Nel giorno dell’Ascensione

Ascensione

Preghiera nel giorno dell’ascensione

O Gesù, nostro Creatore e fratello nostro, noi ti abbiamo seguito fin dalla tua nascita con gli occhi e con il cuore; nella Liturgia abbiamo celebrato ciascuno dei tuoi passi da « gigante » (Sal.18, 6) con speciali solennità; ma osservando la tua continua elevazione, nell’opera redentrice, dovevamo prevedere il momento nel quale saresti andato a prendere possesso del solo posto che ti conviene, del trono sublime dove starai eternamente assiso alla destra del Padre. Lo splendore che ti circondava dopo la resurrezione, non era di questo mondo; e tu non puoi più restare con noi. In questi quaranta giorni, ti sei trattenuto con noi soltanto per consolidare la tua opera; e domani, la terra, che ti possedeva da trentatré anni, sarà priva di te. Noi ci rallegriamo del trionfo che ti aspetta insieme con Maria tua Madre, ai discepoli che ti sono sottomessi alla Maddalena ed alle sue compagne; ma alla vigilia di perderti permetti anche ai nostri cuori di provare un sentimento di tristezza poiché tu eri l’Emmanuele, il « Dio con noi », e d’ora in avanti sarai l’astro divino che aleggerà su noi e non potremo più né vederti né toccarti con le nostre mani, o Verbo di Vita! (I Gv. i, i). Tuttavia diciamo ugualmente: a te sia gloria e amore! poiché ci hai trattati con una misericordia infinita. Tu non ci dovevi niente, noi eravamo indegni di attirare i tuoi sguardi, e sei sceso su questa terra macchiata dal peccato, hai abitato tra noi, hai pagato il nostro riscatto con il sangue, ristabilendo la pace tra Dio e gli uomini. Sì, adesso é giusto che tu ritorni a colui che ti ha mandato (Gv. 16, 5). Noi sentiamo la voce della Chiesa che accetta il tuo esilio, e che non pensa che alla tua gloria: « Fuggi diletto mio, ed imita la gazzella o il cerbiatto sul monte degli aromi » (Cant. 8, 14). Potremmo noi, peccatori come siamo, non imitare la rassegnazione di colei che é, allo stesso tempo, tua Sposa e nostra Madre?

L’evangelizzazione del mondo.

Gueranger

   Prendendo poi quel tono di autorità che conviene a Lui solo, disse loro: «Andate per tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crede e sarà battezzato si salverà; chi non crede sarà condannato» (Mc. 16, 15-16). Come compiranno essi questa missione di predicare il Vangelo nel mondo intero? Con quali mezzi riusciranno ad accreditare la loro parola? Gesù lo indica: « Or questi sono i miracoli che accompagneranno i credenti: nel nome mio scacceranno demoni; parleranno lingue nuove; prenderanno in mano serpenti, e se berranno qualche veleno mortifero non ne avranno danno; imporranno le mani agli ammalati e guariranno » (Ibid. 16, 17-18). Egli vuole che il miracolo sia il fondamento della sua Chiesa, come l’aveva scelto quale argomento della sua missione divina. La sospensione della legge della natura annunzia agli uomini che l’ autore di questa stessa natura sta per pronunciarsi: ad essi, allora, il dovere di ascoltare e credere umilmente.

Ecco dunque questi uomini sconosciuti dal mondo, sprovvisti di ogni mezzo umano, eccoli investiti della missione di conquistar la terra e di farvi regnare Gesù Cristo. Il mondo ignora anche la loro esistenza; assiso sul trono, Tiberio, che vive nel terrore delle congiure, non suppone affatto tale spedizione di nuovo genere che si sta iniziando, dalla quale l’impero romano sarà conquistato. A questi guerrieri, occorre un’armatura ma di tempra divina, e Gesù annuncia che stanno per riceverla. « Voi però rimanete in città, finché siate dall’alto investiti di vigoria » (Le. 24, 49), Ma quale sarà quest’armatura? Gesù lo spiegherà, ricordando la promessa del Padre, « la promessa che avete udito dalla mia bocca. Perché Giovanni battezzò nell’acqua, ma voi sarete battezzati nello Spirito Santo di qui a non molti giorni » (Atti, 1).

