Omelia della Domenica della Pentecoste

Ascensione

Omelia della Domenica della Pentecoste 

[Del canonico G. B. Musso – Seconda edizione napoletana, Vol. II -1851-]

-Ispirazioni –

È questo il memorabile giorno in cui lo Spirito Santo discese in forma di fuoco sopra i discepoli, con Maria Vergine nel Cenacolo congregati. Se mi chiedete, uditori umanissimi, perché venne in questa forma di fuoco? Io vi rispondo con l’angelico dottor S. Tommaso (3 P, q. 39. A. 7.) che lo Spirito Santo prese forma sensibile di questo elemento per significare ch’egli produce nell’anime nostre quegli effetti, che sono propri del fuoco. Il fuoco illumina, purifica, consuma. Lo Spirito Santo illumina la mente, purifica il cuore, consuma le viziose abitudini: “Deus noster ignis conmmens est” (ad. Ebr. XII, 29). Ma perché in noi produca questi salutevoli effetti, è necessario aprirGli la strada con accogliere e mettere in pratica de sue sante ispirazioni. Si verificherà allora ciò che Gesù Cristo ha promesso nell’odierno Vangelo, che lo Spirito Santo c’insegnerà e ci suggerirà ogni cosa appartenente alla nostra eterna salute: “Ille docebit vos omnia, et suggeret vobis omnia”. Ma come potrà insegnare, se chiudiamo le orecchie alle sue voci? Come potrà suggerirci i mezzi e la via da tenere per andar salvi, se chiudiamo gli occhi alla sua luce? È dunque della somma importanza, anzi della massima necessità, il profittare della sua luce, l’ascoltare la sua voce, il seguire le sue sante ispirazioni. Ispirazioni, notate bene quel che mi accingo a dimostrarvi, ispirazioni, dall’accoglimento o rifiuto delle quali può dipendere la nostra eterna salvezza, o la nostra eterna perdizione. Uditemi cortesemente!

Noi siamo pellegrini su questa terra: “peregrinamur a Domino” (2 Cor. V, 6). In questa nostra pellegrinazione, i nostri passi sono indirizzati alla casa dell’eternità “Ibit homo in domum aeternitatis suae” (Prov. XVI, 5), e di quella eternità felice, o sventurata a cui l’uomo viatore avrà diretti i suoi passi, “in domum aeternitatis suae”. Posto ciò, egli è certo che in qualità di viatori o di pellegrini ci troviamo sovente ad un bivio, in capo a due strade, l’una a destra, l’altra a sinistra, una che al bene ci porta, l’altra al male, una di salute, l’altra di perdizione. Tutto il punto sta a metter bene il primo piede, a dar il primo passo nella buona strada. Si chiama dallo Spirito Santo un tal passo: “initium viae bonae”, principio di buon sentiero, che sul cominciare da una ispirazione, la quale ci suggerisce una limosina o una preghiera, una confessione da farsi, o un vizio da emendarsi, un’occasione da fuggire, o una virtù da praticare; alla quale ispirazione secondata vien poi dietro una serie non interrotta d’altri passi virtuosi, che dirittamente ci conducono fino all’ultima meta, fino alla beata eternità.

La predestinazione degli eletti, come co’ santi Agostino e Tommaso insegnano i teologi, altro non è che la divina prescienza, e l’ordinazione de’ mezzi valevoli a condurre i predestinati all’eterna beatitudine; onde siccome la sua provvidenza ha disposto di darci l’esistenza e la vita, così la sua bontà ha decretato di farci sentire nel tal tempo, nella tal circostanza quella santa ispirazione, la quale se prontamente si accoglie e s’eseguisce, come il primo anello di ben contesta catena, trae seco l’altre grazie, gli altri lumi, gli altri mezzi, che facilmente conducono all’ultimo beato fine.

Vediamolo in pratica. Dove cominciò la predestinazione, la santità di tanti eroi, che veneriamo sugli altari? Da un’occasione per essi fortuita, ma dallo Spirito Santo diretta a commuoverli, accompagnata dall’impulso della sua grazia, e da un raggio della superna sua luce. Entra a caso in una Chiesa S.Antonio Abbate ancor giovanetto, mentre si legge il santo Vangelo, ciò che sente lo crede detto a se stesso, e sull’istante vende tutto ciò che possiede, lo dà a’ poveri, fugge dal mondo, si nasconde in un deserto, diviene Patriarca di monaci, caro a Dio, terribile a’ demoni. Una limosina prima negata, e poi per commovente ispirazione conceduta, innalzò alla più gran santità un Francesco d’Assisi. Giugne casualmente alle mani d’Ignazio di Loiola un libro divoto, comincia a leggerlo per rompere l’ozio; ma leggendo, lo Spirito del Signore lo illumina, profitta di questo lume, rompe i legami del mondo, e si fa uno de’ più zelanti promotori della gloria di Dio. La vista del contraffatto cadavere del complice de’ suoi disordini, congiunta con una luce alla mente, e con un tocco al cuore, converte sul momento la peccatrice Margherita da Cortona in una fervidissima penitente. Un avviso della propria madre ben accolto da Andrea Corsino lo cangia di lupo in agnello in un chiostro del Carmelo, e lo fa un Vescovo santissimo! Ditemi ora, uditori, se questi santi, e tanti altri di cui son piene l’ecclesiastiche storie, avessero disprezzata quell’ispirazione, negletta quella chiamata, ributtata quella grazia, volete dire che, rifiutato il primo passo, avrebbero poi potuto più metter piede in quella virtuosa carriera, che li portò all’onore degli altari, ed alla patria dei beati? V’è molto a dubitarne. L’ occasione è calva, dicea un antico uomo di senno, una volta che sia passata non si può più tenere per i capelli. Gesù Cristo chiamò i suoi discepoli a seguitarLo, e li chiamò passando, “cum pertranserit”, e li chiamò una sola volta, e sull’ istante Simon Pietro abbandonò la sua barca, Matteo il suo banco, i figli di Zebedeo, Giovanni e Giacomo, le loro reti, e cominciarono così la carriera dell’ apostolato, che li rese tanto accetti a Dio, e tanto benemeriti della sua Chiesa.

