O profeta, gli disse il Signore, parla a Zorobabel figliuolo di Salathiel, principe di Giuda, ed a Gesù figliuolo di Iosedech, sommo sacerdote, e al resto del popolo, e di’ loro : “Fatti cuore, o Zorobabel, dice il Signore, e, fatti animo, o Gesù figliuolo di Iosedech; e tu fatti animo, o popolo quanto sei, dice il Signore degli eserciti, ed operate (perché io sono con voi, dice il Signore degli eserciti). Io sto per mantener la parola promessavi quando uscivate dalla terra d’Egitto, e il mio Spirito sarà in mezzo a voi: non temete, perché così dice il Signore degli eserciti: ancora un pochetto, e io metterò in movimento il cielo, la terra, il mare e il mondo. E metterò in movimento tutte le genti, perché verrà il Desiderato da tutte le genti ed empirò di gloria questa casa, dice il Signore degli eserciti; maggiore sarà la gloria di quest’ultima casa che della prima. » [Agg., II, 2-10. – Tutti i Padri, sant’Atanasio, san Cirillo di Gerusalemme, san Gregorio di Nissa, Teodoreto, hanno visto in queste notevoli parole la promessa dello Spirito Santo. Vedi tra gli altri S. Girolamo, in Agg. II, opp. t. III, p. 1694, e Corn. Alap., ivi]. Questa seconda promessa, più esplicita della prima, non si contenta di annunziare la venuta dello Spirito Santo, ma ne designa 1’epoca. Egli verrà allorché il mondo sarà tratto fuori dalla vera cattività d’Egitto, mediante il sangue dell’Agnello di Dio: e che gli apostoli saranno pronti a costruire il grande edificio cattolico, in cui lo Spirito Santo deve eternamente abitare.  Verso la medesima epoca un altro profeta Zaccaria è incaricato di annunziare la venuta del divino Spirito, il quale deve mutare la faccia alla terra, dopo aver cambiato i cuori. Qui pure, il Signore ha cura di riunire nella medesima predizione la venuta del Messia e la discesa dello Spirito Santo. La ragione si è che questi due avvenimenti si collegano l’uno con l’altro. Il primo é la prova del secondo, e il secondo la conseguenza del primo; quindi non si può ammettere l’uno senza dell’altro: « In quel giorno, dice il Signore, mi studierò di abbattere tutte le genti che si muoveranno contro Gerusalemme. E spanderò sopra la casa di Davide e sopra gli abitatori di Gerusalemme lo Spirito di grazia e di orazione, e volgeranno lo sguardo a me che han trafitto : e lui piangeranno come suol piangersi un unico figlio e meneran duolo per lui come si fa duolo alla morte di un primogenito. » [Zach., XII; 9, 10].  Leggendo nell’avvenire delle età, dicono i Padri e gli interpreti, Zaccaria vede davanti a’ suoi occhi il giorno memorabile della Pentecoste, in cui lo Spirito Santo discende sugli Apostoli riuniti in Gerusalemme. Ei lo vede producente la grazia e la santificazione; poi, i gemiti e le supplicazioni nelle anime che ha illuminate sull’enorme attentato, commesso dalla nazione ebrea sulla persona adorabile del Messia. Tutto ciò è cosi fattamente preciso che gli Atti degli Apostoli, raccontando la storia della Pentecoste, non sembrano essere che la riproduzione delle parole di Zaccaria. 22 [Vedi Corn. Alap. in Zach., XII, 9; e S. Girolam. In Zach. , opp. t. III, p. 1784, 1785]. Non solamente Iddio annunziava al mondo la venuta dello Spirito santificatore con queste promesse solenni e con molte altre sparse nell’antico Testamento, ma a favore del Messia, noi vediamo camminare di pari passo con le promesse innumerevoli figure le quali fissavano di continuo l’attenzione sul futuro Liberatore. Altrettanto è a favore dello Spirito Santo; poiché accanto alle promesse si mostrano costantemente alcune figure che lo rivelano nella sua natura e nei suoi doni. Appoggiati all’autorità dei santi dottori ne faremo conoscere alcune. Lo Spirito dei sette doni che è il principio vitale, la luce, la lealtà del mondo morale e della Chiesa in particolare, trovasi rappresentato dai diversi settennari, i quali ritornano cosi di sovente nella creazione del mondo materiale e nella formazione del popolo figurativo. Ne citerò due soli esempi: il mondo fisico fu creato in sei giorni, seguiti dal giorno di riposo: cosi è il medesimo del mondo morale. L’uomo che ne è il sublime compendio, é formato dallo Spirito dei sette doni.