[Dom P. Guéranger: “L’anno liturgico”; ed. Paoline, Alba, 1956]

Dal Breviario Romano nel giorno dell’Ascensione:

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Sermone di san Leone Papa

Sermone 1 sull’Ascensione del Signore

Quest’oggi, o dilettissimi, si compie il numero di quaranta giorni sacri trascorsi dopo la beata e gloriosa risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, colla quale, nello spazio di tre giorni, la potenza divina rialzò il vero tempio di Dio che l’empietà dei Giudei aveva distrutto, numero preordinato dalla santissima disposizione della provvidenza a nostra utilità e istruzione: perché il Signore prolungando in questo spazio di tempo la sua presenza corporale quaggiù, la nostra fede nella risurrezione vi trovasse le prove e la conferma necessarie. Perché la morte di Cristo aveva turbato assai i cuori dei discepoli: e lo stordimento della diffidenza era penetrato nei loro spiriti resi pesanti dall’angoscia causata dal suo supplizio sulla croce, dal suo ultimo sospiro, dalla sepoltura del suo corpo esanime.

Perciò i beatissimi Apostoli e tutti i discepoli, ch’erano sgomenti per la morte (di Gesù) sulla croce ed avevano esitato sulla fede nella sua risurrezione, furono talmente confermati dall’evidenza della verità, che, lungi dall’essere rattristati al vedere il Signore ascendere nelle altezze dei cieli, furono al contrario ripieni di grande gioia. E certo, c’era là una grande ed ineffabile causa di gioia, allorquando in presenza di questa santa moltitudine, una natura umana s’innalzava al di sopra della dignità di tutte le creature celesti, per sorpassare gli ordini Angelici, per essere elevata più alto degli Arcangeli, e non arrestarsi nelle sue elevazioni sublimi che allorquando, ricevuta nella dimora dell’eterno Padre, ella sarebbe associata al trono e alla gloria di colui alla natura del quale si trovava già unita nel Figlio.

Poiché l’ascensione di Cristo è la nostra elevazione; e il corpo ha la speranza d’essere un giorno dove l’ha preceduto il suo glorioso capo: esultiamo dunque, dilettissimi, con degni sentimenti di gioia, e rallegriamoci con pia azione di grazie. Perché noi quest’oggi non solo siamo stati confermati possessori del paradiso, ma nella persona di Cristo abbiamo penetrato ancora nel più alto dei cieli: e per ineffabile grazia di Cristo, abbiamo ottenuto di più di quanto avevamo perduto per invidia del diavolo. Infatti quelli che il velenoso nemico aveva bandito dalla felicità della prima dimora, il Figlio di Dio se li è incorporati e li ha collocati alla destra del Padre: col quale, essendo Dio, vive e regna insieme collo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Così è.

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Omelia di san Gregorio Papa

Omelia 29 sul Vangelo

     Il ritardo che i discepoli frapposero nel credere alla risurrezione del Signore, non fu tanto loro debolezza quanto, per così dire, nostra sicurezza futura. Difatti a motivo del loro dubbio, la risurrezione fu dimostrata con molte prove: e noi quando leggiamo questi fatti, non siamo forse confermati dalla loro esitazione? La storia di Maria Maddalena, che credé subito, mi è meno utile di quella di Tommaso che dubitò per molto tempo. Perché questi, dubitando, toccò le cicatrici delle ferite (del Salvatore) e tolse così dal nostro cuore la piaga del dubbio.

Per far penetrare in noi la verità della risurrezione del Signore, dobbiamo notare quel che riferisce Luca, dicendo: «Essendo insieme a mensa comandò loro di non allontanarsi da Gerusalemme» (Act. 1,4). E poco dopo: «A vista di essi, si levò in alto, e una nube lo tolse agli occhi loro» (Act. 1,9). Notate queste parole, osservate questi misteri. Dopo essere stato a mensa con essi, si levò in alto. Mangiò, e (poi) ascese: affin di renderci manifesta coll’azione del mangiare, la realtà della sua carne. Ma Marco ricorda che il Signore prima di ascendere in cielo, rimproverò ai discepoli la durezza del loro cuore e la loro incredulità. Che è da osservare in ciò, se non che il Signore rimproverò i discepoli quando li lasciava corporalmente, affinché queste parole, dette nel separarsi da loro, rimanessero più profondamente impresse nel cuore di (quelli) che le ascoltavano?

Dopo aver ripresa la loro durezza, sentiamo ciò ch’Egli comanda: «Andate per tutto il mondo, predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Marc. 16,15). Forse che, fratelli miei, il santo Vangelo doveva predicarsi alle cose insensate, o agli animali privi di ragione, e perciò si dice ai discepoli: «Predicate ad ogni creatura»? Ma col nome di «ogni creatura» qui si indica l’uomo. L’uomo infatti ha qualche cosa di ogni creatura. Perché l’essere gli è comune colle pietre, la vita cogli alberi, la sensibilità cogli animali, l’intelligenza cogli Angeli. Se dunque l’uomo ha qualche cosa di comune con ogni creatura, si può dire, in qualche modo, che l’uomo è ogni creatura. Perciò il Vangelo è predicato ad ogni creatura, quando si predica all’uomo solo.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.