Per l’opposto que’ due seguaci della legge di Mosè, invitati dal Redentore a seguirLo, perché trovarono scuse, uno per assistere al funerale del padre, l’altro per ispedire gli affari domestici, perdettero la bella sorte d’essere annoverati fra’ suoi discepoli, e S. Agostino li piange come perduti. Ah, dicea pertanto lo stesso Agostino, fratelli miei, osservo nel santo Vangelo che Gesù dispensa i suoi benefici come lampi fuggitivi, e via passando, “pertransit benefaciendo”, e vi confesso apertamente, e v’assicuro, che mi riempie di timore Gesù che passa. “Fratres mei, dico, et aperte dico, timeo lesum transenuntem” (Serm. 18 de verb. Dom.). La sua chiamata è una luce che balena alla mente: chi non profitta di questa luce resterà al buio, camminerà fra le tenebre, incontrerà inciampi e precipizi; e perciò il Redentore ci avvisa a camminare al favor di questa luce acciò non ci sorprendano tenebre per noi fatali: “Ambulate dum lucem habetis, ne vos tenebrae comprehendant (Jo. XII, 33).

È vero che talora rinnova le sue chiamate, Iddio pietoso, e fa di nuovo risplendere la sua luce, anche a chi chiuse gli occhi per non vederla; ma di qui appunto nasce il pericolo per l’uomo caparbio, che ostinato nelle sue ripulse vie più s’indura, come una incudine al dir di Giobbe (Giob. XLI, 15), sotto i colpi di grave martello. Non vi fu anima tanto dalla divina grazia amorevolmente assediata con replicate ispirazioni, quanto quella di Giuda. Osservate la traccia amorosa tenuta dal divino maestro per espugnare il cuore di questo suo discepolo traditore. Gesù scopre, e comincia a dargli indizio d’avere scoperto il suo iniquo disegno. Voi siete, dice a’ suoi discepoli, per purezza di cuore costituiti in grazia e mondi; ma tutti nol siete “Vos mundi estis, sed non omnes” (Jo. XIII, 10). Potea Giuda conoscere l’infelice suo stato, e sentirne rimorso, ma non si muove. Replica Gesù e con più forza gli mette innanzi l’enormità del suo delitto con dire: Uno fra voi è per malizia un vero Demonio: “Ex vobis unus diabolus est”, e Giuda non inorridisce. Passa ad intimargli l’atrocità della pena che va ad incorrere, pena per la quale sarebbe meglio per lui che mai veduta avesse la luce del giorno: “Bonum erat ei si non fuisset homo ille” (Mat. XXVI, 24); e Giuda è insensibile. Parla Gesù in genere finora, e non lo nomina per lasciargli un segreto ritiro a ravvedersi, ma nulla giova. Torna alle prese il buon Salvatore, e alquanto più chiaro: un di voi, o miei discepoli, un di voi mi tradirà: “Unus ex vobis tradet me” , e Giuda dissimula. Più chiaro ancora: La mano del traditore è meco su questa mensa. “Manus tradentis me mecum est in mensa” (Luc. XXII, 21): assai più chiaro: Chi meco in questo piatto pone la mano, desso è colui che mi tradirà: “Qui mecum intingit manum in paropside, hic me tradet” (Mat. XXVI, 23), e Giuda fa il sordo, e tutto disprezza. E via, finalmente gli dice Gesù, vanne pure, ed il reo attentato che volgi in mente affrettati ad eseguirlo. “Quod facis, fac citius” (Jo. XII, 21). Non fu già questo un precetto, dice qui il Crisostomo, non comanda Iddio un’azione sì indegna, un tradimento, “non est vox praecipientis”. Non fu consiglio, una somma bontà non può consigliare un eccesso cotanto esecrabile, “non est vox consulentis”. Che dunque volle significare Cristo con quelle parole? Volle dimostrare il giusto e tremendo abbandono ch’egli facea di quel cuore indurito, come non più capace di ravvedimento e di emenda. “Cum Judas, conchiude il citato Dottore, “esset inemendabilis, dimisit cum Christus” (Hom. 73 in Io.). Ma pure Giuda dà qualche segno di penitenza, restituisce il danaro a’ sacerdoti, rende la fama al suo divino maestro, si ritratta, confessa d’aver tradito il sangue d’un giusto. Ahimè nulla giova, movimenti son questi da disperato, non d’un convertito. Dio vi guardi, miei cari, dall’imitare nel rifiuto delle divine ispirazioni questo discepolo prevaricatore, incontrerete la stessa sorte. Farete forse come Giuda qualche opera apparentemente buona, ma non vi gioverà ad uscire da quel precipizio, che dopo tanti avvisi non avete voluto schivare.

Potete forse lagnarvi che Iddio non v’abbia parlato? Dio vi parlò quando vi trovaste in quella malattia, quando per lo spavento di morte temporale ed eterna vi fé’ conoscere lo stato deplorabile dell’anima vostra: prometteste allora, se Dio vi accordava grazia d’uscirne, di cangiar vita; Egli vi esaudì, e voi non adempiste la fatta promessa. Vedeste esposto in Chiesa, o condotto al sepolcro il cadavere di quella donna, colpita nel fior dell’età, foste presente al funerale di quel facoltoso, ed una voce vi disse al cuore: ecco dove va a finire la beltà e la ricchezza. La vanità delle terrene cose disingannò in quel momento il vostro intelletto, ma la volontà non si arrese a romperne il colpevole attacco. Quel rimorso, fratello mio, quel rimorso, che vi lacera il cuore, è una grazia da voi non conosciuta, con cui Iddio pietoso vi stimola ad emendar costume, a troncare quella scandalosa corrispondenza; che conto ne fate? Vi avvisa per mezzo di quel congiunto, di quell’amico, di quel buon cristiano a ritirarvi da quella licenziosa conversazione, a lasciare quel giuoco, quel ridotto, quel malvagio compagno, che ascolto gli date? Figlio, dice a più d’uno di noi, se non paghi gli operai, se non soddisfi quel debito, se non dismetti quella lite ingiusta, se non adempi quel pio legato, non isperare salute. Figlio, dice a quell’altro, le partite di tua coscienza son mal in ordine, datti fretta d’aggiustarle con una generale confessione: fa’ al presente quel che desidererai voler fare in punto di morte. Tutte queste e simili voci, pensieri, sentimenti, ispirazioni, rimorsi, sono chiamate di Dio, sollecito del vostro bene; se chiudete l’orecchie, come un aspide sordo, Iddio offeso, Iddio disprezzato tratterà voi come da voi venne trattato. Così Egli si esprime e minaccia: “Vocavi, et renuistis, ego quoque in interitu vestro ridebo” (Prov. I, 24. 26). Ponderate bene, peccatori fratelli miei, queste tremende divine parole. “Vocavi”, ch’io vi abbia più volte chiamati, e tuttora vi chiami, non potete negarlo. Vi ho chiamati per bocca de’ miei sacri ministri colla predicazione, per bocca dei vostri parenti colle ammonizioni, per mezzo di quelle disgrazie, di quelle infermità, coll’esempio de’ buoni, col castigo de’ malvagi: “Vocavi, et renuistis”, che abbiate ricusato di ascoltarmi, dovete confessarlo, ve ne convince la propria coscienza. Che cosa dunque potete aspettarvi? “Ego quoque”, che Dio cioè vi renda la pariglia, e nel maggior de’ vostri affanni si rida di voi, “in interitu vestro ridebo”. Miei cari, se si può dire di voi che fate continua resistenza agl’impulsi dello Spirito Santo, come ai contumaci Ebrei rinfacciò lo zelante Levita S. Stefano, “vos semper Spiritui Sancto resistitis” (Act. VII, 51), voi siete perduti. Sarete come una casa, che minaccia ruina, che perciò si lascia vuota e abbandonata. “Ecce relinquetur vobis domus vestra deserta” (Mat. XXIII, 38): abbandono, segno fatale d’eterna riprovazione. Che Dio vi guardi.