Nell’ ordine della natura, la luce comparisce il primo giorno. Essa figura il dono di “timore”, per mezzo del quale l’uomo comincia a conoscere Dio efficacemente, secondo quella parola del profeta: il Timore del Signore è il principio della sapienza. – Nel secondo giorno della creazione, si spiega il firmamento, il quale separa le acque inferiori dalle superiori; e questo è l’emblema del dono di “scienza” che c’insegna a discernere le vere dottrine dalle false. L’uomo adorno di questo prezioso dono, rassomiglia al firmamento mediante la incrollabile stabilità della sua fede. Mantenendo una separazione radicale tra la verità e l’errore, impedisce a questi di non riunirsi giammai nella sua intelligenza per produrvi il caos. Cosi il firmamento posto immutabilmente tra le acque inferiori e le acque superiori, impedisce ad una di confondere le loro masse e di produrre un nuovo diluvio. – Il terzo giorno ha luogo la separazione delle acque e della terra. La terra mostrando la sua superficie asciutta la copre di ogni sorta di erbe e di piante: e questa è la viva immagine del dono di “pietà”. L’uomo separato dalle acque inferiori, cioè dire dalle dottrine di menzogna, l’idolatria, la superstizione, l’incredulità, vivificato invece dal dono di pietà, onora il vero Dio e produce i fiori dei buoni desideri, cioè le erbe delle sante parole, infine i frutti eccellenti delle opere di carità verso Dio e verso il prossimo. – Il quarto giorno compariscono i due grandi luminari, il sole e la luna, accompagnati da miriadi di stelle. Qui si vede in tutta la sua magnificenza il dono di “consiglio”. Come faro mattutino, simile al sole, egli illumina tutto il sistema del mondo soprannaturale; come faro notturno, pari alla luna, esso illumina tutto il sistema del mondo inferiore; parimente le stelle, le quali, sparse in tutta la estensione del firmamento, ne illuminano tutte le parti, cosi illumina ciascuna delle nostre facoltà, e dirige ciascuno dei nostri sensi. – Il quinto giorno, i pesci e gli uccelli prendono nascimento dallo stesso elemento; i primi vivono nelle acque, i secondi volano nell’ aria. La sapienza eterna poteva ella meglio prefigurare il dono di “forza” ? Mercé la sua efficacia, le buone risoluzioni nascono e si fortificano nella tribolazione; ed i buoni pensieri volano verso Dio, rompendo le resistenze dei demoni che riempiono l’aria da cui siamo circondati. – Il sesto giorno ha luogo la creazione degli animali e dell’uomo, loro re. Questo è appunto il dono d’“intelletto”. L’uomo che lo possiede conosce chiaramente la sua duplice natura e l’apprezza; ei sa che la parte superiore di se stesso deve dominare l’inferiore, ei conosce di più le regole da seguire per mantenere questa subordinazione, principio di virtù e di universale armonia. – Il settimo giorno Iddio si riposa e benedice questo giorno. Tale è la figura perfettamente giusta del dono di “sapienza”, di tutti il più nobile. Per lui l’anima si riposa deliziosamente in Dio. Disgustata di tutto ciò che non è lui, attende essa nella pace al giorno eterno, in cui essa andrà a benedirlo di tutto quel che ha fatto per lei e per mezzo di lei. A questo modo Iddio il settimo giorno corona l’opera della creazione del mondo materiale; e parimente lo Spirito Santo col settimo dono compie la creazione di un mondo nobile, cioè l’uomo, sua immagine e suo figliuolo. [Vedi intorno a questa bella filosofia, S. Anton., Summ. theol., I, art., t. X, c. I, § 4.].

A coloro che fossero tentati di non vedere che un gioco d’immaginazione, in questo parallelo tra la creazione del mondo materiale e la creazione del mondo morale, tra quel che è preceduto sin dall’origine dei tempi e ciò che si è compiuto nella pienezza delle età, basta ricordare la dottrina di san Paolo e dei Padri. Tutti insegnano che l’Antico Testamento, è al Vangelo, ciò che è la rosa in gemma, è alla rosa sbocciata, poiché il mondo fisico non é che l’irradiazione del mondo morale; che l’uno e l’ altro sono stati fatti dallo stesso Spirito sul medesimo piano e nel medesimo fine; e che cosi comincia l’annunzio figurativo dello Spirito Santo, come quello del Messia, dal primo giorno del mondo. – Un’altra figura, più trasparente della prima, è il candelabro dalle sette braccia. Israele uscito d’Egitto trovavasi in mezzo al deserto, ed era incamminato verso la terra promessa. Iddio chiama Mosè e gli ordina di lare il tabernacolo, opera in cui il mistero e la figura dell’avvenire risplendono da ogni parte. Il tabernacolo, dicono gli ebrei, Giuseppe e Filone, era l’immagine del mondo; e il Santo dei santi rappresentava il cielo empireo. Ivi appunto Iddio comanda a Mosè di porre un candelabro d’oro, a sette braccia, destinato ad illuminare il cielo della terra. Dove trovare una figura più bella dello Spirito dai sette doni, luminare del tempo e della eternità [Corn. Alap., in Exod. xxv, 31].