L’amore per il Papa

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L’AMORE PER IL PAPA

[Mons. De Ségur da: “Le tre rose”, Tutte le opere vol. 11]

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Perchè tutti I cristiani devono amare il Papa:

Perché è il Vicario, cioè il rappresentante visibile del buon DIO sulla terra!

   Nel suo amore infinito, DIO ha volute discendere ed apparire visibilmente in mezzo a noi; ed è per questo che Egli si è fatto uomo. Lui, il Creatore e il sovrano Signore di tutto ciò che esiste, e si è rivestito della nostra umanità, nella pienezza dei tempi; e da allora, vero DIO e vero uomo insieme, ha preso il nome sacro di GESU’. – Questo è ciò che la Chiesa chiama “il mistero dell’Incarnazione”. Dopo averci riscattati morendo sulla croce per noi, GESU’ CRISTO è risuscitato e salito al cielo, ove ci prepara a tutte le felicità eterne del suo bel Paradiso, se durante la nostra vita, Gli siamo stati fedeli ed osserviamo i suoi comandamenti. Ma, come DIO, invisibile ed eterno in se stesso, ha voluto apparire visibilmente agli uomini nella Persona del suo Figlio unigenito, per porsi alla sua portata e facilitare la Fede, la confidenza e l’amore che attendeva da essi; allo stesso modo, per partecipare a tutti i figli della sua Chiesa la conoscenza precisa della Religione, ha voluto che Essa fosse loro insegnata e spiegata dagli uomini dei quali poteva intendere la parola ed imitarne l’azione. Questi uomini sono i Vescovi ed i Preti. Affinchè i Vescovi ed i Preti non possano sbagliarsi ed ingannare gli uomini insegnando loro l’errore, ha Egli stesso preposto loro un Capo supremo ed unico, un Sommo Sacerdote, un Pontefice sovrano, al quale ha conferito il privilegio divino dell’infallibilità dottrinale, rivestendolo della sua sovrana autorità. Prima di lasciare la terra l’ha incaricato di aver cura nel pascere il suo gregge, cioè di condurre, di insegnare, di dirigere, nel suo nome ed al suo posto, la sua Chiesa tutta intera, tutti i Vescovi, tutti i Preti, tutti i fedeli. – Questo capo supremo ed unico della Chuesa, Dottore e Pastore di tutti i Vescovi, di tutti i Preti e di tutti i cristiani, è il Papa, successore dell’Apostolo San Pietro ed erede di tutti i suoi privilegi. Il Papa è il depositario unico delle grandi promesse fatte da GESU’ CRISTO a San Pietro, per la salvezza ed il bene del popolo cristiano tutto intero; di modo che, riconoscendo nel Papa il Vicario ed il luogotenente visibile di GESU’ CRISTO quaggiù, noi sottomettendoci alla sua autorità, riverendo ed amando i suoi insegnamenti e le sue direttive, noi siamo sicuri di camminare nella via della salvezza, di conoscere e praticare, in tutta la sua purezza, la religione di nostro Signore GESU’ CRISTO. – Il Papa è così, per tutti i fedeli in generale e per ciascuno in particolare, come un altro GESU’ CRISTO senza il Quale noi non potremmo conoscere con certezza ciò che ci interessa conoscere di più quaggiù: le vera Religione, la vera via di salvezza, di servizio di DIO, e di conseguenza, della felicità, prima in questo mondo, e poi nell’altro. Eccoperchè noi dobbiamo amare il Papa, se veramente siamo cristiani. È GESU’ CRISTO che noi riveriamo nella Persona del suo Vicario, ed è all’autorità stessa di GESU’ CRISTO CHE noi ci sottomettiamo, quando ci sottomettiamo sinceramente, totalmente all’autorità del suo Rappresentante sulla terra.

L’autorità del Papa non è altro che l’autorità di GESU’ CRISTO.