I Padri della Chiesa hanno visto una nuova figura dello Spirito Santo nei sette figli di Giobbe: « I sette figli del patriarca del dolore, scrive san Gregorio Magno, imbandivano conviti, ciascuno alla sua volta, ogni giorno della settimana, in compagnia delle loro tre sorelle, in un edificio quadrangolare. « Ecco dunque i sette doni dello Spirito Santo che nutriscono l’anima, ciascuno a suo modo, e ciò in compagnia delle loro tre sorelle, vale a dire delle tre virtù teologali, la fede, la speranza e la carità; in un edificio spirituale di forma quadrata, vale a dire formato delle quattro virtù cardinali, la prudenza, la giustizia, la fortezza, la temperanza. Ciascuna dà il suo banchetto, perché ciascun dono dello Spirito Santo nutrisce l’amina. La sapienza mediante l’esperienza tanto certa quanto deliziosa dei beni futuri ; l’intelligenza, per la luce tutta divina che ella fa brillare nelle tenebre del cuore ; il consiglio, per l’ alta prudenza di cui lo riempie; la fortezza, per l’invincibile coraggio, sia nell’azione, ossia nel soffrire ; la scienza, per la serenità dello sguardo e la solidità dei pensieri; la pietà, per la sazietà, frutto delle opere di misericordia ; il timore, per l’ umile fiducia, ricompensa dell’ orgoglio vinto. » [S. Greg. Morale lib. I et II.] Via, via che noi avanziamo, le figure diventano più trasparenti; è 1’aurora che succede all’ alba e che annunzia il sorgere del sole. Dietro l’esempio dei Padri, studiamo la bella figura dello Spirito dai sette doni, tanto bene delineata dall’autore della Provvidenza. « La sapienza, dice il sacro scrittore, si è fabbricata una casa, e ha lavorato sette colonne. Ha immolate le sue vittime, ha annacquato il suo vino, imbandita la sua mensa. Ha mandate le sue ancelle ad invitare la gente alla cittadella, e alla città di forti mura, dicendo: chiunque è fanciullo venga a me: e a quelli che sono poveri di senno, ella dice: venite, mangiate il mio pane e bevete il vino che io ho annacquato per voi, abbandonate la fanciullaggine e vivrete: e battete le vie della prudenza. [Prov. IX, 1-6]. Qual’è questa Sapienza? Il Verbo eterno, la stessa sapienza di Dio. La casa fabbricata di sua propria mano, qual’è? La Chiesa, palazzo del Figliuolo di Dio sulla terra: E quelle sette colonne che sorreggono l’edificio? i sette doni dello Spirito Santo che rendono la Chiesa incrollabile in mezzo alle tempeste ed ai terremoti. Come mai? Opponendo, ciascuno in particolare, una forza di resistenza superiore alla violenza dei sette spiriti maligni, nemici potenti della Città del bene. Al demone dell’orgoglio, resiste il dono di timore ; al demone dell’ avarizia, il consiglio; al demone della lussuria, la sapienza; al demone della gola, l’intelligenza; al demone dell’invidia, la pietà; al demone dell’ira, la scienza; al demone della pigrizia, la fortezza. Tale è l’armonioso contrasto che i santi dottori scoprono tra le forze opposte dello Spirito del bene e lo Spirito del male. Niente è più reale come lo mostreremo altrove.[V. Coirn. Alapid. in Proverbi., c. IX, 1-6]. – Contentiamoci di notare qui che questa nuova figura dello Spirito Santo, presenta lo stesso carattere delle altre. Le due Persone divine che il mondo attendeva vi sono insieme designate. Quali sono infatti queste vittime immolate dalla sapienza, quel pane, quel vino, quella mensa imbandita per i suoi fanciulli? Ad una voce unanime i Padri ed i commentatori rispondono che è il Verbo incarnato. Quanto alle ancelle incaricate ad invitare i convitati, la tradizione costante vi scorge le anime zelanti, i predicatori ed i sacerdoti, le cui preghiere, le parole e gli esempi attraggono i loro fratelli al divino banchetto. Quelli stessi fanciulli che vengono a parteciparvi, rappresentano al naturale tutti gli uomini, grandi fanciulli, sempre occupati in fanciullaggini, sino ai momento in cui, illuminati da quel Dio che ricevono alla sacra mensa, prendono seri gusti e procedono nelle vie della vera prudenza. È inutile aggiungere che tutte queste figure erano comprese dagli antichi, secondo il grado di cognizione che Dio voleva dar loro dei suoi adorabili consigli.

Spirito Santo

Lo Spirito Santo predetto.

Nella preparazione del genere umano alla venuta della seconda e della terza Persona della Trinità, trovasi lo stesso procedere provvidenziale. Promesse moltiplicate rendono certa la venuta del grande Liberatore: alcune figure danno in sbozzo il suo ritratto. Più esplicite delle prime e più trasparenti delle seconde, alcune profezie danno il suo completo contrassegno; di guisa che a meno di un volontario accecamento, sarà impossibile all’uomo di disconoscere il Desiderato delle genti. Rispetto allo Spirito Santo, uguale condotta. Alle assicurazioni date mediante le promesse, ai tratti sparpagliati, diffusi nelle diverse figure, succederanno gli oracoli più precisi dei profeti, e i tocchi più accentuati del loro pennello. Tale sarà la perfezione di questo ritratto anticipatamente disegnato, che gli stessi ciechi riscontreranno in ciò il divino Spirito. – Mille anni avanti la sua venuta, David lo segnala all’attenzione universale mostrandolo col suo incomunicabile carattere. « Signore, esclama, Tu manderai il tuo Spirito e ogni cosa sarà rigenerata. » [Psalm. CIII.]. Come se dicesse: Abitatori della terra state attenti: verrà il giorno in cui lo Spirito Santo, terza Persona della augusta Trinità, scenderà in mezzo a voi. Voi Lo riconoscerete dai prodigi che opererà sotto gli occhi vostri. Il mondo, morto alla vita soprannaturale, alla vita della intelligenza, della virtù, della carità e della libertà, sorgerà dalla tomba di fango, nella quale è sepolto. Le catene della schiavitù cadranno da un polo all’altro: il vizio cederà il posto alla più pura virtù, e i vivi splendori della verità succederanno alla lunga notte dell’errore: uomini nuovi e un nuovo mondo usciranno dal nulla: questo prodigio sarà l’opera dello Spirito Santo. Quando voi lo vedrete compiuto, sappiate che questo Spirito rigeneratore, oggetto della vostra aspettativa, sarà venuto, ed a un tal segno voi Lo riconoscerete. – Interroghiamo ora la storia, e domandiamole in qual giorno ebbe luogo questa miracolosa creazione. Tutte le nazioni civilizzate nominano il giorno della Pentecoste. Giorno eterno il quale, dopo diciotto secoli si leva successivamente sui diversi paesi della terra, operando dappertutto lo stesso prodigio che a Gerusalemme. Qual è l’istante in cui i popoli barbari sono venuti, di dove essi vengono alla luce, alla virtù, alla civiltà ? — Quest’è l’istante in cui lo Spirito Santo, dato mediante il Battesimo, domina su di essi è gli vivifica: come nei primi giorni del mondo ei dominava sulle acque del caos per fecondarle. Come compirà lo Spirito Santo questo meraviglioso cambiamento? Isaia ce lo insegna: « Spunterà un pollone dalla radice di lesse e un fiore dalla radice di lui si alzerà. E sopra di lui riposerà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà. E lo spirito della fortezza del Signore lo riempirà…. La scienza del Signore riempirà la terra, come le acque riempiono il mare. » Is. XI, 1-9]. In questa profezia noi troviamo altresì riunite ed operanti insieme le due Persone dell’augusta Trinità che devono onorare il mondo della loro visita. Il Figliuolo è chiaramente designato da questo fiore che spunterà dal ramo, nato dalla radice di lesse. Vedete la giustezza del linguaggio profetico! Il Messia è paragonato ad un fiore a cagione della sua umiltà, della grazia della sua Persona, e del profumo delle sue virtù. Maria è il ramo che Lo porta: ramo per la sua dolcezza, per la flessibilità sotto la mano di Dio, per la sua integrità poiché il fiore nasce dal ramo senza farle alcuna lesione. È detto che questo ramo non esce dall’albero e dal tronco ma dalla radice. Perché? Perché ai giorni del Messia la famiglia reale di lesse, privata del potere sovrano e perpetuata nei rampolli umili e poveri, non era più un albero dai rami magnifici, ma una semplice radice nascosta nel seno della terra; radice però piena di succo che produce il ramo più perfetto, il fiore più bello che l’albero stesso abbia mai prodotto. [“Virga beata virgo Maria, flos Christus, radix familia Davidis jam ablato sceptro quasi emortua et succisa, ita ut sola ejus radix in plebe latere et vivere videatur : sed haec ipsa reflorescente profert florem Christnm tanquam regem regum.” S. Hier., in hunc loc.]