È il nostro stesso Signore GESU’ CRISTO che ce lo dice nel suo Vangelo. Ecco i tre celebri passaggi nei quali Egli stabilisce S. PIETRO Capo della sua Chiesa, Dottore infallibile dei suoi fratelli, e Pastore di tutte le sue pecore. «Io stesso te lo dichiaro – gli dice un giorno (al capitolo XVI del Vangelo di San Matteo) – Tu sei Pietro, e su questa pietra IO edificherò la mia Chiesa, e le potenze degli inferi non prevarranno su di Essa, ed è a te che IO darò le chiavi del Regno dei cieli; e tutto ciò che tu legherai sulla terra, sarà legato in cielo; e tutto ciò che scioglierai sulla terra, sarà sciolto nei cieli ».  – Un’altra volta, pochi giorni prima della sua Passione, Egli dice allo stesso San Pietro (al capitolo XXII di san Luca): « Simone, ecco che il demonio ha chiesto di vaglisarvi come si vaglia il frumento; ma IO ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu a tua volta, conferma i tuoi fratelli ».  – Infine, dopo la sua Resurrezione, nel momento in cui stava risalento in cielo, il Salvatore, circondato dai suoi Apostoli, si rivolge un’ultima volta a Colui che doveva diventare il suoi Vicario ed il Capo visibile della sua Chiesa; e gli dice (nell’ultimo capitolo del Vangelo di San Giovanni): « Sii il Pastore dei miei agnelli, dei miei agnelli e delle mie pecore ». Queste sono proprio le parole del Figlio di DIO. Esse mi sono state sufficienti dimostrandole, leggendole e spiegandole con semplicità ad un giovane artista protestante, per aprirgli gli occhi e fargli toccare con mano questa grande e fondamentale verità, che la Chiesa cattolica, che sola ha il Papa come Capo spirituale, è la sola vera Chiesa di GESU’ CRISTO. Abiurando i suoi errori, il degno giovane non esitò così a diventare cattolico. – Vedete in effetti: Nostro Signore, la cui parola è sovrana e divina, dichiara formalmente a San Pietro che bisogna fare di Lui la Pietra fondamentale, la Pietra unica sulla quale Egli farà riposare tutto l’edificio vivente della sua Chiesa, vale a dire della società dei suoi veri discepoli. Non c’è che una Chiesa, Egli non dice “le mie Chiese”, bensì la “MIA CHIESA”. – E qual è questa Chiesa, questa UNICA Chiesa? Egli ce lo dice ancora: è la Chiesa che riposa su San Pietro, sull’autorità di San Pietro, sull’insegnamento di San Pietro, sul governo spirituale di San Pietro, sempre vivente nei suoi Successori, i Vescovi di Roma. E poiché la sua Chiesa sarà da Lui fondata su San Pietro, ed Egli, il Figlio di DIO, governerà e condurrà sempre la sua Chiesa con la santa pietra, e con San Pietro, e a causa di ciò « le potenze dell’inferno » non potranno mai, benché siano, benché facciano, nel diciannovesimo secolo, come nel primo, come in tutti gli altri, prevalere contro di Essa, trionfare su di Essa, distruggerla. La forza di Pietro gli viene da GESU’ CRISTO, e GESU CRISTO è il Figlio di DIO, è DIO fatto uomo.

GESU’ dà al suo Vicario, e a LUI SOLO « le chiavi del Regno dei cieli »; quaggiù, il Regno dei cieli, è la Chiesa di DIO; in cielo è il Paradiso, dove la Chiesa è incaricata di condurci. Nell’antichità le chiavi erano il simbolo della proprietà o almeno dell’intendenza generale dei palazzi; e ai nostri giotni si offrono ancora ai Sovrani le chiavi delle città ove vengono fatti solennemente entrare. Le chiavi della Chiesa date da Nostro Signore a San Pietro sono il simbolo dell’autorità suprema, affidata dal Figlio di DIO al Capo della sua Chiesa.

Ci sono due chiavi: la chiave che apre e la chiave che chiude, la chiave che lega e la chiave che scioglie. La chiave che “lega”, è il potere di comandare sovranamente, di insegnare, de definire, giudicare senza appello: «Tutto ciò che tu legherai sulla terra, sarà legato anche nei cieli ». La chiave che scioglie, è il potere, egualmente sovrano, di perdonare, di assolvere e benedire. Non pià che il potere di legare, il potere di sciogliere non ammette limiti né restrizioni: « Tutto ciò che sciogliera sulla terra, sarà sciolto anche nei cieli» . Il Papa, o per meglio dire GESU’ CRISTO, per mezzo del Papa, e con il Papa, è così costituito, fino alla fine del mondo, il Sovrano spirituale di tutta la terra; in ciò che concerne, direttamente o indirettamente, la gloria di DIO e la salvezza delle anime, tutto è sottomesso alla sua divina e suprema autorità; tutto, senza eccezione; i popoli, i principi, i governanti, chiunque essi siano, le leggi, le costituzioni ed istituzioni pubbliche, gli imperi, i reami, le repubblche, tutte le magistrature di questo mondo, le società, le famiglie, gli individui; tutto, senza eccezione, è sottomesso al Vicario di DIO, come a DIO stesso; ed Egli è incaricato di far regnare ovunque Nostro Signore GESU’ CRISTO, di segnalare e combattere dappertutto ciò che è contrario alla legge di DIO: di far conoscere e di far fiorire dappertutto e malgrado tutto, ciò che è santo, ciò che è buono, ciò che è secondo DIO, ciò che conduce la anime alla eeterna felicità. Chiunque si oppone o resiste a questo ministero divino del Vicario di GESU’ CRISTO, diviene perciò stesso l’avversario di GESU’ CRISTO, il nemico di DIO e degli uomini. – Il Papa è incaricato di “pascere le pecore e gli agnelli” da GESU’ CRISTO, su tutta la superficie della terra, per tutti i secoli. Egli è incaricato di propagare daèèertutto e conservare dappertutto la fede, cioè la conoscenza del solo vero DIO vivente, GESU’ CRISTO, e di farLo amare e servire da tutti gli uomini. « Sii il Pastore dei miei agnelli; sii il Pastore delle mie pecore ». Le “pecore” di GESU’ CRISTO sono i Vescovi, successori degli Apostoli (almeno in un senso); gli “agnelli” di GESU’ CRISTO, sono in primo luogo i preti, figli primogeniti e cooperatori dei Vescovi, e quindi tutti i fedeli, tutti i battezzati, a cominciare dai principi di questo mondo e tutti coloro che a qualsiasi titolo si trovano ad essere depositari dell’autorità. Il Papa è, per diritto divino, cioè per volontà di DIO, il loro “Pastore”, a tutti ed ognuno; loro Pastore, cioè loro guida, nelle vie della santità cristiana e della salvezza eterna; egli è loro Dottore supremo ed infallibile, il sovrano Direttore spirituale di tutte le coscienze, il Giudice supremo di tutte le questioni che interessano sia la verità, sia il diritto, e la giustizia, e la morale, ed il bene spirituale dei popoli e dei particolari, in una parola, di tutto ciò che interessa quaggiù la salvezza delle anime. – Per l’onore del suo nome e per la salvezza della Chiesa, GESU’ CRISTO l’assiste così bene in tutto ciò che concerne l’insegnamento della vera dottrina ed il governo spirituale del mondo, che egli non può errare né ingannare gli altri. È l’effetto divino dell’onnipotente preghiera del Figlio di DIO, quando ancora era in questo mondo: “il demonio sta per vagliarvi tutti; ma “IO ho pregato per te”, per te stecialmente, perché a te solo IO affiderò la cura si tutta la moa Chiesa. E qual è la mia preghiera? “Che le tua fede non venga mai a mancare”; la tua fede come Capo della Chiesa, la tua fede come Sovrano Dottore di tutti i Vescovi, di tutti i Preti, di tutti i Cristiani, di tutte le società, di tutti gli uomini. Confermali nel mio Nome, con la mia infallibile autorità, che per partecipazione, diventa la tua. IO ti confermo nell’infallibilità della fede; tu a tua volta conferma i tuoi fratelli”. Tali sono, caro lettore, gli oracoli caduti dalle labbra di DIO stesso. Tali sono le promesse che Egli si è degnato fare per l’amore nostro e per la nostra salvezza, a Colui che Egli costituiva per sempre il Padre di tutti i Cristiani a venire, il Capo supremo della sua Chiesa, il Pastore di tutte le sue greggi. – Non ho allora ragione nel dirvi che l’autorità del Papa, è l’aurorità stessa di GESU’ CRISTO? – Non quanto alla persona, ma quanto all’autorità, quanto alla dignità, il Papa è GESU’ CRISTO che continua in mezzo a noi il suo ministero divino di Padre e di Pastore delle anime, di Dottore, di Giuduce, di Consolatore e di Amico. È GESU’ CRISTO e non l’uomo che bisogna sempre vedere nel Papa. Attraverso l’uomo bisogna sempre risalire fino a GESU’ CRISTO. Di qual santo amore dobbiamo quindi amare il Papa? – Un giorno, nella campagna di Roma, io ragionavo, sul suo catechismo, con un pastorello di tredici o quattordici anni che mi faceva da guida tra le meravigliose montagne del Lazio. Il ragazzo era molto orgoglioso: egli non sapeva forse né leggere né scrivere, ma ciò che sapeva, con una precisione che mi stupiva, era tutto ciò che concerneva la Religione, cioè l’unica cosa necessaria all’uomo quaggiù. Dopo alcune domande, alle quali il piccolo romano aveva ben risposto, ebbi l’idea di interrogarlo sul Papa. « Ditemi un po’, ragazzo, che cos’è il Papa? » A questa parola, il giovane pastore si ferma, si anima e con una sorta di fierezza e di religioso rispetto mi risponde: « Il Papa, è GESU’ CRISTO sulla terra! ». Oh, che bella risposta! Nella sua energica semplicità, aveva riassunto tutta la dottrina sull’autorità suprema ed infallibile del Vicario di GESU’ CRISTO. Si: il Papa è GESU’ CRISTO sulla terra!