. – Dopo aver dipinto con tratti cosi graziosi e cosi perfettamente incomunicabili, il Messia Figliuolo di Dio e figlio di lesse, il profeta ripiglia il suo pennello per disegnare l’azione dello Spirito Santo. Egli è Colui che darà tutta la sua bellezza al divin fiore e che comunicherà alla radice di David i doni necessari al compimento delle meraviglie, nel seguito della profezia che è per riferirci la storia. Lo Spirito del Signore, dice il profeta, lo Spirito dei sette doni riposerà sopra di Lui. Non havvi padre della Chiesa, né interprete della Scrittura, il quale in questo Spirito dei sette doni non riconosca la terza Persona della SS. Trinità. A quale altro Spirito difatti, potrebbe convenire questo carattere? Qual altro Spirito potrebbe riposare sul figliuolo di Dio ? Qual altro Spirito potrebbe essere chiamato l’autore o il cooperatore delle meraviglie compiute mediante il Verbo fatto carne? [S. Hier. Ibid. in Is. XI opp. t. III, p. 99]. – Riposerà su di lui, dice il profeta. Nell’energia del significato originale, questa parola indica la forza, la pienezza, il luogo naturale del riposo dell’augusta Persona. Ciò vuol dire che lo Spirito Santo resta incrollabilmente nel nostro Signore; che Lo riempie nella pienezza de’ suoi doni, e che é in lui come nel suo inviolabile santuario, per motivo dell’unione ipostatica della natura divina con la natura umana. Isaia, dopo avere descritto questo spettacolo, sorpreso da ammirazione, canta le meraviglie del mondo sottomesso all’azione combinata della seconda e terza Persona dell’adorabile Trinità. Il regno della giustizia succedente al regno del capriccio, della forza e della crudeltà; la sconfitta del demonio e dei tiranni, suoi ciechi sostegni; il sepolcro del grande Liberatore rifulgente di gloria immortale; il leone e l’agnello, tutto ciò insomma che vi ha di più feroce e di più mansueto, vivente pacificamente insieme; immagine con cui la graziosa energia designa l’unione fraterna in seno del Vangelo, degli Ebrei coi Gentili, dei Greci e dei barbari, dei più fieri potentati co’ più deboli figli. Tali sono le meraviglie che si mostrano agli occhi del profeta.

Interroghiamo ancora qui la storia, e domandiamole in qual giorno si è compiuto questo meraviglioso cambiamento? In qual giorno si è rotto lo scettro di ferro che ha pesato per più di duemil’anni sul capo del mondo pagano? In qual giorno ha incominciato la distruzione del regno della idolatria? In qual giorno gli Ebrei ed i Gentili si sono per la prima volta abbracciati come fratelli? In qual giorno hanno cominciato, per non mai più finire, la venerazione del Calvario e il culto solenne del suo glorioso sepolcro? Ad unanime voce la terra tutta, nomina il giorno per sempre memorabile della Pentecoste. Se voi domandate allo stesso Messia, autore di tante meraviglie, a chi dobbiamo noi testificare la nostra riconoscenza, Egli vi risponde umilmente: «Lo Spirito Santo é stato sopra di me, e per questo mi ha mandato ed ho operato i prodigi dei quali voi siete testimoni» [Luc. , IV, 18-21].

Ascoltiamo un altro profeta. Ezechiele descrive con la medesima precisione d’Isaia, la terza Persona della SS. Trinità, la sua venuta, i suoi caratteri, le sue meravigliose operazioni. Anche qui il Verbo e lo Spirito Santo si danno la mano per lavorare alla rigenerazione del mondo. « Io santificherò il nome mio che é grande, dice il Signore per bocca del profeta, il mio nome che è macchiato tra le nazioni, affinché sappiano che io sono il Signore…. Ed Io spargerò sopra di voi un’acqua pura, e quando avrete lavate tutte le vostre brutture, vi purificherò di tutti i vostri idoli. E vi darò un cuore nuovo, e porrò in mezzo a voi un nuovo spirito. E toglierò dal vostro petto il cuor vostro di pietra, e vi darò un cuore di carne. E porrò il mio Spirito in mezzo a voi, e vi farò camminare nella via dei miei comandamenti. E voi custodirete la mia santa legge, e sarete il mio popolo, ed io Sarò il vostro Dio. [Ezech., XXXIV, 28-28]. – La prima cosa che ferisce gli sguardi del profeta, è il gran nome di Dio indegnamente profanato fra tutte le nazioni. Ecco appunto il regno della idolatria, quale la storia ce lo fa conoscere alla venuta del Redentore; regno di superstizioni vergognose e crudeli, in cui il nome di Dio dato ai coccodrilli, ai serpenti, ai gatti, alle erbe, alle rozze pietre, riceveva i più sanguinosi oltraggi. Poi, lo stesso profeta vede tutto ad un tratto cadere dal cielo una pura onda, che lava la terra ed i suoi abitanti di tutte le loro iniquità, e il gran nome di Dio ridiventare l’oggetto del rispetto e dell’amore universale. – Ecco ora i Sacramenti, soprattutto il Battesimo, in cui l’ebreo ed il pagano hanno perdute le loro macchie, e trovato la candidezza dell’innocenza. Dopo questa universale purificazione, Ezechiele vede discendere lo Spirito del Signore. Egli anima questi nuovi uomini e gli fa camminare con passo sicuro nei sentieri della virtù, di guisa che il vero Dio sarà d’ora in poi per essi il Dio unico, ed essi medesimi, ‘gli adoratori degli idoli, saranno il suo popolo diletto. Potevasi meglio descrivere il miracolo della Pentecoste? Non è egli chiaro che incominciando da questo gran giorno il genere umano ha perduto il suo cuore di pietra, ha preso un cuore nuovo, e che il gran cieco il cui cammino per più di duemil’anni era stata un’aberrazione continua, e entrato nella via luminosa della verità e della civiltà? [S. Aug., De doct. Christ. lib. III, c. XXXIV, n. 28; e Patres, passim apud Corn. a Lap. in Ezech., XXXIV, 25]. – Altrove lo Spirito Santo rivela ad Ezechiele sotto la più viva figura, l’azione rigeneratrice dello Spirito Santo. Per mostrare a lui che questo Spirito di vita, annunziato da David, come dovente trarre il mondo dal sepolcro dell’errore e del vizio, compierà in tutta la sua estensione la sua miracolosa missione, ecco ciò che fa il Signore. « La sua mano fu sopra di me, dice il profeta, e mi menò fuori in ispirito e mi posò in mezzo di un campo che era pieno di ossa; e mi fece girare intorno ad esse: ora esse erano in gran quantità sulla faccia del campo e secche grandemente. E (il Signore) disse a me: Figliuolo dell’uomo, pensi tu che queste ossa stiano per riavere la vita? Ed io dissi: Signore Dio tu lo sai. Ed ei disse a me: profetizza sopra queste ossa e dirai loro: ossa aride, udite la parola, del Signore. Queste cose dice il Signore Dio a queste ossa: ecco che io infonderò in voi lo spirito e avrete vita; e sopra di voi farò nascere i nervi e sopra di voi farò crescere le carni, e sopra di voi stenderò la pelle e darò a voi lo spirito e vivrete e conoscerete che io sono il Signore. « E profetai come ei mi aveva ordinato; e nel mentre che io profetava udissi uno strepito ed ecco un movimento, e si accostarono ossa ad ossa, ciascuno alla propria giuntura. E mirai, ed ecco sopra di esse vennero i nervi e le carni e si stese sopra di esse la pelle, ma non avevano spirito. Ed ei disse a me: profetizza allo spirito, profetizza, figliuolo dell’uomo, e dirai allo spirito: queste cose dice il Signore Dio: dai quattro venti vieni o Spirito, e soffia sopra questi morti ed ei risuscitino. « E profetai com’egli mi aveva comandato, ed entrò in quegli lo Spirito, e riebbero vita e si stettero sui piedi loro, esercito grande for misura. Ed ei disse a me: Figliuolo dell’uomo, tutte queste ossa sono la famiglia d’Israele: essi dicono: le ossa nostre sono aride ed è perita la nostra speranza e noi siam rami troncati. Per questo tu profetizza e dirai loro: queste cose dice il Signore Dio: ecco che io aprirò i vostri sepolcri e da’ sepolcri vostri vi trarrò fuori, popolo mio, e vi condurrò nella Terra d’Israele. E conoscerete che io sono il Signore, quando avrò infuso in voi il mio Spirito e vivrete e nella terra dei Padri vostri vi avrò dato riposo. [Ezech., XXXVII, 1-14.]. Energia, precisione, lucidezza, che cosa manca a questa profezia della risurrezione morale dell’umanità mediante l’alito dello Spirito Santo? Allorché per voce degli apostoli che escono dal cenacolo, la terza Persona dell’augusta Trinità soffiò sul mondo, tutta quanta la terra non era essa un campo coperto di ossa? Qual popolo viveva allora della vera vita? Quelle ossa non erano esse aride per il tempo, calcinate mediante il soffio ardente dello Spirito omicida, spirito d’orgoglio e di voluttà? Qual altro spirito ha propagato il moto e la vita in quell’ampio carnaio del genere umano? Porre simili questioni è risolverle.