Come il Papa sia la regola vivente della vera fede 

La « regola della fede, » è l’autorità docente alla quale si è tenuti a sottomettersi se si vuol sapere, senza rischio di inganno, ciò che è vero e ciò che è falso in materia di religione, ciò che è rivelato da DIO e ciò che non lo è. – La fede è la sottomissione totale dello spirito e del giudizio a tutte le verità rivelate da DIO; e queste verità si trovano consegnate in primis nella Santa Scrittura, poi nella Tradizione degli Apostoli, primi predicatori della religione cristiana. Tutte le verità rivelate, non sono in effetti esplicitamente relate nelle Sante Scritture; e quelle che vi leggiamo hanno bisogno di una spiegazione,di una interpretazione vivente che, dopo mille e novenento anni, gli eretici non hanno fatto altra cosa che appoggiare gli errori si testi mal compresi. È dunque tutto naturale che, nel suo amore per le anime e per l’unità della fede, Nostro Signore istituì, nell’ambito della sua Chiesa, un Giudice supremo, infallibile, sempre vivente e presente, la cui funzione principale sarebbe di conservare intatto il deposito delle verità rivelate agli uomini dall’inizio del mondo. – Questo giudice, divinamente assistito da DIO per interpretare il vero pensiero divino nascosto sotto la scorzadella lettera nella Scrittura Santa, e per non lasciare alterarsi le verità predicate all’origine del Cristianesimo dagli Apostoli, è il Papa, Vicario di Colui che è la Verità, e Capo infallibile della Chiesa di DIO. – La conseguenza evidente di questa verità, che è un articolo di fede, è che per l’autorità divina ed infallibile del suo insegnamento, il Papa è la regola vivente e suprema della vera fede; vale a dire che sul suo insegnamento, e non sull’insegnamento di un altro, che noi dobbiamo regolare la nostra credenza; il Papa, in effetti, sia quando parla singolarmente ex cathedra, sia quando si pronuncia con l’assenso dei Vescovi riuniti in Concilio, ha ricevuto da DIO la missione di dare al mondo, con autorità infallibile, ciò che è vero e ciò che non lo è, ciò che bisogna credere e ciò che bisogna rigettare. Senza dubbio, le parole della Scrittura e gli insegnamenti della Tradizione sono delle verità rivelate, di conseguenza delle rewgole per la fede; ma perché queste verità rivelate divengano di fatto, la regola vivente e definitiva della vera fede, bisogna che siano definita dall’autorità della Chiesa, e principalmente dal suo Capo supremo, dal suo Dottore infallibile, che è il Papa. Solo al Papa, quando parla come Capo supremo della Chiesa, GESU’ CRISTO ha dato la missione e dà continuamente la grazia di interpretare le parole della Santa Scrittura nel loro giusto senso, e di trasmetterci in tutta la sua purezza la verità cattolica, sia scritta, sia tradizionale. A lui solo, nella Persona di Pietro, Egli ha detto: « Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli. Io ho pregato per te, perché tu non possa fallire. A te ora il confermare i tuoi fratelli. Sii il Pastore dei miei agnelli e delle mie pecore ». Al Papa solo appartiene il dispensare in modo divinamente infallibile le verità religiose. Dunque è egli solo la regola vivente della vera fede. Questo non vuol dire che nella Chiesa cattolica, il Papa faccia tutto, e solo tutto lui. È vero che tuttoi ciò che si fa, si fa sotto la sua alta presidenza, e tutto procede da Lui,, o per meglio dire, da GESU’ CRISTO, che per lui ed in lui, governa, insegna e dirige incessantemente la Chiesa. Come la testa regge e condice tutto il corpo, senza essere per questo tutto il corpo, così il Papa insegna e governa sovranamente la sua Chiesa, senza essere pertanto tuttom nella Chiesa. – Nello Stato, tutto si fa in nome del Sovrano, e tutti i poteri secondari derivano e dipendono realmente dal suo. In questo senso egli fa tutto, governa tutto. Ma egli non fa tutto da se stesso: egli lo fa mediante i suoi ministri, i suoi prefetti, i suoi magistrati, i suoi funzionari di ogni grado, fino al sindaco del più piccolo villaggio, fino all’ultimo dei sergenti e dei caporali, fino al più umile giudice di pace; così, in un senso, è il governo della Chiesa universale da parte del Papa. – L’incarico di vegliare nel contempo sull’insieme e nel dettaglio di una società che abbraccia il mondo intero, sarebbe un’impresa evidentemente impossibile; e la saggezza divina del Salvatore vi ha provvisto dando al Papa, successore di San Pietro, degli ausiliari che sono i Vescovi, successori degli Apostoli. San Pietro non è stato inviato solo per conquistare il mondo a GESU’ CRISTO, ma San Pietro, con i suoi fratelli, gli Apostoli che, con lui, e sotto la sua dipendenza, insegnano, battezzano, fondano le Chiese, evangelizzano i popoli, salvano le anime. – Tale è stato, tale è ancora, tale sarà fino alla fine del mondo, il ministero dei nostri Vescovi. Uniti al Papa, come gli Apostoli erano uniti a San Pietro, essi ricevono da lui l’insegnamento infallibile della fede e le grandi direttive del governo spirituale della frazione del gregge di GESU’ CRISTO che il Papa affida alle loro cure. Inoltre essi insegnano infallibilmente con il Papa; essi giudica le questioni dottrinali con il Papa, ma sempre sotto la sua dipendenza. Essi sono contemporaneamente pecore e pastori: pecore in rapporto al Papa, pastori, in rapporto ai fedeli. E così è con essi e per essi che il Pastore ed il Dottore universale di tutti i cristiani, insegna, governa, evangelizza e salva le anime. – In quanto Vescovo come essi, il Papa è loro fratello e loro uguale; intanto che è Papa, cioè il Vicario di GESU’ CRISTO, egli è loro Padre, loro Pastore e il Vescovo dei Vescovi. Bisogna non di meno osservare che il carattere di Giudice e di Dottore della fede appartengono, ad un grado secondario, ai Vescovi congiuntemente con il Papa, e che i Vescovi cattolici compongono, realmente con lui, la Chiesa insegnante ed infallibile in senso attivo. E questo, di diritto divino, vale a dire in virtù dell’istituzione divina. Inoltre, per aiutare i Vescovi stessi nel loro ministero pastorale, e raggiungere facilmente tutte le anime. Nostro Signore ha donato loro degli ausiliari