Passiamo ad una nuova profezia. Anche in questa appariscono riunite le due adorabili Persone della Trinità la cui venuta salverà l’universo. È Zaccaria che parla. Sotto la figura del ristabilimento d’Israele nella patria dei suoi avi, e della costruzione del secondo tempio, egli annunzia la grande realtà del ristabilimento universale di tutte le cose e l’edificazione della Chiesa, tempio immortale del vero DIO. Il grande Oriente si alza sul mondo: ei si costruisce un tempio da sé stesso, del quale è insieme e il pontefice e la pietra angolare. Sette occhi scintillano su questa pietra magnificamente cesellata. Ai fuochi che n’escono sparisce l’iniquità dalla terra e la pace regna dappertutto. « Ascolta, o Gesù sommo sacerdote, Tu e i tuoi amici che abitano presso di Te, che sono uomini da portènti: perché ecco che io farò venire il mio servo, l’Oriente. Perché questa è la pietra che io ho posta innanzi a Gesù: sopra quest’unica pietra sono sette occhi: ecco che Io collo scalpello la lavorerò, dice il Signore degli eserciti, e in un giorno torrò via l’iniquità dalla terra. In quei giorno l’amico inviterà, l’amico ad andare sotto la sua vite e sotto il suo. fico, dice il Signore degli eserciti.1 » [Zach., III, 8-10]. Tutta la tradizione ha visto chiaramente designato il Messia in questo oracolo degno di nota. Come Dio, è esso altresì il vero Oriente, il solo principio di ogni luce. Come uomo, inferiore a suo Padre, è pure il vero servo del Dio degli eserciti. Certo egli, egli solo è altresì la pietra fondamentale della Chiesa figurata dal tempio., la edificazione del quale occupava allora Gesù, figlio di Iosedech. Ora, siccome la Chiesa è un tempio vivente, la pietra che gli serve di base deve essere vivente. Siccome essa è opera di Dio, cosi il fondamento deve essere lo stesso Dio; gli occhi dei. quali questa pietra è ornata, l’indicano sotto una eloquente figura. Per mostrare che è di essenza della Divinità di essere dappertutto e di tutto vedere, l’uso costante presso i differenti popoli è di rappresentare Dio sotto la figura di un occhio aperto. In Egitto, un occhio sormontato da uno scettro era l’emblema di Osiride. Nella Grecia, la statua di Giove aveva tre occhi per mostrare la sua triplice provvidenza sul cielo, sulla terra e sul mare.[Macrob. lib. I, c, XXI, Plutarco, De Iside et Osiride; Pausan., in Corinth; Pierìus, hierogl. XXXIII, 15]. – Nell’arte cristiana l’occhio è parimente l’emblema della Divinità. Cosi l’occhio dato alla pietra misteriosa della quale parla Zaccaria, denota senza alcun dubbio che questa pietra è l’emblema di Nostro Signore, il fondamento della Chiesa. Ma perché Dio la mostra egli al profeta con sette occhi e non con due, o con uno solo? Perché il numero sette e non un altro ? Ricordiamoci innanzi tutto, che in questa figura, essendo opera della infinita sapienza, non ci si può trovare nulla di arbitrario; quanto più essa apparisce strana, tanto più dobbiamo noi sospettarvi un senso profondo e un grande insegnamento. Per conoscerlo, ascoltiamo quelli che,Dio medesimo ha incaricato di spiegare i suoi oracoli, affidando ad essi il segreto dei suoi pensieri.       «Sopra questa unica pietra, dice san Gregorio Magno, vi sono sette occhi. Ora questa pietra è il Nostro Signore: dire che ha sette occhi, è dire che sul Verbo incarnato riposa lo Spirito dei sette doni. Fra noi vi è chi possiede il dono di profezia, e chi il dono di scienza; un altro il dono dei miracoli, un quinto il dono delle lingue, un sesto il dono d’interpretazione, secondo la distribuzione che lo Spirito Santo giudica a proposito di fare dei suoi doni; ma nessun uomo li possiede tutti nello stesso tempo, e nella loro pienezza. Quanto al Divin Redentore egli ha mostrato che rivestendo la nostra inferma natura Egli possedeva, come Dio, tutti i doni dello Spirito Santo. Per questo egli riunisce nella sua Persona tutti gli occhi brillanti di cui parla il profeta. » [“Super lapidem unum septem oculi sunt. Huic enim lapidi (Cristo) septem oculos habere, est simul omnem virtutem Spiritus septiformis gratiae in operatione retinere, etc.” – Moral., lib. XXIX, 16. Ita S. Hier., S. Remig., Rupert, Emmanuel, et alii]. – Tale è altresì la interpretazione degli altri Padri e dei più celebri commentatori. Resta a dare il significato delle ultime parole della profezia; Io stesso lavorerò collo scalpello questa pietra e toglierò via l’iniquità dalla terra e ciascuno riposerà all’ombra della sua vite e del suo fico. Chi sarà l’autore di queste magnifiche cesellature, di cui sarà adorna la pietra vivente, eterna base della Chiesa? Quello stesso che parla per organo del profeta, lo Spirito Santo in Persona. È Esso che nell’Incarnazione, scolpirà con una perfezione inimitabile il corpo e l’anima del Redentore. È Esso che con un’arte non meno meravigliosa gli unirà personalmente al Verbo eterno. Egli che adornerà la sua anima di tanta sapienza, di tanta virtù, di grazia e di gloria che ne farà come un cielo divino, raggiante di tutto lo splendore del sole, della luna e delle