inferiori, che sono i Preti e i Diaconi. Li si vede apparire, dopo gli Apostoli, all’origine stesso del Cristianesimo. Sotto la direzione del Vescovo in ogni diocesi, i preti predicano la Religione, amministrano il Battesimo e gli altri Sacramenti, celebrano il Santo SACRIFICIO, dirigono il culto divino e le assemblee dei fedeli, perdonano i peccati e fanno in piccolo, in parrocchia, ciò che il Vescovo fa nella diocesi, ciò che il Papa fa nella Chiesa intera. – Con i semplici fedeli, ai quali essi insegnano e che dirigono in nome de loro rispettivi Vescovi, i Preti compongono la Chiesa discente, la quale è infallibile, anch’essa, ma solo nel senso passivo, cioè in quanto aderente alla Chiesa docente. Tale è l’ordine stabilito da GESU’ CRISTO, tale è la semplicissima e potentissima organizzazione della santa CHIESA. Comprendete allora, miei cari lettori, come il Papa faccia tutto nella Chiesa, governi tutto, e come non di meno egli non faccia tutto, tutto da solo. – Uno di questi venerabili successori di San Pietro, il beato Papa Liberio, diede una bella e illuminante risposta all’imperatore Costanzo che, irritato dal suo coraggio apostolico nel difendere la fede, l’aveva citato alla sbarra del suo tribunale. Costanzo si era lasciato sedurre dagli eretici ariani, e proteggeva apertamente la loro fazione contro i Vescovi cattolici. – Il Papa Liberio, incurante delle ire imperiali, veniva a condannare ed a deporre un certo numero di Vescovi ariani, favoriti dal principe: « Chi sei tu dunque per parlare con tanta audacia? – gli domandò Costanzo quando lo interrogò – tu non sei che una parte della Chiesa! – Si, rispose il Santo Pontefice, ma io sono la parte che costituisce il tutto: pars tota »!  – Fedeli di GESU’ CRISTO, noi riceviamo e sempre riceveremo, come sua parola, la parola del suo Vicario, perché il Papa è, attraverso i secoli e fino alla fine dei tempi la “bocca del CRISTO”, come diceva mirabilmente San Giovanni Crisostomo. L’insegnamento del Papa è, di diritto divino, l’insegnamento della pura dottrina cattolica. Egli è la regola vivente ed infallibile della vera fede. Che beatitudine avere così, per guidarci attraverso le tenebre di questo mondo, il fare della vera luce! Quale grazia, quale onore essere CATTOLICO! Perché tante persone blaterano contro il Papa senza nemmeno conoscerlo? Eh mio DIO! Ma è facile da comprendere; è semplicemente perché egli è il rappresentante visibile di Nostro Signore GESU’ CRISTO in mezzo agli uomini, e che la moltitudine di coloro che oltraggiano sia il Vangelo di GESU’ CRISTO che la santità della legge di GESU’ CRISTO, con la paura dei giudizi temibili di GESU’ CRISTO, si trova naturalmente ostile al Vicario di GESU’ CRISTO. – Il Papa ha come nemici giurati tutti gli empi, tutti gli eretici, tutti i franco-massoni, senza contare l’immensa moltitudine dei cattivi cristiani, dei libertini che offusca la Religione, dei lettori dei giornali rivoluzionari di ogni classe e di ogni professione. Egli ancora ha per avversari più o meno dichiarati, più o meno accaniti, tutti i governi le cui costituzioni, leggi e tendenze non sono affatto cattoliche, e di conseguenza sono in opposizione con il regno di Nostro Signore GESU’ CRISTO sulla terra. Ora queste diverse categorie di avversari del Figlio di DIO e della sua Chiesa sono più numerosi che mai, man mano che nel mondo si propagano le libertà deleterie dei figli della rivoluzione. – « Il Papa e la Chiesa sono tuttuno », diceva a ragione San Francesco di Sales, e con altrattanta ragione, si può dire: la Chiesa e GESU’ CRISTO son tuttuno. Il Papa è la personificazione vivente, parlante, agente della Chiesa; e la Chiesa è la personificazione visibile di GESU’ CRISTO e del suo regno in mezzo al mondo. – Come non stupirsi nel vedere i nemici di GESU’ CRISTO attaccare la Chiesa, o almeno vederla di cattivo occhio? E i nemici della Chiesa essere i nemici del Papa, sollevarsi contro il Papa, blaterare contro il Papa, Capo della Chiesa, centro e forza della Chiesa? Quando si vuole uccidere un uomo è alla testa soprattutto che si mira: tutti i nemici di GESU’ CRISTO, che vorrebbero sbarazzarsi della Chiesa, puntano al Papa perché egli è il Capo della Chiesa, il Pastore ed il Dottore della Chiesa, “ pars tota” come diceva energicamente il santo Papa Liberio. La calunnia è l’arma favorita dei nemici della Chiesa e del Papa; è il loro Chassepot (fucile dell’epoca-ndr.-), il loro cannone, la loro mitraglia, che spande da ogni lato gli innumerevoli proiettili di menzogna nei piccoli villaggi, come nelle grandi città: questi sono innanzitutto i cattivi giornali, che sono divenuti la piaga del mondo. Migliaia e migliaia di sfrontati mentitori ripetono tutti i gioni le loro menzogne, le popolarizzano con l’ironia e la caricatura, così che la folla innumerevole degli ignoranti, degli sciocchi e degli storditi finisce per credervi e per considerare verità acquisite, incontestabili, le calunnie più grossoilane, fabbricate a piacere nelle officine del giornalismo; calunnie che si fondano sul nulla, ma che hanno ugualmente l’orribile potere di affievolire la fede nelle anime, e di allontanarle dal rispetto per l’autorità del Sovrano Pontefice, dei Vescovi e del clero. Ai giornalisti anticattolici si aggiungono, per aiutarli alla bisogna, la numerosa folla di istitutori ed istitutrici senza religione che invadono in modo sempre più massivo le nostre scuole primarie, e nei licei, nei collegi, nei pensionati di ogni categoria, i professori di storia, di scienze, di letteratura, che abusano dell’autorità della loro parola per inculcare mille pregiudizi anticattolici nello spirito dei loro allievi; a tal punto che è all’intero insegnamento, e non solo alla storia, che si può applicare oggi la celebre parola del conte de Maistre: « Da trecento anni, la storia è una vasta cospirazione contro la verità ». Si, da molto tempo e particolarmente da un secolo, l’insegnamento pubblico non è che una vasta cospirazione contro la verità, contro la fede, contro la Chiesa. Ed ecco perché c’è tanta gente che scientemente o meno, blatera contro la Chiesa e contro il Papa.

Se non si ama il Papa, non si è veramente cristiani.

Non si tratta qui di un amore naturale, di un amore di pura sensibilità. Si tratta di quest’amore di fede, ben più elevato, ben più potente, con cui noi amiamo il buon DIO e la sua santa volontà. È con questo amore che dobbiamo amare ed amiamo il Papa e la Chiesa. Qui non si tratta della persona del Papa, la quale può essere più o meno amabile e simpatica: no, qui parliamo innanzitutto della santa Autorità del Papa, noi parliamo del Papa in quanto Papa, in quanto “GESU’ CRISTO sulla terra”, come diceva il pastorello della campagna di Roma. In questo senso noi dobbiamo al Papa un amore che si fonde con quello che dobbiamo allo stesso GESU’ CRISTO; o per meglio dire è GESU’ CRISTO, l’autorità di GESU’ CRISTO che noi amiamo e veneriamo nel suo Vicario. È allora evidente che tutti noi dobbiamo, se siamo cristiani, amare il Papa con una fede profonda, con questo grande amore religioso, soprannaturale con il quale amiamo il buon DIO. – Per essere veramente cristiani, veramente discepoli di GESU’ CRISTO, non è sufficiente in effetti essere battezzato, fare preghiere, andare a Messa, confessarsi, comunicarsi, etc. ; bisogna inoltre avere lo spirito di GESU’ CRISTO, cioè avere gli stessi sentimenti di GESU’ CRISTO, amare ciò che Egli ama, rigettare quello che Egli rigetta, e avere con Lui un solo cuore ed una sola anima. Ora, quaggiù, ciò che GESU’ CRISTO ama con un amore sovrano, è il suo Vicario, è il Capo della sua Chiesa, mediante il quale insegna, governa, santifica e salva gli uomini. – Membri di GESU CRISTO, noi dobbiamo amare con Lui, come Lui, per l’amore di Lui, il Nostro Santo Padre il Papa. Cosa c’è di più logico? – Non è sufficiente amare la Chiesa in generale facendo, coscientemente o meno, astrazione dal Papa: sarebbe un inganno di colui che vuole ad ogni costo impedire ai fedeli di amare il Vicario di GESU’ CRISTO e di obbedirgli. « La Chiesa e il Papa, sono un tuttuno » ripetiamolo con san Francesco di Sales; e non si può amare la Chiesa se non amando il Papa, che pienamente la personifica. – Dunque nessuna sottigliezza, nessuna capziosa distinzione tra la Chiesa e il Papa; che una fede semplice e pura curvi le nostre intelligenze ed inclini i nostri cuori davanti all’insegnamento del Capo della Chiesa. DIO ci parla con la sua bocca, obbediamo, ringraziamo, marciamo senza timori. Come abbiamo detto in altra parte, lo spirito cattolico, lo spirito di un vero cristiano si riassume in questa duplice parola: l’amore dell’obbedienza e l’obbedienza dell’amore. È l’estremo opposto dello spirito eretico e del suo parente prossimo, lo spirito liberale.

pio IX

Come in pratica bisogna amare il Papa nei tempi in cui viviamo.