stelle. Esso, Spirito d’amore, che formerà sull’adorabile corpo dell’augusta vittima, con la punta acuta delle spine, dei chiodi e della lancia, le adorabili cesellature che fecero durante la passione 1’ammirazione degli Angeli e che faranno per tutta l’eternità l’amore dei Santi. – Qual sarà l’effetto di queste cruenti sculture? L’abolizione dell’iniquità. Il sangue del Redentore sgorgante a grandi gocce per le incisioni delle divine stimmate con cui lo Spirito Santo ornerà la sua carne immacolata, purificherà la terra dai suoi delitti. Iddio pacificato renderà le sue buone grazie al genere umano, e la pace dell’uomo con Dio, diventerà il principio della pace dell’uomo co’ suoi simili. È egli possibile di dipingere con più vivi colori l’azione simultanea del Figliuolo e dello Spirito Santo nella rigenerazione dell’umano genere? I fatti compiuti dopo la Pentecoste cristiana lasciano eglino il minimo dubbio sull’influenza dello Spirito Santo nel mondo, la minima oscurità sulle sue operazioni nel Verbo fatto carne, la minima ambiguità sulle parole del profeta? [S. Iren., De haeres., lib. III, 28]. – Sarebbe facile di continuare questo quadro cominciato sino dall’ origine dei tempi, e che va svolgendosi coi secoli. Noi vedremmo’ il Verbo, mediante il quale tutto è stato fatto, e lo Spirito Santo da cui tutto dee essere rifatto, uniti costantemente nelle predizioni dei profeti. Intenderemmo la misteriosa Giuditta che celebra la sua misteriosa vittoria, e nel suo cantico pure ‘misterioso, annunziante un più glorioso trionfo sopra un Oloferne più terribile di quello, del quale aveva già tagliata la testa; nominante il futuro vincitore del grande Oloferne ed esclamante: « Signore, Signore mio, tu sei grande e insigne per tua possanza e nessuno può superarti. A Te obbediscono tutte le tue creature, perché alla parola tua furono fatte, mandasti il tuo Spirito e furono create; e nessuno resiste alla tua voce. Saranno scossi da’ fondamenti i monti e le acque, e le pietre qual cera si struggeranno dinanzi alla tua faccia. Ma quei che temono Te, saranno grandi in tutte le cose dinanzi a te .» [Iudit., XCI, 16 a 19]. Quando l’umano genere da lungo tempo prostrato ai piedi di satana, ha egli cominciato a cadere ginocchioni dinanzi al vero Dio? Quale Spirito ha scosso gli imperi pagani, ridotto in polvere le mura ed i templi del Campidoglio, posto la croce vittoriosa sulla fronte dei Cesari? A quale epoca risale la generazione dei veri Apostoli, martiri, santi sul trono o nella solitudine, nobili vincitori di se medesimi e del mondo? Tutte le voci rispondono, benedicendo lo Spirito Santo ed il Cenacolo. – Il profeta che canta le meraviglie della increata Sapienza, non manca di aggiungergli lo Spirito Santo. L’uomo ispirato nella sua estasi, vede tutta la terra coperta di tenebre. Gli uomini incerti vanno brancolando in pieno meriggio, pigliando il falso per il vero, il male per il bene, ignorando Dio, e ignorando se medesimi. A tale spettacolo egli esclama : « Signore chi conoscerà i tuoi voleri, se Tu non dai la sapienza, e non mandi dal più alto cielo il tuo Santo Spirito? Onde così siano emendati gli andamenti di que’ che vivono sulla terra e gli uomini apprendano quel che sia grato a te ?» [Sap. IX, 17-18]. – Spirito di luce che dissiperà la notte del mondo morale, lunga notte di due mil’anni, notte profonda che i vacillanti lumi della ragione, piuttosto che dissiparne l’oscurità, rendevano palpabile; Spirito di forza che riempiendo l’uomo di un ignoto coraggio, lo ritrarrà dalla via del vizio, e lo farà camminare di un passo fermo nei difficili sentieri della virtù: tal è il doppio carattere, sotto il quale è annunziato lo Spirito necessario alla salute del mondo. V’è egli bisogno di dire che questi due caratteri convengono allo Spirito Santo e non convengono altro che à Lui? Non sono essi scritti in testa a tutte le opere rigeneratrici, le quali cominciate alla Pentecoste continuano sotto i nostri occhi per non finire che sul limitare dell’eternità? Infine, il Figliuolo e lo Spirito Santo sono sempre associati nelle predizioni dei profeti. Non essendo l’uno meno necessario dell’altro, per la rigenerazione del mondo, Dio ha voluto che essi fossero del pari annunziati. Queste due grandi figure dominano tutta la storia, illuminano tutti gli avvenimenti, provocano tutti i sospiri, sostengono tutte le speranze dell’antico mondo, come essi devono eccitare l’eterna riconoscenza del nuovo. – In quella guisa che studiando tutte le circostanze della nascita, della vita e della morte di Nostro Signor Gesù Cristo, il suo carattere, la sua dottrina, i suoi miracoli, è impossibile di non riconoscere in lui il Messia annunziato dai profeti; cosi considerando le opere meravigliose, e le operazioni intime dello Spirito del Cenacolo, è impossibile di non adorare in Lui la terza Persona dell’augusta Trinità, di cui gli oracoli profetici avevano dato il contrassegno. Questo costante parallelismo, di cui abbiamo già delineato i tratti principali, si continuerà nella preparazione dello Spirito Santo.