   Noi non viviamo in tempi ordinari: è tutto sottosopra, nelle teste come nelle società, e siccome la questione del Papa racchiude la soluzione di tutte le grandi questioni che agitano e scuotono il mondo in questo secolo, è principalmente su questo punto che bisogna concentrare le simpatie del nostro cuore così come gli sforzi del nostro spirito. – Per amare il Papa come Nostro Signore GESU’ CRISTO vuole che noi l’amiamo, bisogna innanzitutto, mio caro lettore, amarlo sinceramente, dal profondo del cuore, e non solo con le parole; bisogna amarlo efficacemente, essergli realmente sottomessi, non volerlo contrastare come fa una quantità di spiriti otgogliosi, vanitosi, pieni di sé, convinti ridicolmente che essi vedono più chiaramente dello Spirito Santo, e che San Pietro avrebbe molto da guadagnare nel prendere consiglio dalla loro misera saggezza, non essendo più comune nei nostri giorni che questi perversi di spirito, che vengono dall’ignoranza e dallo spirito di indipendenza. Non ci facciamo illusioni a riguardo: esso altera profondamente nelle anime il santo amore della Chiesa e del Papa. La perfezione della sottomissione in un cattolico è la misura della perfezione del suo amore verso il Vicario di GESU’ CRISTO. – In secondo luogo, bisogna che la “nostra bocca parli dell’abbondanza del nostro cuore” secondo il precetto del Vangelo. Se i buoni cattolici parlano ad alta voce e con fermezza, la buona causa trionferà presto. Perché aver paura di dire apertamente ciò che si pensa su un soggetto così grande, sì capitale, sì nobile, sì degno di un vero cristiano? Non è amare veramente il Papa l’aver paura di mostrare di amarlo. Grazie ai nostri assurdi giornali, che parlano di tutto a torto e al contrario, tutto il mondo parla oggi del Papa, giudica i suoi atti, li critica, etc.: sappiamo allora difenderlo, rispondere ai pappagalli e ai ciarloni, e non dimentichiamo che tutti quanti siamo chiamati, nella misura delle nostre possibilità, a sostenere l’onore e la causa del nostro Padre in DIO. Nessun rispetto umano, nessuna falsa prudenza. – In terzo luogo, al fine di dover riempire questo dovere di amore filiale, di amore cattolico, istruiamoci al meglio in ciò che sostiene la causa del Papa. Diffidiamo estremamente dei giornali cattivi propriamente detti (che un gran numero di fedeli si permettono di leggere), così come di quei fogli poco cattolici, o nei quali c’è una certa onestà e moderazione, che non sono spesso che ancor più pericolosi. Durante il suo immortale Pontificato, il grande e santo Papa Pio IX non ha cessato di segnalare questo danno ai cattolici. Si tratta qui di un affare di coscienza, non meno che di buon senso. Quel che è detto per i giornali accade egualmente nelle riviste, nei libri, nelle biblioteche. – In quarto luogo, un cattolico che ama veramente il Papa, prega pere lui con tutto il suo cuore, per lui e tutte le sue intenzioni, per i bisogni della Santa Sede e di questo immenso governo della Chiesa, che abbraccia il mondo intero ed interessa tutti i popoli, tutte le anime. Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, superiora del Carmelo di Firenze alla fine del XVI secolo, diceva apostrofando così una delle sue consorelle che aveva dimenticato la preghiera per il Papa: “O la bella serva di GESU’ CRISTO che non pensa al Vicario di GESU’ CRISTO! O la bella sposa di GESU’ CRISTO che si dimentica di pregare per il Vicario di GESU’ CRISTO!” Ai tanti cristiani che non pregano per il Papa si può allora ben dire: “O il bel discepolo di GESU’ CRISTO, che si dimentica di pregare per il Vicario di GESU’ CRISTO! O il bel servo di GESU’ CRISTO che resta indifferente alla causa del Vicario di GESU’ CRISTO”! – Infine, nei cattivi giorni che attraversiamo, il vero amore per il Papa ci obbliga a fare per lui sacrifici pecuniari, proporzionati ai nostri mezzi e a venirgli materialmente in aiuto. Per questo è istituito presso tutte le diocesi la grande, grandissima opera dell’”obolo di San Pietro”, il ricco con una ricca elemosina, il povero, l’operaio, il bambino con il piccolo obolo. Si calcola che se ogni cattolico facesse solo quattro o cinque volte l’anno un’offerta all’ “obolo di San Pietro, il Papa potrebbe far fronte ai problemi di ogni genere che gli si presentano. Tali sono i doveri dei veri cattolici nei riguardi del Papa; ed ecco, caro lettore, come si può testimoniare l’amore che si ha per lui.

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L’amore del Papa, Vicario di GESU’ CRISTO: tale è dunque il primo fiore, la prima rosa che vi offro, e che vi prego di ben conservare. Il suo profumo, è la fede, è l’umile sottomissione della fede. Essa è pura e senza macchia, perché la fede cattolica, apostolica romana, di cui il Papa è il sovrano depositario e dispensatore attraverso i secoli, è immacolata. Piantiamo bene nel nostro cuore e nel nostro spirito questo fiore magnifico, e che un profondo amore per il Vicario di GESU’ CRISTO, sia il primo carattere della nostra vita cristiana e della nostra pietà. Lo si può affermare senza timore: l’amore per il Papa è un segno manifesto di predestinazione.

Questa “perla cattolica” di mons. De Sègur è veramente illuminante, anche ai nostri giorni.  Ma è chiaro, soprattutto nell’obbligo che abbiano di pregare, il saper ben discernere il Vicario di GESU’ CRISTO, oggi “in esilio” con la Chiesa eclissata, dal vicario dell’anticristo usurpante, della sinagoga di satana, “abominio della desolazione” nel Tempio santo. Che non ci accada di marciare sotto lo stendardo dell’anticristo, pensando che sia il vessillo di GESU’ CRISTO! … DIO  non voglia!